Creato da ronin53 il 08/11/2005

ERNESTO

l'importanza di chiamarsi...

 

 

AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE...

Post n°18 pubblicato il 08 Novembre 2010 da ronin53

“Scienza e biotecnologie possono togliere ai figli il diritto di nascere all'interno di una comunità d'amore con una identità certa paterna e materna”. È uno dei passaggi dell'intervento di apertura alla Conferenza nazionale della famiglia - che si è aperta con l'Inno di Mameli - del sottosegretario Carlo Giovanardi, un tema che considera “una delle emergenze della famiglia”.

Per Giovanardi, “la rottura della diga costituita dalla legge 40 aprirebbe la porta ad inquietanti scenari, tornando ad un vero e proprio Far West della provetta dove fin dal primo momento il concetto costituzionale di famiglia andrebbe irrimediabilmente perduto”.

 

“Il ministro Giovanardi si preoccupa delle famiglie in modo davvero inusuale. Affermando che debba esserci una identità certa, paterna e materna, traccia di fatto una differenza tra famiglie buone e cattive, tra 'pure’ e meno pure. L'intento discriminatorio e al limite del razzismo”. Lo afferma il senatore del PD Ignazio Marino. “Vorrei chiedere al ministro Giovanardi - continua Marino - che cosa pensa delle famiglie con figli adottati? Sono vere famiglie o no secondo lui? Che rischio corrono anche se l'identità dei genitori non è biologicamente trasmessa ai figli? E le famiglie in cui i figli sono stati concepiti con la fecondazione assistita? Vorrei rassicurare il ministro: esistono nel mondo più di quattro milioni di bambini normali, nati con metodo artificiale, più di quattro milioni di coppie normali, che grazie alla scienza hanno potuto realizzare il loro progetto di costituire una famiglia non diversa dalle altre, e più di quattro milioni di donne di hanno potuto vivere l'esperienza straordinaria della maternità. È molto preoccupante una visione limitata che rischia di descrivere una società da dividere in famiglie di serie A e di serie B. Non ho davvero mai sentito nulla del genere”, conclude.

 

Parlare di 'scoglio delle risorse’ per quanto riguarda le politiche familiari del governo è “una stronzata”. È quanto afferma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, a margine della conferenza nazionale della famiglia. “Le risorse - ha detto il ministro - devono essere riallocate, riorganizzate ma non dimentichiamo quanto spendiamo per la famiglia. Non avremmo il grande debito pubblico che abbiamo, se non avessimo una forte spesa diretta e indiretta, attraverso il fisco”. “Parliamo - ha proseguito - di circa 37 miliardi di prestazioni Inps al netto delle pensioni. Solo per la non autosufficienza le prestazioni Inps ammontano a 16 miliardi e in senso stretto per le famiglie sono 10 miliardi. Sono 18 miliardi per le agevolazioni fiscali”. “Il problema - ha detto ancora - non è il fondo sociale in senso stretto, per il quale parliamo di qualche centinaio di milioni e che peraltro si definirà nell'ambito di un decreto o della legge di stabilità a seconda di come procederemo, d'intesa con il parlamento”. “Il punto - ha concluso - è riuscire a riorganizzare in modo più efficace il sostegno alla famiglia in proporzione alla sua composizione e in riferimento ai soggetti deboli, con una specifica attenzione alla natalità”.

 

E questa mattina di fronte alla Conferenza nazionale della famiglia a Milano, si è tenuto un partecipato sit in dell'associazionismo gay italiano che allo slogan “Famiglie, Nè di papi nè dei papi” ha voluto rappresentare quanto la Conferenza nazionale della famiglia ha voluto escludere e cioè quelle migliaia di nuclei familiari composti da persone dello stesso sesso e di coppie di fatto eterosessuali che a questo sontuoso e costoso simposio non hanno voce.

“È particolarmente grave - spiega Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay e Francesca Polo, presidente nazionale di Arcilesbica - il veto di parola all'associazionismo gay che viene da questa conferenza istituzionale e che, per questo, dovrebbe rappresentare tutti i cittadini. Nel discorso di apertura di Francesco Giorgino si voluto addirittura sottolineare l'inesistenza di una declinazione al plurale delle famiglie italiane contro ogni realtà del Paese e a conferma del fatto che la conferenza, pur essendo pagata da tutti, si rivolge solo ad una parte della società italiana e a Oltretevere”.

“Non ci possono imporre un modello di famiglia” aggiunge Giuseppina La Delfa, presidente di Famiglie Arcobaleno, associazione di genitori omosessuali. “La nostra esistenza è realtà - continua La Delfa: “Quello che fanno è negarci ogni tutela e ogni diritto siamo senza diritti, ma con tutti i doveri che spettano ai cittadini. Ignorano innanzi tutto le difficoltà dei nostri figli costretti a convivere con l'omofobia di stato”,

“Sono molto in imbarazzo”, spiega Rita de Santis, presidente Agedo, associazione di genitori, parenti amici di omosessuali, “Perchè le istituzioni permettono di dilaniare letteralmente la mia famiglia. Ho cinque figli, quattro etero e uno gay: questa conferenza rappresenta solo una parte della mia famiglia e non l'altra e questo è molto imbarazzante per un genitore. Di più, mentre questo stato pretende che io viva con una pensione da fame, a questa conferenza assisto ad uno spreco di risorse immane e ad una retorica che insistendo sulla tradizione riporta l'Italia al tempo del ventennio fascista”.

