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UN AMORE CON LA P MAIUSCOLA

Post n°68 pubblicato il 07 Maggio 2006 da spapty
Foto di spapty

P: Guardo oltre la finestra e penso che non ci sia nessuno più indicato di un vecchio compagno di viaggio per raccontare una storia, di vita e passione.

Io non c’ero quella sera quando sul linoleum il tuo ginocchio ha fatto crack, o quando una gomitata ben assestata ti farà per sempre assomigliare a Cirano. Ma c’ero in mille altre occasioni, sotto il sole d’agosto, saltellando con te sul cemento bollente che scortica la pelle, o schivando le gocce di acquazzoni primaverili.

Sono anni che ti vedo crescere, prima in altezza…poi solo nel peso. Da aprile a settembre sono sempre stato il tuo primo compagno di giochi, perché il resto dell’anno lo passavi tra le pareti di una palestra che odorava di gioventù “ormonauta”. C’è stato un periodo della tua vita in cui il primo sguardo dopo aver lasciato cadere lo zaino di scuola lo dedicavi a me, ansioso di poter infilare i pantaloncini e le scarpe consunte e sfregiate dallo sfregamento.

Anche le calzature raccontano bene le storie di vita e sport, dalle scarpe si può anche giudicare un uomo, ma sicuramente non un giocatore. La scarpa non fa saltare di più o tirare meglio, non è indossando le stesse scarpe del tuo mito cestistico che potrai diventare come lui. Ho la visione di una serie di scarpette lacere, in fila, quelle che hai indossato fino ad ora. E’ proprio una lunga fila! non le hai mai volute buttare via, era come se così facendo preservassi ricordi ed emozioni. Nel tempo quelle calzature si sono ammucchiate, una colonia muffita che si è stanziata in garage, guardiana silente dello spazio circostante.  Non dimenticherò mai le tue Kronos rosse, quando gli eroi avevano sede in un “Olimpo” italiano, oppure le tue amate Jordan nere dai bordi rossi, quanti anni avevi?! Quanto le hai portate!? E quanto puzzavano!

Ti ricordi quando Palmiro, il pesce rosso di tua sorella, si è tuffato fuori dalla vaschetta suicidandosi nella scarpa sinistra?! Con quelle hai saltato cercando di raggiungere sogni che erano fuori dalla tua portata, ti ricordi!? Ma una calzatura non è un lasciapassare, al massimo nel tuo caso è uno scacciaparenti! E’ la legge dello sport, alcuni riescono, gli altri guardano e si accontentano di dare sfogo alla passione.

Quella sì che non ti è mai mancata, anche adesso che il fiato ti ha abbandonato e ti vedo arrancare per il campo in cerca di un buon tiro che è sempre più difficile prendere.

Adesso io sono qui, pelato, panciuto, un vecchio Pallone consunto dalla pelle secca e screpolata dai troppi rimbalzi, graffiato da “ferri freddi”, anche se spesso ho frusciato, tra retine di nylon o metalliche…ma perché poi farle con le catenelle?! E’ masochismo! Io mi ci sono scorticato e tu, quando avevi ancora le gambe per farlo, ti sei sezionato le dita in vani tentativi di “schiacciare”. Abbiamo lasciato entrambi un tributo di pelle e sangue in onore di questo amore semplice e appagante. Io mi libravo in aria alla ricerca di una meta e tu che esplodevi in un sorriso ammiccante ogni volta che sprofondavo nella retina in un fragoroso “CIUF”. Ma eri contento anche quando la retina non c’era e ti bastava vedermi “infilare l’anello” per dire a labbra strette il tuo “SI”.

Era nel mio destino dedicarmi interamente a questo sport, ma a te chi l’ha fatto fare?!

Non era meglio l’atletica?! O il calcio. No quello no, hai sempre avuto la sensibilità di piede di un elefante da circo che scalcia. Perfino nelle partitelle a scuola ti chiamavano “O’animale”, per quella certa tua rudezza.

Il rugby, che grande sport, perché non ti sei lasciato affascinare da lui…giusto, se ti sei scassato con la Pallacanestro figuriamoci se ti accartocciava un pilone! Neanche le ossa per il cane restavano! Ma cosa ti ha dato in cambio lei? Questa Pallacanestro! So che mi vuoi bene e che siamo amici, ma so che tu più di me ami IL GIOCO, quello che si sviluppa e prende forma tra il sudore e il contatto dei corpi che guizzano in area, ami l’idea di un movimento intelligente che può prescindere dalla mia presenza tra le mani, giocatori consapevoli che la fluidità dell’attacco nasce dal movimento dei singoli, in una danza democratica che coinvolge i cinque in campo e cattura lo sguardo di chi segue la partita.

Ecco cosa ami…lo stare insieme, il creare un rapporto di fiducia tra i componenti della squadra, il sacrificio, restando sempre spalla a spalla. Bè ma se ti bastava così poco potevi partire militare in qualche “operazione di pacificazione” durante questi anni, invece di fare il servizio civile! Ah, già, sei non violento e ami il rispetto dell’avversario che ti stringe la mano comunque sia andata, quando finita la gara una doccia spegne le tensioni e poi ci si può sedere allo stesso tavolo davanti ad una pizza senza tentare di sgozzarsi vicendevolmente.

Hai sempre amato l’attesa della partita, quell’adrenalina che si trasforma in concentrazione e chiarezza mentale, quando il mondo si ferma e inizia IL GIOCO. Si, in maiuscolo, perché è una parola che esige rispetto, racchiude un mondo che non tutti capiscono e apprezzano, ma che sanno esistere.

Mi ricordo quando arrivavamo al “campetto” d’estate, io sotto il tuo braccio, e tu che guardavi intorno già pregustando una partita non-stop che poteva portarti a rincasare col buio, stanco e disidratato, ormai incapace di versare una sola goccia di pipì! Svuotato e felice. Una sensazione che adesso è quasi difficile ricordare. Il lavoro, la vita quotidiana, le scadenze hanno accorciato i tuoi sorrisi, li hanno resi sottili e tirati e io divento triste perché da qui non vedo il campo e le reti, ciondolanti nel vento, che pendono dal ferro. Ma quando meno me lo aspetto, una domenica di sole invernale mi afferri e mi riporti in quei luoghi che sono stati nostri e rimaniamo ancora a parlare, senza aprir bocca, per ore, come ai vecchi tempi, quando passavo tra le tue gambe o dietro la schiena a 1000 all’ora…e adesso cosa ci attende mio caro?! Una vecchiaia placida e sedentaria, un inglorioso ritiro. Verrò ridotto a cimelio, a soprammobile di cattivo gusto!? No, piuttosto bucami!

M: “Caro amico, non essere triste, la vita è così, ti cambia. Anche un giocatore evolve, matura e sfiorisce. Ma sei con me da così tanto che non potrei mai fare lo sgarbo di lasciarti li a sgonfiare, privo di scopo e ragion d’essere. Quando non avrò più la forza, o peggio, la voglia di infilare un paio di scarpe da basket e andare a fare due tiri al campetto con te, giuro che ti metterò in mano al primo ragazzino che avrà negli occhi la luce della passione per IL GIOCO, e ti lascerò andare con un virile addio, senza baci ne carezze. Ma se non ti chiedo troppo, e se avrai la pazienza di aspettare, vorrei che mio figlio, un giorno, accendesse per te lo stesso sguardo di passione che ci ha unito in tutti questi anni…amico mio!” 

Immagine da Corbis.com

 
 
 
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