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Tutta la mia vita - di Andrea Biagini

Post n°16 pubblicato il 21 Luglio 2009 da Biscottu_che_Mennuli
 

Quando fui chiamato per andare a combattere, mi sentivo orgoglioso, non vedevo l’ora di andare in guerra per la difesa della mia patria; ero al settimo cielo, ma dopo solo pochi giorni passati al fronte, capii improvvisamente cosa mi aspettava… Scrivevo a casa lunghe lettere straripanti di nostalgia, all’incirca una volta ogni dieci giorni e alla mia fidanzata scrivevo anche più spesso. Ogni tanto mi capitava di aiutare alcuni miei compagni a scrivere, perché erano analfabeti, ma spesso venivamo interrotti da qualche improvviso attacco. Avevamo paura ininterrottamente, eravamo terrorizzati all’idea di essere raggiunti dai nemici e infatti una mattina… io e altri due soldati siamo andati in perlustrazione e pensavamo di aver scoperto l’accampamento avversario ma fummo inaspettatamente sorpresi: uno di noi fu colpito da un proiettile assassino e io fui fatto prigioniero insieme all’altro mio compagno. Passammo tutto il giorno in una stanzetta buia e fredda, sorvegliati. Un terrore indescrivibile cresceva dentro di noi, la paura ci impediva di parlare, non riuscivamo a muoverci, e il tempo scorreva lentamente ma inesorabile. Verso sera venne un uomo alto, ostile, che parlava un italiano strano, non riuscivo proprio a capire di dove fosse esattamente. Prima fece alcune domande al mio amico sventurato, poi venne da me. Mi chiese dove fossimo accampati, ma io tacqui, poi minacciò che ci avrebbero fucilati ed io, con un filo di voce, pietrificato dalla disperazione, pronunciai il nome del primo paesino sperduto che mi era venuto in mente. Quasi mi illusi che non si fossero accorti dell’inganno, ma poi fummo portati di fronte a un muro, il plotone si preparò davanti a noi, e l’ultima cosa che percepii fu un rumore assordante mentre rividi la mia vita intera passarmi davanti in un lampo e infine allontanarsi da me, che non sentivo più niente, sommerso dal buio.

 
 
 

Capitolo 7 - L'amazzone

Post n°15 pubblicato il 20 Luglio 2009 da Biscottu_che_Mennuli
 

I giorni passavano e tra il lavoro e la scuola,  ero sempre molto impegnato.  il lavoro era sempre uguale, solita folla dei dipendenti durante la pausa pranzo e la sera, dalle diciotto a mezzanotte, pienone di gente che passavano ore e ore a mangiare, bere cappuccini e sambuca e chiaccherare.

A scuola invece mi distraevo e facevo amicizia. L'insegnante era una ragazza giovane, sui 25 anni, con la quale,  durante la pausa delle lezioni, parlavo in inglese dato che mi era più famigliare del tedesco. Era piacevole ndare a scuola anche perchè in effetti, era l'uinica distrazione che avevo dato che lavoravo in media dodici ore al giorno.

Ben presto arrivò il mese di Aprile (1989) e le giornate semravano un pò più lunghe e meno fredde, ma di poco. Ero in Germania da cinque mesi e in effetti cominciavo a sentire un pò la mancanza dei miei amici, della mia famiglia. La Domenica ero libero ma oramai ero stufo di girare per Francoforte. Avevo visto tutto in centro e in avevo bisogno di amicizie, di parlare con qualcuno.

Ogni tanto ricevevo delle lettere dei miei amici e dei compagni di scuola. Il rapporto con Giovanni, il proprietario era cordiale, ma cominciavo a sentirmi prigioniero in quel posto.  Comunque cercavo di non pensarci e di tirare avanti.

In quei giorni Michele e Sdejena, il cuoco e la cameriera del ristorante del figlio di Giovanni di Konogstein furono trasferiti nel ristorante di Giovanni.  Non fui più solo a servire ai tavoli. Sdejena, la fidanzata Yugoslava di Michele mi affiancava. Era brava e parlava bene l'italiano. Ci facevamo compagnia e lavoravamo bene insieme.

