CINEFORUM BORGOI film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020 |
Messaggi di Novembre 2014
Post n°212 pubblicato il 24 Novembre 2014 da cineforumborgo
LUNCHBOX Titolo originale: Dabba Quello dei Dabbawallahs ("Dabba" è il titolo originale del film) è uno dei tanti ‘miracoli’ di Mumbai, la città più densamente popolata dell'India: sono i trasportatori che ogni giorno consegnano circa 200.000 pasti caldi direttamente dai fornelli delle abitazioni nelle periferie fino alle scrivanie degli uffici del centro. Un sistema di consegna impeccabile, studiato anni fa anche dall'Università di Harvard, che è rimasto praticamente immutato dalla fine dell'800 e che consente a impiegati e studenti di mangiare ogni giorno il cibo preparato a casa: una staffetta di più di cinquemila fattorini che si muovono tra biciclette e treni locali, un sistema perfetto nel caos dei milioni di abitanti che a loro volta si muovono da casa al lavoro, che mediamente contempla un solo errore ogni milione di consegne. E proprio questo lunchbox, quell'uno su un milione che viene consegnato per errore all'indirizzo sbagliato, fornisce all'esordiente regista Ritesh Batra, il pretesto per raccontare questa sorprendente storia di amore ‘epistolare’ che è molto di più di una commedia sentimentale in agrodolce. "The Lunchbox", premiato dal pubblico a Cannes alla Settimana della Critica, prodotto e sviluppato in collaborazione con il TorinoFilmLab, è un piccolo miracolo di poesia e semplicità, che parla di cibo, di solitudine e di sentimenti che si risvegliano; e di come il caso, il destino e soprattutto la speranza di un amore possano rimettere in moto il desiderio di vita. Ila (Nimrat Kaur) è una casalinga che riversa tutta la sua passione nelle ricette che prepara per il marito che invece la trascura. Ma per errore il suo paniere viene recapitato ogni giorno sulla scrivania di Saajan (Irrfan Khan), impiegato alle soglie della pensione dopo 35 anni di lavoro all'ufficio reclami, vedovo e solitario. Un piccolo film indiano. (……) un film, delicato e gustoso, esattamente come i manicaretti che fanno da motore a questa storia d'amore e di riscatto. Ambientato in una Mubai contemporanea, caotica ed indifferente, sospesa tra modernità e tradizione, il film ci racconta l'incontro del destino tra una giovane moglie prigioniera del suo infelice matrimonio ed un impiegato di mezza età, vedovo e «prigioniero» a sua volta del ricordo della sua vita precedente. Come avviene l'incontro? Lo dice il titolo: "Lunchbox", le ‘gavette’ per il pranzo che a Mubai sono un'istituzione da oltre cent'anni. Madri e mogli a casa preparano i pasti per i loro cari che poi, nei lunchbox, è affidano ai dabbawallahs, un esercito di fattorini che attraverso bici, treni e carretti li recapitano ancora caldi sulle scrivanie degli uffici o sui banchi di scuola, per poi riconsegnarli vuoti alle casalinghe nel pomeriggio. Un sistema infallibile, ma che in questo caso il destino vuole fallace. Così che il pranzo destinato al marito della giovane e bella Ila finisce sulla scrivania di Saajan! Da vedere. RITESH BATRA Martedì 2 dicembre 2014:
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Post n°211 pubblicato il 17 Novembre 2014 da cineforumborgo
