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Post n°252 pubblicato il 10 Settembre 2024 da greppjo
Da oltre un anno a Portole, sulla bella terrazza che dà sul Lago Trasimeno e a cento metri dal noto albergo-ristorante Lunghi, sono venuti a vivere i giovani aretini Jacopo Lapi e la sua compagna Giada Fusci. Jacopo, ventisette anni e Giada, venticinque anni, vivono nella bella casa di nonno Antonio Fragai e di nonna Anna Antolini, custodi doc della nostra montagna e che, a partire dagli anni 1970, quando si sposarono, hanno saputo trasformare il loro podere in una moderna azienda agrituristica. L’azienda agrituristica “Casa Montana”, infatti, ora ha trovato eredi in gamba ed appassionati e la nostra bella montagna due giovani custodi , che sapranno portare avanti molto bene il lavoro agricolo-selvicolo e il cammino economico e sociale, iniziato oltre un secolo fa dai bisnonni e, nel novecento, reso moderno e meccanizzato da nonno Tonino e da nonna Anna. Nei giorni scorsi mi sono fermato a salutare i miei amici Tonino ed Anna e, nel vedere al lavoro con loro, Jacopo e Giada me li sono fatti presentare ed ho avuto con loro una breve, ma simpatica e significativa chiacchierata. Ho chiesto loro il perché della loro scelta di venire a vivere a Portole e, tra l’altro, Jacopo mi ha detto: “ Abbiamo frequentato l'istituto alberghiero, dove ci siamo diplomati e dopo alcuni anni di lavoro nella ristorazione ad Arezzo, abbiamo deciso di trasferirci e di condurre assieme ai miei nonni l'azienda agricola di famiglia. I motivi che ci hanno spinto a fare questo cambio di vita sono stati sicuramente l'affezione per il posto, nel quale ho trascorso gran parte dell'infanzia, l'allontanamento dalla frenesia delle città e l'opportunità di dare continuità all'azienda agricola e al suo agriturismo, che i miei nonni hanno creato e condotto sino al mio arrivo e della mia compagna. Qui abbiamo la possibilità di coltivare e far conoscere i prodotti dei nostri terreni, come l'aglione e lo zafferano; disponendo di terreni boschivi produciamo legna da ardere; abbiamo un oliveto e una castagneta da cui prendiamo i frutti. A causa di alcune regole e vincoli, che sono stati inseriti in questa zona montana, l'ampliamento o la realizzazione di nuovi ed esistenti progetti è resa quasi impossibile,complicata ed onerosa, ma, nonostante questi ostacoli, vogliamo continuare a mantenere vive le tradizioni e la vita di montagna”. Jacopo è figlio di Luigi Lapi e Gabriella Fragai, figlia maggiore di Tonino ed Anna; ha una sorella che si chiama Sara. Giada è figlia di Giampiero Fusci e Sabina Garzi; ha una sorella che si chiama Isabella. A Jacopo e Giada non solo un sincero ed affettuoso “ Benvenuti a Portole !” ( rinomata località dell’antico borgo di Casale e, dal 1970 , aggregata a Borgo Tornia ) , ma soprattutto l’augurio di potere programmare la loro nuova, amata vita di montagna senza tutte quelle pastoie burocratiche e quei vincoli urbanistici e ambientali, che, se si vuole rivitalizzare la montagna cortonese, vanno rimossi e superati. “Superati al più presto, come mi hanno detto all’unisono Jacopo e Giada, altrimenti alla lunga saremo costretti a fare come tutti i giovani di quassù che sono emigrati per poter vivere senza quei lacci e laccioli burocratici,che negli ultimi trent’anni hanno reso quasi un deserto umano la nostra bella montagna, che , nei secoli passati, era stato il territorio più popoloso del comune di Cortona”. Grazie del vostro arrivo, cari Jacopo e Giada, con l’augurio che davvero vengano superati gli ostacoli che, a partire dagli anni 1990, le nostre istituzioni hanno inventato per continuare a mantenere spopolata la montagna cortonese dopo la dolorosa e traumatica emigrazione del ventennio 1960-1980. Ivo Camerini |
Post n°251 pubblicato il 22 Luglio 2024 da greppjo
La signora Liliana da quindici anni assiste, con cuore e professionalità, i nostri anziani È da più di un anno che, in Camucia ed in Terontola, mi parlano di Liliana Albu, chiedendomi di indirizzarle un pubblico grazie per il suo lavoro dibadante esemplare dei nostri anziani. Liliana fa questo delicato lavoro da circa quindici anni , cioèda quando nel 2011 arrivò in Terontola, proveniente dalle terre di Iasi, inRomania. Da quando ho avuto bisogno anch’io di badanti rumene per i miei genitori,sono molto attento e sensibile a questo argomento, soprattutto se si trattadi angeli custodi, come nel caso dellasignora Liliana. Nei giorni scorsi, finalmente, ho potuto incontrare, in Camucia, la SignoraLiliana ed ho avuto conferma che tutto il bene che si dice di lei corrisponde averità. Liliana Albu è una donna cinquantennesolare e molto gentile. Con il suoi lineamenti delicati di donna mediterranea e con il suo belsorriso empatico,che l’accompagna in ogni momento, Liliana mi haraccontato un po’ della sua storia di badante qui da noi e del suo attaccamentoa questo non facile lavoro, che lei ha svolto sempre con cuore eprofessionalità. Quello di Liliana all’inizio è stato un lavoro che l’ha messa a duraprova, ma, subito dopo il primo mese , si è calata nei panni dell’angelocustode ed ha stabilito un rapporto familiare con i suoi anziani, cercando dimettere ogni giorno in primo piano la loro voglia di vivere, la loro anima e difarli sentire sempre utili alla vita, seppur ammalati o senza più quelle forzefisiche che li avevano sorretti nel loro quotidiano di persone attive esociali. In questa sua convinzione pratica e teorica Liliana mi ricorda gliinsegnamenti avuti da Pinuccia e Maria Grazia Stellitano, che oggi consideracome delle “sorelle” e che ringrazia per la loro sincera amicizia. In questo suo non facile e delicato lavoro di badante mi ricorda poi la maestraMarisa Presentini (che considera come una zia e con cui ha stabilito unrapporto di grande affetto e che l’ha introdotta alla lettura de L’Etruria) eil preside Giustino Gabrielli, che “per me è stato come un padre putativo qui aCortona”. Inoltre Liliana, sapendo dei miei trascorsi di giovane studenteall’Università di Bucarest, mi ha regalato un suo libro di poesie scritte qui aCortona e pubblicate in Romania nel 2015. Sono poesie in versi classici, “scritte quasi tutte dinotte nei primi anni del mio arrivo in questa terra che ormai considero come lamia seconda patria. Centocinquanta poesie , dettate dal mio cuore dolente e intumulto in un momento particolare di dolore familiare, che ho dedicato alle miecolleghe rumene badanti in Italia , che , come me, si dedicano a questo lavorocon cuore e professionalità”. Poesie che, seppur scritte tutte in rumeno, ho potuto leggere velocemente eche mi hanno riportato alla memoria la poesia di Miahi Eminescu e quella del classicismo europeo dello sturm und drang. Questa raccolta si intitola “ Libera di volare” ( in rumeno Liber sa zbori, cfr. foto collage) e narrano di una donna che canta al suo uomo di voler essere una madre,un angelo del focolare, una donna lavoratrice e non una pavonessa. A Liliana Albu ( Trifu in arte poetica) un pubblico grazie per il suo lavoro di badante, peraver scelto di vivere nelle terre cortonesi, dove da poco ha acquistatoanche casa, ma soprattutto per questo suo libro, che ce la consegna comepoetessa e come donna dal cuore buono, che si dedicherà ancora a lungo conil sorriso all’assistenza dei nostri anziani. Nel salutarmi, Liliana mi ha accennato a questa sua scelta di viveredefinitivamente qui da noi come cortonese, anche se forte è la nostalgia( la nevoie) per la sua bella Romania. E allora unsincero benvenuta in Camucia anche dal nostro giornale e soprattutto un auguriodi continuare sempre a volare nel mondo della poesia e nell’umanità deisentimenti. Vola libera, Liliana! Vola sempre nel ricordo bello delle tue nonnineassistite, della maestra Presentini, che ti ha fatto conoscere L Etruria, delgrande professor Giustino, " un babbo putativo", come lo haichiamato tu anche quando pochi mesi fa è partito per la Casa del Padre. Volanel ricordo bello delle tue amiche-sorelle Maria Grazia e Pinuccia. Ivo Camerini |
Post n°250 pubblicato il 07 Ottobre 2023 da greppjo
Il sette ottobre di qualche anno fa ( gli anni dei bei fiori non si dicono mai ) nasceva, nel lontano Brasile, la bella e affascinante Sandra De Jesus, che oggi vive felicemente nelle terre di Valdichiana e del Trasimeno. A Sandra, donna grande lavoratrice, intelligente e con tanti interessi sociali e culturali oltre quelli economici della sua attività quotidiana nel ristorante del figlio, gli auguri di un compleanno umbro/toscano pieno di felicità e serenità sulle sponde del Lago Trasimeno, dove familiari ed amici le faranno, con amore ed amicizia, la grande festa del suo compleanno 2023. A Sandra, donna leader dei diritti delle brasiliane in Italia, anche gli auguri più cari e d'ogni bene del nostro giornale, di cui è un affezionata lettrice, assieme a quelli miei personali. (IC) |
Post n°249 pubblicato il 10 Settembre 2021 da greppjo
