I colori del NERO
tutto ciò che NERO non è« Lo esprimo con un fiore.... | Gli Italiani » |
**Da Ffwebmagazine.** **Di Filippo Rossi **L'ho pubblicato perchè mi è piaciuto tantissimo..non è pesante da leggere ma esaltante..provate.
Ci piace l’Italia a cui piace Fiorello
C’è un’Italia leggera senza essere cretina. C’è un´Italia che vuole ridere senza passare per deficiente. C’è anche un’Italia pacata che non ci sta a vivere sempre incazzata. C’è un’Italia spensierata che non dimentica i pensieri importanti. C’è, pure, un’Italia che partecipa senza aver mai creduto fino in fondo nel potere taumaturgico delle ideologie. Un’Italia che va a votare, magari con convinzione, ma ha sempre rifiutato qualsiasi militanza. Che sa ridere dei potenti. Un’Italia che non si intruppa. L’Italia che ha votato per il divorzio contro gli ordini di partito. Un’Italia normale. Eroica solo se ne ce n’è bisogno. Che non si sveglia la mattina con la voglia di organizzare una ronda. Che non si fa inquadrare. O schierare. Un’Italia che, semplicemente e senza pretese, chiama la polizia. O i carabinieri. C’è un’Italia che non ha paura. E, se ce l’ha, non ne fa motivo di odio sociale. O razziale. Un’Italia che pensa prima di parlare. E se parla prima di pensare, un po’ se ne vergogna. Un’Italia che ama. E se non ama, vuole bene. C’è un’Italia che crede ma senza esagerare. Un’Italia che non mette le maiuscole anche quando non servono. C’è un’Italia con poche certezze. Che porta i figli in Chiesa (o magari no) che sente il Papa e pensa: avrà ragione oppure no? Un’Italia che odia la macchietta che se ne fa di lei. C’è un´Italia con poche certezze. Ed anche quelle le mette in discussione. C’è un’Italia del “ma anche”. C’è un’Italia che crede alla propria famiglia: sia essa moglie, compagna, marito, compagno. Comunque, casa. C’è un’Italia separata. Ma non è un obbligo. È la vita. Perché sempre famiglia è. Un’Italia che legge libri, soprattutto romanzi. E non si vergogna di farsi trovare con l’ultimo bestseller in mano. L’Italia che ha letto Dan Brown e pure Harry Potter. Che va al cinema, quello vero, quello spettacolare. Quello americano. Un’Italia che gli è piaciuto l´ultimo di Gabriele Muccino. E che non si vergogna di Federico Moccia. L’Italia che commenta i Cesaroni, la mattina in ufficio. L’Italia che parte per le vacanze e cerca di farle intelligenti. Ma non ci riesce. Che si ferma in autogrill ed è una festa. C’è un’Italia tranquilla. Un’Italia che lavora. Che spera e che sogna. Un’Italia che non ha la puzza sotto il naso. Che sbuffa ma non ha la forza, né la voglia, di iniziare una guerra. Perché la guerra è brutta. E i ricordi dei nonni ancora feriscono le coscienze. Un’Italia pacifica e paciosa. Tanto da passare per fessa. Un’Italia che destra? sinistra? Pari sono. Un’Italia mai qualunquista. Un’Italia onesta. Un’Italia viva e che vive. E che prega. E che spera in un futuro migliore: per sé e, soprattutto, per i propri figli. Un’Italia che pensa cose semplici (ma non stupide): ché sono cose diverse. Un’Italia che farà un viaggio apposta per passare sul Ponte sullo Stretto. Un’Italia orgogliosa. Che vince la Nazionale e scende in piazza, per le strade, e si riconosce. E si abbraccia. E si bacia. Che perde la Nazionale e non si dispera. C’è un’Italia che evviva la Ferrari. E anche Valentino Rossi. Che si inchioda davanti alle olimpiadi e spera in un oro in più. Un’Italia che non sa neanche lei perché. Però è così. Un’Italia che non sopporta la volgarità. E le urla. E la retorica. E le barricate. Un’Italia che vuole fare e non capisce perché gli altri non fanno. Un’Italia che si riposa. Un’Italia fantasiosa. Che insegna ai propri figli a non dire le parolacce. Un’Italia altruista. Che si commuove se c’è da commuoversi. È l’Italia che guarda Roberto Benigni e pensa. Ed è l’Italia che ha festeggiato per il suo Oscar. È l’Italia che ha letto Roberto Saviano. Per moda? Si, ma va bene così. È l’Italia legale, che Falcone e Borsellino sono degli eroi. Punto. È l’Italia che si riscatta ogni giorno e che vorrebbe essere migliore perché conosce i propri difetti. L’Italia che si racconta in un romanzo collettivo. Che si divide senza odiarsi. Che non fa la faccia cattiva. Che non grida assassino a un padre, il giorno della tragedia. È l’Italia che dal cattolicesimo ha imparato la solidarietà. E la misericordia. E l’altruismo. È l’Italia che fa l’elemosina. Che manda i cinque euro per Telethon. O i dieci. Che non si tira indietro. Che non prova nostalgia. Che fatica. E suda. Che è emigrata per povertà e non riesce a odiare i nuovi poveri. È l’Italia aperta. Che sorride. Che guarda Sanremo. Non perché non legga un libro. È l’Italia che ha il coraggio della leggerezza. E della pazzia. Anche di fronte ai problemi più seri. È l’Italia profonda. Che pensa: un medico non è una spia. Così, senza retro pensieri. È l’Italia che non crede ai complotti. Perché non è capace di farne. L’Italia che, ma non possono avere sempre torto. È l’Italia che ascolta l’inno di Mameli, non gli piace, ma si commuove lo stesso. Anche se non conosce tutte le parole. L’Italia che crede a una religione civile che nessuno è riuscito ancora a codificare. L’Italia di Garibaldi e Mazzini. E di Pertini e di Ciampi. Di Napolitano, oggi. L’Italia senza parentesi nella storia. L’Italia che non vuole una guerra civile. Un’altra. Nemmeno a parole. L’Italia del “ma perché non si mettono d´accordo”. Non c’è bisogno sempre di litigare. L’Italia senza vessilli. Che Guelfi e Ghibellini l’ha studiati a scuola. Forse. L’Italia mediterranea. Solare. Calda. Che guarda l’orizzonte e vorrebbe partire. L’Italia che accetta le sfide. L’Italia fatta di persone. Nomi e cognomi.
È questa l´Italia che guarda Fiorello. E si diverte. E ci si riconosce. E si specchia in lui. Nella sua bravura, nel suo garbo, nella sua gentilezza. Nella sua storia. Che è la storia di un’Italia felicemente normale. Un’Italia che, come Fiorello, prima o poi vincerà la scommessa con la storia.
Filippo Rossi
3 aprile 2009
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