VIA CASTELLANA BANDIERA Regia: Emma Dante Quando nel celebre racconto di Melville, Bartleby lo scrivano decide senza motivo di fermarsi, rispondendo a ogni ordine che gli viene dato la stessa identica frase - «preferirei di no» - il mondo intorno va nel panico. Perché l'avrà fatto? Cosa ci starà dicendo? L'effetto è quello dell'immediato cataclisma. Basta che per un momento, nel susseguirsi degli eventi ripetitivi della quotidianità, vi sia un piccolo atto di sottrazione e rottura, che tutto da un momento all'altro crolla. (......) tradurre per il cinema "Via Castellana Bandiera" (romanzo scritto dalla stessa Dante, edito da Rizzoli nel 2009) è già di per sé un'idea che poteva presentare più di qualche insidia; "impazienza", la stessa che - immaginiamo - ha condizionato la regista siciliana nel mettere in scena quella che, a tutti gli effetti, è una metafora neanche troppo velata sul pantano in cui ci troviamo da qualche tempo: una domenica pomeriggio qualsiasi, nel caldo torrido di Palermo, due autovetture si ritrovano muso contro muso in un budello di strada, Via Castellana Bandiera appunto. Rosa e Clara (Dante e Rohrwacher) da una parte, la numerosissima famiglia Calafiore dall'altra, con al volante l'anziana Samira (Elena Cotta): basterebbe che una delle due macchine facesse qualche metro in retromarcia per permettere all'altra di procedere, ma non se ne parla. Rosa e Samira hanno deciso di sfidarsi in un duello che non prevede prigionieri, e la situazione di stallo assume con il passare dei minuti contorni sempre più grotteschi, poi drammatici. EMMA DANTE Martedì 25 novembre 2014:
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Post n°210 pubblicato il 10 Novembre 2014 da cineforumborgo
DIETRO I CANDELABRI Titolo originale: Behind the candelabra Virtuoso del pianoforte osannato e strapagato, tra gli anni ‘50 e i ’70, Valentino Liberace, Lee per gli intimi, fu la creatura più incredibile partorita dallo show-biz americano. I suoi spettacoli, quintessenza del kitsch a metà tra il look del ‘glam rock’ e la pura cafonaggine, sono ricostruiti da Steven Soderbergh in un film sorprendente, che prende in contropiede le regole del biopic d’artista: genere molto codificato, come si sa, tendente a procedere per tappe obbligate (la difficile ascesa, la fama, la caduta, il ritorno trionfale...) e per cliché. Niente di tutto questo in “Dietro i candelabri”; che, a rigore, non si può dire neppure un biopic. Liberace, infatti, è osservato attraverso gli occhi di un altro personaggio: Scott Thorson, giovane provinciale orfano che fu suo amante e convivente per cinque anni a partire dal 1977. Bisessuale, Scott ha quarant’anni meno di Lee, ma non è un gigolo che voglia approfittare dell’enorme ricchezza dello showman. All’inizio, anzi, si ritrova disarmato dinanzi al mondo frivolo e luccicante in cui è inaspettatamente immesso; tanto che deve compiere grossi sforzi per adattarvisi. Affascinato dalla personalità dominatrice di Lee, che con i suoi ‘protetti’ si comporta come un Dracula in paillettes, il giovane si lascia plagiare al punto di sottoporsi a un lifting del dottore-macellaio Startz per somigliare al suo mentore da giovane. Anche Liberace, del resto, prova un affetto sincero per Scott, che adotta (quasi) giuridicamente. Salvo poi stancarsi di lui, soppiantarlo con un nuovo ‘toy boy’ e cacciarlo di casa come una scarpa vecchia, deformato dalla chirurgia e succube della droga. A dispetto di ciò il film, sceneggiato da Richard LaGravenese sulla base del libro di memorie di Thorson, è una storia d’amore, intensa e con momenti di inaspettata dolcezza; e in cui la relazione omosessuale è trattata perfino con toni di prosaicità coniugale. Così sembra assurdo che gli studios hollywoodiani lo abbiano considerato ‘troppo gay’, rifiutando di produrlo; tanto che Soderbergh lo ha realizzato per la rete televisiva HBO (in America non è uscito nelle sale, ma si è visto solo in tv; anche se con un’audience eccezionale). La cosa migliore di tutte, però, è l’equilibrio tra il rispetto per i personaggi (tanto più notevole trattandosi di gente dalle vite