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Il bello, il giusto e il vero nel mestiere di comunicare ***********

Post n°470 pubblicato il 29 Settembre 2009 da LICURSI.110

 

A me sarebbe piaciuto poter uscire da questa logica, e sottolineare invece l'aspetto delle identità:

se pluralista ha da essere, l'azienda di servizio pubblico deve poter parlare a tutte le culture, da tutte le culture, tramite i loro uomini migliori.


Ma non dovrebbe farlo semplicemente riservando con il bilancino lo spazio a questo e a quello (e se andiamo a ben vedere, questi spazi oggi sono tutt'altro che equilibrati) bensì favorendo l'incontro delle diverse culture intorno a valori condivisi.

 
Vorrei citare a questo proposito una trasmissione come Radici e Tradimenti, penalizzata dal sempre più scorretto protrarsi della prima serata (e su questo argomento potremmo farci un convegno), realizzata da un giornalista cattolico di aerea moderata come Massimo Bernardini e da un regista di area laica e di sinistra tutt'altro che moderata come Andrea Salvadore:

poiché l'incontro tra i due è nato dal rispetto delle reciproche identità, la trasmissione era un perfetto esempio di programma capace di stimolare il senso critico, e nonostante l'ora tarda, ha realizzato proprio per questo inaspettati ottimi ascolti.

(Ma perché mandarla in onda dopo mezzanotte? Solo per dilatare a oltre  ore la prima serata…?)


Nella puntata dedicata a Cat Stevens che dopo essersi convertito ha aperto una scuola islamica a Londra, si è trattato il tema dell'Islam nella civiltà occidentale con una acutezza e una delicatezza assolutamente rare e tutt'altro che schierate ideologicamente.


Ma vorrei fare un altro esempio che mi pare calzi perfettamente: giorni fa ho assistito al concerto di Fiorella Mannoia, che come è noto canta anche testi di De Andrè, Fossati, De Gregori: tutti autori notoriamente di sinistra.

 
Ma che importanza dovrebbe avere, per chi la pensa diversamente?


Averne, perché quella è la sinistra che vuole ricordare i valori fondamentali, che non ha rinunciato alla propria identità ideale.


Oltre alla gran classe degli arrangiamenti e del modo di porgere, le parole più ricorrenti erano "dignità, rispetto, comprensione, pietà per gli ultimi e i disperati…eccetera".


Una emozionante preghiera laica, un terreno di incontro dove ogni uomo di buona volontà, religioso, agnostico, di destra e di sinistra non può non incontrarsi.


Così quel concerto è stato per me un emblema della perfetta relazione, anzi fusione, tra il bello il giusto e il vero in un momento di intrattenimento estremamente godibile ma anche estremamente edificante (e mi si lasci usare questo termine…).
Per concludere, vorrei ribadire che sono due le cartine di tornasole che rendono giustizia del bellogiustovero:
- la realtà
- la memoria
La realtà come gusto del reale, curiosità del presente, stupore per le evidenze che sfuggono ai pregiudizi e ai paraocchi ideologici (vedi Gabanelli e Angela, che sono ben capaci di non rifugiarsi nel facile populismo la prima o nel puro e semplice positivismo il secondo).

Perché la realtà, se si è in una posizione umanamente autentica, azzera ogni pre-idea su di essa. E ti fa magari scoprire per esempio che destra e sinistra sono spesso costruzioni irreali.
Prendiamo il Gaber nella sua ballata Destra-sinistra:
"Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra"....
"L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è il continuare ad affermare
un pensiero e il suo perché
con la scusa di un contrasto che non c'é
se c'è chissà dov'è, se c'è chissà dov'è".


Oltre alla realtà c'è la memoria, la voglia di capire il passato senza sbarazzarsene, la consapevolezza di venire da un posto, da un popolo, da una lingua, da una tradizione (anche se la si mette in discussione).
E inevitabilmente genera appartenenza in chi la vive, crea unità, rompe il pregiudizio ideologico, fa confidenza e persino tenerezza: come il Novecento di Pippo Baudo.


Ma mi piace citare ancora Gaber ne la Canzone dell'appartenenza:
"L'appartenenza
è assai più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale
che è davvero contagiosa".
Il prezzo da pagare nell'escludere realtà e memoria dal proprio orizzonte, è quello del conformismo, dell'assenza di ogni identità.
Gaber mi perdonerà se lo saccheggiamo così, ma la sintonia è assai forte con quello che canta ne Il conformista:
"Il conformista è un uomo a tutto tondo
che si muove senza consistenza
Il conformista s'allena a scivolare
dentro il mare della maggioranza
è un animale assai comune
che vive di parole da conversazione
di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori
il giorno esplode la sua festa
che è stare in pace col mondo e farsi largo galleggiando".
Due parole di conclusione, queste sì di carattere politico, ma intendendo la politica con P maiuscola, come la intendevano i Greci che la chiamavano "politikè tekne", l'arte di vivere insieme nella Polis.
Fra pochi giorni ci sono le elezioni, c'è chi si attende grandi cambiamenti e chi no.
Come è noto, le vicende elettorali hanno sempre avuto grande influenza sulla RAI, e così ci sono quelli che anelano ad un cambiamento per prendere magari il posto di chi invece spera che il cambiamento non ci sia per tenerselo, sempre che questo posto dipenda più da un appoggio politico che da oggettivi meriti professionali.
Io vorrei uscire da questa logica e ricordare a futura memoria, dopo questa difficile esperienza nella quale credo di aver capito molte cose, che non c'è salvezza per la RAI se chiunque vinca promuoverà nell'azienda semplicemente un cambiamento di segno (o il mantenimento del segno precedente).
Quello di cui ha bisogno la RAI, secondo il mio personale avviso, è un profondo cambiamento di "senso", non di segno: intendendo con questo il recupero della più originale e più forte e più grande tradizione di servizio pubblico di cui la RAI ha dimostrato di essere capace in passato.
Negli anni che ci separano da qui al digitale terrestre, la RAI potrebbe svolgere un ruolo di levatrice verso la cultura dei nuovi media e del nuovo sistema dell'informazione anche e soprattutto per le fasce meno alfabetizzate, meno colte e meno fortunate, invece di usarle come fenomeno da baraccone mettendone spesso a nudo la miseria nei reality-show.
Per fare questo ha bisogno dei propri migliori professionisti, di tutte le idee e di tutte le culture.
Anche perché con i semplici portaborse è semplicemente impossibile rendere efficace e competitiva un'azienda editoriale di così grande importanza per il paese.
Un'ultima annotazione: in un seminario di ASPEN, Remo Bodei, che ha pubblicato recentemente un bel saggio dal titolo "Le forme del bello", ci ha ricordato che i matematici, dovendo scegliere tra due formule per dimostrare un teorema, "scelgono sempre la più elegante".
Domandiamoci se anche noi, soprattutto recentemente, abbiamo fatto così. E ricordiamoci ancora che era Nietzsche a inveire contro questa "manìa insana" di inseguire il bello, il giusto, il vero... 

 

 
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