Si parla molto oggi di donne e soprattutto del dramma delle donne in Afganistan alle quali il nuovo governo ha dato l’ordine di stare in casa , di non studiare, di non lavorare e di attenersi al solo fare figli. Allora voglio rendere omaggio ad una persona in gamba, intelligente, bella e buona della nostra montagna cortonese e nata circa settant’anni fa quando anche nella nostra società locale le donne erano trattate con gli stessi protocolli ed oscurantismo medievale odierno riesumato nella vulgata coranica dal lontano stato asiatico, tornato dal 14 agosto sotto il governo dei talebani. La persona di cui brevemente voglio raccontarvi, cari lettori, è la professoressa Antonella Ottanelli, figlia di Romano e di Stella Lunghi. Nata nella Valle del Minimella, tra la Pieve di Falzano e l’Aiola, Antonella fu bimba vispa e gioiosa nella società agreste di quello spicchio di terra cortonese ai confini con l’Umbria ed educata alla modernità dai suoi splendidi, amati genitori. Poi fu adolescente in Cortona dove frequentò le medie, e quindi , dopo essersi trasferita nella nuova casa di Portole, il ginnasio e il liceo. A Portole abitò anche nel tempo universitario pur trascorso principalmente in Firenze e in Varsavia, dove si laureò in Lingue e si specializzò anche in "lingua e letteratura polacca". Negli anni 1970 fu infatti la prima donna laureata della nostra montagna cortonese e, sul finire di quegli anni si trasferì definitivamente in Firenze, dopo essere convolata a nozze con il suo Ermanno, venuto da fuori a rapirla ai tanti corteggiatori cortonesi e fiorentini. Mamma di tre splendidi figli, Antonella vinse il suo concorso da professoressa e per oltre quarant’anni è stata una stimata e impareggiabile educatrice in quel di Campo Bisenzio e dintorni, intessendo altresì relazioni culturali e scambio scolastici con la grande Francia e con la sua amata Polonia. Da qualche anno vive in pensione a Firenze , ma talora si concede qualche visita alla sua natia Cortona arricchita da lunghe passeggiate salutari tra gli ameni boschi di Casale e Portole, dove ha ancora la fortuna e l’onore di godere di affetti sinceri, cordiali e armoniosi da "swan song". Naturalmente per Antonella questo "swan song" non ha niente a che fare con il famoso, mitologico “canto del cigno”, ma, senz’altro, con un’altra primavera della sua appasionata, densa e fruttuosa vita di donna montagnina cortonese. Ad maiora, cara Antonella, figlia importante e dolce della Valle del Minimella. Ivo Camerini |
Post n°248 pubblicato il 12 Maggio 2021 da greppjo
Un bel racconto neoromantico trovato su di un foglio abbandonato in treno. Accadde tutto inaspettatamente, quando alla fermata di Tiburtina Lara appena salita e di ritorno dal lavoro andò a sedersi nell' unico posto libero davanti a Jurij, anche lui di ritorno dal lavoro, ma salito al capolinea di Termini. Il bel sorriso , la figura delicata e bella come solo le bionde russe sanno essere, i modi gentili ed educati del saluto di circostanza fatto da Lara nel sedersi furono subito un fulmine a ciel sereno per Jurij Andrej . Jurij sentì subito una grande piacevole rivoluzione assalirlo, quasi che avesse davanti a sé la Lara rediviva del film Dottor Zivago, che in gioventù aveva affascinato l'ormai maturo e indaffaratissimo professionista . Subito pensò a conoscerla e a scambiare due parole con lei. Chiuse il giornale che stava leggendo e, dicendo che lo aveva letto, lo offrì a Lara, che, con un grande sorriso, lo accettò. Jurij si mise a scrivere qualcosa per lavoro, ma nelle gallerie tra Fiano ed Orte il suo sguardo cadeva sempre sulle belle gambe di Lara e sulla sua pancia asciutta da ventenne e ben fasciata dai fusò neri. A Orte quasi tutti scesero e Jurij e Lara rimasero soli cominciando a scambiarsi sguardi di simpatia. Dopo la fermata della stazione di Attigliano Lara restituì il giornale ad Jurij, dicendo che alla prossima fermata sarebbe scesa. A Jurij prese una fitta allo stomaco e preso il coraggio a due mani disse che l' indomani avrebbe preso lo stesso treno e se lei voleva si potevano scambiare il numero di cellulare. Lara sorrise ed accettò. Il tempo di registrare i numeri e il treno si fermò. Jurij accompagnò Lara alla porta di uscita e le strinse fortemente la mano al petto in segno di amicizia vera. Lara contraccambiò. Nel dirsi arrivederci , promisero di mandarsi un messaggio. Jurij, tornato al suo posto in treno, dove sarebbe rimasto ancora per più di un ora, le mandò subito un breve messaggio in rumeno scolastico ( Lara parlava bene questa lingua perché era della regione Moldava) e, complimentandosi per la sua bellezza, chiese se poteva inviare liberamente messaggi, lasciandosi sfuggire il classico: "cu iubire", cioè " con amore". Inviato il messaggio, Jurij pensò di averla fatta grossa e di aver rovinato anche l' amicizia. Invece, dopo dieci minuti, arrivò la risposta tanto desiderata : " Grazie. Scrivi pure a qualsiasi ora. Mi fa piacere. Con grande simpatia". Da quel momento passarono alcuni giorni di messaggi e parole romantiche, che sconvolsero sia Jurij che Lara, che per motivi di lavoro o famiglia non riuscirono più ad incontrarsi. Jurij però una mattina decise di alzarsi alle quattro e di prendere il treno delle cinque per portare un buongiorno di persona a Lara che sarebbe salita sullo stesso treno per Roma, ma alle sei e trenta. La sorpresa di Lara, all' ingresso nel vagone, fu così piacevole che si ritrovarono abbracciati senza saperlo e dopo un po' , trovato uno scompartimento vuoto, avvinghiati in un bacio appassionato e senza fine. Per tutta l' ora di viaggio fino all' arrivo a Tiburtina furono carezze e baci inebrianti nella solitudine di quel vuoto scompartimento, che fu testimone di un amore improvviso e travolgente, quasi da ritorno ai loro diciotto anni. Scesi a Tiburtina presero al volo e di corsa un cappuccino con la promessa di sentirsi a mezzogiorno e di organizzarsi per stare due ore assieme, prima di rientrare più tardi a casa la sera con la scusa di impegni di lavoro straordinario. Si ritrovarono poi la sera, verso le sei, in un albergo di metà tragitto ferroviario, dove rimasero fine alle venti, giusto in tempo per riprendere l’ultimo treno per casa. Furono due ore di paradiso e di ritorno alla adolescenza. In quella stanza di albergo della vecchia Etruria goderono del famoso"cielo in una stanza". Nel salutarsi alla stazione, prima di salire ciascuno nel proprio treno, si promisero di passare una serata e una notte assieme in Roma. Ma la promessa non poté essere mantenuta. Dopo pochi giorni da quelle due ore di paradiso scoppiò la pandemia e il terribile, duro lockdown, che durò per tutta la primavera di quell’anno e sconvolse tutto, mettendo fine ad un amore impossibile, date anche le nuove circostanze di Juri, che, con il terrore Covid, aveva lasciato tutti i lavori su Roma per dedicarsi a tempo quasi pieno alle proprie questioni familiari. Questioni che si alzarono come una cortina di ferro tra Jurij e Lara, che invece voleva fare uscire dalle catacombe questo amore scoppiato come un fulmine a ciel sereno. Jurij le chiese di non sacrificare almeno la bella amicizia, ma Lara rifiutò, intimando ,con un messaggio che fu molto doloroso per lui, di non cercarla “nemmeno più per una telefonata”. Jurij tentò più volte di riallacciare almeno il rapporto di amicizia, ma alla fine, con il cuore a pezzi, rinunciò anche a telefonarle. Una storia d’amore da film neoromantico russo? No; una storia vera d’amore impossibile di lavoratori pendolari nell’ Italia di inizio XXI secolo raccontata in un foglio abbandonato sul treno per Roma e da me trovato in un recente viaggio di lavoro alla capitale d’Italia. Naturalmente resto a disposizione per la restituzione del manoscritto qualora qualcuno leggendo ritenga essere suo. Ivo Camerini |
Post n°247 pubblicato il 10 Marzo 2021 da greppjo
Il mostro maledetto ci ha tolto un altro caro amico: Alberto Cangeloni, noto e amato giornalista sportivo di Cortona e della Valdichiana. Alberto Cangeloni è stato un grande giornalista, un pioniere del giornalismo televisivo locale e rimangono mitiche le sue prime trasmissioni sportive per Linea Uno e Teletruria. Conosciutissimo da tutti gli sportivi cortonesi, Alberto era una persona speciale, di quelle rare con cui ogni tanto la vita ti concede di entrare in amicizia e con cui parlare, educatamente e con stima reciproca, di tutto. Ho conosciuto Alberto nei lontani anni 1970 e primi 1980, quando eravamo pendolari su Roma ( lui lavorava all’Aereonautica militare a Roma) e ci si trovava alla mattina presto in stazione. Era un piacere prendere un caffè con lui e scambiare opinioni “de universo mundo”. Dialoghi che spesso riprendevamo a tarda sera, quando ci si ritrovava sul treno nel viaggio di ritorno da Roma. Ricordo il suo dolore e la sua serenità cristiana quando la morte gli strappò tragicamente la figlia sedicenne, allieva presso l’Itc Laparelli, dove io insegnavo. Il suo dolore di babbo cristiano e credente all’antica fu prezioso non solo per me e i miei colleghi professori , ma per tutta la comunità cortonese. In questi ultimi anni (io sono in pensione da tre anni e mezzo) ci siamo visti spesso la mattina presto per qualche caffè al mio bar- circolo culturale di Camucia, dove era sempre attento e partecipe intelligente "discussant" delle nostre chiacchierate politiche, che poi ricommentava con ironia e tanta simpatia appena pubblicate su L’Etruria. Ci si vedeva spesso per strada in Camucia. Da un mese circa non l’avevo più incontrato, ma dal suo parente Mario avevo saputo, proprio pochi giorni fa, che stava meglio e che aveva sconfitto il mostro. Aspettavo, come tanti altri amici, il suo ritorno per andargli a fare visita. Invece ieri sera tardi la terribile , dolorosa notizia della sua morte. Una morte che mi addolora, come se avessi perso un familiare. Condoglianze cristiane ai familiari e ai parenti tutti. Ciao, caro Alberto! Che la terra ti sia lieve. Soprattutto: Buona strada nelle eterne praterie della Gerusalemme Celeste , dove "possa la strada alzarsi per venirti incontro, / possa il vento soffiare sempre alle tue spalle,/ possa il sole splendere sempre sul tuo viso". Ivo Camerini |
Post n°246 pubblicato il 24 Gennaio 2021 da greppjo
Il sogno di Lavagnini, di Bistarelli ed altri cortonesi può e deve essere ripreso per continuare a volare nel cielo di Cortona e della Valdichiana. Cent’anni fa nel gennaio 1921 nasceva il Pci anche a Cortona.
