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« La cultura miticaMito e mitologia »

il mito nella formazione degli uomini

Post n°2 pubblicato il 20 Luglio 2014 da laura.foggiato
 

IL MITO NELLA FORMAZIONE DEGLI UOMINI.

Avendo visto l'espressione che il mito viene ad assumere nella cultura classica, rileviamo la caratteristica educativa del mito, valutando la valenza formativa della cultura, nel suo significato e nella sua applicazione.

Dunque, nel considerare che il problema dell'uomo di dipana nella questione educativa, constatiamo che la cultura greca si risolve in una forma paideutica.

I poemi d'Omero, quali opera prima della cultura greca, danno al mondo che li ha prodotti il dettame di comportamento.

Il racconto dello stato di belligeranza del mondo greco ai danni di genti orientali, detta i parametri del costume guerriero, fornisce giustificazioni politiche, modula i comportamenti delle donne, presenta il dominio degli Dei: tale racconto diviene modello citabile in ogni circostanza, monito, consiglio, dettame, insegnamento.

Le opere d'Esiodo stabiliscono i caratteri degli Dei e le condizioni degli uomini.

I detti sugli Dei ne hanno stabilizzato le fisionomie, gli atti, i pensieri, i reciproci legami, le dipendenze, le determinazioni sugli uomini; infatti, l'uomo che, dai miti, conosce i caratteri degli Dei, conosce il modo di rivolgersi loro.

L'uomo greco si fregia dei discorsi sugli Dei; la definizione delle figure divine ne fissa i contorni e di lì appresso si conosce la possibilità di cominicazione.

Le ricorrenze religiose, che scandiscono il tempo, sono tributo umano agli Dei.

Degli Dei è possibile sapere ciò che viene detto dai discorsi tramandati, divenuti mito, così, la comunicazione che l'uomo instaura nei confronti degli Dei, è forma rituale, affine e consona, in senso lato, a ciò che è tradizione religiosa.

I detti sugli Dei ne hanno annunciato e reso noto gli oggetti; allora, in qualche modo, possono venire avvicinati, anche se non per assimilazione, al rinnovare, al rievocare, metodici ed altrettanto stabilizzati che si verificano, rivivendo o venendo ripetuti nella ritualità religiosa.

La ritualità è tale, in quanto determinata dalla ripetitività periodica di azioni evocative ed invocative, stabilite e fissate tradizionalmente e, per ciò stesso, invariabili; il rito, considerabile quale prodotto culturale, che ripone il proprio arcano in un comune sentire, si cristallizza in una prassi agìta in senso elitario; la sua risoluzione in una forma di preghiera fissa ciò che diviene, nell'atto cultuale, l'incarnazione di figure rituali, agenti in senso specifico od oggetti del rito stesso.

Nel rituale vi è anelazione a ciò che viene sentito come propiziabile, come ente superiore da rendere benefico, o esorcizzabile, epurabile, espiabile.

Affine all'oggetto del rito vi è l'oggetto del culto, ciò a cui, cioè, viene dedicata una cura che si risolve in una forma di venerazione, data dal rispetto e dal timore, e di preghiera.

Il rito diviene religioso quando è finalizzato alla comunicazione con ciò che è anche oggetto di culto, con ciò che viene detto dal mito come relativo agli Dei e agli eroi.

La comunità si basa e continua a plasmarsi sull'influenza che la cultura che ha creato e che si è data, permane nell'esercitare, e, la radice della cultura è data dagli emblemi proposti dai detti sugli dei e sugli eroi; in questo senso, è questione problematica, per l'uomo, l'accingersi ad agire, qualora manchino o siano avversi i pareri di ciò che è stato posto, ed è, quindi, diventato superiore a tuttto ciò che è umano.

È il mito stesso a dare testimonianza di ciò che è ineluttabile e delle circostanze subite dall'uomo, salvo espedienti o interventi fattuali fortuiti.

L'uomo e le vicissitudini umane sono argomento dei discorsi e dei ragionamenti degli uomini, perciò, divenuti i detti credenza, difficile è la possibilità di esimersi dal credere e di non adattarvi l'azione.

Ma la particolarità dell'inesorabile non viene tanto indagata, quanto piuttosto considerata e posta all'estremo di ciò che viene definito secondo l'ordinamento, nell'ordine dato.

