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I film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020

 

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Messaggi di Gennaio 2018

 
 

Cineforum 2017/2018 | 30 gennaio 2018

Foto di cineforumborgo

ARRIVAL

Regia: Denis Villeneuve
Soggetto: Ted Chiang (racconto)
Sceneggiatura: Eric Heisserer
Fotografia: Bradford Young
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Montaggio: Joe Walker
Scenografia: Patrice Vermette
Arredamento: Paul Hotte
Costumi: Renée April
Effetti: Marc Reichel, Jean-François Ferland, Alexandre Lafortune, Louis Morin, Raynault VFX, Rodeo FX, Oblique FX, Hybride Technologies, Alchemy 24, Folks
Suono: Sylvain Bellemare (montaggio), Bernard Gariépy Strobl (missaggio), Claude La Haye (missaggio)
Interpreti: Amy Adams (dott.ssa Louise Banks), Jeremy Renner (Ian Donnelly), Forest Whitaker (colonnello Weber), Michael Stuhlbarg (agente Halpern), Mark O'Brien (II) (capitano Marks), Tzi Ma (generale Shang), Abigail Pniowsky (Hannah a 8 anni), Julia Scarlett Dan (Hannah a 12 anni), Jadyn Malone (Hannah a 6 anni), Frank Schorpion (dott. Kettler), Lucas Chartier-Dessert (Lasky), Christian Jadah (Combs), Sonia Vigneault (dott.ssa J. Bydwell), Mark Camacho (Richard Riley), Larry Day (Dan Ryder, ufficiale della CIA)
Produzione: Shawn Levy, Dan Levine, Aaron Ryder, David Linde per 21 Laps Entertainment/Filmnation Entertainment/Lava Bear Films
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Durata: 116'
Origine: U.S.A., 2016
Data uscita: 19 gennaio 2017
Premio Arca Cinemagiovani come miglior film in concorso e Premio Future Film Festival Digital Award alla 73. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2016); Oscar 2017 per il miglior montaggio sonoro.