Il sogno di Lavagnini, di Bistarelli ed altri cortonesi del 1921 può e deve essere ripreso per continuare a volare nel cielo di Cortona e della Valdichiana. Gli storici ormai hanno riconosciuto che quella del partito comunista cortonese ed italiano è una storia diversa rispetto a quella sovietica e che tutto sommato fu una vera e propria anomalia del socialismo nazionale ed europeo dell'Italia novecentesca. A cent'anni di distanza dalla nascita del Pci al Congresso di Livorno del gennaio 1921 anche gli a-comunisti e, in parte gli anticomunisti, possono darne un racconto pacato e quasi da storytelling come ormai si usa fare anche nelle sedi accademiche. Adoperiamo allora per questo interessante racconto le poche fonti cortonesi disponibili. Rileggendo l’Etruria del 1921 troviamo queste parole che G.L.Passerini dedica al nascente partito politico dei comunisti italiani in quell’inverno di cent’anni fa : “Ben vengano,dunque,conserte tra i rami di pacifico olivo e di lauro vittorioso, falce e martello: e siano insieme segno di volontà tenace e di solerte energia, affermazione di ideale e forza, di diritti umani ma anche di umani doveri , conforto ne’ buoni propositi di fratellanza e di amore , ammonimento a chi contro a que’ propositi osasse di opporsi.” Sia ben chiaro: queste parole Passerini le inserisce nel suo editoriale come arte retorica per respingere l’idea comunista e il mito della Rivoluzione sovietica del 1917, che sta facendo proseliti anche da noi. Ma le riporto perché sono testimonianza di un clima sociale, dove la lotta alle ingiustizie sociali ed economiche veniva avvertita anche dalla borghesia e da quella proprietà agraria, che, in gran parte, ormai stava finanziando l’opera politica del socialista Mussolini, che, nel 1919 a Milano, aveva fondato il Partito nazionale fascista. Nella stessa Etruria e nell’Azione democratica di Carlo Nibbi (a Cortona in tutto il Novecento, tolto il ventennio della dittatura fascista, abbiamo tanti fogli di libera discussione democratica) sempre si dà la notizia , seppur in termini molto essenziali, che al Congresso socialista di Livorno del 15-21 gennaio 1921 ha partecipato anche un delegato socialista cortonese, che abita e vive a Terontola. La notizia di cronaca ci dice inoltre che questo delegato di cui, per ovvi motivi, non si fa il nome, “ abbracciò il comunismo e ritornato a casa con sé comunistizzò anche tutta la sezione di Terontola”. Questa notizia di cronaca è, dal 1981, una bella storia che in pochi conoscono e che rispolvero volentieri per i nostri lettori, avendola già resa nota in quell'anno , nel mio libro “ Il Pci cortonese: 1921-1946”, pubblicato su invito dell’amico Ferruccio Fabilli, allora sindaco di Cortona. Si trattò di una interessante ricerca storica sulle origini del Partito comunista a Cortona, che feci volentieri nella mia veste di professore di storia e di cattolico democratico impegnato nel sociale e, per l’alba di un mattino, anche in alcuni ambiti di militanza politica. Mi costò l’espulsione, infatti, dalla Dc, da cui però, senza che i miei amici ne volessero prendere contezza, mi ero già allontanato dopo la tragedia dell’assassinio del presidente Aldo Moro, di cui ero giovane amico ed allievo in Roma e per la cui salvezza poco fece la direzione nazionale democristiana nonostante l’estremo tentativo del suo amico Amintore Fanfani, che nei giorni di aprile e nei primi di maggio si schierò apertamente con l’azione di trattativa iniziata da Craxi, da alcuni socialisti e da alcuni esponenti del mondo cattolico. Ma questo è un altro discorso e ritorno subito a quei mesi invernali del 1921 quando, in una piccola capanna contadina di Terontola, allora sezione del partito socialista, questo ferroviere cortonese ritorna comunista da Livorno e converte tutti gli iscritti al Pci di Terracini e Gramsci, creando la prima “cellula” di comunisti che poi si allargherà a Camucia e a Chianacce, dove Valdarnini e il contadino Bistarelli, nel 1926, con l’emanazione delle leggi speciali del fascismo che abolirono i partiti politici anti fascisti, saranno protagonisti clandestini della bandiera rossa della falce e martello cortonese. Una bandiera che riemergerà poi maggioritaria e ed egemone negli anni 1946-1948, quando prenderà il governo del Comune tenendolo ininterrottamente fino ai primi anni 1990, allorché nasce il Pds. Un partito che poi, nel 2008, con la convergenza di socialisti, di cristiano-sociali, di cattolici del Ppi e liberaldemocratici della Margherita accetta il Pd sognato da Veltroni, Marini, Rutelli ed altri. In quel Pd convergono i sogni italiani novecenteschi dei diritti umani, della liberazione dalle ingiustizie , dalla subalternità sociale ed economica, della eguaglianza tra le persone, tra gli uomini e le donne d’Italia. Oggi , ma forse già dal 2016, quel sogno naviga in brutte acque, sballottato tra i marosi della globalizzazione selvaggia e sembra che stia sul punto di affondare nel dramma parlamentare venuto fuori dai risultati delle elezioni del 18 marzo 2018 e in questi ultimi mesi incartarsi nel dolore nazionale ed europeo dovuto alla pandemia Covid-19. Tra l’inverno e la primavera del 1921 a Cortona il clima politico è molto incandescente per via delle elezioni politiche che si svolgono nel maggio. Grandi discussioni politiche impegnano i cortonesi e i chianini di allora, che sono coinvolti anche nei primi episodi di violenza squadristico-fascista, come nel caso dei fatti di Renzino dove morirono contadini e fascisti aretini andati colà in spedizione punitiva e che segnarono i prodromi di quella guerra civile che poi sarebbe esplosa dopo l’otto settembre 1943. Tra le poche cronache di quei mesi invernali del 1921 ne riassumo tre. Le prime due sono de L’Etruria. Una è dedicata al furto della bicicletta di “tale Arsenio Frati di Monsigliolo, consigliere comunale social-comunista” cui il furto “ metterà alla prova la fede comunista, visto che la proprietà è un furto”. L’altra è invece dedicata ad un comizio tenuto da “ un certo Tarozzi, venuto a Cortona a predicare il verbo di Bombacci” , accolto dai socialisti unitari “gentilmente con una salve di fischi” e con il quale “ il buon Vannuccio Faralli ha tenuto in tono molto sentimentale un breve contraddittorio”. Un altro articolo di cronaca lo troviamo invece nel giornale “ La parola repubblicana” che invece parla di questa prima conferenza pubblica dei comunisti cortonesi in maniera più documentata e circoscritta: “ una conferenza comunista si è tenuta a Cortona nei locali della Camera del Lavoro. L’oratore Leonardo Tarozzi ha parlato sul tema 'Il comunismo e il momento attuale' e nel dibattito è intervenuto in contraddittorio per difendere la posizione dei socialisti unitari e riformisti Vannuccio Faralli”. L’estensore dell’articolo commenta che il Tarozzi, arrivato per illustrare il programma e l’azione dei comunisti italiani costituitisi al recente Congresso socialista di Livorno, in realtà ha solo fatto “un comizio apologetico della rivoluzione russa”. Un altro articolo ancora de L'Etruria viene dedicato ai comunisti di Renzino rei, secondo tale Franco l’articolista filofascista, di avere teso “ una feroce imboscata ad alcuni fascisti aretini che tornavano da una pacifica gita di propaganda nei paesi della Valdichiana”. Per la verità storica questi squadristi erano stati a distruggere i locali della Camera del Lavoro di Renzino, dove i contadini chiedevano il rispetto e il rinnovo dei patti agrari concordati nel 1920. E comunque, per tutta quella violenza scatenatasi vicino alla chiesetta di Renzino, divenne capro espriatorio Bernardo Melacci, che era solo un giovane contadino comunista di quella frazione foianese e che con l’avvenimento dello scontro aveva poco a che spartire, in quanto non presente, ma che per tali fatti fu condannato a trent’anni di reclusione. Nel libro sopracitato, oggi quasi introvabile e ormai una vera rarità per bibliofili, pubblicai un breve saggio di Giustino Gabrielli su Spartaco Lavagnini, ferroviere socialista e comunista cortonese immigrato a Firenze, che fu sindacalista e comunista non solo dei ferrovieri, ma anche dei ' barrocciai" e per questa sua attività ucciso dai fascisti il 17 febbraio 1921. Ed inoltre pubblicai una mia intervista a Sante Bistarelli, che in quegli anni venti viveva alle Chianacce (poi nel secondo dopoguerrra mondiale si trasferì a Tuoro, dove fu anche sindaco), che mi raccontò anche il suo essere stato comunista membro della prima cellula clandestina del Pci cortonese. Così Bistarelli mi raccontò la vita dei primi comunisti cortonesi nei difficili anni 1920 e 1930. “ Divenni comunista nei primi anni trenta e feci questa scelta per combattere il fascismo e lottare assieme ad altri per riconquistare le libertà soppresse con le leggi dittatoriali del 1926. Ci si riuniva clandestinamente in posti diversi della Valdichiana , nei dintorni di Camucia. In queste riunioni clandestine ebbi i primi incontri con il compagno Ricciotto Valdarnini , responsabile del Pci a Camucia e nel cortonese. Io non conoscevo la rete clandestina del Pci cortonese ed aretino , ma solo il Valdarnini che, come propaganda, ci passava libri di marxismo e di antifascismo. Talvolta numeri clandestini de L’Unità e anche alcuni libri di autori democratico-socialisti di fine ottocento e primo novecento . Ricordo di aver letto La Madre di Grazia Deledda e L’Idiota di Dostojeski. Insomma eravamo comunisti che più che la rivoluzione russa si sognava l’uguaglianza tra le persone, la dignità sociale ed economica di tutti gli italiani esclusi dal sistema borghese e capitalista”. Ecco, quel sogno di Bistarelli è ancor oggi vivo e necessario,soprattutto davanti a questi mesi di pandemia covid-19, dove il lusso italiano, europeo e mondiale è cresciuto del venti per cento e dove , secondo i dati statistici del consuntivo 2020, i ricchi hanno avuto guadagni del quarantacinque per cento in più rispetto all’anno 2019. Il sogno democratico e socialista di Lavagnini, di Bistarelli e di quei primi comunisti cortonesi di cent’anni fa , credo proprio che possa essere ripreso e , coniugato con quello evangelico di Papa Francesco di “Fratelli tutti”, possa essere fatto ancora volare in alto nel cielo di Cortona, della Valdichiana e d’Italia, visto che in Europa e nel mondo la globalizzazione selvaggia sta cercando di imporre a tutti i popoli la tragica, barbarica ricetta del capitalismo selvaggio e del consumismo usa e getta. Ivo Camerini |
Post n°245 pubblicato il 22 Gennaio 2021 da greppjo
