Creato da fran.cippo il 01/01/2011
Tutto quello che trovate tranquillamente (e meglio) anche negli altri blog!
 

 

A volte ritornano

Post n°160 pubblicato il 05 Aprile 2012 da fran.cippo

È stato strano rimettere piede dopo quasi due mesi in quell'azienda dove mi avevano catapultato proprio all'inizio della mia avventura nel magico mondo della revisione aziendale. Gli uffici, gli odori, le persone, tutto mi riportava alla mente le sensazioni e i ricordi di quel mese passato interamente tra quelle mura e quegli impiegati. Mi sono rivisto timido ed incerto mentre muovevo i primi impacciati passi vagando di ufficio in ufficio chiedendo di vedere partitari, fatture e lettere contabili, oppure domandando al malcapitato/a di turno di illustrarmi un passaggio poco chiaro.

Oggi ero solo ed appena arrivato mi sono fatto dare le chiavi della solita stanzetta. Mi sono messo comodo, dopodiché mi sono avviato con passo sicuro verso l'ufficio nel quale avevo appuntamento, mi sono fatto consegnare i libri sociali sui quali dovevo fare le verifiche e sono tornato nella stanzetta senza finestre, occupando la stessa sedia scassata che ho occupato in quel disperatissimo mese della mia vita, così denso di avvenimenti che a guardare ora indietro mi vedo cresciuto.

Volevo cominciare subito il lavoro, per levarmi il pensiero, ma non ho resistito, dovevo asolutamente salutare LORO. 
Loro sono Anna Maria e Luana, le due gentilissime impiegate dell'ufficio clienti; persone squisitissime e di una dolcezza d'altri tempi. Nel mese passato in quell'azienda mi avevano quasi fatto da mamme (come età, più o meno, ci siamo), condividendo i (rari) momenti di soddisfazione, mostrandosi collaborative e premurose in ogni frangente, cercando di tirarmi su il morale quando mi vedevano triste, dicendomi che stavo proprio bene con certi abiti e cercando di convincermi che stavo facendo un bel lavoro anche quando facevo stronzate. Con loro mi trovavo talmente bene che ogni volta che potevo m'infilavo nel loro ufficio, piuttosto che stare nella stanzetta coi miei colleghi.
Dopo un caloroso abbraccio mi hanno tempestato di domande, apprendendo stupefatte delle svolte passate della mia vita ed entusiaste di quelle future. Mi hanno raccontato delle rispettive figlie e poi, prima di lasciarmi tornare al mio lavoro, mi hanno quasi intimato di scriver loro qualche mail in futuro.

Nel giro di un'oretta e mezza ho sbrigato il da farsi e sono tornato a salutarle, fermandomi una decina di minuti per ulteriori chiacchiere.

Uscendo ho pensato a quanto sia contorta la mia mente, capace di affezionarsi ad una orribile zona industriale nella quale, per giunta, ho passato momenti terribili.
Eppure quel luogo, lasciandomelo alle spalle nella luce del mezzogiorno, mi sembrava la trasposizione perfetta della serenità. 

 
 
 

Brutte situazioni

Post n°159 pubblicato il 03 Aprile 2012 da fran.cippo

Dopo essere sceso, per la terza volta in due mesi, alla fermata sbagliata del tram, ricordandomi tra le imprecazioni che avevo lasciato la macchina in un altro parcheggio, sono risalito sul tram (successivo), che mi ha portato fino alla mia auto. Da lì ho guidato fino sotto casa, dove ho parcheggiato. Sceso dalla macchina mi sono incamminato, lungo il parcheggio, verso la mia abitazione. Davanti a me, sul bordo del parcheggio, uno sconosciuto sulla trentacinquina si stava sitemando in testa il casco, stando in piedi accanto al suo scooterone. Ho notato che, mentre gli sfilavo davanti, mi ha guardato prima una volta e poi un'altra, tanto da farmi pensare: "ti regalo una foto?". Fin qui, però, tutto normale. Il problema è che poi ha preso a camminarmi dietro, a una ventina di metri di distanza. Me ne sono accorto subito e quindi ho accelerato l'andatura, infilandomi nel vialetto che va verso l'ambulatorio e la farmacia e poi verso il mio portone. Arrivato a metà del vialetto mi sono voltato ed ho visto che si era fermato proprio all'imboccatura di quest'ultimo, guardando nella mia direzione. Solo allora mi è venuto da pensare: "e se stesse seguendomi per vedere dove abito?". Così mi sono fermato davanti all'ambulatorio, fingendo di aspettare il mio turno. Lui intanto stava lì, in lontanza, armeggiava col cellulare ed aveva ancora il casco in mano.
Alla fine se n'è andato e, dopo poco, io anche. Però il dubbio rimane: che diavolo faceva? Mi aveva scambiato per qualcun altro? Ma, se fosse così, perché pedinarmi e non chiamarmi semplicemente? Voleva vedere dove abitavo per poi, magari pensando che uno che si veste in giacca e cravatta sia danaroso, venire a rubare? Ma allora perché mi ha fissato così a lungo quando gli sono passato davanti? Sembrava proprio cercasse ME, non uno ingiacchettato.