abnormi) e l’ironia che traversa la maggior parte delle scene; senza scadere nella caricatura ma tenendo la giusta distanza critica tra l’osservatore e il mondo che rappresenta, regno della superficialità e dell’apparenza più estreme. Il contesto sovraccarico e terribilmente volgare in cui evolve la relazione (Liberace si immagina erede di Ludwig II di Baviera e vive in una villa trompe-l’oeil non meno cafona dei palcoscenici di Las Vegas dove si esibisce) non spegne la forza drammatica delle situazioni, che procedendo nel tempo assumono toni più seri e perfino dolorosi. E, alla fine, la rappresentazione di quell’universo artificiale arriva a evocare il cinema di Federico Fellini. D’obbligo spendere una parola sulle interpretazioni, che sono notevoli. Sia quella di Michael Douglas, capace di rendere umano e perfino simpatico un personaggio che, per le sue azioni, potrebbe risultare odioso. Sia quella di Matt Damon, che a quarant’anni suonati accetta la sfida di interpretare uno Scott molto più giovane (quando la relazione ebbe inizio aveva diciott’anni) senza che la cosa risulti mai ridicola. Virtuoso del piano, acclamato showman e per anni indiscussa star dell'Hilton di Las Vegas, Valentino Liberace usava presentarsi in scena sfavillante di lustrini e avvolto in pellicce come fosse una drag-queen. E gay lo era, però guai a scriverlo! Sulla base di una solida sceneggiatura di LaGravenese ispirata alle memorie “Behind the Candelabra” di Scott Thorson - schiavizzato amante dell'entertainer fra il 1976 e l''82 - il film ripercorre le tappe di quell'amore dal corteggiamento alla rottura, con Scott perso nella cocaina e Liberace in cerca di nuove prede prima di scivolare nella morte per Aids (1987). In una dosata miscela di commedia e dramma, la regia di Soderbergh assicura un'impeccabile intelaiatura formale in bilico fra vita e spettacolo, ma il valore assoluto della pellicola prodotta dalla televisiva HBO (e vincitrice di 11 Emmy) è la formidabile personificazione di Michael Douglas, che fra kimoni e parrucche fa emergere dell'istrionico professionista i contraddittori aspetti di genuina gentilezza e spietato calcolo. Nei panni del biondo, giovanissimo Scott, il quarantenne Matt Damon si intona al gioco indossando temerari slip di strass, e grazie ai due attori, la discutibile storia d'amore diventa autentica e persino commovente. STEVEN SODERBERGH
Martedì 18 novembre 2014:
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Post n°209 pubblicato il 03 Novembre 2014 da cineforumborgo
SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO Titolo originale: Only lovers left alive Jim Jarmusch non era tra i nostri registi preferiti (di solito chi lo ama tanto ama tanto anche John Fante, dobbiamo confessare che neppure Arturo Bandini è tra i nostri prediletti). Fino ai vampiri di questo film. Tilda Swinton e Tom Hiddleston sono belli, sexy, elegantissimi, innamorati dopo secoli di matrimonio, splendidi conversatori e grandi lettori. La prima idea geniale è stata accoppiarli. Lei in gara con David Bowie per la parte della donna ‘che cadde sulla terra’. Lui che già in “Thor” di Kenneth Branagh aveva un cappottone da dandy, i capelli lunghi e uno sguardo che nel fumetto della Marvel non avevamo notato. Joss Whedon in “The Avengers” aveva fatto un altro passetto avanti, e da lì al vampiro è un attimo. Gli sposi vampiri vivono uno a Detroit, dove Adam colleziona vecchie chitarre e vinili, e l’altra a Tangeri, dove Eve passeggia nei bar con Christopher Marlowe (l’attore è John Hurt, da secoli si lamenta perché Shakespeare gli ha rubato i drammi ed è diventato famoso al posto suo). Lei ha anche una sorella: Mia Wasikowska