Davanti ai ‘governicchi’ meglio le elezioni. Come tutti sappiamo nell’Italietta di fine ottocento e più precisamente degli anni 1976-1987 il Governo fu presieduto, salvo due brevi interruzioni, da Agostino Depretis che distrusse l’allora neonato sistema parlamentare bipartitico all’inglese e suddiviso in destra e sinistra. Infatti, da esponente dell’allora Sinistra, fece i suoi governi aggregando singoli esponenti degli altri partiti della Destra e, tramite i favoritismi più disparati e la concessione di potere locale ad esponenti dell’economia regionale e territoriale, governò l’Italia per quasi un decennio accumulando debiti su debiti, arricchendo i ricchi e impoverendo i poveri. La strada intrapresa oggi dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per uscire dalla crisi innescata dall’ex-presidente Matteo Renzi (al di là dei riti e delle parole scagliatesi contro senza ritegno alcuno dai due protagonisti e dai loro supporters nelle aule del Parlamento) sembra quasi volersi ispirare alle pratiche parlamentari ottocentesche del Depretis che tanto danno arrecarono alla democrazia italiana e al sistema economico del nostro paese. Un governo che affida le sue sorti ai Ciampolillo, ai peones della destra mastellata e ai voltagiubba, che futuro potrà avere davanti ad un’Italia che in questi tristi mesi della pandemia coronavirus vede addirittura code per mangiare alle mense della carità, quasi come negli del dopo seconda guerra mondiale? Secondo me nessun futuro. Anzi, forse, onta e riprovazione davanti ai cittadini più attenti ai valori democratici ed etici del vivere , della costruzione dell’oggi e del domani nazionale ed europeo, che quasi sicuramente useranno la prima occasione di voto per sistemare le cose e far pagare pegno ai partiti che sostengono il presidente Conte così come già avvenne nel 2013 per quei partiti che nel 2011 si immolarono sull’altare del professor Monti. Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno di riforme condivise a partire da quella che deve tagliare gli artigli alla soffocante burocrazia, padrona ormai dei destini dei cittadini lavoratori e dei cittadini imprenditori, fino a quella elettorale che deve ridare al popolo la possibilità di ridisegnare i confini di un recinto democratico comune entro cui operare e risconoscersi, sia per la maggioranza che governa sia per l’opposizione che controlla. I problemi sorti con il risultato elettorale del 18 marzo 2018 non si risolvono con i governicchi trasformisti e dei favori a tizio , caio e sempronio per avere voti mercenari che possono servire a tirare a campare ma certamente non a salvare l’Italia dall’assalto internazionale alla sua industria e al suo benessere costruito nel Secondo Novecento. E’ mai possibile caricare sui giovani e sulle future generazioni la restituzione dei prestiti del recovery found o del mes, impegnando quei soldi nei bonus, negli acquisti assurdi come i banchi a rotelle , nei ristori ai più forti, nelle ‘sinecura’ del reddito di cittadinanza? Io credo proprio di no e i debiti vanno fatti solo nello sviluppo che crea ricchezza e porta guadagni tali da dare certezza di poter restituire i soldi avuti a prestito. Una terza via dello spendere i debiti certamente non esiste, anche perché avrebbe vita breve sotto l’attacco duro e cinico dei mercati che con l’arma dello spread ci farebbero fare la fine della Grecia. Insomma, è mai possibile caricare sulle spalle dei giovani e delle future generazioni un debito pubblico che ormai è salito al 160 ed oltre del Pil? E’ mai possibile che nessuno trovi che i cento dieci miliardi spesi a debito nel 2020 , che gli altrettanti miliardi messi a debito per il 2021, che i duecento circa miliardi del Recovery found siano un pesante fardello che fa avvicinare il paese a quella terribile cifre dei tremilamiliardi di debito pubblico che potrebbe davvero fare degli italiani e delle italiane nient’altro che carne da macello per i mercati internazionali e per ‘lor signori’ della globalizzazione selvaggia? Oggi, se in questo Parlamento non c’è una maggioranza organica che possa esprimere un Governo forte che abbia una strategia chiara e vincente per costruire il buon avvenire dei prossimi dieci anni dell’Italia oppure se non c’è la forza e la capacità politica di mettere in piedi un governo di unità nazionale che sappia far valere le ragioni degli italiani in sede europea ed internazionale, meglio il voto senza se e senza ma. In una situazione di logoramento politico , di teatrino dei voltagiubbe, a rischio ci sono la democrazia, la convivenza civile, pacifica della Repubblica e la rottura del patto costituzionale siglato nel 1948, già oggi abbastanza lacerato. Ivo Camerini |
Post n°244 pubblicato il 16 Gennaio 2021 da greppjo
Il ricordo di Camilli e Mancinelli, due suoi amici ternani, "complici" delle sue battaglie sindacali a favore dei lavoratori chimici e della solidarietà internazionale.
In quella cosiddetta "Terza Italia" del fare, tanto amata e sognata dalla politica laburista dei democristiani alla Fanfani, Moro, Zaccagnini e dai cristiano sociali alla Pierre Carniti, Ermanno Gorrieri, Pietro Scoppola e Roberto Ruffilli, cioè della promozione di una nazione che vedeva nella provincia il motore del proprio futuro economico, sociale e civile, c' è stato un cislino ravennate, che ha lasciato un segno importante con la sua vita spesa a servizio dei lavoratori chimici italiani, della solidarietà internazionale senza se e senza ma. Quel cislino si chiama Gianni Pozzi, nato a Ravenna il 4 dicembre 1936 ed ivi morto prematuramente il 30 dicembre 2007 a causa di un male incurabile. In questi mesi di inizio 2021 il suo amico, ex-senatore della Repubblica, Aldo Preda ha iniziato a raccogliere materiale per scrivere un libro su questo sindacalista della Cisl della Terza Italia, che anch'io ebbi il piacere di incontrare e conoscere sul finire degli anni 1980 e primissimi anni 1990, quando ebbi l'onere e l'onore di essere un dirigente dell' USR-Cisl dell'Umbria, come membro della segreteria regionale. Conobbi Gianni Pozzi in varie manifestazioni sindacali del Centro Italia, in vari convegni di discussione e riflessione politica, ma soprattutto grazie all'amicizia che egli aveva con la Flerica umbra e in modo particolare con i dirigenti dei chimici della Cisl di Terni: Natale Mancinelli ed Ennio Camilli. Due colonne dei valori antichi della Cisl di Pastore, Carniti e Marini che, con Pozzi, furono non solo colleghi di un impegno sociale e sindacale territoriale della Terza Italia, ma anche appassionati rappresentati nazionali della categoria dei lavoratori chimici associati alla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori. Agli amici Ennio e Natale (che, oggi, nonostante il dramma pandemico del Covid-19 che sta dando il colpo di grazia anche all'intera industria chimica italiana , sono pensionati attivi nella Lega ternana della Fnp-Cisl) ho chiesto un ricordo di questo santo maggiore della Cisl che i giovani di oggi non conoscono e che invece chi di dovere dovrebbe ricordare assieme ai tanti che in tutta Italia nel Secondo Novecento seppero radicare, fare grande il sindacato democratico, dell'autonomia dai partiti e che fu un forte, decisivo mondo vitale delle istituzioni repubblicane nell’Italia del terntennio 1970-2000. Ennio Camilli, che con l'amico Gianni condivideva non solo la passione sindacale cislina ma anche l’amore per la famiglia tanto che ha raccontato la sua vita di sindacalista nel bel libro autobiografico "Io, bigamo" ( cioè sposato con la moglie e la Cisl), edito nel 2017, così ricorda il collega cislino ravennate. "Conobbi Gianni Pozzi - mi dice l'amico Ennio, oggi responsabile dei pensionati cislini di Montoro e tra l'altro anche fedele custode del sepolcro in terra umbra del grande Pierre Carniti - negli anni fine 1970. Divenimmo amici anche perché assieme a Mancinelli fu un grande compagno delle nostre lotte operaie nel Polo Chimico di Nera Montoro dove io ho vissuto, lavorato e sposato la Cisl. Lo conobbi tramite l’amico Natale Mancinelli ed ogni volta che passava per Terni si fermava sempre a pranzo a casa mia e a far due chiacchiere sul futuro dell’Italia , anche se non avevamo riunioni sindacali. Gianni era un sindacalista cislino all’antica, una persona vera di quelle che credono e vivono il sindacato come famiglia, come scelta di vita. La sua morte prematura mi addolorò molto ed oggi plaudo di cuore a coloro che a Ravenna stanno facendo memoria di questo dirigente sindacale e politico di grande spessore, di grande umanità e che ha speso tutta la sua vita in favore dei lavoratori chimici e della solidarietà tra i popoli. Era , come me , un grande amico e seguace di Pierre Carniti, della sua visione sindacale e delle sue battaglie per l’Italia del lavoro e dei lavoratori ”. Natale Mancinelli, figura storica dei chimici cislini ternani e poi leader e segretario nazionale della Flerica- Cisl, che Pozzi sponsorizzò nella segreteria nazionale, fu con Gianni fu un valoroso cavaliere della battaglia sindacale carnitiana per un'industria chimica intesa come progresso e sviluppo della cosiddetta "Terza Italia" e ricorda il suo amico ravennate con una memoria inviatami per mail e che qui di seguito pubblico integralmente. Scrive Natale Mancinelli: : " Ho un ricordo nitido, esaltante ed anche commovente dei miei contatti con Gianni Pozzi. La prima volta che lo incontrai fu presso la sede Asap di Roma (sindacato della controparte per le aziende chimiche a partecipazione statale) in occasione del rinnovo contrattuale delle aziende chimiche di Terni (Alcantara e Terni chimica). Pozzi a quei tempi era il segretario provinciale della Federchimici-Cisl di Ravenna e in quella occasione si avvicinò e mi disse: ‘caro Mancinelli, dobbiamo lavorare insieme, perché in Italia ci sono solo due province dove la Federchimici-Cisl è maggioranza rispetto alla Cgil, Ravenna e Terni, e si trovano in due regioni dove comanda la sinistra’. Gianni era un sindacalista saggio e capace. I lavoratori prendevano la tessera della CISL perché il nostro sindacato era efficiente e non guardava le etichette politiche dei lavoratori. Gianni era un cattolico impegnato nel sociale. Personalmente lo stimavo molto anche perché nei momenti caldi del polo chimico di Nera Montoro è stato sempre al mio fianco. Il suo impegno nel sindacato lo portava a stare sempre in prima fila nel sostenere anche lo sviluppo diretto nella cooperazione. Tanto è vero che a Ravenna riuscì ad aprire una cooperativa per la vendita dei prodotti alimentari dando molto fastidio perché fissava prezzi più bassi rispetto alla concorrenza privata. Successivamente mise in piedi un