Forse saranno solo paranoie (ed io me lo auguro tanto), però vi assicuro che non è un'esperienza piacevole

 
 
 

Una telefonata ti allunga la vita?

Post n°158 pubblicato il 28 Marzo 2012 da fran.cippo

Ricordate quella riuscitissima campagna pubblicitaria dei primi anni novanta in cui Massimo Lopez, testimonial della Telecom (che forse all'epoca si chiamava ancora Sip), scampava ad un plotone di esecuzione con gli archibugi già spianati grazie ad un'ultima telefonata, concessagli come ultimo desiderio e protrattasi in perpetuo?

Al giorno d'oggi le telefonate sono spesso usate come time filler, riempiono i tempi morti, molte persone chiamano non appena le circostanze le costringono a momenti di inerte solitudine, come durante la guida o mentre vengono trasportate da un qualche mezzo pubblico. Molte di queste chiamate vengono effettuate nonostante ci sia poco o niente da comunicare, sembra in fatti quasi più un modo per scampare ai momenti di meditazione interiore ai quali la momentanea solitudine costringerebbe e che sempre più vengono marginalizzati nella vita d'oggi, in favore di un più superficiale intrattenimento.  I piani tariffari a canone fisso agevolano questa pratica.  

Grazie a questa smania di compagnia molte delle telefonate che riceviamo si rivelano piuttosto vuote e noiose, ma queste sono niente in confronto a quelle sgraditissime chiamate promozionali che ci svegliano al mattino o ci scocciano durante il prosieguo del dì, magari mentre siamo in un momento topico o in piena concentrazione studio/lavorativa.

In ultima istanza, pensatevi ad un meeting internazionale di capi di stato, mentre rappresentate il vostro paese in qualità di presidente del consiglio, e, mentre il presidente degli Stati Uniti sta pubblicamente citandovi in un suo discorso, venite raggiunti dalla telefonata di un essere abietto come Cicchitto.

Il solito rovescio della medaglia degli effetti positivi che porta il progresso.

 
 
 

Ombre domenicali

Post n°157 pubblicato il 25 Marzo 2012 da fran.cippo

Chissà come mai è la domenica il giorno nel quale solitamente le preoccupazioni e le insicurezze si addensano intorno a noi.
Sì, va bene l'inizio imminente di una nuova settimana, nella quale, leopardianamente, "al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno", ma basta l'idea dell'inizio di una tribolata settimana a dare il là a preoccupazioni che vanno ben al di là dello spettro scuola/lavoro?
Io in queste giornate vengo preso dalla malinconia, mi assalgono contemporaneamente le mie paure latenti, sento che ciò che non ho mi manca di più ed un senso di incompletezza s'impossessa di me. 
Le preoccupazioni che nel pomeriggio di oggi ero riuscito a tenere a bada trascorrendo il tempo in un parco cittadino con conoscenze vecchie e più recenti sono tornate a galla in serata, costringendomi a riflettere su tutti i perché che mi attanagliano.
Uno su tutti: perché mi deprimo per quel poco che mi manca invece di godere appieno di tutto quel che ho?

