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Ciao, padre Bartolomeo!

Post n°239 pubblicato il 07 Novembre 2020 da greppjo
 

Un grande maître à penser,un intellettuale italiano di primo piano del mondo cattolico novecentesco èstato chiamato alla Casa del Padre nelle prime ore del 2 novembre. I funeralireligiosi si sono svolti il 3 novembre nella Cappella dell’Aloisianum diGallarate ( Varese).

Tutti i giornali hanno riportato la notizia della sua morte. Per coloro che non lo conosconoriprendiamo da l’Avvenire di ieri la parte iniziale dell’articolo scritto daFilippo Rizzi : Gesuita per vocazione, politologo per professione. Ma soprattutto uncontemplativo che da giovanissimo aveva accarezzato l’idea di farsi carmelitanoo francescano prima di sentirsi chiamato a entrare nella Compagnia di Gesù nellontano 1946. È la storia singolare di padre Bartolomeo Sorge, classe 1929 (eranato all’Isola d’Elba ma di origini siciliane per parte di padre), storicodirettore de La Civiltà Cattolica (1973-1985) poi guida carismaticadell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe a Palermo (1985-1996) e chiamatoa Milano a dirigere riviste come Popoli (1999-2005) e Aggiornamenti Sociali(1997-2009). Il gesuita si è spento lunedì mattina 2 novembre dopo la colazioneall’Aloisianum di Gallarate, in provincia di Varese. Un luogo che al sorridenteprete ignaziano – additato a torto o a ragione dai media come un «sacerdotepolitico» – rievocava gli anni della sua giovanile formazione filosofica ma checonsiderava, da quando vi era stato destinato dai superiori nel 2016, comel’ultima «sala d’aspetto», proprio come era capitato nel 2012 al suo illustreconfratello, il cardinale Carlo Maria Martini. È rimasto lucido sino alla fineed era profonda la sua devozione mariana, legatissimo all’icona Mater DivinaeGratiae (il cui affresco originale si trova a Roma nella Basilica di SantaMaria Maggiore) la cui copia cinquecentesca è presente proprio nell’infermeriadell’Aloisianum. I confratelli raccontano che «si sentiva pronto a congedarsidalla vita terrena ed era soprattutto contento che, da quando era statoordinato sacerdote nel 1958, aveva avuto dal Signore un dono speciale: l’averpotuto celebrare, ogni giorno, l’Eucaristia». Padre Sorge aveva il dono dellaparola e la capacità del grande oratore nei dibattiti grazie anche alla suapreparazione nel campo della Dottrina sociale della Chiesa: si era laureato,tra l’altro, in teologia nell’Università dei gesuiti di Comillas. Sarà proprionel 1966 il gesuita Roberto Tucci, perito al Vaticano II e futuro cardinale(«Da cui imparai – fu la confidenza a chi scrive – l’importanza di leggere igiornali, anche quelli internazionali») a chiamare il promettente gesuita a farparte del collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, di cui saràdirettore dal 1973 al 1985. Sono questi gli anni in cui Sorge si scoprirà«alfiere del magistero montiniano»: fu infatti uno dei collaboratori per lastesura definitiva della Lettera apostolica Octogesima adveniens (1971). E unruolo centrale sarà giocato da Sorge nella preparazione del primo Convegnoecclesiale nazionale della Chiesa italiana nel 1976 su «Evangelizzazione epromozione umana». In quegli anni romani intrattenne rapporti con grandipersonaggi della Chiesa del tempo: oltre che con l’amato Paolo VI (di cui anchenella sua semplice “cella” di Gallarate conserverà molte lettere autografe),con il segretario generale della Cei il vescovo Enrico Bartoletti o con icardinali Antonio Poma e Ugo Poletti (che lo nominerà esorcista per la diocesidi Roma), ad Albino Luciani (che da patriarca di Venezia lo sceglierà comepredicatore di Esercizi Spirituali nella diocesi lagunare e a cui indirizzeràuna delle sue ultime lettere appena eletto Papa) fino a Salvatore Pappalardo. PadreSorge partecipa – «sono uno degli ultimi sopravvissuti» amava ripetere – allaXXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù (1974): l’assise volutadall’allora preposito Pedro Arrupe, dove erano presenti anche Jorge MarioBergoglio e Carlo Maria Martini, che porterà i gesuiti a recepire in formaorganica gli insegnamenti del Vaticano II. Ma è con il 1985, dopo 25 anni dipresenza a La Civiltà Cattolica, che si ha la “discesa” a Palermo che cambieràla vita di Sorge: accanto al confratello Ennio Pintacuda sarà uno deglianimatori in chiave di impegno sociale per un riscatto etico e non solo dellacittà e della Sicilia dal fenomeno delle mafie. La sua intelligenza lo portavaanche ad avere una certa vis polemica e a non risparmiare critiche frutto delsuo personale punto di vista e della sua storia. Così è accaduto che padreSorge abbia espresso perplessità su alcuni tratti del pontificato di GiovanniPaolo II e su alcune impostazioni di fondo o scelte del Papa ora santo. E, dopoil suo ruolo di primo piano avuto nel primo Convegno ecclesiale nazionale dellaChiesa italiana nel 1976, ha manifestato a più riprese riserve sulla Cei e suipercorsi proposti dall’episcopato italiano non rinunciando anche a toni accesi.Uomo del Novecento padre Sorge aveva il dono particolare della preghiera edella contemplazione di fronte al tabernacolo…. «Grato di aver potuto celebrare Messa ognigiorno della vita», ha detto ai suoi confratelli dell’Aloisianum negli ultimimesi del 2020.”