laboratorio che affrontava il problema dell’inquinamento ambientale e aziendale e l’iniziativa fu molto apprezzata anche da molte aziende locali. Infine mise in piedi, con tutte le norme di legge, la cassa mutua nella quale i lavoratori iscritti versavano del denaro che veniva reinvestito con tutte le garanzie assicurando ogni anno ottimi risultati. Il denaro che si ricavava serviva a pagare ai soci interessi più alti rispetto a quelli che pagavano le banche. Il sottoscritto, essendo socio, ogni anno veniva invitato a partecipare alla riunione per approvare il bilancio. Quando Pozzi andava a Roma spesso si fermava a Terni. In una di queste occasioni ha conosciuto il caro amico Ennio Camilli con il quale è entrato subito in sintonia apprezzando il lavoro che Ennio svolgeva per la tutela dei lavoratori soprattutto nel campo delle malattie causate da fattori aziendali (amianto, etilene, in particolare). Di fatto ogni volta che sentivo Gianni mi diceva: mi raccomando, sostieni e saluta il mio amico Ennio. Ed ora mi soffermo su una pagina particolarmente importante. Insieme a Pozzi ho fatto parte di una delegazione della Federchimici che andò in Polonia per sostenere il nascente sindacato Solidarnosc. Al nostro arrivo siamo rimasti colpiti dal dramma che viveva la popolazione: i negozi erano vuoti, non c’era più nulla sul piano alimentare da acquistare perché gli unici negozi aperti erano soltanto quelli dove si poteva comprare pagando con i dollari. Davanti a quei negozi (soprattutto forni), ammesso che fossero aperti ed era cosa rara, si formavano lunghe file (vedi foto) perché la gente aveva fame e non c’era nulla da mangiare. Siamo rimasti in Polonia cinque giorni. Alla nostra partenza Pozzi ci ha comunicato che restava qualche giorno ancora per parlare con il vescovo di Danzica e con i parroci che aiutavano Solidarnosc per concordare possibili aiuti, in particolare inviando prodotti alimentari e beni di prima necessità, come sapone e dentifricio, prodotti che in Polonia in quel periodo erano introvabili. Purtroppo tre giorni dopo ci fu il colpo di stato del generale dell'esercito Jaruzelski. Pozzi venne arrestato e portato all'aeroporto. Prima di spingerlo sull'aereo fu costretto a lasciare alla polizia tutto il denaro che aveva. Un anno dopo Pozzi grazie, all'aiuto della Chiesa, riuscì a portare prima a Ravenna poi a Roma (con tappa a Terni) quattro sindacalisti polacchi (ndr: cfr, una parte della foto di corredo). Anche in questa occasione Gianni mi disse: salutami il mio amico Ennio. Pozzi, dopo 12 anni da segretario provinciale, lasciò la segreteria della Flerica-Cisl in quanto lo statuto, fatto approvare da Carniti nel 1981, prevedeva due mandati, ma rimase nel consiglio generale Flerica nazionale. Con lui sono rimasto sempre in contatto e ci incontravamo spesso a Roma. Lui non mi ha detto nulla, ma so con certezza che ha sostenuto la mia candidatura alla segreteria nazionale. Nel 2006 Gianni si ammalò e venne ricoverato in ospedale. Volevo andare da lui ma mi disse: come guarisco ci vediamo. Poi in data 29 dicembre 2007, alle nove di sera, la figlia mi chiamò e mi disse: papà sta bene, ti vuole fare gli auguri. Mi passò Gianni e lui con la normale voce di sempre mi fece gli auguri di buon anno. La mattina dopo , il 30dicembre 2007, mi telefonò la figlia dicendomi: papà è morto, è volato in cielo. A lui penso spesso, perché è stata una grande persona ed un grande sindacalista. Insieme abbiamo lavorato per il nostro sindacato e devo amaramente ammettere che purtroppo oggi quel sindacato non esiste più. Poveri lavoratori. Ed anche Gianni, da lassù, son sicuro che sta guardando con sconcerto questo momento del sindacato italiano e della nostra Cisl”. Grazie, Ennio e Natale per questa vostra memoria attiva dell’amico Gianni pozzi. Un amico che ricordo anch’io come un santo maggiore della nostra Cisl.Una Cisl che, assieme a voi, mi auguro possa tornare presto alle divisioni ideali dei tempi di Tesi Uno e Tesi Due , quando cioè la dialettica democratica interna guidata da quei due giganti sindacali, che rispondono ai nomi di Pierre Carniti e Franco Marini, fecero del sindacato nuovo, fondato da Giulio Pastore, il protagonista principe del cambiamento italiano dei decenni 1960- 1990. Nella foto di corredo , alcuni momenti di vita sindacale di Gianni Pozzi in immagini conservate dai suoi amici ternani Ennio Camilli e Natale Mancinelli. Ivo Camerini (Copyrigth “Libertasindacale” e “L’Etruria”) |
Post n°243 pubblicato il 10 Gennaio 2021 da greppjo
Durante la scorsa estate ho incontrato per le strade di Cortona il mio caro amico romano Giovanni Guerisoli in visita alla nostra città, dove, da giovane, fu protagonista di molte perfomances sportive nella Camucia-Cortona, famosa gara in salita di auto sportive. Avendolo avuto come amico vero nella Cisl (dapprima quando ero nella segreteria regionale della Cisl Umbria e lui era in quella della Cisl del Lazio e poi come referente amministrativo nella segreteria nazionale della Confederazione quando ero direttore dell’ASN-Cisl) non mi sono lasciato sfuggire l’occasione per una essenziale intervista a questo cislino di livello nazionale ed ex-presidente del Civ-Inail, anche se ora vive da felice pensionato sui colli romani. In attesa di alcune fotografie di corredo per questa intervista, che mi ha inviato solo in questi giorni, avevo già trascritto in ottobre la nostra chiacchierata per Libertasindacale ed ora mi fa veramente piacere pubblicarla per i lettori dell’Etruria . Ecco qui di seguito le mie domande e le sue risposte. D. Puoi riassumerci il tuo curriculum vitae civile e sindacale, naturalmente in maniera molto essenziale? R. Sono nato a Roma il 20 luglio 1944 . Mi sono diplomato nel 1962 ed ho avuto la fortuna di vincere subito una borsa di studio alla ACEA (Azienda Municipalizzata di energia , gas ed acqua ) di Roma ed al termine sono stato assunto in pianta stabile il 9 marzo 1964 . Ho continuato gli studi universitari e mi sono laureato alla Sapienza di Roma in economia e commercio con una tesi sulla nazionalizzazione del servizio elettrico , relatore il professor Federico Caffe'. La mia grande passione di quegli anni giovanili e' stata lo sport automobilistico, in particolare le corse in salita come la vostra Camucia-Cortona cui ho partecipato più volte. In Toscana ho partecipato anche alla Saline Volterra - Volterra ed al piccolo Mugello. Nel 1970 vinsi anche un campionato italiano all' autodromo di Pergusa, nella categoria granturismo di serie. Negli anni successivi ho dovuto smettere essendo diventata la partecipazione troppo onerosa dal punto di vista finanziario. Tornato a tempo pieno in azienda mi sono iscritto al sindacato Flaei Cisl, diventandone il segretario Regionale nel 1977 per passare in segreteria regionale della Cisl del Lazio nel 1981 . Eletto Segretario Generale del Lazio nel 1991 ad ottobre del 1994 sono entrato in segreteria confederale , con la delega di Segretario Amministrativo e di Responsabile dei Servizi agli iscritti ed in questa veste ho organizzato la prima Conferenza Nazionale sui servizi nel 1995 a Napoli . Dopo il congresso del 1997 mi e' stata affidata la delega della contrattazione e successivamente ,con la elezione di Savino Pezzotta , quella dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro . Uscito nel 2002 dalla segreteria ,per la scadenza del doppio mandato , ho ricoperto successivamente l'incarico di Presidente del Civ dell'Inail dal 2004 al 2009 e successivamente quello dell'Ipsema fino al suo scioglimento nel 2011 a seguito della riforma degli Enti Previdenziali realizzata dal Ministro Tremonti. Durante il mandato Confederale ho ricoperto diversi incarichi legati alle deleghe svolte , in particolare nei c.d.a. di Assimoco , Edizioni Lavoro , Unitas, Unionvita, Finlavoro, Sindnova, Eustema . Nel 2002 ho partecipato alla costituzione del primo Fondo italiano interprofessionale FONDIMPRESA, assumendo la carica di Vice Presidente e definendone , in accordo con il Presidente indicato da Confindustria ,Benito Benedini , la struttura di direzione tutt'ora funzionante. Terminata l'esperienza degli Enti previdenziali dal 2008 al 2013 ho ricoperto la carica di consigliere di amministrazione della Università San Pio V di Roma e quella di Assessore alle Attività Produttive del Comune di Grottaferrata dal 2011 al 2013 . Dopo una breve esperienza come A.D. dello Ial Lazio srl , mi sono interessato essenzialmente di formazione professionale come responsabile delle Attività relazionali della Società Sintesi spa, fino al 2015. Negli anni 2017 e 2018 sono stato amministratore unico del Consorzio LTF e Presidente del CdA del Consorzio Intese, sino al dicembre del 2018 . Attività che mi vede ancora impegnato , se pur in misura ridotta ,fino ai nostri giorni. Attualmente ricopro la presidenza di una societa' sportiva dilettantistica, la Basket Company. D. Grazie, ma ci racconti in maniera dettagliata il tuo incontro con il sindacato e in particolare con la Cisl, illustrando le motivazioni ideali e culturali che ti hanno portato alla tua scelta di fare il sindacalista cislino? R. Dopo la parentesi sportiva mi sono dedicato con maggiore impegno all'attivita' lavorativa in ACEA. In quel tempo l’Acea era un’azienda pubblica ed un ambiente particolarmente politicizzato nel qual fare sindacato senza influenze dai partiti poteva rivelarsi complicato e questo determinò la mia scelta originaria di iscrivermi e fare attivita' con il sindacato autonomo Faile-Cisal . Contattato dai dirigenti della Flaei-Cisl di allora , dopo aver avuto assicurazioni sulla loro volontà di operare autonomamente dal partito che allora dominava la politica romana ( la Dc aveva quattro rappresentanti su 7 nel Cda di Acea, compreso il Presidente ) nel 1971 ho aderito alla Flaei, avviando così la mia militanza nella Cisl. Sono stati quelli anni di grandi interesse perché fare sindacato in ACEA, conservando la propria autonomia non era facile. Soprattutto in un sindacato largamente maggioritario ( in azienda i nostri iscritti superavano quelli della Cgil e della Uil messi insieme) e con i partiti che non rinunciavano ai loro tentativi di condizionare l'azione delle rappresentanze aziendali. Anche i nostri congressi risentivano della presenza nel Cda delle diverse anime della DC ( ben quattro, uno per corrente) e non e'stato facile conservare un ruolo autonomo e rivendicativo. A quei tempi la composizione degli organismi era determinato da un meccanismo per cui la lista vincente prendeva i 4/5 dei componenti mentre alla seconda lista spettava 1/5 . Anche