I giorni passavano ed una sera che c'era poco lavoro, chiesi a Giovanni se potevo assentarmi per fare due passi. Avevo voglia di camminare.  Dopo circa una ora rientrai e ripresi servizio. Notai una cliente che già avevo visto un paio di volte con la quale avevo un minimo di confidenza.  Era sulla quarantina, snella, mora, con i capelli legati.  Una lunga coda di cavallo. Quella sera era vestita tutta di nero, con pantalone aderente che risaltava le sue curve. Era una tipa che sapeva in fatto suo. Molto carina e dotata di sex appeal. La prima volta che la conobbi, Giovanni mi disse che la conoceva bene e sapeva che ogni tanto, con le persone giuste, poteva anche accettare di prostituirsi, tant'è che mi disse che voleva parlarle per me! Provai un forte imbarazzo e gli dissi apertamente di non provarci assolutamente!

In verità era davvero una bella donna e vestita in quel modo non passava certo inossevata. Sembrava una guerriera amazzone .Comunque, riprendendo i discorso, lei era seduta sola ad un tavolo e quando mi vide mi salutò con un sorriso davvero particolare, tanto che vi venne un colpo pensando che magari Giovanni, in mia assenza, avesse avuto l'occasione di parlarle per quel suo progetto...

Ad un tavolo distante,  sedeva un cliente, anche lui sulla quarantina, capelli un poco brizzolati, lunghi e dall'aspetto signorile. Beveva una tazza di tè. Dopo un pò, mi chiamò. Mi chiese se parlassi inglese ed io risposi che un pò lo parlavo, così mi chiese di dare un bigliettino che teneva in mano alla "amazzone", la nostra affezionata cliente.

Senza battere ciglio presi il bigliettino e lo consegnai alla donna,  dicendole che era da parte del signore seduto in fondo. Lei lo lesse e girandosi verso l'uomo, le fece cenno di avvicinarsi. L'uomo non se lo fece ripetere, si alzò e con la sua tazza di tè di sedette al tavolo di lei.  Cominciarono a dialogare in inglese.

Passò una mazz'ora e i due erano già in confidenza. Parlavano, ridevano,  all'mprovviso lui ordinò una bottiglia di champagne.  Il titolare ne prese una delle più care  e me la diede. Presi due bicchieri e versai lo chamagne agli ospiti.  Il tempo passava, i due bevevano e parlavano. La prima bottiglia finì presto.  

Ne ordinarono un'altra e nel frattempo ordinarono la cena.  Per farla breve, arrivarono a mezzanotte avendo ordinato ben sette bottiglie di champagne che oramai veniva offerto a tutti i clienti, sopratutto a due ragazze che in un tavolo vicino, scambiavano anche loro quattro chiacchere con l'inglese e l' "amazzone".

L'inglese era a questo punto praticamente ubriaco.  Aveva bevuto molto e anche io alla fine bevvi un paio di bicchieri di champagne da lui ordinato.  L' "amazzone" invece era sobria, praticamente era come se non avesse bevuto nulla. In effetti mi accorsi che tutto lo champagne ordinato, era stato bevuto oltre che dall'inglese, dagli altri clienti, dalle due ragazze al tavolo vicino, da me, Sdejena, ma pochissimo dall' "amazzone".

Venne in momento di pagare.  La donna parlò brevemente con Giovanni e seguita dalle due ragazze del tavolo accanto, si diressero tutte in bagno.  Nel frattempo Giovanni presentò il conto all'inglese, che in un istante diventò pallidissimo.

Infatti il conto era  di ben 900 marchi. L'inglese provò a protestare, ma i conti erano esatti. Ogni bottiglia era stata pagata quasi 100 marchi (70.000 lire dell'epoca), più la cena.