Ho ripreso da Avvenirequesta lunga citazione per far capire anche ai nostri lettori era padreBartolomeo Sorge. Ma per me ( che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscerlonella primavera 1975 quando fui chiamato da Amintore Fanfani a dirigere, comeSegretario generale, L’Istituto di Studi politici superiori Alcide Degasperi inRoma ( la famosa Camilluccia) e di averlo poi come caro  amico personale, tanto da ricevere da lui,nel 1979, come regalo di nozze una splendida e rara copia della Bibbia di Salvatore Garofalo che conservo al centrodella mia piccola libreria casalinga) il dolore del lutto per  un caro amico si unisce anche a ricordiimportanti di vita ecclesiale, comunitaria locale, come quando venuto a Cortonanegli anni 1990, per una conferenza in San Domenico, assieme a mia moglie, fuisuo ospite  per quasi un’ora nelsalottino delle Suore Stimmatine di Betania, dove aveva preso alloggio per quellasua breve venuta nella nostra città, avendo il dono di un lungo colloquio sullanostra vita familiare, sui nostri figli e sul nostro matrimonio e di ricevereal termine la sua benedizione di sacerdote gesuita.

Ma soprattutto ebbi piùvolte l’onore di seguire in Roma e fuori le sue famose conferenze oltre diavere da lui il regalo di vedere pubblicata su La Civiltà Cattolica da luidiretta una recensione del mio libro “ I contadini e il vescovo” scritta dalsuo confratello e grande scrittore padre Giuseppe De Rosa. Inoltre ebbi anchela fortuna e l’onore di una intervista in esclusiva per Conquiste del Lavoroquando , nel 1992, venne a Città di Castello a parlare di Fede e Politica e delsuo libro “ L’Italia che verrà”.Intervista che qui ripubblico, come post scriptum, nella versione breveriportata nel mio libro : “Sotto il Cielodi Cortona” del 2019.  

Ciao, padre Bartolomeo! Buonastrada nelle eterne praterie della Gerusalemme Celeste , dove "possa la strada alzarsi per venirti incontro, / possa il vento soffiare semprealle tue spalle,/ possa il sole splendere sempre sul tuo viso".

Ivo Camerini

PS

A colloquio con BartolomeoSorge: “Dare un'anima etica alla democrazia italiana *

Il travagliodell'Italia di oggi è quello di una nazione unica al mondo, che dal l946 adoggi ha sempre avuto al governo la stessa classe dirigente. E, siccome ilrinnovamento deve passare attraverso la salvaguardia dell'unità nazionale, delrispetto dei diritti della persona umana, del riscatto degli ultimi e di coloroche non hanno voce, occorre un nuovo impegno politico dei cattolici italiani.Un impegno che riporti al centro delle istituzioni, del governo e dell'azioneeconomico-sociale i valori etici, morali di una politica cristianamenteispirata. Senza i valori umani e cristiani infatti la democrazia occidentalesta diventando un subdolo marchingegno al servizio dei più forti oppure sfoceràapertamente nell'autoritarismo e nel totalitarismo. Ai tanti politici che hannoperduto la bussola del bene comune della politica intesa come progettazionealta del governo della città, come dialogo con tutti e come servizio per ilprossimo, occorre chiedere di farsi da parte e di lasciare il campo a coloroche sono onesti, competenti e possibilmente cristiani. Infatti la soglia di sopportazione,di pazienza della gente comune sta oltrepassando i limiti di ogni realisticoottimismo e di tollerabilità. Di fronte ai sacrifici iniquamente ripartiti c'èil rischio di una dura e grave rivolta popolare. Come si fa, infatti, achiedere sacrifici ai cittadini quando chi governa e chi fa politica vive nellaricchezza più sfrenata ed i rappresentanti del governo smantellano lo statosociale colpendo i lavoratori, ma rimanendo ben decisi a difendere i propriinnumerevoli privilegi a partire dalle consumazioni semi-gratuite al bar ed alristorante di Montecitorio, ai viaggi, agli ingressi gratuiti, alle macchine diservizio, ai porta-borse pagati dallo Stato ed alle scorte armate

sempre più numerose,ma sempre più inutili?