 
 
 

Pesca nella memoria

Post n°156 pubblicato il 12 Marzo 2012 da fran.cippo

In quest'ultima settimana il mio gioioso impiegotemporaneo mi ha portato a lavorare in un'azienda veramente gradevole, dolcemente adagiata sulle alture di un paese situato poco al di fuori della cerchia collinare della piana fiorentina. Nel grazioso complesso, che si snoda tra corridoi estremamente articolati, per non dire labirintici, trovano sede non solo l'effervescente azienda costruttrice di ospedali che devo esaminare, ma anche la sua controllante, che però è tutt'altro che florida e naviga in pessime acque (proprio in questi giorni si dovrebbe sapere l'esito delle votazioni dei creditori sulla sua proposta di concordato preventivo). Il pessimo stato dei conti di questa società balza agli occhi anche attraversando i corridoi che dalla controllata portano alla controllante e che non appena si passa nella parte di competenza di quest'ultima si fanno (almeno nella prima parte) di colpo freddi, silenziosi e totalmente disabitati. Tutti quegli uffici che si affacciano sull'andito principale mi danno, ogni volta che ci passo, l'idea della risacca. La grande impresa che ha osato espandersi troppo mi pare ora come il mare in bassa marea, mentre mestamente si ritira e lascia a nudo ciò che non riesce più ad occupare.

Fin dalla prima volta che ci ero passato, però, quella parte abbandonata del plesso mi era piaciuta. Ho cercato di memorizzare subito la strada da seguire (perché garantisco che c'è da perdersi), mostratami da una gioviale collega e tutte le volte successive che ho avuto bisogno di recarmi da quelle parti l'ho fatto senza guide sherpa, inseguendo un gusto che non sapevo proprio da cosa fosse dato. Sulle prime, pensavo che fosse il gioco di luci ed ombre creato dalla particolare angolazione dell'edificio rispetto al sole pomeridiano e dalle persiane socchiuse, poi però ho capito che era altro, ma ci ho messo diversi giorni a capire cosa.
È una sensazione legata all'olfatto e, tramite di esso, ad una persona. Una persona cara ormai scomparsa, della quale ho già raccontato in questo blog. In quei corridoi su più livelli e, in special modo, sulle scale che li congiungono è presente fortissimo il medesimo odore che mi avvolgeva quando entravo in casa di mia zia. Un odore oggettivamente neutro, ma divenuto per me ormai inestricabilmente buono, come tutti i ricordi dell'infanzia.

Non biasimatemi quindi, se cerco ogni pretesto per recarmi in quelle sfitte contrade. 

 
 
 

Il politico di razza padana

Post n°155 pubblicato il 06 Marzo 2012 da fran.cippo

Hanno suscitato ondate di sdegno e di riprovazioni le parole di Umberto Bossi che, in una recente intervista, dichiarava che il presidente del consiglio starebbe rischiando di finire impiccato per via della sua politica.
Secondo me non serve neanche entrare sul piano del merito, in quanto mi pare pacifico constatare che si tratti semplicemente delle solite sue affermazioni volte più che altro a richiamare su di sé le attenzioni del proprio elettorato, sviandole dalle magagne presenti e future (vedi caso Boni) sorte in seno al proprio partito.
Un po' troppo superficialmente si tende a considerare il senatur come un mentecatto bavoso alla stregua di buona parte degli esponenti del suo partito. A quanto so io non è così. Bossi non è un Calderoli o un Borghezio qualunque, non è un ultrà con coefficente intellettivo da ultrà come i suddetti, bensì un politico freddo e calcolatore. E, soprattutto senza inibizioni o vergogna. Ogni sua dichiarazione è indirizzata verso un obiettivo specifico. Ovviamente tutti questi suoi sforzi non vanno a beneficio della fantomatica comunità padana o almeno della sua Lega Nord, ma strettamente a se stesso ed alla sua permanenza ai vertici di comando del suo partito.
Bossi, come molti altri nella da poco defunta coalizione di governo, ha capito che il voto di un deficiente vale quanto quello di un genio, ma il voto del tardivo è immensamente più agevole da conquistarsi rispetto a quello di un essere pensante, ed estremamente più difficile a perdersi. Basta rinunciare alla dignità ed alla coerenza ed essere pronti ad affermare tutto ed il contrario di tutto a seconda di quanto offre il miglior offerente.

Soltanto che mi viene da digrignare i denti dalla rabbia quando penso alle risate che si farà Bossi mentre lo subissano di critiche per le stronzate che ha detto. Tutte le levate di scudi nei suoi confronti non fanno altro che fargli guadagnar voti, e quando, magari ognitanto nei momenti di solitudine, gli verrà da vergognarsi per le cazzate dette, gli basterà pensare che grazie a quelle cazzate ha guadagnato fior di quattrini, ha sistemato un figlio ed ha tenuto per le palle per più di un quindicennio un intero paese di circa sessanta milioni di abitanti.