Dopo qualche discussione e minacce da parte di Giovanni, di chiamare la polizia, questo pagò. Nel frattempo mi chiese dove fossero le ragazze.  Infatti, dal momento che andaroo in bagno, non si videro più.   Erano uscite dalla porta sul retro e l'inglese non intendeva alzarsi dal tavolo senza la sua "conquista".  Poverino dopo quella batosta, voleva almeno concludere la serata positivamente.

Giovanni lo costrinze ad andar via e questi, gridando, si piazzò fuori dal locale, ubriaco. Urlava e chiamava l'"amazzone" e le altre due ragazze. Si fecero le due di notte. Noi chiudemmo il locale e finalmente l'inglese bestemmiando si allontanò barcollando e reggendosi ai lampioni della luce.

L'indomani l'amazzone venne al locale e appartandosi con Giovanni, si prese la sua parte, ben 300 marchi per quello scherzetto fatto all'inglese.  Uscendo dalla stanza, si avvicinò e mi diede un bacio nella guancia salutandomi tutta sorridente, felice e facendomi l'occhiolino. Un brivido mi percorse la schiena.  Giovanni le aveva parlato e infatti dalla porta lo guardai incavolato e lui con un gesto come per dire "che ci vuoi fare" , mi sorrise beffardo.

Ad ogni modo, non la rividi mai più! 

fine capitolo

 
 
 

6° parte - A scuola

Post n°14 pubblicato il 13 Gennaio 2009 da Biscottu_che_Mennuli
 

Dopo il periodo natalizio come promessomi da Giovanni, ritornai a lavorare con lui a Francoforte.  Poichè pernottavo a Konigstain, un paesino non molto lontano da Francoforte, per evitare di farmi viaggiare mi diede il suo mini appartamento che teneva in affitto sopra il ristorante, in una palazzina che si trovava proprio di fronte la sede del giornale Frankfurter Allgemaine Zeitung. Era curioso notare la notte le luci accese della sede del giornale, con alcuni degli impiegati a lavorare.

Francoforte era ed immagino sia ancora una bella citta, grande, moderna, cosmopolita. Ricordo che passato l'inverno, non molto rigido come mi aspettavo in realtà, la città cominciò a cambiare aspetto.  Le calde giornate primaverili, e il rifiorire degli alberi, coloravano di verde ogni via, ogni angolo di questa città.  Le strade, larghe e pulite erano sempre percorse da tanta gente che si spostava tra i numerosi uffici e i centri di ritrovo, quali pub, risoranti e centri commerciali circondati da gazebi dove era possibile sedersi e prendere un caffe ascoltando i vari musicisti da strada che intrattenevano i passanti con ogni genere di musica.

Uno spettacolo! Davvero uno spettacolo. Nei momenti liberi, mi mescolavo tra la gente e percorrevo il centro, una zona eslcusivamente pedonale chiamata "Zeil", dove erano concetrati tutti i più importanti centri commerciali e non, per ascoltare i numerosi musicisti che si esibivano in strada. La primavera cambiava davvero questa città. 

I giorni passavano. Mi iscrissi in una scuola per stranieri per imparare meglio il tedesco. La Folkschule.  Ricordo che mi fecero un esamino per vedere la mia preparazione iniziale.  Avevo studiato tedesco per tre anni a Siracusa cosi mi fecero accedere ad un corso più avanzato, rispetto a quello iniziale.  Il corso durava per un anno ed era serale.  Tre volte la settimana dalle 16:00 alle 18:00.

La scuola si trovava lontano rispetto a dove risiedevo io, pertanto mi muovevo in metropolitana.  Il primo giorno accadde un episodio divertente. Poichè dopo l'orario delle lezioni, sarei dovuto rientrare a lavorare nel ristorante, mi presentai a scuola in giacca e cravatta.  Mi fecero accomodare nell'aula e in attesa che arrivasse l'insegnante mi sedetti a sfogliare il libro che mi diedero in dotazione.

Arrivarono tre ragazze filippine che si presentarono a me scambiandomi per l'insegnante.  Ci mettemmo tutti a ridere quando dissi che ero uno studente come loro.  Ben presto arrivò l'insegnante, una ragazza di 25 anni, carina che si presentò a tutti noi e ci accolse molto bene, chiedendoci da dove venivamo e che lavoro svolgevamo lì.