 

Nel frattempo, la Prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto gravi le affermazioni di Berlusconi sui magistrati del processo Mills e nei prossimi giorni redigerà un documento da sottoporre all'esame del plenum. Berlusconi definì “famigerato” De Pasquale, parlò di “un'associazione a delinquere nella magistratura” e notò che “tre diversi collegi, quello di primo grado, secondo grado e la Cassazione hanno asseverato” la tesi del pm del processo Mills “dimostrando quindi che c'è un accordo fra i giudici di sinistra che vuole sovvertire il risultato delle elezioni”. Inoltre il premier evidenziò che De Pasquale era “lo stesso Pm che disse a Cagliari che il giorno dopo l'avrebbe messo in libertà e poi è andato in vacanza”, ricordando che “il giorno dopo Cagliari si è tolto la vita”.

Erano stati tutti e 16 i consiglieri togati e il laico del Pd Glauco Giostra a chiedere l'apertura di una pratica a tutela del De Pasquale, dopo che era fallito il tentativo di arrivare a una presa di posizione comune anche con i laici del Pdl e della Lega. E a sollecitare il Vice Presidente del Csm Michele Vietti a esprimere al Capo dello Stato la loro “profonda preoccupazione” per le “ennesime gravissime dichiarazioni”, di Berlusconi che - scrissero in quella occasione - minano la credibilità delle istituzioni e rischiano di delegittimare la magistratura tutta”.

Un timore espresso da Vietti nell'incontro del 13 ottobre scorso con il Presidente della Repubblica nel corso del quale Napolitano ribadì il “suo costante impegno per l'esercizio rigoroso delle prerogative costituzionali del Csm”.

 
 
 

ANCHE I GLADIATORI NON NE POTEVANO PIU’...

Post n°17 pubblicato il 06 Novembre 2010 da ronin53

Il nome classico della domus crollata stamane a Pompei (Napoli) è Schola Armaturarum Juventis Pompeiani, un edificio risalente agli ultimi anni di vita della città romana prima che l'eruzione la seppellisse.

La casa secondo gli studiosi doveva fungere da sede di una associazione militare e deposito di armature. L'ampia sala dove si allenavano i gladiatori era chiusa con un cancello di legno. Su una delle pareti apparivano gli incassi che contenevano delle scaffalature con le armature stesse che furono infatti ritrovate nello scavo.

La decorazione dipinta, persa nel crollo, richiamava al carattere militare dell'edificio: trofei di armi, foglie di palma, vittorie alate, candelabri con aquila e globi. La casa attualmente non era visitabile internamente, ma si poteva osservare solo dall'esterno.

La Domus dei Gladiatori di Pompei da anni era «in attesa di essere ristrutturata». Secondo il sindaco di Pompei, Claudio D'Alessio, il cedimento dell'edificio è un crollo annunciato: «succede quando non c'è la dovuta attenzione e cura» per un patrimonio secolare che andrebbe «preservato da ogni tipo di sollecitazione, anche atmosferica. C'è il dispiacere tipico di una comunità - ha sottolineato D'Alessio - di un territorio su cui vi è il museo all'aperto più grande del mondo e che purtroppo viene trascurato».

«In passato -ha rilevato - sono stati persi molti fondi, che non venivano utilizzati, e non sono state avviate le procedure per il restauro». Il sito archeologico, ha spiegato il primo cittadino, oltre ad avere un'importanza «culturale» dà anche «ricchezza a questo territorio» con il turismo. «Scontiamo la mancanza di un coinvolgimento in questo tipo di iniziative - ha concluso - ci limitiamo a fare appelli sensibili e solerti nel sollecitare l'attenzione che il sito necessita».

«I crolli sono una cosa naturale, meno comprensibile è il fatto che lo Stato italiano non riesca a proteggere il suo patrimonio». Lo storico dell'arte Philippe Daverio ha commentato così, ai microfoni di CNRmedia, il crollo della casa del Gladiatore a Pompei. «Pompei è stata scavata negli ultimi due secoli - ha continuato Daverio- e noi non riusciamo a farla stare in piedi. Come tutta l'archeologia essa è destinata alla scomparsa, la conservazione consiste proprio nell'evitarlo».

«Il fatto è - ha detto Daverio - che l'Italia spende una cifra ridicola per la gestione patrimoniale, lo 0,19% del Pil. Paesi normali spendono dall'1 al 2%, noi però abbiamo venti volte il patrimonio che hanno gli altri e non riusciamo a conservarlo. Bisogna lanciare un appello mondiale: Save Italy».

 
 
 

BONELLI “SCOPRE” TARANTO E PARTE CON LA CACCIA AI VOTI

Post n°16 pubblicato il 06 Novembre 2010 da ronin53
 

Che le elezioni siano prossime non lo nega più nessuno e, di conseguenza, non stupisce che politici di ogni schieramento abbiano cominciato a darsi da fare per apparire in televisione e sulla stampa al solo scopo di raccogliere voti.

Non mi stupisce, dunque, che Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi per la Costituente ecologista, abbia scelto Taranto per rilanciare la propria immagine e quella del suo movimento.

“Siamo delusi per la mancata risposta del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola alla richiesta, fatta lo scorso 19 ottobre per un’indagine epidemiologica sui cittadini di Taranto", ha dichiarato Bonelli nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Taranto.