che decisamente preferiamo pallida tra i velluti, non abbronzata in cotonina a fiori tra i cammelli di “Tracks”. Il ricongiungimento familiare nella casa di Detroit crea qualche problema, con la cognata mina vagante. Mancano i deliziosi ghiaccioli sanguigni con cui Eve si rinfrescava a Tangeri, restano le fabbriche dismesse da visitare e i fan che stanno sotto casa di notte per sentire la musica appena composta (altre rivendicazioni «Ho dato un preludo a Chopin»). Noi umani per loro siamo ‘zombie’. Non per rendere omaggio a “The Walking Dead”. Perché non sappiamo godere le grandi cose della vita. Le piccole cose della vita hanno stancato noi, figuriamoci se i vampiri con secoli di esperienza (e di noia) cascano nella trappola. «La nuova creatura non fa che dare nomi a tutto ciò che la circonda» si lamentava il primo uomo in “Il diario di Adamo ed Eva” di Mark Twain, raccolta di scritti che dava voce ai pensieri impertinenti degli amanti del peccato originale. Una partitura a due sulla gioia e il dolore di nascere complementari, di essere gli unici umani viventi, di scoprire il mondo e la sua misura non fatta per l’uomo. Un testo che Jarmusch ammette di aver tenuto presente, senza citarlo, nell’intessere le traiettorie di Adam e Eve, amanti sempiterni che si congiungono e completano nella rotondità perfetta di un Tao disegnata dai loro corpi sul letto. Come la petulante Eva di Twain, anche Eve/Tilda Swinton chiama le cose col loro nome scientifico; ne conosce pure le date di nascita o di fabbricazione, che snocciola al compagno come in un’enciclopedia infinita. Lei è la forza costruttiva del ricordo e dell’archiviazione, l’amore che è sempre feticismo, la passione che si fa inventario per ripercorrere i secoli trascorsi insieme. Perché?Adam e Eve sono non morti, vampiri che hanno attraversato pestilenze e guerre, amandosi sempre, risposandosi di tanto in tanto, fino a giungere allo squallore dell’oggi. Dove gli zombi siamo noi, come Adam/Tom Hiddleston sprezzante ci etichetta: più morti di loro, vaghiamo senza meta, non conosciamo la bellezza. Adam è la forza distruttiva dell’oblio, della noia, dell’oggettività che impedisce di mettere a fuoco le sole cose che contino. Eve da Tangeri vola a Detroit per ricordargliele: una valigia piena di prime edizioni di libri epocali, la gioia di ballare senza una ragione, ghiaccioli al plasma per le giornate calde. Con gli occhiali da sole di notte come i Blues Brothers, i vampiri guidano nella città della Motown, si procurano il sangue con educata routine, come tossici decadenti, e si bastano. Non vale per la sorellina Ava, più primadonna di Eve, per cui l’amore è ancora l’egoistico dissetarsi prosciugando l’altro: gli amanti millenari sanno che il piacere si sorseggia a piccole dosi, si condivide, si offre. Jarmusch fa dei suoi vampiri due antiquari languidi, come lui innamorati dei lampi elettrici di Tesla e dei White Stripes, della lentezza analogica e del vinile, eroi di un romanticismo perduto, stilizzati come bellissime figurine. Parodia elegante, divertissement ironico su melodie di rock funereo, che annichilisce la triste deriva teen ed esangue da anni subìta dal filone dei non morti, Solo gli amanti sopravvivono restituisce ai vampiri la nobiltà perduta, con un canto funebre sorridente: freddo eppure spensierato come un ghiacciolo al sangue. JIM JARMUSCH Filmografia: Martedì 11 novembre 2014: |
Inviato da: PaceyIV
il 25/02/2020 alle 13:33
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:37
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:03
Inviato da: generazioneottanta
il 16/07/2016 alle 19:27
Inviato da: generazioneottanta
il 20/03/2016 alle 10:30