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IL MENDICANTE DI SOGNI

Post n°76 pubblicato il 16 Maggio 2006 da spapty
Foto di spapty

L'ho scritto un milione di anni fa...adesso lo lascio qui...IL MENDICANTE DI SOGNI sulla via di chi non sente

 

“Sarà, ma questa è una di quelle sere in cui vorrei essere talmente sbronzo da non riuscire  a pensare, a parlare, a trascinarmi dietro questa vita miserabile.”

Questo pensava l’uomo in completo scuro mentre camminava rapidamente nella penombra, tra le raffiche di vento e gli spruzzi di pioggia.

La City è deserta, chiusa a bozzolo nei suoi problemi.Tra i vicoli stretti rimbombano i passi di un solo uomo, il rumore sordo dei tacchi sulla pietra, passi senza fine, senza meta, accompagnati dalla fievole luce dei lampioni, artificiale come la società moderna,  passi sospinti dall’urlo lamentoso del vento,un bramito cupo da notte londinese.

Un’ombra si divincola tra gli intricati viottoli ad ora tarda…insolito…è un lugubre ritratto invernale, senza tempo né confini…

L’uomo alza lo sguardo, gli occhi gli lacrimano, irritati dalle raffiche di vento o da una spina di dolore conficcata dove fa più male.

L’uomombra scruta l’orizzonte come un corsaro guercio in cerca di un porto dove ormeggiare la sua derelitta esistenza; ormai si è inoltrato nella parte più antica della City, la città vecchia, vecchia di tante storie, battaglie,amori…sbocciati e appassiti con il tempo, seccati dalle spire della vita, momenti fluidi e vivi racchiusi nella solida pietra che circonda la città stessa.

Quello che l’uomo intravede non è altro che una macchia nera d’umanità,mura erette dal tempo,dalla stratificazione degli eventi,dalla sedimentazione di storie,rumori della vita venuti da lontano, piccoli fatti assorbiti dalle mura capienti che costituiscono la City, uniche testimoni rimaste di vite passate…le sole disponibili ascoltatrici che abbiano saputo accogliere quello che il sordo egoismo degli uomini ha rifiutato…gettato nel limbo del non ricordo. Anche adesso, sotto questa gelida luna da notte milanese, qualcuno si porta appresso la magia di un attimo o di una vita intera.

L’uomombra rallenta il passo,stordito dal freddo,starnutisce; davanti agli occhi gli si schiude un angolo nascosto della City…una piazzetta circolare, intima, antica, la pavimentazione è in lastricato, al centro della piazza una fontana in pietra…niente di sofisticato, si direbbe che in origine fosse un lavatoio…lo spazio che si apre davanti all’intruso è piccolissimo, forse non più di trenta metri di diametro, il tutto racchiuso da alti palazzi tardo rinascimentali.

Sembra che questo anfratto si sia volontariamente isolato dalla City, un mondo a parte, schermato agli inopportuni sguardi dei maestosi palazzi…

La piazza è cupa, mal illuminata, una sorta di tunnel spoglio, scarno, senza via d’uscita…la luce rimbalza fioca da due lampioni ai poli opposti della piazza; il lampione a nord emette luce ad intermittenza, violacea, sinistra ma nello stesso tempo avvolgente…l’uomombra è li, diritto come una lancia, estasiato e tremante nel cuore della City.

Il vento qui non riesce ad entrare, si placa, si ferma, ostacolato dalla resistenza passiva dei grandi muri…quieto, piano piano si allontana.

L’uomo in scuro abbassa il bavero della giacca, passa la mano tra i capelli arruffati,corvini, la fa scivolare in una tasca da cui estrae un pacchetto di sigarette…ne sfila una con calma, la fa girare tra le dita, confuso, incerto...

L’irrequietezza della sua figura si rispecchia nei suoi gesti…uno sfrigolio,un lampo, la sigaretta ora è serrata tra le labbra…il fumo della prima boccata è sospeso nell’aria e il fiammifero si sta spegnendo fra le dita.