 
 
 

La solitudine del manager

Post n°154 pubblicato il 01 Marzo 2012 da fran.cippo

- Francesco, tu hai studiato a Firenze, vero? - mi chiede uno dei manager dell'azienda dove lavoro, interrompendo i miei pensieri. In realtà non erano veri e propri pensieri, ero immerso nella contemplazione della sua figura, stagliantesi proprio di fronte a me, con il tavolo del ristorante dove trascorriamo la pausa pranzo a dividerci.
Mi sento rispondere affermativamente alla sua domanda, mentre continuo la ricerca del particolare che in lui mi ha colpito, ma che non riesco più ad individuare. Ha una zazzera castana di capelli abbastanza mossi, di una misura piuttosto tendente al lungo per gli standard maschili, portati con la riga in mezzo. Gli occhi sono castani, ma quasi sul verde e colpisce la loro freddezza, amplificata da un paio di occhialetti da stronzo, di quelli con le lenti prive del contorno della montatura, rettangolari e di superficie ridotta.

- Quindi avrai sicuramente dato l'esame di Revisione aziendale col professor M.! - mi incalza il manager.
- No - ribatto, - non ho dato quell'esame perché vengo da Economia e Commercio e durante la specialistica non ho fatto molti esami di economia aziendale.

Mentre il suo fugace interesse per me scema a causa della mia risposta, esalando un "Ahn.." di circostanza, io riprendo nella sistematica analisi del suo volto, sempre alla ricerca di quel non so cosa che mi ha colpito ma non ritrovo. Il naso non presenta asperità di rilievo, le guance tendono al gonfietto nonostante non dimostri più di trentacinque/trentasei anni, la pelle è rasata di fresco ed una virile ricrescita di barba fa capolino. Le labbra sono fini e spesso serrate, ma ecco che vedo e capisco! È un tic, una smorfia ciò che mi aveva colpito. Infatti, il manager, periodicamente, tira su l'angolo sinistro della bocca, coinvolgendo nel movimento tutta la parte sinistra della faccia. Certe volte il tic è accompagnato anche da un lieve effetto sonoro.
Mi interrogo allora sul perché un misero tic abbia così tanto accattivato la mia attenzione, ed è lì che arrivo alla chiave di volta.

Pochi giorni prima, infatti, seduto al medesimo tavolo del medesimo ristorante, c'era un altro manager, di rango ancora più alto, un senior manager. In lui era proprio impossibile non notare un tic che palesemente e frequentissimamente gli sconvolgeva il viso, facendogli socchiudere gli occhi ed arricciare il naso, dandogli per una frazione di secondo un'espressione piuttosto imbelle.

Beh, cari i miei manager, se il prezzo per il successo è uno carico di stress abnorme e cronicizzato che porta a risultati simili, tenetevi pure il vostro successo.

 
 
 

Nel paese dei balocchi

Post n°153 pubblicato il 25 Febbraio 2012 da fran.cippo

Due sabati fa ho incontrato la mia ex collega universitaria (nonché blogger dall'altalenante assiduità) Giada per un caffè pomeridiano, sfruttando la vicinanza della sala prove, dove doveva recarsi, con casa mia. Durante le piacevoli chiacchiere in un bar del corso pedonale di S. avevo quindi ricevuto il mio regalo di laurea da parte sua e del suo boyfriend Manuele (anch'egli vecchio compagno d'armi/ateneo). Il regalo consisteva in un buono valente un robusto numero di euro (che non starò a precisarvi) per l'acquisto di libri in un punto vendita Feltrinelli.

Oggi pomeriggio, accompagnato da Pippo (amicizia nata ai tempi di Mediaworld), mi sono recato nel più grande negozio Feltrinelli presente a Firenze, quello in centro, in via de' Cerretani. È stato come entrare nel paese di cuccagna, dove finalmente potevo soddisfare quei bisogni (vizi) che di solito mi nego o che mi concedo soltanto in maniera molto parziale. Decine di titoli mi attiravano da ogni parte, col martire Pippo mansuetamente a seguirmi ed a sorbirsi le mie prolisse recensioni improvvisate al volo su questo o quel libro. Fortunatamente mi ero preparato in precedenza una lista di must have da non dimenticare ed una penna per integrare la lista in loco. Accanto ad ogni titolo segnavo il relativo prezzo, eseguendo poi le opportune somme o semisomme per arrivare all'importo desiderato. 
Il risultato finale mi soddisfa appieno; non solo per le scelte, ma anche per il tempo passato nella cernita e nel vaglio delle opzioni. Soprattutto per questo non posso che ringraziare i due generosi donatori, anche se immagino che Pippo non si senta di fare altrettanto.