"Sollecitiamo di nuovo il Presidente Vendola ad un’indagine sanitaria per verificare la correlazione tra le malattie dei cittadini e l’inquinamento prodotto dai complessi industriali di Taranto, Ilva inclusa – ha spiegato Bonelli - L’indagine epidemiologica è uno strumento strategico ed indispensabile per fare giustizia: tutti i processi sui danni prodotti dall’inquinamento si sono infatti arenati perché i magistrati non erano in grado di stabilire il nesso tra inquinamento e morti. A Taranto negli ultimi decenni si è determinata una vera e propria strage difficile da quantificare. Ma quando un sindaco vieta con un’ordinanza ai bambini di giocare con la terra nei Parchi significa che significa che ormai tutto è inquinato”.

"Non capiamo perché non ci sia stata una risposta sulla nostra richiesta alla Regione Puglia di impugnare alla Corte Costituzionale il decreto legislativo 155/2010 con cui il governo Berlusconi ha prorogato al 2013 i limiti di Benzopirene (cosiddetto Salva-Ilva) – ha poi aggiunto il leader ecologista -. La Regione Puglia ha tempo fino al 14 novembre per fare un atto di giunta con cui si solleva la questione di legittimità".

"Noi Verdi abbiamo organizzato un Pool di avvocati coordinati dall’Avv. Valentina Stefutti per proporre la più grande class-action italiana proprio sull’inquinamento di Taranto. Si chiederanno oltre 3 miliardi di euro di danni per un inquinamento che ha fatto e continua a fare una strage di vite – ha concluso Bonelli -. Mi auguro - e sono sicuro - che nei prossimi giorni possa arrivare una risposta dalla Regione Puglia, per la salute e i diritti dei cittadini di Taranto".

Conosco Angelo Bonelli da venti anni e conosco bene il suo percorso politico; cresciuto all’ombra di Marco Pannella quando il leader radicale piombò a Ostia, pensando di farne un laboratorio politico, il giovane ecologista percorse tutti i gradini della politica sino a diventare deputato della Repubblica.

Non ci sarebbe nulla di strano nell’interessamento attuale del leader ecologista per la Città dei Due Mari se non fosse per la curiosa tempistica che lo ha portato in Puglia.

Sono infatti passati sette anni da quando gli parlai per la prima volta di Taranto e dei problemi gravissimi che la città stava già vivendo; continuai a segnalargli i terribili sviluppi dell’inquinamento e i problemi relativi alla sicurezza sul lavoro ma, evidentemente distratto da altri impegni, non ha mai dato segnali di interesse.

Solo oggi, dopo che molti media hanno dato un po’ di rilievo e visibilità alle lunghe, continue battaglie dei comitati cittadini, Bonelli si sveglia e punta su Taranto per tentare di acquisire con un “coup de teatre” (la class action contro l’Ilva) il consenso dei tarantini in vista delle ormai ineludibili elezioni della prossima primavera.

Fermo restando che ogni iniziativa che aiuti la lotta contro l’inquinamento è sempre utile, bisognerebbe chiedersi dove sono stati i “verdi” sino ad oggi ed è bene chiarire che i tarantini non sono più disponibili ad essere sfruttati solo in occasioni elettorali.

Se veramente le intenzioni di Bonelli sono serie lo diranno i fatti a venire ma il dubbio che una ennesima speculazione sulla pelle dei cittadini sia in atto è più che legittima; di chiacchiere se ne sono già fatte tante, troppe, ora Taranto ha solo bisogno di proposte e fatti concreti.

 
 
 

SICUREZZA LAVORO, PER LA CASSAZIONE NE RISPONDE TUTTO IL CDA

Post n°15 pubblicato il 04 Novembre 2010 da ronin53
 

La Cassazione mette fine allo 'scaricabarile’ delle responsabilità per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza nelle fabbriche e nei posti di lavoro e afferma che, in caso di violazione della normativa sulla sicurezza, ne risponde l'intero Consiglio di amministrazione, nessuno escluso.

E il principio - pronunciato con riferimento alla responsabilità dei vertici 'Montefibre’ dello stabilimento piemontese di Verbania, dove undici operai sono morti per aver inalato amianto - vale anche nel caso in cui le deleghe sulla salute e l'igiene, negli stabilimenti o negli uffici, siano state affidate a un singolo componente.

Nel confermare le condanne, per violazione delle norme sulla sicurezza, a carico della società 'Montefibre’ e di 14 suoi manager e dirigenti - susseguitisi a vario titolo e per decenni alla guida dello stabilimento di Verbania - la Cassazione sottolinea che: «anche in presenza di una delega di funzioni a uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio di amministrazione non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa e organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro».

In particolare per quanto riguarda lo stabilimento di Verbania - 'bonificato’ solo nel 1997 - la Cassazione, nella sentenza 38991 depositata oggi, ricorda che la scelta di continuare a utilizzare l'amianto per coibentare i tubi di raffreddamento delle lavorazioni ad alta temperatura del nailon, era stata decisa perché costava meno delle fibre in vetro o di altri materiali non cancerogeni, usati invece in altri stabilimenti della stessa 'Montefibre’. A Verbania erano impiegati 3.600 operai ai quali non era stata data alcuna informazione sui rischi di contrarre le malattie correlate alla presenza dell'amianto «utilizzato in modo massiccio», e dal 1972 in poi non venne attuato «nessun serio e radicale mutamento della situazione di rischio».