il rapporto con la segreteria nazionale non era idilliaco visto che la Flaei era guidata da Luigi Sironi , uno dei principali leaders con Sartori della componente che faceva riferimento a Scalia e che si opponeva alla ipotesi di unita' sindacale mentre la Flaei dell 'Acea e' sempre stata con la componente unitaria, che faceva riferimento a Pierre Carniti . Comunque assieme a i miei amici siamo riusciti alla divisione in Tesi uno e Tesi due. A sopravvivere ai condizionamenti partitici e nel 1977, in un mitico congresso regionale a San Martino al Cimino (VT), addirittura fui eletto segreterio regionale a danno degli amici dell'Enel , allineati sulle posizioni della flaei Nazionale che non gradi' certamente l'esito congressuale creandomi non pochi problemi con l'Enel , che tuttavia superammo poi positivamente. D. Quelle motivazioni di impegno sindacale sono ancor oggi attuali nella tua vita di pensionato che si è ritirato sulle colline laziali? R. Ricordo con cuore vivo le battaglie portate avanti in Acea per ridurre la piaga degli appalti sia nel settore idrico, quando assorbimmo in ACEA il servizio svolto dalla Società Acqua Pia Antica Marcia , a quel tempo proprieta' del Vaticano, sia per togliere al Monte dei Paschi di Siena il servizio di tesoreria dell’azienda. La trattativa per il passaggio dei lavoratori della Tesoreria fu particolarmente complicata, perché per la prima volta venni in contatto con una rappresentanza sindacale articolata in sette componenti . Il successo finale di quelle lotte è una pagina di grande storia cislina e unitaria. Le motivazioni per fare sindacato anche d pensionato sarebbero assolutamente le stesse di allora , solo se mi fosse permesso di dare un contributo. Purtroppo la Federazione dei pensionati non e' come quella che ho conosciuto ai tempi di Chiappella e di Melino Pillitteri. Ho dato piu' volte la mia disponibilità, ma non sono mai stato coinvolto in alcuna iniziativa. Nel mio territorio c’è un sindacato inesistente che si accontenta di fare proseliti esclusivamente attraverso l'attivita' del Caaf e del Patronato Inas, senza alcun ruolo nelle politiche sociali del territorio . D. Tu sei stato un esponente importante della Segreteria nazionale della Cisl negli anni di Sergio D'Antoni . Ci puoi raccontare quegli anni e , in particolare, qualche cosa di decisivo che caratterizzò la Cisl di fine Novecento ed inizio Duemila? R. Negli anni a cavallo della fine del secolo il sindacato italiano e la Cisl in particolare e' stato protagonista a tutti i livelli dell'affermarsi delle politiche concertative . E' cresciuta conseguentemente una generazione di sindacalisti attenta alle problematiche presenti sui diversi territori nella consapevolezza che , accanto agli obiettivi delle piattaforme di categoria, realizzate essenzialmente con il rinnovo dei contratti di lavoro , si dovesse concentrare l' attenzione al confronto con le istituzioni per migliorare la qualita della vita dei nostri iscritti . Questo determinò un fiorire di piattaforme su temi come la sanita' e le politiche sociali , l'ambiente i trasporti le politiche occupazionali ed un conseguente rafforzamento del ruolo delle USR (Unioni Sindacali Regionali ) in un sindacato come la Cisl che è nata come Confederazione di categorie. Questo fu possibile e favorito dai nuovi ruoli delle Regioni che faticosamente cercavano una loro legittimazione e quindi erano , in genere , molto favorevoli alla apertura di tavoli specifici sulle materie di loro competenza. Con D’Antoni , a livello nazionale, la politica di concertazione divenne realtà istituzionale ed il sindacato si affermò come soggetto politico . Questo processo ebbe conseguenze anche nelle dinamiche interne influendo sui delicati equilibri sui quali si basa il governo di strutture complesse come il sindacato a cui sono iscritti milioni di lavoratori e , talvolta , mi chiedo se questo però non abbia contribuito ad indebolire il rapporto con i lavoratori . Negli anni della segreteria generale di Sergio d'Antoni l'affermarsi delle politiche concertative, tuttavia, pose il sindacato di fronte ad un forte rischio nei rapporti con la base; quello cioè di essere considerato responsabile dell'affievolirsi dei successi delle politiche rivendicative sacrificate sull'altare della “ responsabilità” concordata ai tavoli con il Governo nei quali venivano decisi i parametri della politica economica nazionale. Dal dibattito partecipato ed appassionato che interessò l'organizzazione a tutti i livelli emerse l'idea lanciata dal Segretario Generale , ma caldeggiata da tutta la segreteria, di favorire la nascita di una struttura pre-politica esterna alla Cisl per salvaguardarne l'autonomia della Confederazione , come sede per realizzare l'incontro con altre organizzazioni , almeno quelle idealmente piu' vicine ai nostri principi ( esempio: Acli , Coldiretti , Confartigianato . Confcooperative ) con le quali definire strategie comuni. Sergio, tuttavia , condizionava la realizzazione della Fondazione ( questa sarebbe stata giuridicamente ) al consenso unanime di tutta l'organizzazione ma , verificato in un esecutivo convocato ad hoc, che non tutti erano d'accordo la Fondazione uscì dal dibattito politico-sindacale della Confederazione e prese un’ altra strada. In tema di concertazione fece scalpore la grande manifestazione della Cisl del 20 Ottobre 1999 contro la Finanziaria predisposta dal governo D'Alema ,che sancì la fine di una lunga stagione di unità sindacale in quanto Cofferati e Larizza ritennero il Governo D’Alema un Governo amico. Venticinquemila militanti della Cisl sfilarono per le strade di Roma e riempirono il PalaEur per ascoltare le parole del suo Segretario Generale. Parole che sancirono la fine della stagione unitaria con Cgil e Uil e l'apertura di un cammino di forte competizione tra i sindacati con la Cisl che si candidava ad essere il motore della riorganizzazione delle forze sindacali del paese. Ma nel duemila D’Antoni lasciò la Cisl per fondare Democrazia Europea. Si candidò al Parlamento e fu eletto, anche se in certo momento del 1999 era stato proposto come Vicepresidente del Consiglio e Ministro dell’Industria proprio nel Governo del dopo D’Alema. D. Un' ultima domanda : invia un breve messaggio ad un giovane che oggi voglia avvincinarsi ed entrare nel sindacato e nella Cisl. R. A questo ipotetico giovine consiglierei di guardarsi allo specchio per chiedersi se veramente voglia impegnarsi nella difesa delle libertà e dei diritti sindacali e se per fare ciò sia disposto a sacrificare famiglia e carriera, soldi e tempo libero. Se la sua risposta è un sì, allora le consiglio vivamente di associarsi alla Cisl. Nella foto di corredo ,Giovanni Guerisoli in una gara d’auto sportiva in salita . Ivo Camerini |
Post n°242 pubblicato il 29 Dicembre 2020 da greppjo
Il 2021 sarà l’inizio dell’era dei felici e connessi? No, cresceranno nuove masse di diseredati ed oppressi.
L’anno nuovo in arrivo sarà davvero l’anno zero di una svolta epocale dell’umanità? Di una umanità che entra felice e contenta nell’era del digitale del “grande vecchio” al comando e dei cosiddetti schiavi felici e connessi? In molti, ai livelli alti del governo globale dei destini del mondo, ci lavorano di brutto e nei loro cuori, cinici e di pietra, ci scommettono alla grande, sicuri di essere i nuovi padroni di un governo globale della terra che, ormai , quasi inconsapevolmente, si sta affidando ai tanti “Gamba di legno”, che hanno preso possesso delle stanze là dove “si puote ciò che si vuole”. Ma il peggio è che per arrivare a realizzare i loro disegni di potere questi Gamba di Legno, che manovrano nell’ombra i governi degli ex-stati nazionali, sembra che adoperino anche una pandemia mai vista sulla faccia della terra. Una pandemia che diffonde il suo virus misterioso in ogni strato della popolazione, ma con letalità quasi sempre rivolta agli strati sociali più anziani e poveri delle varie nazioni , ormai ridotte a semplici aree geografiche di un governo mondiale, che, di fatto, risponde alle cordate di intelligence e non più al volere dei singoli popoli. Insomma, questo nuovo anno tanto atteso per ritornare alla vita normale del passato rischia davvero di essere l’anno zero dei poteri riservati e sconosciuti, che stanno chiudendo nelle loro mani i destini del mondo umano? E’ una ipotesi con validi fondamenti. L’anno nuovo in arrivo potrebbe infatti aprire l’era dei nuovi schiavi, del mondo nuovamente diviso in diseredati ed oppressi da una parte e dall’altra privilegiati ed oppressori. E allora, perbacco, servono ribelli per amore e per osare più democrazia e più libertà. Subito, senza se e senza ma, bisogna impedire che crescano nuove masse di diseredati,di oppressi, cioè di nuovi proletari. Infatti, trent’anni fa, ma ancora vent’anni fa, all’inizio della diffusione di Internet, nessuno si aspettava questa evoluzione dittatoriale in doppio petto dei padroni del web. Ma nel 2020, con l’accelerazione dello spostamento della vita dalle strade, dalle piazze, dalle chiese e dai posti di ritrovo agli schermi dei tablet, degli smartphone, dei pc e delle tv, il vivere con la testa dentro il web è realtà quasi fatta, anche se ancora,per nostra fortuna, non totalizzante e militarmente organizzata. Mentre tutte le persone normali attendono l’anno nuovo come liberazione dalla pandemia covid-19, in troppi invece sembra che lavorino e brighino per rendere la rivoluzione del mondo 4.0, digitale e senza storia, il pane quotidiano dei nuovi schiavi inconsapevolmente felici e connessi, ma purtroppo controllati, oppressi e ascoltati da quel nuovo Echelon, che si chiama G5 e che,ormai, nulla a che vedere con il P415 Lockheed del 1974 e poi,negli anni 1990, strutturato negli accordi Ukusa dei famosi Cinque Occhi come documentato e rivelato da Edward Snowden nel 2013. Secondo “lor signori” , il nuovo farmaco degli ex-cittadini del nuovo mondo sarà infatti il Super-Internet del G5, con nuovi social sempre più "mascalzoni", dai profitti milionari ed esentasse. I loro occhi elettronici, ormai non più “cinque”, ma moltiplicati in qualche miliardo, saranno in ogni casa e le app-governative,utilizzando anche il bisogno e la fame di elemosina dei nuovi bisognosi,avranno la possibilità di controllare tutti i dati personali dei cittadini, senza nemmeno che i singoli consumatori se ne accorgano o se ne rendano conto. Ma forse non è detto che tutto vada secondo i desiderata di ‘lor signori’. Infatti la parola “farmaco” ha un duplice significato ( in greco “farmacon” significa sia “cura” che “veleno”) ed è molto probabile che i