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Cineforum 2014/2015 | 2 dicembre 2014
Post n°213 pubblicato il 01 Dicembre 2014 da cineforumborgo
IL VENDITORE DI MEDICINE Regia: Antonio Morabito Raccontare una discesa. Senza indugi o compromessi. Aprendo così una finestra su un mondo vicino alla vita e alla salute di tutti. Ma che il cinema e i media evitano o affrontano solo quando scattano le manette o le inchieste. Il venditore di medicine è quel tipo in giacca e cravatta con una valigetta di pelle, che almeno una volta tutti abbiamo intravisto nello studio del nostro medico di famiglia. E' l'anello, debole, tra il camice bianco e l'industria del farmaco, ma anche il pezzo necessario affinché in mosaico sia completo. Un informatore scientifico deve promuovere, ma allo stesso tempo convincere, il medico che le nuove (o vecchie) molecole prodotte dall'azienda farmaceutiche che rappresenta, qui l'immaginaria Zafer, siano delle miracolose novità. Migliori delle pillole dei concorrenti e, chiaramente, necessarie per curare gli assistiti. Insomma deve sapere proporre il farmaco e, magari, anche 'lisciare' per bene il medico. Una 'ape regina' lo chiamano gli informatori, se è uno che fa tante prescrizione delle tue medicine. Più quest'ultimo 'firma' le ricette rosa e più il 'venditore' è bravo e l'azienda fattura. Bruno (Claudio Santamaria) è un informatore in gamba. O almeno lo era. Ora è tutto più difficile alla Zafer. C'è aria di licenziamento e chi non regge allo stress e al fallimento si spara un colpo in macchina. Ha il fiato sul collo della sua capa (Isabella Ferrari). Bisogna vendere di più, le 'api regine' devo essere spremute per bene, incentivate con cene e regali, ma solo se il rapporto tra il 'dono' e le prescrizione è 1 a 11. Altrimenti, sei fuori dalla Zafer. E Bruno per tenere tutto in piedi - un matrimonio, una vita agiata, un posto di lavoro, un briciolo di carriera, decide di tentare il tutto per tutto. Di agganciare un oncologo ospedaliero (Marco Travaglio) difficile da convincere, con i prodotti della Zafer hanno già fallito in parecchi, ma che potrebbe rimettere in carreggiata la sua vita. E' la sua ultima spiaggia. Non è un'atroce caricatura, è tutto vero. Vista la potenza di Big Pharma e il ramificato intreccio di interessi se ne parla poco. Ma ci sono inchieste che lo provano, e all'inizio di questo primo film di finzione del documentarista Antonio Morabito, echeggiano intercettazioni inequivocabili e ripugnanti. La materia c'è insomma, c'è il coraggio di trattarla senza sconti (...), non mancano nemmeno le note ironiche (...). Più incerto è il taglio che dovrebbe trasformare il tutto in racconto avvincente. Il film infatti sembra soprattutto evitare il già noto. Anni fa Santamaria sarebbe stato un 'mostro' alla Sordi. Negli Usa sarebbe un killer dai modi soavi tipo Kevin Spacey, etc. Qui invece la sua doppiezza genera schizofrenia (la moglie incinta e ingannata; l'amico malato, aiutato di nascosto). Ma non è un problema del film. È il sintomo di uno smarrimento, estetico e morale, più generale. Come dare a personaggi simili umanità e complessità senza farsene complici? Per anni la risposta è stata la commedia all'italiana. Oggi urgono nuove ricette. Ma in fondo per un film sui farmaci essere un sintomo non è male. ANTONIO MORABITO Martedì 9 dicembre 2014:
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