Anonimo il 29/08/06 alle 10:06 via WEB
COME FARE IL NOCINO.
"Le noci devono essere raccolte il giorno di San Giovanni, il 24 giugno.
Secondo altri, il giorno del solstizio d'estate, 21 di giugno. Secondo
altri
ancora, il giorno giusto è quando vedi qualcun altro che va a
raccoglierle e
temi di restare senza.
La maggioranza delle persone le raccoglie comunque a metà luglio, quando si
rende conto di avere trascurato la fatidica scadenza di San Giovanni. È
allora che si seguirà alla solenne esclamazione dei padri "Cazzo! Anche
quest'anno ci siamo dimenticati" il rito della raccolta. Si dirà allora,
aprendo una noce e constatando che oramai è torrefatta dal solleone ed
interamente divorata dai vermi, che comunque "la stagione quest'anno è in
ritardo", ed un mese dopo non fa differenza. Allo stesso modo, terrorizzati
dall'idea di dimenticare la scadenza di San Giovanni, alcuni pensionati
fanno incetti di noci già ad aprile, sostenendo che "la stagione è in
anticipo" ed un mese prima non fa differenza, e raccogliendo rudimentali
germogli che stanno ad una noce come uno spermatozoo sta ad un bambino di
sei mesi.
La raccolta si deve fare in due: uno si aggrappa con tutto il suo peso ai
rami più bassi così da porgere la fronda al partner. Questo, si noti bene,
avviene anche se il ramo è già a mezzo metro d'altezza, perché
l'importante,
in questi riti agresti, è significare in ogni modo la nobiltà della fatica
fisica. Mentre il raccoglitore comincia la raccolta, il piegatore si rende
conto che la torsione spasmodica che sta imprimendo ad un ramo generalmente
di mezzo metro di diametro è soverchiante per le sue forze. Così molla di
colpo la presa, e il ramo colpisce il raccoglitore prima sulle mani,
facendogli cadere così tra le ortiche le tre noci fin li raccolte, e poi in
pieno viso vivificandone l'umore. Allora il raccoglitore propone al
piegatore di invertire i ruoli, in modo che tocchi a lui, questa volta,
mollare il ramo sulla faccia dell'altro.
Non a caso, secondo gli storici dell'alimentazione, nelle zone dove si
raccolgono le noci le popolazioni sono si denutrite, ma possono vantare una
socialità a prova di bomba: due persone che tornano dalla raccolta delle
noci senza avere tentato di sopprimersi a vicenda, sono pronte ad
affrontare
ogni genere di conflitto sociale con sperimentata saggezza.
Ma torniamo al nostro nocino. Si constata, a questo punto, che in due
ore di
bestemmie e ferite lacerocontuse si è riusciti a riporre nel paniere solo
una ventina di noci rachitiche e fittamente bacate. La loro scarsa altezza
dal suolo le ha esposte, infatti, al morso e all'ingiuria di quasi tutte le
bestie censite sul territorio nazionale, dal ghiro al tasso al
pensionato al
ciclista, nonché all'urina di cani, volpi e gatti che segnano il
territorio,
di preferenza, pisciando sui rami più bassi.
Raccoglitore e piegatore si propongono, allora, di salire insieme sui rami
superiori, dove le noci sono abbondanti e più riparate. L'odierna vicinanza
delle astanterie, un tempo raggiungibili solo in molte ore di cammino, li
rassicura molto. In particolare in Emilia, terra molto avanzata in fatto di
servizi sociali, il periodo in cui i pensionati raccolgono le noci è
segnalato da un continuo sorvolo d'eliambulanze. Ma facciamola breve.
