« My breathless illusionLa notte, che non dorme mai. »

Please my wings fly me away..

Post n°164 pubblicato il 09 Marzo 2009 da And_But_Not_The_End

La notte porta consiglio.

Si dice così no?

Sia che tu dorma sia che tu stia sveglio, senza ben capire in realtà quando dormi e quando sei sveglio, la notte ti aiuta.

Ti fa vedere chi sei, cosa vuoi, cosa pensi, cosa hai e soprattutto cosa non hai.

Rivedi te stesso quando eri piccolo, quando ancora non sapevi niente, quando ancora prima di andare a letto guardavi dietro la porta e fuori dalla finestra per vedere se la Maschera di Ferro di D'artagnan quella notte sarebbe venuta ad ucciderti.

Avevi paura che le api ti pungessero perchè poi ti si gonfiava il braccio, avevi paura che la mamma ti vedesse mentre rubavi la cioccolata perchè poi ti dava le sberle sulle manine e ti diceva che no, così non si fa.

Sognavi di volare, perchè quando allungavi le braccia non riuscivi mai a raggiungere le stelle, ti alzavi sulle punte, saltavi, ma non ci arrivavi comunque.

Cosa sono quei puntini luminosi nel cielo?

Sono i grandi re del passato che ci guardano.

Davvero?

Non lo so, però quella frase del Re Leone mi piaceva tanto.

Da piccolo tu non sei nessuno e non ti importa nemmeno di essere qualcuno.

Ti senti chiamare Andre e ti giri, oppure scappi quando sai che hai fatto qualcosa di male, ti nascondi, fai finta di non sentire o fai finta di dormire.

Corri via mentre i tuoi amici contano, cerchi di trovare il posto in cui non riusciranno mai a raggiungerti, cerchi di essere una stella, ti cercano, li vedi, li senti, sempre piu vicini.

Chiudi gli occhi.

Non mi hanno visto.

Corri Andre, corri a liberare tutti.

Tutti chi?

Ti guardi intorno, ancora una volta e vedi soltanto foglie che cadono dagli alberi, il manto verde che circonda la tua casa diventare improvvisamente rossastro, giallognolo, grigio.

Di tanta erba è rimasto solo un pugnetto di terra cenerea, di tante chiome a contrastare il vento è rimasto solo qualche ramoscello rinsecchito che faticosamente si protende ancora verso il cielo, dicendo no, io oggi non mi staccherò.

Delle corse a perdifiato, delle zanzare e dei moscerini che ti riempivano di punture, delle biciclette con i loro campanelli, delle cadute, delle partite, delle ginocchia sbucciate e delle lacrime che, quelle sì, scendevano sempre.

Di tutte le volte in cui liberavi tutti, ti guardavi intorno e ridevi, avete visto? Ho liberato tutti, sono stato bravo.

Sì, sei stato bravo.

Il più bravo di tutti.

Ma la strada è lunga, passo dopo passo lo diventa sempre di più, ti guardi indietro, poi di nuovo dritto di fronte a te.

Dove corri Andre?

Dove corri bambino mio?

Io, io.

Io non lo so.

Quando guardavi in terra da piccolo, vedevi questo disegno nero, questa sagoma e ti chiedevi di chi fosse, vedevi quella dei tuoi genitori, quella del tuo amico un po grassottello, le vedevi tutte piu grandi della tua, provavi a calpestarle, provavi a correre per diventare alto come loro.

Provavi a stringere le dita di tua madre, mentre cercavi di imparare a camminare, la tua manina era sempre piu piccola e quelle dita così grandi ancora adesso non avresti mai il coraggio di stringerle.

Sei diventato grande Andre.

Sono passati 23 anni in cui sei cresciuto, ti sono cresciuti i capelli -belli vero?-, ti è cresciuto il naso -un po' meno-, sei diventato più alto -o meno basso-, hai più cervello -forse-.

Sì.

Sono io.

Anche la mia ombra è cresciuta, le mie braccia.

Ma quando, la notte, solo e pensoso senza deserti campi da misurare a passi tardi e lenti, guardi ancora le stelle sapendo cosa sono, sapendo che sono a miliardi e miliardi di km di distanza, allunghi lo stesso la mano.

Scosti la tenda, accarezzi il vetro della tua finestra, le conti ad una ad una e in ognuna di esse rivedi il tuo passato.

Rivedi le persone che hanno preso quella mano e ti hanno accompagnato per un po', fino alla prossima meta, la prossima stazione, la prossima stagione, la prossima volta in cui correndo come un matto avrai liberato tutti.

Una, due, tre, quattro.

Tante stelle nel mio cielo.

I grandi re del passato mi guardano.

Le grandi persone del mio passato mi abbracciano, mi scaldano, mi tengono ancora compagnia.

Vivono nei miei ricordi, vivono dell'amore che ancora conservo gelosamente, come una rosa malvagia che perde i petali rinchiusa in una teca di cristallo.

Quando l'ultimo petalo cadrà sul manto roseo dei suoi compagni, la maledizione sarà compiuta, sarai definitivamente una bestia, la bestia, sola e abbandonata, schifata dagli umani e allontanata dalle fiere.

Odiata, temuta, disprezzata.

Sarai l'orco cattivo dei racconti delle madri ai figli, sarai l'incubo, la maschera di ferro da controllare dietro porta, letto e finestre, sarai quello che nessuno vorrà mai essere, la vittima sacrificale degli strali e delle voci, delle grida e degli strepiti.

La bestia.

Uccidiamola.

Ha tante stelle il mio cielo, ogni giorno, ogni notte una stella in più.

Splendi stellina mia, non spegnerti, non morire mai, perchè quando anche l'ultima luce si sarà spenta, io non avrò più nemmeno il tuo conforto ad accompagnare i miei occhi tra le braccia di Morfeo.

Guardami.

Come quella volta in cui guardandoti mi addormentai in mezzo alla neve.

Ho bisogno di te, ho ancora bisogno di te.

Il passato non ci abbandona mai, lo temiamo, lo patiamo, ne coltiviamo tensioni, pulsioni, frustrazioni.

Hai sofferto, hai odiato, hai urlato.

Vi sfido stelle.

Chiudo la tenda, richiudo la finestra, non abbasso la tapparella, no non lo faccio mai.

Sorrido.

Sì, mi viene da ridere.

Ho 23 anni, ho tante stelle nel cielo, ho un passato che mi segue come un'ombra che mi sembra più grande ogni giorno che passa, non so chi sia nè dove sia il sole che la proietta, forse sono io stesso, è dentro di me che tutte le ombre oscure asfissiano lo spazio all'amore mio, immenso e puro.

Quell'ombra mi segue sempre.

Corri Andre, corri, liberati, liberati.

La tua ombra si è distratta, scappa e liberati.

Mi viene da ridere.

Penso a quando ero piccolo.

Passato.

Temevo anche allora questa parola, mi faceva inorridire.

Perchè significava che quella sera a cena, la mamma avrebbe preparato il passato di verdure.

E certe cose, in fondo, non si dimenticano mai.

Come tutta quella brodaglia verdognola, che mai, mai e poi mai, riuscirai con soddisfazione a mandare definitivamente giù.

 
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