Eravamo una ventina di studenti, alcuni erano francesi, un paio inglesi, molti orientali, filippini, indiani. Due erano argentini, padre e figlio. Il padre però era originario di Ragusa, pertanto parlava un pò il dialetto siciliano. Era curioso perchè io e lui parlavamo in dialetto e quando parlavo con il figlio, lui parlava spagnolo e io in italiano.   Le lezioni erano interessanti e l'insegnate molto capace. Riusciva a farti comprendere tutto senza tante difficoltà. 

Mi piaceva frequentare le lezioni. Erano un ottimo svago alla monotonia del lavoro in ristorante ed inoltre, mi davano l'opportunità di conoscere altre persone, alltre culture.

 
 
 

Destinazione Francoforte - Capitolo 3° - I Primi mesi - quinta parte (case di piacere)

Post n°13 pubblicato il 18 Luglio 2008 da Biscottu_che_Mennuli
 

Arrivammo vicino la stazione. C’era una via,  la Kaiser Strasse, dove c’erano diversi locali dove risiedevano le prostitute. Di frontel’ingresso di questi locali, alcuni uomini attiravano l’attenzione, adescando i clienti, descrivendo le caratteristiche del locale e naturalmente le ragazze che si trovavano dentro.  Questi, davano ai passanti anche dei buoni consumazione per una birra o altro da bere, per invogliare la gente ad entrare.

Entrammo in uno di questi locali. Le luci erano soffuse e dentro c’erano molte persone.  Una cappa di fumo faceva da nebbia artificiale.  Ai tavoli c’erano anche diverse ragazze che ridevano, scherzavano con la clientela. Per un attimo mi sembrò di rivedere uno dei Saloon dei numerosi film western trasmessi in TV.

Passammo per un corridoio ed arrivammo alle scalinate.  Salimmo e notai subito un corridoio centrale con diverse porte una di fronte all’altra, stile camere d’albergo. Alcune erano chiuse, ma altre erano aperte. Affacciandomi da una di queste, notai una ragazza che, stesa su un letto matrimoniale, leggeva una rivista. Indossava un baby doll rosso, aveva capelli biondi ed era carina. Mi notò subito e mi invitò ad entrare sorridendomi.

Riccardo mi disse di proseguire  e guardare il più possibile per poter scegliere quella che mi avrebbe attratto di più. Così proseguimmo. Salimmo al secondo piano.  Le ragazze indossavano tutte baby doll di diverso colore.  Erano uno più carina dell’altra, giovani, sorridenti e disponibili naturalmente. L’altro ragazzo che era con noi, prima di entrare in una camera, ci diede appuntamento tra un’ora circa, fuori dal locale. Riccardo ed io proseguimmo e poi , anche lui entrò in una stanza.

Rimasi solo e proseguii. Le ragazze erano tutte molto carine. Sentivo l’eccitazione  crescere,  una ragazza, che si trovava in corridoio, mi accarezzo il viso e mi fece cenno di seguirla. La guardai, era veramente bella. Stavo per seguirla, quando un altro uomo mi anticipò. Entrò nella stanza prima di me. Lei, chiudendo la porta, mi sorrise, come per dire “Sarà per la prossima volta, hai perso l’attimo fuggente”.

Ci rimasi male, ma allo stesso tempo mi sentii sollevato. Pensai che io o un altro per lei era lo stesso. Rimasi ancora un po’  incerto sul da farsi. In realtà dentro i me non avevo nessuna voglia di entrare. Non mi interessava avere un rapporto mercenario. Mi trovavo li perché avevo seguito i miei compagni. Da solo non ci sarei mani andato.

A questo punto non  mi interessava più rimanere.  Decisi di scendere e andare via. Così feci. Mentre scendevo le scale, in un angolo vidi una ragazza, tutta vestita di pelle nera, indossava degli stivali e in mano una frusta.  Mi guardò con aria di sfida, come a dire “vieni che ti faccio vedere io” ma aveva indubbiamente sbagliato soggetto. Scesi le scale e uscii dal locale.