 
 
 

Innamorarsi in ufficio

Post n°152 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da fran.cippo

È parecchio tozzo e basso basso, mi aspetta sempre accanto alla porta della staffroom, elargendomi abbondanti bicchieri d'acqua (sia fredda che a temperatura ambiente). È ormai per me un'entità irrinunciabile ed estremamente rassicurante, sia per il suo aspetto pacioso che per il suo modo di esprimersi prevedibile, ma confortante. In ufficio, nonostante in questi ultimi giorni abbia stretto con persone molto più gradevoli delle precedenti, è lui il mio punto di riferimento, la mia stella polare.
Quando mi vede arrivare, assetato dalle temperature tropicali dell'ufficio, non muove un muscolo fino a quando la pressione delle mie dita non lo invita a spillare un po' del prezioso liquido, e mentre versa, quasi facesse le fusa, emette uno stupendo "blupblupblup" che mi rimette in pace col mondo.

Tutto avrei pensato, meno che di affezionarmi ad un Culligan. 

 
 
 

Piove sempre sul bagnato

Post n°151 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da fran.cippo

Quando le giornate si fanno lunghissime, pesanti ed a tratti umilianti e per questo ci si sente profondamente depressi si tende ad aggrapparsi alle poche certezze che nella nostra vita si sono consolidate, quelle che ci siamo costruiti faticosamente, mattoncino dopo mattoncino. 
Quando però, sul ciglio del baratro, ci si aggrappa forte a queste sicurezze ed esse cedono di schianto, è proprio un gran bel problema, sembra quasi che debba piovere per sempre. 
Poi guardi fuori dalla finestra e ti accorgi che piove veramente. 

 
 
 

Carosello!

Post n°150 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da fran.cippo

Gli scaltri lettori avranno sicuramente notato che su questo blog sono apparsi tre banner pubblicitari (uno vistoso ed altri due un po' più mascherati). La loro comparsa è stata originata da una mail inviatami pochi giorni fa da Libero (l'host di questo blog, non la testata di Belpietro). In questo messaggio preconfezionato mi si comunicava che avevano selezionato (mediante non specificati criteri) il mio blog per diventare "Gold Blog" e che ciò mi dava, oltre ad una maggiore visibilità sul portale, la facoltà di poter ospitare degli spazi pubblicitari gestiti direttamente da Google. Questi spazi mi saranno retribuiti in base ai click ricevuti, secondo una metodologia di calcolo che Google non comunica.

Ciò che non avevo calcolato è che il contenuto di questi annunci è del tutto fuori dal mio controllo, e proprio di questo stavo parlando al telefono con Davide quando lui è scoppiato a ridere scorgendo che uno dei banner pubblicizzava un giornale della Pdl.
Poco dopo anche la Chiara ha voluto inveire, insinuando malevolamente che il ghost writer di questo blog fosse il senatore Dell'Utri.

Quindi, se in futuro vi capiterà di notare altri annunci poco consoni con le mie abituali prese di posizione, beh, vi autorizzo a lasciarvi andare a facili ironie come i due sopracitati.

 
 
 

Calma olimpica

Post n°149 pubblicato il 09 Febbraio 2012 da fran.cippo

Che belli tutti questi appelli di sportivi e politici per tirare la giacchetta (o il loden) a Monti e fargli sostenere la candidatura di Roma per l'organizzazione delle olimpiadi del 2020.
Più che belli direi sinceri e per niente banali. Infatti chi mai si sarebbe aspettato che un calciatore come Buffon volesse che una manifestazione simile si svolgesse nella propria patria? Chi avrebbe potuto sospettare che Totti sarebbe stato favorevole allo svolgimento di 'sì tanta manifestazione nella propria natia città? Ancor più originali sono gli endorsement del solito nugolo di politici, personaggi per definizione restii a prestare la faccia ad iniziative demagogiche, populiste e donanti estrema visibilità. Tra di essi spicca senza dubbio il sindaco capitolino Gianni Alemanno, che non si capisce come mai dovrebbe ben vedere l'afflusso di fiumane di persone pronte a spendere e spandere nella città della quale (a Dio piacendo) nel 2020 non sarà più sindaco.