Quando un misterioso oggetto proveniente dallo spazio atterra sul nostro pianeta, per le susseguenti investigazioni viene formata una squadra di élite, capitanata dall'esperta linguista Louise Banks. Mentre l'umanità vacilla sull'orlo di una Guerra globale, Banks e il suo gruppo affronta una corsa contro il tempo in cerca di risposte - e per trovarle, farà una scelta che metterà a repentaglio la sua vita e, forse, anche quella del resto della razza umana.
Un ritorno alla fantascienza umanista, alla fantascienza del dialogo, del ‘un altro mondo è possibile’, anche perché di mondo non c’è solo il nostro. Talento già acclarato e poliedrico, il canadese Denis Villeneuve con “Arrival” realizza una sci-fi umanissima, che gioca tematicamente - e drammaturgicamente - col tempo, non lineare, per ribadire il nostro libero arbitrio, con tutto ciò che comporta, dolore in primis: la perdita di una figlia, la fine, se non di un amore, di un rapporto di coppia. Nonostante tutto, le incomprensioni geopolitiche, il razzismo, il ‘prima gli umani’ (vedi, ‘prima gli italiani’), “Arrival” postula e predica laicamente la possibilità del win-win, di un gioco non a somma zero, in cui il linguaggio e la scienza possano dire la loro, possano realizzare - dopo il dare il nome alle cose: ‘human’ - il secondo privilegio dell’essere umano: l’accoglienza. Accoglienza del diverso, l’alieno, qui un eptapode, ovvero un gigantesco polpo a sette zampe, ma anche accoglienza del proprio destino, dell’antico fato: homo faber della propria sorte, anche quando la conosciamo già, perché l’abbiamo pre-vista nel futuro, e non saranno solo rose e fiori.
Non c’è più spazio per computer ribelli, soprattutto non c’è più senso per monoliti sfacciatamente lucidi, con gli angoli taglienti e l’inintelligibilità per assunto, qui la superficie del guscio alieno, anzi, dei 12 gusci piovuti sulla Terra è ruvida, non presenta alcun angolo e non è contenitore vuoto: servono intelligenze smussate, concave per accogliere, e qui la politica e gli eserciti mostrano tutta la propria inadempienza. Restiamo umani, verrebbe da dire, e ognuno ricordi quel che può, quel che vuole.
La linguista è la solita Amy Adams piena di grazia, lo scienziato un ottimo Jeremy Renner, il colonnello che li assolda Forest Whitaker: un triangolo di cui la Adams saprà fornire la cerchiatura buona per intendere gli alieni e, forse, salvarci. Salvarci non da loro, ma da noi stessi: fantascienza umana e umanista perché centripeta, riflessiva, non distopica, semmai utopica. Vi torneranno in mente tante cose, da “Gattaca” a “Inception”, soprattutto, tirerete un sospiro di profondo sollievo per le sorti magnifiche e progressive del sequel di “Blade Runner”, affidato a Denis Villeneuve, di cui “Arrival” oltre alla perizia tecnica - meravigliosa la fotografia di Bradford Young, gattachiane ed emotivamente pregne le musiche dell’abituale Jóhann Jóhannsson - testimonia lo spessore - sì, tocca ripeterci - umanista, l’attenzione introspettiva, la delicatezza nel trattare gli ‘affari di cuore’, la capacità di dare al genere - ricordate “Sicario”? - il voltaggio morale e i crismi del cinema d’autore.
L’invasione aliena porta con sé la necessità di evadere da noi stessi, dai nostri interessi particolari, dalle ragioni di Stato, dal gioco in difesa o in attacco per perseverare nel dialogo, per - letteralmente - aprirci all’altro: i tentacoli disegnano, il colore comunica, il sacrificio e il dono sono contemplati. Anche da noi?
Estrema forza di “Arrival”, sceneggiato da Eric Heisserer a partire dal racconto di Ted Chiang “Story of Your Life”, sta nel lirismo scevro di stucchevolezze, emozione senza piagnisteo, umanesimo senza buonismo: non ha fretta Villeneuve, non ha mezzucci, né facili entusiasmi da gettare in platea, ma il suo punto di arrivo è fertile, ottimo.
Federico Pontiggia, Cinematografo.it

Il confronto con l'altro, il diverso, è spesso stato raccontato al cinema attraverso l'incontro con gli alieni. Mostri aggressivi, pronti a invaderci e colonizzarci, metafora del 'pericolo rosso' o del 'pericolo giallo' a seconda dei periodi storici che soprattutto l'America attraversava. Fino a che Steven Spielberg non trasformò gli extraterrestri prima in esseri pacifici con i quali dialogare, poi addirittura in una specie di irresistibile cucciolo da salvare. Ed è proprio a “Incontri ravvicinati del terzo tipo” che ci fa pensare “Arrival” di Denis Villeneuve (...) che riporta sullo schermo gli abitanti di un altro pianeta, un po' spariti negli ultimi anni, fatta eccezione per Star Wars. Ma gli alieni di Villeneuve arrivano per ricordarci che i problemi sul nostro pianeta non hanno niente a che vedere con le minacce dallo spazio in un film che dietro il genere fantascientifico nasconde una riflessione profonda sull'incontro con ciò che non conosciamo. (...) Il tema centrale del film diventa dunque il ruolo che la comunicazione svolge nella relazione col diverso, sull'importanza della comprensione e della compassione, sulla necessità di un dialogo che vada oltre le barriere linguistiche proprio mentre il mondo, preda di un'isteria collettiva, è ansioso di dichiarare una guerra globale. Ogni parola male interpretata rischia di dare fuoco alle polveri, ogni parola ben spesa ha il potere di salvare l'umanità da una folle autodistruzione.
Alessandra De Luca, Avvenire

DENIS VILLENEUVE
Filmografia:
Cosmos (1996), Next Floor (2008), Polytechnique (2008), La donna che canta - Incendies (2010), Enemy (2013), Prisoners (2013), Sicario (2014), Arrival (2016), Blade Runner 2049 (2017), The Son (2017)