Nemmeno le mascherine per contenere l'inalazione delle polveri che si incollano, indelebilmente, ai polmoni.

«La Cassazione si è pronunciata senza equivoci circa le responsabilità dell'applicazione delle norme che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo mette fine a interpretazioni ambigue, alimentate recentemente dallo stesso governo, e chiarisce che gli obblighi di applicazione delle leggi non sono solo in capo all'azienda, ma che anche nel caso di attribuzione di una specifica responsabilità funzionale, coinvolgono l'intero consiglio d'amministrazione dell'impresa». Lo dichiara il capogruppo del Pd nella commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. «Si tratta di un pronunciamento importante che rende più robusta e più attenta l'applicazione delle leggi esistenti e che richiama ad un principio di responsabilità, molte volte smarrito soprattutto nelle situazioni di crisi. Purtroppo, in questa stessa giornata, un altro grave incidente sul lavoro mette a rischio sei vite umane in uno stabilimento chimico del milanese e ci dimostra come ogni sforzo vada prodotto per non abbassare mai la guardia sui temi della sicurezza sui luoghi di lavoro».

 
 
 

ULTIME DALLA CITTA’ DEI DUE MARI...

Post n°14 pubblicato il 04 Novembre 2010 da ronin53

SEQUESTRO DI ETERNIT

L'intero complesso immobiliare che un tempo ospitava l'ipermercato 'La Mongolfiera-Ipercoop', che sorge accanto al nuovo centro commerciale e si estende su un'area di circa 97.000 mq, in zona 'Torre rossa', al quartiere 'Paolo VI' di Taranto, e' stato sequestrato dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Le fiamme gialle hanno riscontrato uno scenario di degrado ambientale dovuto al completo stato di abbandono dell'area. Dai controlli, e' emerso che i capannoni erano interamente coperti con pannelli di eternit danneggiati.

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CASSA INTEGRAZIONE ALL'ILVA: CHIESTO L'INCONTRO ALL'AZIENDA

La richiesta all’azienda è stata formalizzata. I sindacati dei metalmeccanici vogliono avere un confronto con l’Ilva. Parlare della cassa integrazione (richiesta per 1500 operai a partire dal 6 settembre), chiarire vari punti con il colosso siderurgico prima di arrivare al confronto con il ministero del Lavoro e alla Confindustria regionale, è fondamentale.

“Dobbiamo trovare una soluzione di sintesi. Con l’azienda, prima di tutto”, conferma Antonio Talò, segretario della Uilm di Taranto.

La riunione dovrà essere fatta a breve, i tempi stringono, ma non c’è ancora una data di convocazione. Forse qualcosa in più si saprà nella giornata di oggi.

La cassa integrazione richiesta è a zero ore, quindi senza rotazione del personale. E per la durata di 52 settimane, ovvero tutto il 2011. Saranno interessate ben 1500 unità. “Allo stato attuale la riduzione della capacità produttiva di acciaio si è attestata al 28% in meno e non si prevedono variazioni nel corso del 2011”, si legge ancora nella nota inviata ai sindacati. Attualmente il numero degli operai in cassa integrazione si aggira intorno alle 650 persone.

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da Affari Italiani.it

"L'ILVA DI TARANTO SCOMPARIRÀ PER MORTE NATURALE, NON PER IL REFERENDUM..."

di Antonio Prudenzano

 

Professore (precario) di diritto nella vita (ai mali della scuola italiana ha dedicato il pamphlet"Beata ignoranza"), Cosimo Argentina, classe '63, è uno degli autori italiani più ingiustamente sottovalutati (almeno finora) dalla critica e dalla grande editoria. Finalmente ha trovato una casa editrice che dimostra di credere in lui (in una lunga intervista concessa qualche giorno fa ad Affaritaliani.it , il direttore editoriale - e scrittore - Mario Desiati, a proposito di Argentina, ha sottolineato quanto la Fandango punti sullo scrittore tarantino che dal 1990 vive e lavora in Brianza, ndr).

 

In questi giorni arriva in libreria il suo nuovo libro, "Vicolo dell'acciaio", un romanzo corale ambientato a Taranto, la città più inquinata e indebitata d'Italia. Quanto alla trama, "nel condominio di Via Calabria 75 pullulano le vite di molte famiglie tarantine irrimediabilmente segnate da una sorte già scritta. Quasi tutti vivono lì perché si è a due passi dall’Ilva, il più grande impianto siderurgico d’Europa. Quasi tutte sono toccate da un lutto o una malattia dovuta alla grande fabbrica. Il quartiere è popolato da personaggi straordinari e pittoreschi e tra questi ne svetta uno in particolare: il Generale. Uomo del nord, ma costretto a emigrare al contrario per lavorare con l’acciaio. Ha le dita che sanno di fiamme e gli occhi sempre rossi, un uomo da siderurgico in tutt’e per tutto. Veste come uno dell’Italsider. Mangia come un operaio dell’Ilva. Raramente parla dei compagni di lavoro, del lavoro e del caldo che gli porta la pressione a tremila. È un uomo fermo e autorevole, tiene il polso dentro la fabbrica, sa quando è il momento di fare sciopero e quando no, ma è anche il padre di Mino, un giovane studente che sogna di diventare avvocato e che ha una storia d’amore con la prorompente e ruspante Isa. La ragazza ha il rispetto che si accorda a una del vicolo da sempre. Come lei c’è Sudan e i suoi occhi color del miele, Pirdo che è un fedelissimo, un ultrà che se la fa coi capi della curva. E poi c’è Trottola che è un prima linea, uno che si riempie i polmoni di Italsider e infine c’è la madre, Maddalena, una femmina doc, l’unica bionda del vicolo. E ancora Napoleone Candida, Giggino Insognato, Domenico Giungato che mangia ali di pellicano per farsi una foto, Amedeo Gridelli e altri strepitosi personaggi che compongono un caleidoscopio di vite vere, che sembrano opporsi con ingenua e sincera vitalità al loro destino segnato".