Il fumo sale e con esso la voglia dell’uomo di andarsene,scappare…sparire nel nulla come la nebbia veneziana quando si fa mattino.

Ancora rumore di passi, l’uomo si è mosso, cammina diretto verso la luce purpurea…il suo sguardo sfila oltre, l’uomo si arresta, un conato lo piega a metà, lo scuote da dentro, lo dilania…tutto ok…è passato; si alza e si scrolla di dosso l’improvviso malessere come un cane fradicio…sopra la sua testa una insegna a neon rosa porta scritto a lettere cubitali “BaaL”…

Una porta, Ombra la spinge ed entra.

Buio,una scalinata porta verso il piano inferiore, c’è umido. La discesa è resa soffocante dall’angusto spazio tra le pareti…silenzio perfetto e inquieto…i rumori si sono disciolti nel silenzio,naufraghi, dispersi nel vuoto.

Ombra non sembra essere in soggezione, anzi, la sua faccia è meno tesa…eppure scende i gradini senza quasi respirare…giù, sempre più in basso, più lontano…la fine delle scale…un flash…Ombra è violentato da una muta di luci e rumori che lo azzannano, ovattati, sfumati, ma ugualmente sconcertanti.

E’ una grande sala quella a cui si affaccia lo Straniero, straniero per scelta in ogni luogo…ora si trova sotto una cupola sotterranea, ampia, velata da una luce verde, velata ed irreale…la stanza è oppressa da una cappa di fumo che occlude la gola e soffoca…i sensi assopiti di Ombra esplodono in un boato di sensazioni forti: Odore acre di sudore,muffa, stantio, il tutto mescolato al caldo aroma della ganja, all’incenso, al dolce e liquoroso profumo del whiskey.

La sala lo attende. L’uomo, incerto, muove il primo passo e gli sguardi dei presenti gli si inchiodano addosso quasi volessero congelarlo tra il moto e la stasi…il volume delle conversazioni, le voci, i rumori si attenuano e l’attenzione gli si schiaccia addosso…lo Straniero percorre il corridoio formato dai clienti, fissa senza tregua il punto che gli da più sicurezza…il

bancone.

Gli occhi sono sempre li, puntati sulla sua persona come stilettate di giudizi, fastidiosi come un indumento bagnato a contatto con la pelle…e lui prosegue verso l’unica meta certa che in questo momento gli propone la sua stronza vita…ci siamo, c’è…appoggia le mani sul freddo bancone in marmo…lo gratticchia con le unghie degli indici…(sospiro)…si abbandona sullo sgabello lasciandosi cadere come quando si è appena affrontata una prova impegnativa.

Tutto torna normale, il vociferare fra i tavoli si è tramutato nel solito,caldo e confortevole oblio di parole che si intrecciano.

Ombra fa una smorfia, si direbbe un sorriso…ma a labbra tirate, trattenuto come se non riuscisse ad aprirsi, a distendersi…ora è tranquillo non è più al centro dell’attenzione, si è mescolato tra la clientela, nascosto agli sguardi…è un’Ombra proiettata sul bancone di un locale affollato e fuori mano.Stessa trafila di prima, mano in tasca, pacchetto, sigaretta, ma prima che Ombra riesca ad accendere il secondo fiammifero della serata un click metallico lo precede dandogli all’improvviso il fuoco.

Un uomo…un ragazzo…un viso indecifrabile senza età, un volto espressivo, giovane eppur segnato da profonde rughe d’espressione…scavate da un atteggiamento da filosofo corrucciato…gli occhi sono insoliti, il taglio è sicuramente orientale mentre l’iride è di un verde appena accennato, pallido e fluorescente…”Che volto strano” pensa Ombra, “Ha una pelle bellissima, ramata…distesa come un mare calmo sulle guance e intorno alla bocca e come il mare in tempesta sulla fronte…”.

L’uomo guarda Ombra in maniera divertita, innocente…anche se i suoi occhi hanno già visto il mondo con le sue meraviglie e i suoi orrori…lo scruta come incuriosito e in attesa di qualcosa…

…”Non ho patria…un po’ come te…non sono cinese, indiano o eschimese.