Già, a loro conviene, ma al resto del paese? Per organizzare le olimpiadi servirebbero investimenti di miliardi che probabilmente solo in parte sarebbero ripagati dalle future entrate e che, anche nel più roseo caso di un futuro guadagno, dovremmo anticipare subito, stringendo di un altro paio di buchi la cinghia che già ci fa un vitino di vespa. Senza contare che nella ligia e calcolatrice Londra i costi per l'organizzazione dei giochi del 2012 si sono già triplicati e che il nostro paese è già per vocazione una terra fertile per la mitosi dei costi. E, soprattutto, siamo sicuri di voler mettere in mano la complessa organizzazione di un evento così importante ad un sindaco che, nonostante la nevicata su Roma fosse ampiamente prevista, è riuscito a far in modo che nella capitale non si trovasse neanche una manciata di sale da buttare nell'acqua per la pasta?

Riflettiamoci con calma olimpica.

 
 
 

Illness

Post n°148 pubblicato il 08 Febbraio 2012 da fran.cippo

Carichi eccezionali di stress, giornate cariche di lavoro da mattina a tarda sera, vento siberiano, temperature polari e scarsissime ore di sonno alla fine hanno avuto la meglio, mi sono ammalato.

La nottata che ha preceduto la giornata di ieri è stata terribile, tutta costellata di mezzi incubi con sullo sfondo il fatto di dovermi alzare prestissimo avendo passato la notte in bianco ed il timore di dover attraversare vento, ghiaccio e neve con una gola già in fiamme. Però dalle 4 del mattino in poi il freddo mi era passato ed ero riuscito a dormire più serenamente, seppur svegliandomi abbastanza frequentemente per il sopraggiunto eccessivo caldo.
Al mattino le mie condizioni non mi erano parse disperate come credevo ed avevo deciso di recarmi comunque al lavoro, arrivando anzi con una buona mezz'ora di anticipo. Durante la giornata però l'alternanza di sensazioni di caldo da far mancare il respiro e di freddo da microbrividi mi hanno fatto ricredere sulla bontà della scelta mattutina. A condire il tutto ci si sono messi anche il gonfiarsi della gola ed i dolori muscolari diffusi. Ho tirato fino alle 18 per pura cocciutaggine ed una volta arrivato a casa ho avuto la conferma termometrica che di febbre ce n'era in abbondanza (ed io sono uno di quelli a cui raramente sale più di tanto, mi bastano i 37 celsius per sentirmi spossato).

In conclusione, oggi mi godo questa giornata di malattia, guardando dalla finestra gli spogli rami degli alberi sconvolti da un vento che suppongo gelido, ma del quale non dovrò saggiare la temperatura.

 
 
 

Let it snow, let it snow, let it snow

Post n°147 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da fran.cippo

La campagna di terrore metereologico promossa dagli organi d'informazione, combinata alla pesante nevicata a Firenze dello scorso 17 dicembre (ed anche di quello prima, a dir la verità),che vide persone bloccate in macchina al gelo anche per più di dieci ore oppure costrette a tornarsene a casa a piedi percorrendo tratte chilometriche mentre la bufera imperversava. La campagna di terrore, dicevo, unita al vivo ricordo delle passate catastrofi, ha prodotto oggi i suoi effetti. Dopo che per giorni si era guardato con apprensione ai bollettini meteo, la mattinata odierna è trascorsa in un clima di ancor più tesa concitazione, volta al continuo aggiornamento delle previsioni, che davano neve, prima per le 15, poi per le 16, poi per le 17, poi per le 19. Si facevano congetture sul momento migliore per il rientro, asserendo il nostro manager che se si fosse aspettato l'inizio effettivo della nevicata saremmo rimasti tutti intrappolati in autostrada. La scelta è stata quindi quella di anticipare il rovescio nevoso, proclamando il rompete le righe verso le 15.

Uscito all'aperto, sono stato accolto da un ceffone di aria graffiante e quasi piacevole, mentre il cielo, assumendo quella colorazione tipica delle nevicate, minacciava una prossima tormenta, lasciando cadere un nevischio quasi neanche percettibile se non nel cristallo della Punto fedelmente parcheggiata. Mi sono quindi affrettato verso casa, arrivandoci sano e salvo e sollevando previdentemente i tergicristalli dell'auto, prima di rincasare con premura.

Morale della favola: sono le 19 e non è caduto neanche un fiocco.

 

 
 
 

Pensiero profondo

Post n°144 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da fran.cippo

Sento che, prima o poi, finirò per pisciarmi sulla cravatta.

Me lo sento.

 
 
 

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