 

Più di un anno fa, a proposito della "rinascita" della narrativa pugliese (e tarantina in particolare), lei ha pubblicato un'intervento su Affaritaliani.it in cui, tra le altre cose, scriveva: "Il lettore vorrebbe ottimismo, cozze, belle ragazze e storie di avventura e amore e speranza. Ma lo scrittore è costretto a farsi inseguire dalle storie che lo marcano stretto. Il vero scrittore non dovrebbe studiare a tavolino le sue mosse sicché questo passa il convento… e lo scrittore si adegua.  Nasce una santa alleanza tra i personaggi e il creatore di storie, un’alleanza che funziona solo se il narratore si mette in gioco e in discussione fino alla nudità. E se questo passa attraverso i fumi dell’Ilva e le coste inquinate, be’, ragazzi, così è!".

 

Questo suo nuovo romanzo, in cui si confronta con i lati oscuri e le contraddizioni della sua città d'origine, è (anche) una messa in pratica di quanto ha scritto allora?

"Io non ho doveri verso il lettore bensì verso i personaggi e le storie che racconto. In questo ribadisco quello che ho dichiarato. Questo libro nasce per caso. Volevo scrivere una storia a sfondo ecologico, ma a un certo punto è diventata la storia di una via, della via simbolo della mia vita, via Calabria, quartiere Italia Montegranaro, Taranto. Da quel momento ho assecondato i ricordi e le sensazioni che mi porto dentro da quando sono nato. È una specie di magia i cui ingredienti restano tutt’oggi sfumati".

 

Quindi anche lei da ragazzo viveva vicino all'Ilva come i protagonisti del suo nuovo libro...

"Nella via in cui ho vissuto per quasi trent’anni l’ottanta per cento dei padri lavorava nell’Italsider o nell’indotto. Vedevamo i genitori partire per il lato opposto della città e rientrare a orari fissi. Un tempo scandito dalle sirene della fabbrica. Ma questo è un libro sull’uomo più che sulla fabbrica. Ciò che mi interessa fin da 'Il Cadetto' (il libro d'esordio di Cosimo Argentina, ndr) è l’uomo. Storie e vicende umane... non esiste argomento più affascinante, per il sottoscritto. Non c’è storia. È anche una storia sulle sconfitte e sulla parte debole dell’umanità. In questo c’è un naturale legame con 'Maschio adulto solitario'. Questo è un libro per quelli che restano in piedi poggiati a un muro ad aspettare che le cose passino, di qualunque cosa si tratti".

 

Lei vive in Brianza ormai da vent'anni, ma Taranto è spesso protagonista dei suoi libri. Negli ultimi anni la sensibilità della popolazione tarantina nei confronti della questione-Ilva è cresciuta e anche il Governatore pugliese Vendola si è mosso con decisione. A che punto è la situazione? Il prossimo 27 marzo i tarantini dovrebbero andare alle urne per pronunciarsi sulla chiusura totale o parziale dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Qual è la sua posizione in merito al discusso referendum?

"In Italia abbiamo svuotato di significato i referendum abrogativi, figurarsi quelli consultativi! Se può servire a lanciare un messaggio può andare, ma non credo servirà alla causa. Piuttosto credo che l’Ilva a Taranto scomparirà per morte naturale. Cassa integrazione ogni giorno, produzione ridotta all’osso. Dobbiamo cominciare a pensare al dopo Ilva per forza di cose".

 

Sta già lavorando al prossimo libro? Taranto sarà ancora protagonista?

"Con 'Vicolo dell’acciaio' forse chiudo una quadrilogia iniziata con 'Il cadetto', passata per 'Cuore di cuoio' e per 'Maschio adulto solitario'. Nel futuro prossimo c’è un narrare di altro, anche se mi riservo Taranto per una storia ad ampio respiro già impostata nella mia testa. Ma questa sarà un'eccezione. Del resto metà della mia passata produzione è ambientata altrove, perciò continuerò a lasciarmi trascinare dalle storie che meglio di tutti noi conoscono la loro naturale collocazione".

 

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PICCHIA LA MOGLIE CHE AVEVA IN BRACCIO IL FIGLIO DI 4 MESI

Ha aggredito la sua convivente che aveva in braccio il loro figlio di 4 mesi e poi ha minacciato i suoi genitori dai quali la donna si era rifugiata: in carcere, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, è finito un 28enne di Grottaglie, nel tarantino. Gli agenti del Commissariato di polizia sono intervenuti già durante una prima violenta lite della coppia. Un uomo in evidente stato di ubriachezza stava inveendo contro la sua convivente che aveva in braccio il loro figlioletto. Dopo aver calmato gli animi, gli agenti hanno accompagnato la donna dai suoceri, e si sono allontanati. Dopo circa due ore però, la situazione è precipitata nuovamente. L’uomo, nonostante i buoni propositi espressi in precedenza, aveva fatto irruzione in casa dei suoi genitori, aggredendo sia loro sia la sua compagna. A quel punto il 28enne è stato arrestato.