Gli Dei stessi vivono tributando a ciò che non si evita l'ultima azione; gli eroi, per quanto indomiti, hanno in questo la loro risoluzione, e gli uomini, in un progressivo scemare di potenza o privilegi, sono esposti all'ultima balìa, che non si risolve, comunque, esclusivamente in una pessimistica considerazione di autocommiserazione, ma è motivo di sprone all'agire, per quanto sia, contemporaneamente, monito all'acquisizione di consapevolezza sull'esistenza della fine.

Dunque, un'autoriflessione su quello che è divenuto il senso di ciò che è proprio, non può non essere formativa per l'uomo, nel mostrargli cosa esso sia e cosa capiti a ciò che gli è superiore.

La possibilità di interpretare i segni divini, di mediare e tradurre le richieste degli uomini, diviene propria delle funzioni religiose, e questo implica che si venga a creare un organo di controllo e determinazione delle azioni.

L'atto deve venir agito secondo il buon auspicio, pena la mal riuscita, ed è buona abitudine propiziare secondo il bene ciò che viene intrapreso.

A tal proposito, risulta emblematico, per esempio, il sacrificio di Ifigenia, anche nel considerare che nello svolgimento di un'azione, l'iniziale sacrificio è tangibile riconoscimento umano della necessità della consapevolezza di una condizione naturale di bilico, più che di equilibrio, tra la sconfitta e la vittoria, l'annientamento e la riuscita, la cattiva sorte e la buona sorte, oltre alla dimostrazione di riverenza per la divinità da ingraziare e di una sorta di cessione, o di dono, o di cambio di un bene proprio affinchè non vi siano interferenze capaci di modificare la riuscita richiesta.

Che la necessità di discorrere dell'uomo divenga discorso educativo per gli uomini, implica che si venga a creare una forma d'insegnamento quale fondamento d'educazione, regolamentazione del comportamento, del pensiero.

L'educazione quale cura, processo di formazione dell'uomo, dell'anima e del corpo, secondo l'adeguamento alla concezione di buono e di bello, trova alimento, giudizio, su ciò che è stato detto buono e bello.

La formazione secondo abitudini e costumi, possiede a fondamento una stratificazione di consuetudini che caratterizza ciò che diviene tradizione, ponendolo ad emblema, dotandolo di valenza, usandolo appellandosi ai suoi principi.

Da ciò evolve il campo d'autonomia dell'istruzione, l'origine delle discipline.

Il mito diviene educativo quando viene fatto oggetto d'insegnamento.

L'educazione che si esplica nell'apprendimento culturale, trae argomento dal mito, adottando un'impostazione regolativa basata sulla comunicazione e sull'apprendimento.

Il discorso, assumendo valenza emblematica e formativa, viene isolato, estrapolato dal fluire del discorrere, venendo, così, preservato dalla risoluzione che il fluire del tempo determina a ciò che nel tempo fluisce, vivendo, esistendo in esso; risoluzione che si risolve in un superamento, che trova la propria ragione d'essere proprio nella temporalità, e in una conseguente o equivalente dimenticanza, dovuta ad una maturata convinzione di invalidità del superato od a una consunzione del ricordo di ciò che diviene lontano nel tempo.

La cultura, l'educazione che l'uomo crea per l'uomo, ha origine e viene ad identificarsi con il costume, l'abitudine, l'usanza dell'uomo; infatti, il costume dell'uomo viene ad essere, ad un dato momento, cioè nella fissazione della tradizione, ciò che l'uomo, usando fare, ha ritenuto il buono da farsi, divenendo, così, consuetudine, modo stesso di vita, dato che un uomo, entro un ambiente, ove vi siano costumi in atto, vive attenendovisi, in essi formandosi culturalmente, pena la propria sradicalizzazione.

La formazione dell'uomo, la cultura dell'uomo, evolvono nell'evoluzione della vita vissuta in conformità al costume caratteristico di ciò che diviene tradizionale, essendo ritenuto valido al punto da divenire giustificazione della tradizione stessa, ritrovandosi ad essere prodotto dalla tradizione e formativo nella tradizione; il costume è determinante per ciò che si uniforma o si forma alla tradizione, ma esso si mantiene, però, estraneo al processo di formazione, cioè, formando senza subire modificazioni dal formato.

 

È nella valenza formativa che si riscontra l'assoluta extratemporalità del mito, la sua possibilità educativa nel tempo.

 
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