tanti Gamba di Legno, oggi manovratori dei governi nazionali, possano anche trovarsi davanti ad una ribellione del popolo. Una ribellione pacifica e democratica, cioè, che si opporrà alla loro sicumera di progresso piegato al potere della loro parte riservata ed oscura. Di un progresso senza Dio e senza dignità umana i cittadini veri,infatti, non sanno che farsene e troveranno senz’altro la forza per riprendersi in mano i loro destini nazionali e rimandare nella foresta le varie troike che vorrebbero chiudere in un buco nero la storia delle nazioni. Brexit docet! Inoltre, a chi serve un mondo dove i diritti umani vengono negati a tante, troppe persone e , in particolare, a milioni e milioni di uomini e donne, cristiane,religiose e credenti nell'umanità? Risposte certe a questi interrogativi ipotetici oggi non ci sono e, allora, si dirà: perché queste riflessioni così pessimistiche sul futuro dell’umanità, nonostante la speranza del vaccino che la scienza sta già distribuendo per vincere la pandemia? Ma, innanzitutto, perché rimane davvero oscuro il senso dell’uso politico della pandemia fatto in quasi tutto il mondo. In secondo luogo perché le nuove propagande che, nei giorni di fine 2020, i media hanno preso a fare in merito all’uso delle video-chiamate tra familiari, assieme all’elogio dell’uso della dad, all’asserimento della bontà educativa sui bambini piccoli dei cartoons dolci, che fino al 2019 venivano considerati un pericolo patologico in quanto sostitutivi delle carezze materne e familiari, non si sa dove vogliono andare a parare. Infatti, direbbero li romani di una volta: elogio de che? Una video-telefonata può salvare la vita, ma di certo non vale una carezza o uno sguardo d’amore. Cioè, quegli atti umani la cui origine si perde nella storia dei secoli passati e che, da sempre, viene riservato ai propri cari,soprattutto nelle circostanze più dolorose? Tutti abbiamo letto dei casi di disorientamento , di chiusura in se stessi, di perdita della parola , di angoscia per il senso di un abbandono affettivo inspiegabile e inspiegato che hanno patito gli ammalati in questi mesi. E ora le tante propagande delle video-chiamate e degli affetti via web fanno davvero rabbrividire. Un cartoon dolce e smielato vale le carezze di una mamma al proprio bimbo in età evolutiva ed infantile? Suvvia! Tutti questi elogi delle carezze web, degli abbracci web,insomma, a me sembrano molto sospetti e propagandati ad altri oscuri fini di potere e dominio sulle singole persone e comunità non allineate al progetto della globalizzazione selvaggia e del “vinca il più forte”. Tutto questo magnificare che le amicizie oggi si fanno e si rompono sui social, sul web , a me puzza tanto di affare losco e di voglia di dominio del mondo. Per secoli e secoli le carezze e gli abbracci sono stati il sale dell’umanità: possibile che oggi si rinneghino a tal punto che vengano dipinti come malefici e sconsigliati anche tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle? Auguriamoci davvero che questa situazione sia solo temporanea legata al 2020 della pandemia. A me sembra tanto una cosa triste ed orribile una società senza contatti e costretta ad amarsi via web. Sarò pessimista e affascinato dal mito di Cassandra? Spero di no. Da innamorato della cultura classica e dell’umanesimo cristiano, però,sono sicuro che la gente comune, il popolo oggi tanto bistrattato e ingiuriato ,in questo nuovo anno 2021, possa trovare tanti ribelli per amore che facciano deragliare nel burrone della storia il carro trionfale di ‘lor signori’ che vogliono distruggere le nazioni e i loro ideali cristiani. Nonostante tutto e tutti,come amava ripetere il mio amico Pierre Carniti, “io resto un uomo della speranza” e, in questo senso, auguro di cuore a tutti coloro che,ancora, vogliono osare più democrazia,libertà e giustizia sociale: Buon Anno Nuovo! Cioè, auguri di un 2021 che riporti, tra gli uomini e le donne della terra: la tenerezza, il sorriso degli occhi, i baci della bocca, la bontà della gentilezza e l’amicizia di una stretta di mano e di un abbraccio. PS: Naturalmente,speriamo che nel 2021 qualcuno ci chiarisca e dia spiegazioni sull’introduzione dello “Stato primo etico” in Italia e su quella misteriosa frase che uscì di bocca, negli ultimi giorni di dicembre 2019, ad un ministro del Governo Conte Due, quando, in una conferenza stampa, difese la finanziaria“lacrime e sangue” del 2020, dicendo che non si poteva fare altrimenti perché “ci aspettano due anni terribili e di grandi sacrifici”. Io pensai a una qualche“guerrata mondiale”. Forse quel ministro aveva la sfera di cristallo e conosceva già la tragedia della pandemia covid-19 ? Ai posteri, purtroppo,la non facile risposta. Per quanto riguarda il mio periodo di riposo sabbatico dallo scrivere,cari amici lettori, se Dio vorrà, la mia risposta invece arriverà nella prossima estate. Ivo Camerini |
Post n°241 pubblicato il 22 Dicembre 2020 da greppjo
Caro Gesù Bambino, giorni fa ho ritrovato alcune brevissime letterine che ti scrivevo quando ero bambino alle elementari pluriclasse della montagna cortonese e in cui ti chiedevo, tra l’altro, di darci una bidella come ce l’avevano i nostri coetanei, così da smettere di portare a scuola tutte le mattine un pezzo di legno e di aiutare la maestra a pulire l’aula. Sai soprattutto per noi più piccoli delle prima classe era un po’ duro star dietro ai più grandi della quinta e della sesta. Sì della sesta perché allora, negli anni 1950, non essendoci mezzi di trasporto sia in montagna sia campagna, l’obbligo scolastico di proseguire alle scuole di avviamento al lavoro per noi ragazzini di montagna non esisteva . Rileggendo quelle faticate ed incerte righe,mi è venuto il desidero di scriverti nuovamente anche se i capelli sono ormai quasi tutti bianchi. Quest’anno sarà dura per Te venire al mondo nella tua Capanna di Betlemme. Ti auguro di farcela e di portare pace , fratellanza e libertà ancora una volta. Ma non è scontato! Sono tempi molto difficili non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Il mondo nuovo che, approfittando del Covid, lor signori i capitalisti stanno organizzando,infatti non ammette più le piccole dimore con la stanza per gli animali. Lor signori i neocapitalisti stanno spazzando via la piccola società del mondo antico contadino e, in quello nuovo della digitalizzazione senza storia, ti hanno preparato solo qualche angolino da arredo nei supermercati o nei loro palazzi del potere. Un angolino luccicante, ma con scadenza ravvicinata e comunque aperto a termine; al massimo con preavviso di rimozione entro i trenta giorni. Un po’ come avviene con i lavoratori dipendenti a somministrazione o delle piccole imprese a partita Iva forfettaria che ormai aprono e chiudono come le porte dei famosi saloon del Far West ottocentesco. Insomma, lor signori del mondo neocapitalista 4.0 Ti hanno ridotto ad arredo commerciale e urbano e a me piacerebbe tanto che in questo Natale 2020 Tu girassi alla larga da quei posti del profitto e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo in cui i nuovi padroni del mondo Ti costringono a nascere. Magari venissi a nascere solo nelle poche chiese riamaste aperte in Italia e nel mondo martoriato dalla pandemia! Una pandemia strana che sta facendo più ricchi i ricchi, più poveri i poveri e che sta distruggendo il ceto medio che crede nel lavoro, nella fatica quotidiana e nell’onestà della vita fatta di piccole cose, di sentimenti,di valori religiosi ed umani. Quei sentimenti e valori per cui Tu duemilaventanni fa scegliesti, venendo a nascere in una grotta di pastori per iniziare la tua opera di Salvatore del Mondo. Dopo duemilaventanni nella notte del solstizio d’inverno 2020 è tornata a farsi vedere nel cielo d’Europa la scia luminosa che volle salutarTi ed annunciare ai Re Magi ( i sapienti di allora) la tua nascita. Io mi auguro tanto che questo segno porti all’annuncio di buone nuove per gli italiani, gli europei e tutti i cittadini del modo. Ma Ti chiedo che in questa notte del 24 dicembre 2020, quando celebreremo la tua nascita, di portarci il buon annuncio di un mondo nuovo senza coronavirus e soprattutto di un ritorno al mondo cristiano del passato. Porta la guarigione a tutti gli ammalati di Covid-19 (e sue varianti), portaci cure e vaccini sicuri per tutti e non solo per coloro che hanno il portamonete gonfio , ma soprattutto porta amore e fratellanza nei nostri cuori di pellegrini terreni in cammino verso la Gerusalemme Celeste. Un’ultima cosa: porta anche un po’ di sale in zucca ai troppi politici odierni che governano l’Italia , l’Europa e il mondo solo per tornaconto personale e di quello dei neocapitalisti. Salva le nostre “ Piccole Patrie” , le vite dei piccoli agricoltori, dei piccoli negozianti, dei piccoli impresari, dei piccoli lavoratori del commercio, della distribuzione e del tempo libero, dei piccoli professionisti come i medici e gli insegnanti. Insomma dà una mano ai tanti che alla 'sine cura' di un reddito di cittadinanza preferiscono la libertà del darsi da fare , di trovarsi un lavoro dignitoso che permetta loro di portare a casa il pane quotidiano per la famiglia. I noltre , se ci riesci, mandaci dei nuovi politici e sindacalisti di quelli che stanno sempre con il popolo, che fanno tutt'uno con chi è subalterno e non si sognerebbero mai di fare comunella con i padroni. Poi , se ci riesci, puoi telefonare a “Sara di Tim, di Wodafone, Enel, di Anonima Società,etc...” dicendole di non chiamarci più a tutte le ore con le sue proposte e offerte americanate last-minute, che ci fregano da numeri sconosciuti e criptati, senza nemmeno la possibilità di un giorno di ripensamento. Se ci riesci, passa anche dai direttori dei tg delle tv nazionali e spiega loro che la pandemia Covid-19 non è uno spettacolo da vendere o da usare per un terrorismo mentale che non ebbe riscontri nemmeno nel sociologismo volgare di pavloviana memoria negli anni dello stalinismo o del minculpop del ventennio fascista. Spiega loro e al governo che il Covid-19 è una questione sanitaria e che le cure, checi sono, devono essere fornite a tutti senza distinzione di censo o di classe sociale e che l’assistenza sanitaria pubblica è un diritto e non una regalia di lor signori. Ma lasciamo perdere queste richieste al limite del consentito.Come ben sai, caro Gesù Bambino, sono tanti i bisogni e le cose che mancano in terra in questo nostro difficile tempo di pandemia,utilizzata come una terza guerra mondiale, ma una cosa vorrei chiederTi. Riporta un po’ di socialismo antico almeno in Italia, e se non lo vuoi