..non sforzarti non capirai mai da dove vengo..”esordisce con un mezzo sorriso l’uomo che con un altro click aveva fatto sparire il fuoco.

“Scusa….”balbetta Ombra sorpreso da quest’inaspettata uscita.

“…Stavi pensando…ma da dove salta fuori questo tipo?!…sarà di qualche paese tipo…”Si giustifica l’improvvisato veggente.

“…Ahhh, è una domanda che ti fanno spesso…per cui,ecco…sapevi che lo avrei chiesto anch’io!”biascica perplesso Ombra quasi rivolgendo la risposta a se stesso.

“…NO,no…leggo i tuoi pensieri…anche se non è poi così semplice…vista la confusione che ti porti dentro…”

Ombra sbotta in una fragorosa risata che lo lascia senza respiro per qualche istante.

L’uomo davanti a lui invece sorride divertito…ma con la serietà di chi sta per dire una grande verità.

“…questo è un pazzo, stai pensando…non esiste chi legge nel pensiero…è vero!Fuori di qui nessuno è in grado di farlo…”disse ammiccando l’uomo.

“…comunque il mio nome è Vento…così per le presentazioni!?”

“…che poi i nomi sono una cosa strana, non ti pare…pensa che solo qui non ho un nome NOME! In Siria mi chiamano Scirocco, in Libia, se viaggio verso nord Libeccio, invece se spiro verso sud Ghibli, e se vengo dal deserto Phon…si,insomma…qualcosa del genere…io viaggio e basta, sono gli altri che mi danno i nomi”

“lo sai anche tu come sono fatto…sono stato tuo compagno di cammino tante volte…sono un dispettoso…a volte sibilo un po’ nelle orecchie ma poi me ne vado…”

“Sei un po’ pallido…non ti sarai spaventato!?” dice Vento “…Dai, che bevi!?”

“mmmmhg…non..non so…forte…”si intartaglia Ombra.

“…ok…”, “Effy…fammi un doppio vampiro e un inferno senza fiamme…”Strilla Vento in direzione dell’omone paonazzo dietro al banco.

“…la sua povera mamma avrà avuto una giornata difficile alla sua nascita…!”pensa tra se Ombra.

Quando rialza gli occhi dai suoi pensieri si ritrova lo sguardo piantato tra i suoi del barista, che con voce da cavernicolo gli intima “…un altro pensiero su mia madre e ti annodo la lingua alle orecchie..!!!”.Ombra tremebondo teme ormai la congiura dei presenti in quello strano locale.

L’energumeno serve i drink, Ombra preoccupato non osa alzare lo sguardo oltre il bicchiere.

Effy oltre ad essere un uomo dalla mole imponente ravviva il suo look luciferino sfoggiando baffi da corsaro e sopracciglie  folte…occhi profondi e severi e due mani che sembrano bistecchiere…per cui meglio bere in silenzio e pensare ai fatti propri.

“Scegli” intima Effy al povero Ombra “…Inferno o Vampiro…”

“…la differenza…”chiede Ombra

“…L’Inferno ti martella tutta notte…il vampiro se non sei abbastanza uomo da reggerlo ti svuota completamente…”

Ombra guarda Vento e poi butta giù uno dei bicchieri quasi senza guardare.

“…fortino…”gli striscia fuori la voce dalla gola.”

“….EEEeee, che vuoi che sia…stasera non volevi ubriacarti!!?” ironizza Vento.

“…come fai a saperlo!?…”si meraviglia Ombra.

“…Come credi di essere arrivato qui…chi credi ti ci abbia portato!!? ….fino alle mura che fermano il vento…”

“…Ci siamo incontrati per strada…non avevo intenzione di passar di qui stasera e non avevo idea che ci avrei accompagnato qualcuno…comunque, ora che sei qui…visto che ambedue viaggiamo soli…raccontami la tua storia…”

“PERCHE’!!? Io non ho storie…”si difende Ombra.