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DA ANNI VIOLENTAVA LA FIGLIA, oggi sedicenne, con il benestare della moglie. Padre e madre, di origine albanese, sono stati arrestati dopo la denuncia della giovane. I due, di 53 e 50 anni, sono accusati di violenza sessuale aggravata, maltrattamenti e lesioni. La ragazzina ha raccontato che la madre, il piu' delle volte testimone delle violenze, non solo non e' mai intervenuta per proteggerla, ma rideva e incitava il marito.

 
 
 

IN UNA GIORNATA DI DELIRIO BELUSCONIANO, COSI’ PARLO’ CAMILLERI MENTRE GRANATA CITA BENIGNI

Post n°13 pubblicato il 26 Ottobre 2010 da ronin53
 

“L'unica possibilità è una frase fatta: largo ai giovani. Finchè i soliti noti non mollano non sarà possibile alcun rinnovamento. Ovviamente riguarda tutti, destra, centro e sinistra”. Così ha detto Andrea Camilleri, in un'intervista all’Eco di San Gabriele (il mensile dei Padri Passionisti), e ha spiegato quella che a suo parere è la soluzione ai problemi di “un'Italia dissestata il cui futuro preoccupa seriamente”.

“Berlusconi? - si è chiesto lo scrittore -. Mi preoccupa il delirio di grandezza. Meno male che siamo nell'Europa unita, in altri tempi credo avrebbe potuto dichiarare 'guerra’ a qualche stato vicino, magari alla Svizzera, seguendo Gheddafi che ne voleva l'abolizione”.

L’intervista arriva nel giorno in cui Silvio Berlusconi non si è presentato alla procura di Roma per essere sentito nell'ambito del filone capitolino dell'inchiesta sulla compravendita dei diritti televisivi Mediaset. Oggi, in particolare, erano invitati a comparire il presidente del Consiglio ed il figlio, ma entrambi, come già preannunciato nei giorni scorsi, hanno disertato l'appuntamento.

“Sono amareggiato soprattutto per Pier Silvio che in Mediaset non si è mai occupato e non si occupa di questioni fiscali. Viene contestata un'evasione inferiore a un milione di euro, quando quell'anno, il 2004, il mio gruppo versò all'erario imposte per 448 milioni. Ci si aspetterebbe il conferimento di una medaglia d'oro in premio”.

“ Mi lasci dire – ha poi concluso in un lungo colloquio con Bruno Vespa per il nuovo libro “Il cuore e la spada. 1861-2011. Storia politica e romantica dell'Italia unita», in uscita, non casualmente, per Mondadori - che ancora una volta è scattato l'uso politico della giustizia per cercare di denigrare il presidente del Consiglio”.

“Il premier Berlusconi, rilanciando sulla Commissione d’inchiesta sulla magistratura ricorda nitidamente Johnny Stecchino quando indicava nel traffico il più grande problema di Palermo”. Ha subito replicato Fabio Granata (Fli), vice presidente della commissione antimafia. “In Italia le inchieste da fare fino in fondo - ha aggiunto - sono quelle su cricche e mafie: con i giudici dovrebbe esserci solo collaborazione e sostegno reciproco. Quella della Commissione – ha concluso il parlamentare di Futuro e Libertà - è una proposta surreale e grave, sulla quale non ci sarà mai il sostegno del nostro gruppo”.

Nell'intervista all’Eco di San Gabriele, Camilleri ha parlato anche della necessità di una nuova legge elettorale: “Privare il cittadino di scegliersi il deputato – ha sottolineato lo scrittore - credo sia una delle cose più antidemocratiche che si possa concepire”. E parlando dei mali del centrosinistra, l'autore sostiene che una soluzione potrebbe essere Vendola. “Non capisco perchè sia così osteggiato da alcune componenti dell'opposizione - ha affermato -. Ha stravinto la sfida interna e di fatto rappresenta una novità. Perchè voltargli le spalle?”.

Nell'intervista c'è stato spazio anche per Montalbano. Rassicurando nuovamente tutti gli appassionati, Camilleri ha raccontato perchè abbia deciso di non far morire il commissario. Al salone del libro di Parigi, Jean Claude Izzo e Manuel Vazquez Montalban gli confessarono di voler far morire i propri personaggi. “La sorte - ha concluso Camilleri - ha voluto che i due bravi scrittori morissero prima dei loro protagonisti. A quel punto ho deciso di non far morire Moltalbano”.

 
 
 

L’ ENNESIMA QUOTIDIANA STORIA DI VIOLENZA CONTRO UNA DONNA

Post n°12 pubblicato il 26 Ottobre 2010 da ronin53
 

In preda ai fumi dell'alcool si sarebbe accanito contro la donna perché convinto della sua infedeltà. È quanto ricostruito dai carabinieri della stazione di Fiumicino che hanno arrestato ieri mattina H.V. un 46enne romeno nullafacente, per aver ridotto in fin di vita la propria moglie di 32 anni. La lite tra i coniugi si è svolta vicino a un capannone, nei pressi di un ippodromo in disuso adiacente a via Fontanile di Mezzaluna in località Breccia.

