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DA QUESTI DUE INETTI E DALLA CAMORRA

 

 

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Monnezza, niente sconti per i colpevoli

Post n°97 pubblicato il 07 Febbraio 2008 da liberiamonapoli

INDULGENZE PELOSE E SOLIDARIETÀ di facciata per la tragedia della monnezza. “I napoletani non si meritano questi amministratori”, sentenziava caritatevolmente un pasciuto signore, l’altro giorno in tivù. “Non è colpa dei napoletani, è colpa dei politici, degli amministratori, insomma di quelli che comandano”, argomentava in chiave di scagionamento popolare, bontà sua, una sciura col cappottino grigio e la sciarpetta rosa. Tralascio le poetiche mandolinate di intellettuali, diciamo così, ed ispirati artisti: non aiutano a risolvere la crisi della monnezza, ma a spiegarla, sì. Forse sarebbe ora di metter via i pannicelli caldi dei finti innamorati di Napoli e del Sud, di stoppare le ipocrisie con le quali si è sempre demagogicamente cercato – vivendo a Roma, a Verona, a Torino, a Firenze – di salvare l’anima ai napoletani. Raccontando la frottola che non è colpa loro. Che è colpa di un destino perennemente desideroso di farsi perdonare la troppa bellezza data a Napoli e la troppa intelligenza data ai napoletani, infliggendo alla città e ai suoi figli la perpetua maledizione della miseria, della sporcizia, della illegalità. Che è colpa di chi comanda, immancabilmente sospettato di essere un poco di buono, in ossequio al popolare assioma che ‘o pesce fète d’a capa (il pesce puzza dalla testa). Svegliatevi, gente: non è più così. Oggi, al pesce, la “capa” ce la mettiamo noi, tracciando a matita una crocetta su una scheda. Se non ci siamo accorti che “fetéva”, dobbiamo solo fare mea culpa. Smettiamola con la bùbbola dell’incolpevolezza del popolo-vittima e addebitiamo con affettuosa sincerità ai napoletani la responsabilità di quello che succede nella loro città: a cominciare dalla responsabilità di scegliersi un po’ troppo spesso politici e amministratori prevedibilmente inadeguati. Una volta i viceré arrivavano da Madrid o da Toledo, un re arrivò dalla Francia, tra i re indigeni poteva capitare quello più brillante (Carlo III, per esempio) e quello più ingenuo (Franceschiello, altro esempio). Più tardi, i podestà, li mandava il Duce o chi per lui e, comunque fossero, bisognava tenerseli. Ma da una sessantina d’anni, se non sbaglio, siamo repubblica democratica con diritto di voto (e di veto) e da qualche decennio abbiamo fatto cadere – fra i cittadini e i loro sindaci o governatori – anche il diaframma dei partiti: elezione diretta. Lasciamo stare Pecoraro Scanio, promosso ministro per gli spericolati (e fatali) equilbri di un “governo” ingovernabile. Ma il signor Antonio Bassolino e la signora Rosa Russo Jervolino sono stati eletti – come i loro ultimi predecessori – dai campani e dai napoletani con tanto di nome e cognome sulla scheda. Non sono usciti dal cestino della tombola e neanche mandati, come proconsoli o viceré, da lontani monarchi: li hanno voluti e votati la maggioranza dei campani e dei napoletani. Se la tragedia della monnezza è colpa loro – o più realisticamente “anche” colpa loro – non ne possono invocare processo, condanna e destituzione proprio coloro che li hanno eletti. Comprensione per gli abitanti di Pianura, ma fatemi sapere: quanti voti hanno preso la Jervolino e Bassolino in quella immondezzata zona? Sparite le telecronache dirette dal fronte della monnezza (è stato lanciato l’appello a smorzare i toni e l’Italia, si sa, continua a pendolare fra Pravda e Minculpop) ma, se ce ne fosse ancora qualcuna, vorrei che si domandasse: signori napoletani, invece di fare ora le barricate contro i camion della monnezza, perché non le avete fatte prima, durante le campagne elettorali, contro le macchine che giravano con gli altoparlanti, gli attacchini che incollavano i manifesti e gli installatori che montavano i palchi per i comizi? Qualcuno dovrebbe ricordare ai napoletani che la protesta più efficace è quella che si fa in cabina elettorale. Si può sbagliare una volta. Ma sbagliare le elezioni per quattordici anni è – scusate la franchezza – un po’ dura. Mi viene il sospetto, amati paesani, che non sappiate votare. E mi verrebbe, se permettete, di darvi un consiglio: i prossimi sindaci e i prossimi governatori regionali fateli eleggere dai cittadini del resto d’Europa. Non vi dispiacete, ma lasciatemi pensare che Horst Glucklich, Laurent Pourquoipas, Malcolm Sidecar, Antonio Casinos sceglierebbero meglio, molto meglio di voi.

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