Martedì 6 febbraio 2018:
LOVING di Jeff Nichols, con Joel Edgerton, Ruth Negga, Marton Csokas, Nick Kroll, Terri Abney
 

 
 
 
 
 

Cineforum 2017/2018 | 23 gennaio 2018

Foto di cineforumborgo

CAPTAIN FANTASTIC

Regia: Matt Ross
Sceneggiatura: Matt Ross
Fotografia: Stéphane Fontaine
Musiche: Alex Somers
Montaggio: Joseph Krings
Scenografia: Russell Barnes
Arredamento: Tania Kupczak, Susan Magestro
Costumi: Courtney Hoffman
Effetti: Kathy Siegel, Worth Bjorn Walters, Local Hero, Afterparty VFX
Interpreti: Viggo Mortensen (Ben Cash), Frank Langella (Jack), Missi Pyle (Ellen), Erin Moriarty (Claire), George MacKay (Bo), Ann Dowd (Abigail), Samantha Isler (Kielyr), Annalise Basso (Vespyr), Kathryn Hahn (Harper), Steve Zahn (Dave), Nicholas Hamilton (Rellian), Shree Crooks (Zaja), Charlie Shotwell (Nai), Trin Miller (Leslie), Teddy Van Ee (Jackson), Elijah Stevenson (Justin), Rex Young (Agente Skadden)
Produzione: Lynette Howell Taylor, Monica Levinson, Jamie Patricof, Shivani Rawat per Electric City Entertainment/Shivhans Pictures
Distribuzione: Good Films
Durata: 119'
Origine: U.S.A., 2016
Data uscita: 7 dicembre 2016
Premio per la miglior regia al 69. Festival di Cannes (2016) nella sezione “Un Certain Regard”; Premio del Pubblico BNL alla XI edizione della Festa del Cinema di Roma (2016).

Ben, un uomo dal libero pensiero e padre di sei figli ha deciso di vivere nel cuore delle foreste del Nord America, nello stato di Washington. Quando una tragedia costringe la bizzarra famiglia a lasciare il loro paradiso e a imbarcarsi in un viaggio attraverso il Paese, Ben a confrontarsi con la critica del mondo reale alle sue idee anticonformiste.
L'uomo allo stato naturale è buono. La massima di Rousseau, sempre attuale in una parte della cultura americana, ispira Ben, capo di una tribù di sei figli tra i sette e i diciassette anni che vivono nella foresta, si procurano il cibo uccidendo animali all'arma bianca (o con piccoli espropri proletari nei supermercati), si allenano nelle arti marziali. E, intanto, seguono corsi autogestiti di filosofia e di fisica quantistica. Il loro nume tutelare è Noam Chomsky, il filosofo e linguista anarchico di cui festeggiano il compleanno al posto del Natale («Meglio lui di un elfo che non esiste» dice papà Ben) ed è marcatissima l’impronta anti-sistema che ne ispira ogni azione. Soprattutto, il padre vuole sottrarre la sua cucciolata a tutte le forme di propaganda e asservimento imposte dal ‘patto sociale’. Tali sono le premesse di “Captain Fantastic”, secondo lungometraggio di Matt Ross premiato a Cannes e in vari altri festival, dove è stato molto apprezzato dal pubblico. Poi il film, dopo la morte della moglie-madre sofferente di una grave forma di psicosi, imbocca la strada del ‘road trip’.
In viaggio per partecipare al funerale della donna, padre e figli sconteranno il disadattamento sociale, impossibilitati a interagire con chi vede il mondo all’opposto. Anche se le certezze del più edipico dei ragazzi vacilleranno. È qui la parte migliore di questa operina indipendente, un film hipster che si segnala per originalità in un cinema ormai largamente formattato. Più ideologico di Wes Anderson, di cui condivide un po’ iconografia e colori, Ross mette a confronto in una serie di ottime scene (la cena a casa dei cugini, il discorso in chiesa) quelle che sono, in fondo, due forme opposte di follia: la follia del metodo di educazione oltranzista di Ben e la follia della gente cosiddetta normale, ligia a una serie di dogmi assurdi ma che il conformismo quotidiano non ci lascia avvertire come tali. Il raffronto fa uscire molto bene tutto ciò, accostando i ragazzi intrisi di anticapitalismo a coetanei addicted dei videogiochi e fieri della propria ignoranza; o nel confronto tra il padre di famiglia estremista e il nonno conservatore, che lo ritiene responsabile della morte della figlia. Fa piacere constatare come argomenti, al fondo, così importanti possano essere trattati nei toni di un feel-good-movie accessibile a tutti, intelligente, non manicheo e buono anche per chi cerca solo un piacevole intrattenimento. Se la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, avesse saputo conservare fino all’ultima scena quella leggerezza di tocco, il film poteva diventare un piccolo capolavoro. Invece, verso la fine, s’insinua nella vicenda una dose di mélo, riproponendo convenzioni non proprio inedite del ‘dramma di famiglia’. Un po’ spiace, anche se bisogna riconoscere che un finale andava pur trovato; e che il compito di restare all’altezza di una premessa così insolita non era dei più facili. Inappuntabile da capo a fondo, invece, la prestazione di Viggo Mortensen: abbastanza carismatico, tenero (e un po’ schizzato) da rendere credibile l’identificazione dei figli. Però è al livello tutto il cast, da un fantastico gruppo di ragazzini al veterano Frank Langella nella parte del nonno.
Roberto Nepoti, La Repubblica