 

I carabinieri avvertiti alle 10 di ieri mattina da una segnalazione al 112, si sono recati sul posto, da dove alcuni testimoni avrebbero sentito diffondersi le urla di una donna, la stessa trovata dai militari distesa a terra in un campo vicino al capannone dietro una siepe sanguinante e priva di sensi. La vittima è stata immediatamente trasferita presso l'ospedale San Camillo di Roma dove le è stato riscontrato un grave trauma cranico ed ematomi in varie parti del corpo.

 

Nel frattempo altri militari hanno ispezionato la zona e seguendo alcune tracce di sangue alle 10.30 circa di ieri mattina hanno trovato H.V. nascosto dentro un fienile adiacente al luogo del ritrovamento della donna, visibilmente alticcio e con le mani insanguinate. L'uomo, senza opporre resistenza, è stato condotto in caserma dove ha ammesso le sue colpe riferendo ai carabinieri di aver aggredito sua moglie per motivi di gelosia senza aggiungere altro.

 

Solo in tarda serata la vittima è stata identificata grazie ad un altro sopralluogo nell'area del capannone dove sono stati rinvenuti i suoi documenti. L'uomo che in Romania aveva un'altre moglie e dei figli nelle prossime ore sarà interrogato nel carcere di Regina Coeli, dove si trova, ed è accusato di tentato omicidio.

 

I coniugi entrambi senza fissa dimora erano in Italia da circa un anno entrambi senza lavoro, solo H.V. faceva saltuari lavori come operaio, e vivevano presumibilmente nel capannone abbandonato, un tugurio, dove i militari hanno trovato materassi e vestiti. Al momento la donna ancora in pericolo di vita è in coma farmacologico.

 
 
 

“10 STRATEGIE DELLA MANIPOLAZIONE ATTRAVERSO I MASS MEDIA”.

Post n°11 pubblicato il 25 Ottobre 2010 da ronin53
 

Oggi vi propongo la lista che il linguista statunitense Noam Chomsky ha elaborato e chiamato le “10 Strategie della Manipolazione attraverso i mass media”.  Probabilmente riconoscerete i connotati di molte trasmissioni televisive, di molti giornali e di molti uomini “pubblici”. Lascio a voi le conseguenti riflessioni.

 

1 – La strategia della distrazione

L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle elites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali”.

 

2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione

Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

 

3 – La strategia della gradualità

Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

 

4 – La strategia del differire

Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

 

5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini

La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno”.

 

6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione

Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti.

 

7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità

Far sì che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori”.

 

8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità

Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.

 

9 – Rafforzare il senso di colpa

Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire.

 

10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca

Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

 
 
 

L’INFAME DEPISTAGGIO SULL’ASSASSINIO DI NICOLA CALIPARI

Post n°10 pubblicato il 24 Ottobre 2010 da ronin53
 
Foto di ronin53

Tra gli oltre 400 mila nuovi file rivelati da WikiLeaks, il sito di controinformazione dell’australiano Julian Assange, c’è anche un rapporto che riguarda la morte in Iraq del funzionario del Sismi Nicola Calipari, il 4 marzo 2005.

 

Nelle due pagine del documento viene riportata la confessione di Sheikh Husayn, capo di una cellula terroristica specializzata in sequestri a Baghdad e poi arrestato dall’intelligence giordana. Nella sua “ricostruzione”, dopo aver ricevuto i 500 mila dollari del riscatto, consegnò la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena a Calipari, con l’ordine di dirigersi verso l’aeroporto.

 

Poi, sempre secondo la sua “ricostruzione”, fece una telefonata al ministero degli Interni iracheno, sostenendo che una Corolla blu, stesso colore e modello di macchina su cui viaggiavano i due italiani, fosse in realtà un’autobomba pronta a esplodere. L’inganno funzionò: la polizia irachena mangiò la foglia e quando la vettura si avvicinò a un posto di blocco, i soldati Usa aprirono il fuoco, uccisero il funzionario italiano e ferirono la Sgrena.

 

Sono passati pochi anni ma quella morte, in quelle strane circostanze, ancora è oggetto di speculazioni e depistaggi, nonostante la verità sia lampante anche se, purtroppo, non è possibile provarla oltre ogni ragionevole dubbio.

 

A parte le molte imprecisioni contenute nel documento reso noto da WikiLeaks, rispetto alla versione accertata dalla giustizia italiana, bisogna ricordare il contesto in cui operavano i nostri concittadini in quelle aree.

 

Nicola Calipari era a capo di una squadra di eccellenti professionisti che operavano, tra mille difficoltà, nel più totale silenzio, senza mai poter essere apprezzati per le azioni che realizzavano. Molte di queste riguardavano il “recupero” di ostaggi catturati dagli iracheni e di molti di questi interventi non si seppe mai nulla per non alimentare la tensione esistente tra l’operato dell’intelligence italiana e quello delle varie agenzie statunitensi.

 

L’approccio di Calipari alla questione dei sequestri era, infatti, di segno diametralmente opposto a quello statunitense, apertamente contrario ad ogni possibile forma di trattativa con gli iracheni. Ciò nonostante, Calipari e i suoi uomini riuscirono a portare in salvo diversi ostaggi, delle cui vicende non si è mai saputo nulla, probabilmente perché erano militari impegnati sul campo o contractors italiani assunti da società che avevano necessità di una “tutela” ravvicinata e armata.

 

Nel caso di Giuliana Sgrena, paradossalmente, il clamore suscitato dal sequestro della giornalista e la conseguente esposizione mediatica, rallentarono il possibile intervento previsto e organizzato da Calipari. Alla fine, dopo aver versato il riscatto in un paese arabo diverso dall’Iraq, Calipari arrivò a Baghdad per concludere la liberazione e riportare la giornalista italiana in patria.