Aspettai in strada i miei amici, pensai a tutte quelle ragazze carine e disponibili, a pagamento certo, ma disponibili e belle.  Mi sentivo a disagio con me stesso, per il fatto che non avevo avuto abbastanza coraggio. Ora avevo due scelte da fare, mentire ai compagni, sostenendo di essere entrato, oppure dire la verità e sottopormi alle loro critiche.

Mentre aspettavo riflettevo sul da farsi.  Avrei detto la verità, a costo di essere presso in giro.  Non me ne fregava nulla. Se non mi sentivo, non ero obbligato a farlo no?

Non passò neanche mezz’ora da quando avevo lasciato i miei compagni , che questi scesero in strada. Furono sorpresi di vedermi lì. “Sei rimasto l’ultimo e ti sei già sbrigato?”, mi chiesero. “E voi ? Avete già finito?” Domandai io.  Mi chiesero come era andata e dissi tranquillamente che non ero entrato. Rimasero sorpresi. “Come non sei entrato?  Sei scemo?, Hai visto quante belle ragazze c’erano? Non sarai mica…?” Conclusero.

“No” risposi,”Non lo sono. Adesso basta, non sono entrato . Tutto qui”.  Risero di me, me l’aspettavo. Mi raccontarono che prima del rapporto queste ragazze ti facevano lavare le parti intime, poi ti davano un profilattico da indossare e poi …  si cominciava.

“Già, e poi …  in dieci minuti tutto finito vero? Ma vaaaaa Ho fatto bene allora a non entrare” Conclusi io. Allora Riccardo mi disse “Guarda che si tratta di una scopata non di una conferenza. Quanto tempo pensi che ti tengano? Altrimenti non riuscirebbero a lavorare, non credi?  Allora io risposi “E’ proprio questo il punto.  Non mi piace. Non mio va di avere un rapporto sbrigativo, senza nessuna emozione, solo per toglierti l’eccitazione che hai sul momento. Insomma è tutto finto”. Allora il nostro amico rispose ridendo “No, no, io ho goduto veramente, non per finta”.

Proseguimmo per la stazione. Si erano fatti le dieci di sera e dovevamo rientrare a Konigstain. Così prendemmo il treno.  Arrivammo dopo una mezzora. Salutammo il nostro amico e Con Riccardo rientrai  nella nostra pensione.  Il nostro giorno libero era terminato. L’indomani saremmo rientrati al lavoro.

fine quinta parte

 
 
 

Destinazione Francoforte - Cap. 3° - I primi mesi (quarta parte - il giorno libero)

Post n°12 pubblicato il 30 Giugno 2008 da Biscottu_che_Mennuli
 

L’indomani venne Giovanni. Parlò con me e poi con Michele.  Alla fine tutto si risolse con le  solite raccomandazioni.  Io gli dissi che non volevo più lavorare a Konigstein, preferivo tornare a lavorare con lui. Lui allora mi promise che passato il capodanno, mi avrebbe fatto tornare a Francoforte. Fui contento della promessa e così  ripresi più motivato il mio servizio.

Verso la fine dell’anno, io, Riccardo e un altro ragazzo, decidemmo di andare a Francoforte per trascorrere il nostro giorno libero. Prendemmo il treno e ben presto arrivammo alla stazione.  Trascorremmo la mattinata ai grandi magazzini, io comprai un walkman e l’ultimo Lp  degli U2 (Rattle and Hum che era uscito due mesi prima, nell’ Ottobre del 1988) e l’ultimo dei Dire Straits (Money for Nothing, uscito anch’esso nel 1988).

Nel Pomeriggio, Riccardo e l’altro ragazzo (non ricordo più il nome) mi portarono in un sexy show. Non appena entrammo vidi subito che c’èra un via vai di gente, tutti uomini naturalmente, di tutte le età. Appesa ad una parete una grande bacheca con il programma del giorno. 