“Bla,bla, bla…ti sono passato accanto e ho sentito il freddo che ti circonda…sei un uomo solo…ho pensato che due chiacchere in compagnia avrebbero fatto bene sia a me che a te!!…e poi i ricordi che ti fanno male…ciò che ti fa soffrire…se me lo racconti…lo posso portar via con me…lo disperderò nel Vento…”

(La sala sembra rimpicciolirsi, si espande una musica dolce, surreale…si alza e si diffonde mista con la ganja e le voci, abbraccia i presenti e li trasporta dove ogni storia porta…ai sogni.Tra quelle note si racchiude la musica del mondo, melodie asiatiche,peruviane,ballate tristi, flamenchi isterici, cornamuse, arpe celtiche, violini, flauti, chitarre andaluse…i musicisti sono seduti su di un grande tappeto, vicini l’uno all’altro…ognuno suona un suo motivo che si integra perfettamente con gli altri.).

Ombra è silenzioso, il capo reclinato in avanti, i capelli disordinati che gli pendono sul viso…(un sussulto)…Ombra piange…in silenzio, senza versare lacrime,senza che i tratti facciali mutino…niente muta la sua compostezza esteriore, è dentro che qualcosa si è sciolto…un nodo che serbava da tempo, un dolore sottile che lo stava lentamente divorando.

“….Grazie…ma non credo tu possa fare molto…l’oggetto del mio dolore è distante eppure quotidianamente visibile…”Ombra parla con voce grave e in fondo un po’tremula.

“Parlamene…ti prego”disse Vento “…io sono qui e ovunque,sono materia invisibile….nel mio viaggiare ho udito e portato con me storie di gente reale e storie di gente che credeva di esserlo…credo che la tua storia saprà meravigliarmi ancora”.

“…non sono sempre stato così come mi vedi ora…la sofferenza mi ha plagiato rendendomi l’Ombra di me stesso…mi sono rinchiuso nell’anonimato sperando di riuscire a passare inosservato tra le porte del dolore…”

“…un tempo scrivevo…ero uno scrittore, amavo il mio lavoro…era quello che avevo sempre desiderato fare…la mia donna, Irene…l’amavo, Dio quanto amavo quella donna…lei era la mia pace, la mia vita.Quella donna sapeva infondermi la quiete, la pace interiore…ed io l’ho persa.

Fu una notte…una maledetta notte di questa sporca vita…stavo scrivendo il mio ultimo libro, era una fiaba, una storia d’amore…l’amore tra il sole e la luna, tra Selene ed Elio, tra Iside ed Osiride…la Luna, era così bella, così perfetta…la desiderai come non desiderai mai nessuna donna…e lei apparve, vera davanti a me nella sua magnificenza e perfezione…nella sua irraggiungibile bellezza! L’amai per una notte ed un giorno, ma quando la sera mi svegliai lei non era più nel mio letto…non era nemmeno tra le pagine del mio libro…scomparsa,svanita…era tornata in cielo,irraggiungibile…Ero sconvolto, rifiutai Irene, la scacciai dalla mia vita…non mi bastava più, volevo la perfezione…volevo la Luna!!!

Irene abbandonata e ferita fuggì…lontano, dove non la potessi più trovare..

.ora lei è nell’ombra…sull’altra faccia della luna, dove il suo amore l’ha esiliata. Io cercai per molto tempo di riavere Luna e ci riuscii…sempre per una notte e un giorno…poi lei partiva e tornava fra le stelle.

Nemmeno Luna era perfetta come credevo, lei adora mostrarsi, ammaliare,sedurre…è una traditrice silenziosa,innamorata solo della sua bellezza…me ne accorsi tardi…avevo perso Irene…la mia Pace.

Da quel momento mi chiusi nell’ombra, come Irene…Siamo entrambi le Ombre di Luna…distanti…agli antipodi l’un l’altro.”

Effy in quel momento si presentò con in mano tre bicchieri e con le lacrime che gli rigavano il viso…erano il prototipo perfetto delle lacrime, calde, salate, profonde quanto i sentimenti di quell’orco lacrimoso.

 

 fotografia: Fra79 "ruscello"

 
 
 
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