 

Fu a quel punto che si decise la sua sorte; troppo bravo, troppo discreto, troppo fastidioso per i “falchi” statunitensi che avevano scelto la strategia delle torture e dei bombardamenti indiscriminati con il fosforo bianco.

 

L’epilogo è noto e le disquisizioni sulle modalità dell’assassinio sono pressoché inutili; è facile intuire quanto sia stata astuta ed efficace l’operazione compiuta dagli agenti statunitensi con la collaborazione di militari forse persino ignari.

 

Tolto di mezzo un alleato molto scomodo, molto fastidioso, e soprattutto ostinato nell’agire “contro” la strategia statunitense, divenne possibile restaurare il potere assoluto degli uomini agli ordini diretti di Bush e Rumsfeld.

 

Non ho mai voluto partecipare alle celebrazioni in memoria di Calipari; le ho trovate retoriche e odiosamente false. Mi resta il pensiero che, anche in un mondo discusso come quello degli “agenti segreti” c’è stato un cittadino italiano capace di distinguere il giusto dall’ingiusto e operare di conseguenza.

 

 
 
 

DOPO L’IDROSCALO, TOR BELLA MONACA: “DEMOLITION MAN” NON SI VUOLE FERMARE

Post n°9 pubblicato il 24 Ottobre 2010 da ronin53
 
Foto di ronin53

Dopo le demolizioni dello scorso febbraio all’Idroscalo di Ostia, gli sgomberi dei campi Rom, Gianni Alemanno vuole continuare.

«Prima di buttare giù i palazzi costruiremo le case nuove». Il sindaco Gianni Alemanno cerca di tranquillizzare i cittadini di Tor Bella Monaca in un incontro a sorpresa. Dopo vari sopralluoghi dei funzionari del suo Gabinetto ha voluto verificare di persona gli umori delle famiglie che da anni vivono nelle Torri del quartiere nel VIII municipio. Si avvicina la data della presentazione del Masterplan che prevede la demolizione delle 14 torri, ciascuna composta da 90 appartamenti. «Ci sono case in cui ci piove dentro» aveva detto Alemanno all'assemblea dell'Acer, l'Associazione dei costruttori edili di Roma e Provincia, il 21 settembre scorso. Ma prima della demolizione, assicura il sindaco: «Costruiremo nuove case».

 

Prima di effettuare un sopralluogo all'interno del palazzo, Alemanno ha detto ad alcuni cittadini riuniti davanti a uno dei palazzoni che ospita 90 appartamenti: «sono venuto qui a metterci la faccia. Se in passato non avessero fatto i volponi non saremmo a questo punto». Il 3 novembre verrà presentato il Masterplan con il progetto di demolizione e ricostruzione che interesserà, in un primo momento, le 14 Torri; al loro posto verranno costruite case più basse su una superficie più ampia rispetto a quella adesso utilizzata per le Torri. Appartamenti di due o tre piani e piazzette all'italiana. E per preparare gli inquilini il sindaco ha scritto una lettera alle 3mila famiglie del quartiere dell'VIII municipio: «Cara cittadina, caro cittadino, ti scrivo per iniziare a condividere con te un progetto importante che riguarda il tuo quartiere, quello di Tor Bella Monaca».

 

Del Masterplan poche le anticipazioni. Quello che si sa è che per realizzarlo servirà una variante e che lo stesso progetto è stato, e sarà, supervisionato dall'archistar Leon Krier, già protagonista al Forum per l'architettura di Roma di leggendarie liti con Massimiliano Fuksas. A Tor Bella Monacail sindaco ha visitato alcuni appartamenti e ha ascoltato le lamentele degli inquilini che hanno mostrato i danni sparsi per tutti gli stabili. Questo perché, come ha sottolineato lo stesso primo cittadino, «queste strutture sono state costruite in poco tempo e nel modo peggiore possibile».

 

Il portavoce di una delle 'torri' ha spiegato che «abbiamo raccolto le firme e l'80% è d'accordo a migliorare Tor Bella Monaca per renderla un posto dove poter crescere i nostri figli». Il sindaco Alemanno ha ribadito che «vogliamo discutere con voi il progetto che, in collaborazione con la Regione Lazio e l'utilizzo dei fondi europei, riguarderà anche strade e piazze». Una delle problematiche principali fatte presenti dai condomini al sindaco è stata quella del riscatto. L'idea, ha risposto Alemanno, è di «permettere il riscatto sulle case nuove che potranno essere comprate non per forza subito, ma anche con un mutuo». Il sindaco ha concluso dicendo che «appena saranno pronti i primi 90 appartamenti necessari a sostituire quelli di ogni singola torre sarà abbattuto il primo palazzone. Bisogna considerare che rimettere a posto queste torri costerebbe di più di abbattere e ricostruire. Naturalmente lo spazio lasciato libero dalle torri non basterà per ospitare le nuove case basse. L'estensione sarà più ampia e noi dovremmo necessariamente utilizzare le aree di riserva». Tra i cittadini della Torre 1 serpeggia però un incubo: «Quello di finire per vent'anni- dicono alcuni di loro- in una casa temporanea come si è già visto in Italia tantissime volte, a partire dagli sfollati dopo i terremoti».

 
 
 

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