Ogni tanto, come una cometa, un bolide fiammeggiante attraversa e illumina il cielo monotono e prefabbricato del cinema che viene da oltre Atlantico. E ci ricorda che gli Stati Uniti sono anche la culla e la radice delle più elevate e libertarie utopie. In “Captain Fantastic”, Ben (magnifico Viggo Mortensen) è un esempio vivente del più puro spirito pacifista, antagonista e hippie. Sino ai rischi del donchisciottismo o del ribellismo autolesionista. E ha dei figli meravigliosamente anticonformisti anche se il suocero (un altrettanto magnifico Frank Langella) lo accusa: «sono un fenomeno da baraccone per colpa tua».
Del resto loro non festeggiano il Natale ma il compleanno di Noam Chomsky (insigne linguista ed elemento di spicco della sinistra americana), leggono “I fratelli Karamazov”, “Armi acciaio malattie”, “Middlemarch” e “Lolita” commentandoli con profondità e passione, girano tranquillamente armati di coltelli e archi e cacciano per cibarsi, parlano di trotskismo e della Carta dei Diritti, ignorando la Coca Cola e i videogame.
Ma si può vivere sempre ‘contro’ nel nome di quel che è giusto? Matt Ross (attore, sceneggiatore, produttore, alla sua seconda regia di lungometraggi dopo “28 Hotel Rooms”) racconta in forma di commedia la (quasi) impossibilità dell’utopia, senza particolari ghiribizzi di stile (la storia, se radicale nei contenuti scorre comunque in maniera piuttosto tradizionale), dolce ma mai ‘evasiva’, tratteggiando personaggi perlomeno insoliti nel teatrino dei tipi cinematografici, forte della partecipazione felice e convinta da parte di tutto il cast (segnaliamo per inciso anche la performance del giovane George MacKay - già in “Pride” - nel ruolo del primogenito, decisamente un attore da tenere d’occhio per il futuro).
Captain Fantastic” è un gioiello di grazia, controcultura e spirito alternativo, con una colonna sonora ‘giusta’ - da “Scotland the Brave” che Ben suona con la cornamusa a “I Shall be Released” di Bob Dylan sui titoli di coda - e che ha entusiasmato ovunque, a partire dai critici a Cannes (premio per la regia, sezione Un Certain Regard) per proseguire con i pubblici di Deauville (premio) e del recente Roma Film Fest (premio del pubblico).
Massimo Lastrucci, Ciak

MATT ROSS
Filmografia:
28 Hotel Rooms (2012), Captain Fantastic (2016)

Martedì 30 gennaio 2018:
ARRIVAL di Denis Villeneuve, con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Mark O'Brien (II)

 

 
 
 
 
 
 
 

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Data di creazione: 29/09/2007
 

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