Mettiamo che i nostri due raccoglitori siano riusciti, rimanendo illesi, a
riporre nel paniere le sessanta noci necessarie per cinque litri di nocino
ed a fare ritorno a casa senza ricorrere al pubblico soccorso. Si tratta, a
questo punto, di tagliare questi durissimi frutti in due metà ciascuna,
così
da farle entrare nella damigiana. Il collo della damigiana deve essere
stato
studiato, secoli fa, in modo da far passare di tutto, dal quarto di
tacchino
all'ananas intero, tranne le mezze noci. Le mezze noci, infatti, non
passano. Si procede allora a tagliare le noci in quarti, che finalmente
passano e vanno, con un tonfo sinistro, ad immergersi nell'alcol,
nell'acqua, nello zucchero, nella cannella e nella scorza di limone che
abbiamo precedentemente preparato. Si alzano allora le mani al cielo in
segno di ringraziamento, e ci si rende conto che sono completamente,
paurosamente nere. Come le noci fresche, che sono verdi, riescano a tingere
le mani di un nero definitivo e persistente, è uno dei più affascinanti
misteri della natura.
Parentesi. I due preparatori di nocino non sono arrivati a questo
momento se
non dopo avere lungamente discusso sulla ricetta giusta. Si contano, nella
sola Emilia, circa settecentomila confezionatori di nocino casalingo e
dunque settecentomila differenti ricette giuste. Con o senza cannella,
con o
senza noce moscata, con tanta acqua o poca, con la mentuccia, con l'erba
limoncina, senza nessuna di questa cose ed in qualche caso, che lo studioso
dell'alimentazione Piero Camporesi fa risalire alla piaga del cretinismo
tipica di certe valli, anche senza le noci. Si rivendica ognuno la
conclamata superiorità della ricetta della propria nonna, si deride chi
antepone all'esperienza popolare la fantomatica ricetta dell'Artusi, si
aggiunge che l'Artusi l'aveva comunque imparata dalla propria nonna, si
finisce, e non è bello, col litigare tirando in ballo anche le nonne altrui
e la loro moralità. Alla fine, fortunatamente, vince un solidale spirito di
compromesso: "E va bene, facciamo come diceva quella gran troia della tua
nonna".
Immerse le noci, con una fatica superiore a quella impiegata per calare il
Cristo degli abissi, dentro la damigiana insieme agli altri ingredienti
della nonna, tutto parrebbe finito. Invece no. Una feroce faida divide da
secoli i sostenitori della maturazione al buio ed i sostenitori della
maturazione del nocino al sole. La damigiana viene così spostata per
quaranta giorni, a seconda di chi si trova da solo in casa e possa operare
di nascosto, al buio ed al sole, alternativamente.
Al quarantesimo giorno, il nocino è pronto. In genere è una specie
d'intruglio infiammabile dal sapore di sciroppo al tannino, nerastro come i
liquami della pulitura di un camino. Di tutti gli ingredienti, spentisi
mestamente nella damigiana come pazienti dimenticati in una camera
iperbarica, il solo che esce vittorioso è l'alcol. La gradazione di un
nocino medio, per motivi che sfuggono agli studiosi di tutto il mondo, è
superiore a quella dell'alcol puro. Spesso, infatti, si deve aggiungere
alcol puro al nocino per diminuire la gradazione alcolica.
Lo si beve, comunque, con soddisfazione ed orgoglio pari alla fatica spesa
per confezionarlo. È stato calcolato questo: tenendo conto del prezzo
esorbitante dell'alcol da liquore, delle damigiane, dei tappi, degli
imbuti,
dello zucchero, delle scorze di limone ovviamente biodinamico, della
cannella, della noce moscata, della pasta abrasiva da meccanico per pulire
le mani, degli stracci per pulire per terra e del Baygon impiegato per
tenere lontane le colonie di formiche che arrivano anche da altre province
attirate dai miasmi dolciastri; e considerato che il valore medio di un'ora
di lavoro non specializzato è di venticinquemila lire; ogni litro di nocino
fatto in casa costa sulle duecentoquarantamila lire. Un buon nocino
artigianale, invecchiato cinque anni, costa nel più esoso dei negozi
intorno
alle quindicimila lire. Ma non osate dirlo ad un nocinista fai-da-te: è
come
dirgli che sua nonna è una troia.
tratto da una mail di non so chi.
br1
(Rispondi)
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