Le varie esibizioni delle ragazze, erano elencate per fasce orarie. Accanto al nome una foto della ragazza dava subito l’idea del soggetto. L’esibizione era a ruota, cioè le stesse ragazze si esibivano più volte durante la serata e si esibivano in una stanza rotonda, circondata da varie cabine a cui si accedeva attraverso una porta. Dentro la cabina, inserendo una moneta da uno o cinque marchi, si azionava l’apertura di una finestra che dava sulla camera centrale dove le ragazze su un palco girevole, si esibivano.

Entrai e misi una moneta da un marco. Subito si apri la finestra e vidi nella stanza due ragazze nude che si muovevano e si toccavano tra loro. Rimasi colpito, sia perché non avevo mai visto nulla del genere dal vivo, sia perché guardando oltre, vidi anche i volti di coloro che come me, assistevano allo spettacolo delle ragazze.

Neanche il tempo di rendermi conto, subito la finestra si abbassò. Così misi la mano in tasca per prendere un'altra moneta e ne tirai fuori una da cinque euro.  Questa volta la finestra rimase aperta per un bel pezzo, tanto che tutte le finestre degli altri “clienti” si abbassarono e le ragazze finirono per esibirsi solo per me.

Appena mi resi conto che ero rimasto solo e di essere oggetto delle loro attenzioni, mi vergognai tanto che uscii immediatamente.  Non ero preparato ad una cosa del genere. Fin quando ero uno dei tanti che guardavano ok, ma rimanere il solo ed essere oggetto dei loro sguardi, mi provocò questa reazione.

Uscii dalle cabine e mi guardai intorno. Tra la gente alcune donne si occupavano della pulizia. Le vidi che entravano ed uscivano da altre cabine. Mi avvicinai ed entrai in una di queste. Di fronte a me c’èra uno schermo spento. Inserii un marco e apparve subito un’immagine al  video. Una coppia ci stava dando dentro in una tipica posizione da Kamasutra, era un film porno. Chissà  che mi credevo.  In basso, vicino alla poltrona, notai che c’era da un lato un porta fazzolettini e dall’altro delle salviettine ed un cestino.

Capii subito la presenza delle donne delle pulizie. Ogni dieci minuti infatti, facevano il giro delle cabine per svuotare i cestini e pulire. Rimasi di stucco. Praticamente ci si poteva masturbare mentre si assisteva alle scene.

Posso capire che ci si possa masturbare vedendo immagini porno, soprattutto se sei solo, in intimità con te stesso, ma farlo lì, in una cabina di un sexy show, in quel modo, dove magari esci e tutti immaginano quello che hai appena fatto, questo mi inquietò molto. Io mi sarei vergognato a fare una cosa del genere, specialmente in un posto frequentato da altre persone. Non ne sarei mai stato capace.

Sempre dentro al locale, vidi un settore più intimo dove le cabine erano più grandi e di fronte alla poltrona dove sedeva il cliente, vi era un palco separato da un vetro che in alcune parti aveva dei fori dove era possibile inserire una mano o forse altro. Riccardo mi disse che quella era la zona dove in esclusiva una ragazza, scelta tra quelle esposte in bacheca, poteva esibirsi per un  cliente.  La cifra naturalmente era da concordare prima, così come il tempo dell’esibizione. Non provai nemmeno ad entrare. Mi immaginai la scena, dicendomi che non era per me.

Uscimmo dal locale che si fece sera. I ragazzi mi chiesero come era andata ed io cercando di essere più indifferente possibile risposi che era tutto ok. In realtà fu un piccolo shock per un ragazzo di provincia che non aveva mai visto realtà simili. Comunque nulla di trascendentale, era solo che non immaginavo  esistessero luoghi simili. Tutto può essere considerato normale, se solo ci sei abituato no?

Mangiammo un panino in un MacDonald’s  e ci avviammo alla stazione per rientrare, ma al contrario di quello che pensavo io, non era ancora finita. Infatti i ragazzi mi dissero che ci saremmo recati in un bordello.

Fine quarta parte

 
 
 
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