Questo è quanto, inestrema sintesi, si è chiesto ed ha affermato, con tono deciso, da vero leadere "maìtre à penser" del cattolicesimo democratico italiano padreBartolomeo Sorge in un affollatissimo ed applauditissimo incontro su "Fedee politica", svoltosi a Città di Castello su iniziativa della Diocesi,delle Acli e della Cisl. Al termine dell'incontro Bartolomeo Sorge ha rispostoin esclusiva ad alcune nostre domande su “L’Italia che verrà”:

Camerini: Per l'Italia che verrà: quale ruolo per i cattolici?

Sorge: “Credo che ci sia un servizio di creatività, di testimonianza e dicoagulo con tutte le forze oneste e democratiche. Il problema è che di frontealla caduta delle ideologie l'ispirazione cristiana si manifesta sempre piùcome un supplemento d'anima per tutti; purché venga poi mediata nella sualaicità, nel rispetto della coscienza di tutti gli altri.

Ecco quindi che lasituazione che abbiamo oggi dinanzi presuppone un cristianesimo adulto. Di quil'importanza di formare uomini nuovi fra i laici. Uomini di sintesi politicache siano professionalmente validi, rispettosi della laicità, delle regoledella convivenza civile e che però al tempo stesso vivano il servizio politicocon una vera attenzione morale".

Camerini: C'è oggi un tentativo scoperto di ridividere l'Italia inricchi e poveri; c'è in atto una vera e propria politica di arretramentosociale: cosa possono fare i cattolici perché non vinca la restaurazione dell'ancienregime capitalistico?

Sorge: “Penso che questo sia già una realtà contro la quale bisognacombattere da subito. Ma questo compito di opposizione non tocca solo aicattolici. Questa è una battaglia che o vinciamo tutti assieme o non vinciamo.Si tratta, infatti, di rendersi conto dei limiti del formalismo democratico,cioè di una democrazia puramente formale e di dare un’anima etica al sistemademocratico. Certe scelte si fanno soltanto se si crede nella priorità deivalori umani. Altrimenti le regole della maggioranza (quando la maggioranza èricca e sta bene) possono essere la tomba dei poveri".

Camerini: Un grande economista ed intellettuale italiano, che hadato la sua vita per i valori della Cisl e del sindacalismo italiano, EzioTarantelli, era solito ripetere che " ... l'utopia dei deboli è la pauradei forti". Riallacciandoci a questi valori, a questa tensione eticadell'azione sindacale, non ritiene forse che è arrivato il momento, anche peril sindacato italiano, di vivere a tutto campo la propria autonomia daipartiti, la propria natura di soggetto politico autonomo che deve porsi allaguida di quella rivolta di popolo che manifestandosi già il 9 giugno 1991 si èconsolidata con il voto del 5 e 6 aprile scorso?

Sorge: “Credo che non da oggi questo è il compito del sindacato italiano;forse una certa caduta di tensione è dovuta proprio ad un modo vecchio diimpostare le questioni. Non si tratta più di tutelare gli interessi dicategoria, ma bisogna avere una visione più ampia, cioè da vero soggettopolitico, pur senza ovviamente sostituirsi al ruolo che hanno i partiti o leistituzioni, in senso politico stretto. L'Italia che verrà ha bisogno di unaforte collaborazione tra le forze sociali. Senza l'apporto del sindacato nonesce la nuova Italia.

Quindi occorre undialogo nuovo con criteri comuni di crescita e con suggerimenti anche operativinel rispetto dei singoli ruoli. Credo infatti che il sindacato sia uno diquegli strumenti privilegiati del fare politica, che però si integrano e non sisostituiscono all'opera dei partiti. Naturalmente ci vuole un po' di maturitàper farlo e la crisi attuale del sindacato è forse riconducibile a questoaspetto. Ritengo quindi che per raggiungere questo obiettivo ci sarà ancora dasudare molto”.

 ---------

 * Pubblicata su Conquiste del Lavoro con il titolo "Senzal'apporto del sindacato non nasce la nuova Italia", primavera 1992.

 

 

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