chiamare socialismo cristiano, dacci un po’ di giustizia sociale, un po’ di fratellanza un po’ di libertà dalla dittatura in doppio petto di lor signori del profitto economico e della burocrazia statale , che tutto norma senza buonsenso e criteri di equità. Certamente dipende da noi tutti conquistarci una Repubblica libera e democratica che sappia osare solidarietà e progresso, ma ormai in giro c’è molta rassegnazione e in troppi se ne stanno zitti e subalterni per paura del peggio. Se mi permetti, allora, a proposito di nuovi subalterni ed esclusi, vorrei segnalarti alcuni passi della bella 'predica' fatta da Camillo Prampolini a Natale 1897. Aiutaci a diffonderla e farla capire agli esclusi di oggi, a coloro che non hanno voce politica, perché affranti dal bisogno e dalla subalternità sociale ed economica. Soprattutto aiutaci a diffondere e far capire questi passaggi gridati ai contadini di Reggio Emilia in quella notte del Natale 1897: “ Amici, Gesù era profondamente convinto che gli uomini fossero tutti figli di uno stesso padre celeste: Dio; e Dio egli lo concepiva come un essere infinitamente giusto e buono. Ora, come mai – egli si domandava – come mai esistono nel mondo tante ingiustizie? Come mai gli uomini sono divisi in ricchi e poveri, in padroni e schiavi? Come mai vi sono gli Epuloni viventi nel lusso e i Lazzari tormentati dalla più crudele miseria? È possibile che Dio – il padre infinitamente giusto e buono – voglia queste inique disuguaglianze tra i figli suoi? No – egli pensava – evidentemente queste disuguaglianze derivano solo dall’ignoranza e dalla malvagità degli uomini. Dio non può volerle. Certamente,Dio le condanna. Certamente, Dio vuole che gli uomini vivano come fratelli –distribuendosi in pace e giustizia la ricchezza comune – e non già vivano comelupi in lotta l’uno contro l’altro, godendo gli uni della miseria degli altri. Dunque– diceva Gesù ai suoi compagni – noi dobbiamo far guerra a questo doloroso e brutto regno dell’ingiustizia in cui siamo nati; noi dobbiamo volere,fortemente volere il regno della giustizia, dell’uguaglianza, della fratellanza umana, perché questo è il regno che Dio vuole fra gli uomini; noi dobbiamo persuadere i nostri fratelli che esso è possibile e non è un sogno. Dobbiamo trasfondere in loro la nostra fede, e il “regno di Dio” si avvererà.... Questo,o lavoratori, questo era il pensiero, e questa fu la predicazione di Cristo.Uno dio profondo per tutte le ingiustizie, per tutte le iniquità, un desiderio ardente di uguaglianza, di fratellanza, di pace e di benessere fra gli uomini;un bisogno irresistibile di lottare, di combattere per realizzare questo desiderio – ecco l’anima, l’essenza, la parte vera, santa ed immortale del cristianesimo....” Ed ancora: “Se i lavoratori dei campi e delle città si daranno la mano; se avranno fede nella giustizia; se comprenderanno che gli uomini sono uguali e che per conseguenza nessuno ha diritto di dirsi padrone di un altro e di vivere a spese altrui, ma tutti hanno l’obbligo di prendere parte al lavoro necessario alla via di tutti; se per vivere umanamente – cioè per diventare liberi, per non aver padroni e godere insieme l’intero frutto delle loro fatiche – i lavoratori, invece di vivere isolati e di farsi concorrenza,metteranno in pratica il precetto di Cristo: Amatevi gli uni cogli altri siccome fratelli, e formeranno dovunque le loro organizzazioni; allora, davanti alla loro crescente e sempre più capace organizzazione, le ingiustizie sociali scompariranno come si dileguano le tenebre dinanzi al sole che nasce. E sorgerà così il mondo buono e lieto della solidarietà umana agognato da Cristo, il “regno di Dio”. Lavorate a farlo sorgere, o lavoratori! Se non per voi, fatelo per i vostri figli; i quali –poiché li generaste – hanno bene il diritto che voi vi adoperiate in ogni modo,affinché non siano essi pure costretti a vivere la vita misera e serva che da secoli voi vivete. Unitevi, organizzatevi! per voi, per le vostre donne, pei vostri bambini; per la difesa dei vostri più indiscutibili diritti; per la redenzione doverosa della vostra classe! Per voi e per tutti, o lavoratori,abbiate fede nel bene, sappiate volerlo, – sorgete, lottate perché la giustizia sia!” Ed inoltre: “Lo disse Gesù istesso nel suo famoso ‘Discorso della Montagna’. ‘Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perciocché saranno saziati’! ‘Beati coloro che son vituperati e perseguitati per cagion di giustizia!’ Prendete a guida della vostra vita queste parole, o amici lavoratori, e voi sarete....socialisti. Sì, voi sarete con noi, voi lotterete tutti al nostro fianco,perché noi socialisti siamo oggi i soli e veri continuatori della grande rivoluzione sociale iniziata da Cristo. Siamo noi ‘gli assetati di giustizia’.Siamo noi che, in nome dell’uguaglianza umana leviamo alta un’altra volta la bandiera dei poveri, dei diseredati, dei piccoli, degli umili, degli oppressi,degli avviliti, dei calpestati! Siamo noi che – innalzando un inno al lavoro produttore d’ogni ricchezza – annunziamo ai ricchi padroni del mondo il trionfo immancabile e il regno dei lavoratori; noi che ci sforziamo ad affrettare questo regno; noi i ‘vituperati e perseguitati per cagion di giustizia’ ”. Insomma, portaci presto un po’ di sano socialismo antico che quello praticato o propagandato oggi dagli oppositori del neoliberismo è nient’altro che abiura e tradimento degli ideali,della bandiera socialista e cristiana. Ivo Camerini |
Post n°240 pubblicato il 19 Dicembre 2020 da greppjo
La intricata, ma appassionante vicenda di due giovani mercanti italiani alla conquista dell’Oriente nel magmatico XIV secolo della grande crisi economica,sociale e civile dell’Europa medioevale, nel nuovo romanzo di Spartaco Mencaroni.
E’ un romanzo molto articolato , a narrazione lenta ed insieme rapida che si dipana per oltre quattrocento pagine quello pubblicato nel mese di novembre 2020 dal giovane medico cortonese Spartaco Mencaroni. S’intitola “ L’ombra delle rose” ed è uscito circa un mese fa per i tipi di Intermedia Edizioni . Ha già avuto buoni, positivi riscontri di critica e di attenzione sulla stampa e nei social. Il nostro giornale lo ha presentato ai lettori in anteprima già il primo novembre scorso. Ora , dopo averlo letto e gustato con piacere, allo stesso modo di quando da ragazzi si andava alle veglie invernali della nostra società contadina toscana di una volta, cerchiamo di darne una essenziale recensione che ci auguriamo possa invogliare altri lettori ad acquistarlo. Soprattutto a leggerlo in questo tormentato tempo di pandemia Covid-19 e a farne regalo ad amici e parenti per un 2021, che, senz’altro, sarà di svolta e di ripresa della nostra vita sociale e civile, nonostante le briglie tirate del neoliberismo capitalista. L’intricata, avventurosa ed appassionante vicenda di due giovani mercanti italiani (Marco e Duccio ) del milletrecento che tentano di far fortuna e soldi andando alla conquista del mitico Oriente disvelato in Genova, proprio sul finire del 'Dugento', dal Milione di Marco Polo, percorre tutte le quattrocentoventiquattro pagine di un romanzo, che affascina ed inchioda il lettore ad un racconto, che mescola sapientemente verità storica e finzione narrativa, riproponendo gli insegnamenti di quei valori umani, come l’amicizia e l’amore familiare che l’odierno imperativo del profitto e della violenza vorrebbe sradicare anche dall’ombra delle rose. Valori che questo romanzo di Spartaco Mencaroni invece recupera e diffonde come opera educativa contemporanea a partire dalle pagine in cui ci introduce nell’oasi della tenuta di “Rosa Ombrosa”, dove l’amore di Marco e Teodosia trova il suo nido ed insieme la svolta per la ripresa di un cammino che , dall’estate 1347, punterà le montagne della Georgia orientale e, con l’aiuto dei "soldati di ventura" Erdon e Burqan, si aprirà la strada dell’Asia. Di quell’Asia, cioè, sognata dai due mercanti italiani genovesi tramite il libro scritto da Rustichello da Pisa (sotto dettatura del grande viaggiatore veneziano Marco Polo e , nei primi decenni del Trecento, un vero best-seller per i giovani italiani di allora) e che ora, negli anni di metà XIV secolo, avevano conosciuto e calpestato , commerciando tra guerre,avventure e combattimenti, generando amore , amicizia, fede in Dio e futuro terreno nel giardino di Rosa ombrosa, dove la bella e sensuale Teodosia, mamma del piccolo Gianrico e amante cortese , si erge a figura femminile di armonia umana e di futuro sociale e civile. All’ombra delle rose dei giardini di una tenuta agricola sulla frontiera del Mar Nero del mondo nuovo del Gran Khan che avanza verso l’occidente, la storia d’amore di Marco e Teodosia, ambientata nella cornice teatrale di una grande civiltà al tramonto, si mescola con quella di Teresa e Burqan. Infatti, nelle ultime pennellate dell’ultimo capitolo, la bella penna di Spartaco Mencaroni, trova il messaggio felice e positivo di un domani che si affida allo sgambettio del bimbo Gianrico, delle sue manine che sfogliano i petali vellutati di una delle rose piantate sulla tomba del soldato di ventura Erdon. Ma, soprattutto, nell’annuncio della nuova vita che Teresa porta in grembo e che Burqan accoglie con un lungo bacio d’amore, mentre i petali delle rose di Teodosia ( forse dall’autore qui presa a simbolo dell’amore terreno, in omaggio al martirio per l’ amore di Cristo subito, nel 729, da Santa Teodosia da Costantinopoli, patrona degli ammalati), sfogliati dal vivace bambino di Marco,volteggiano nell’aria limpida di un cielo che, nell’estate 1352, finalmente, annuncia serenità, pace e prosperità, dopo tanta violenza e lutti. Insomma, la storia immaginata e raccontata dal nostro giovane concittadino Spartaco Mencaroni,oggi stimato medico ospedaliero in quel di Lucca, facendoci ripercorre i tormentati anni della Bisanzio e dintorni del periodo 1346-1352, può davvero aiutarci a ritrovare la strada del “ ricominciare a vivere” in questo nuovo tempo di “nuova peste”, dove le nostre città , i nostri villaggi si trovano, ancora una volta, immersi nella nebbia del giudizio finale, delle risposte umane al nostro dove andare e cosa fare. Per saperne di più: Spartaco Mencaroni, L’ombra delle rose, Intermedia Edizioni 2020, ISBN: 978-88-6786-270-2 , acquistabile in libreria ed online. Ivo Camerini |
Post n°238 pubblicato il 07 Novembre 2020 da greppjo
Nel rispetto delle norme anticovid laraccolta delle olive e la loro molitura è entrata nella fase di grande attivitàe l’olio nuovo è ottimo e abbondante. La nostra visita mattutina al MulinoColli di Cortona.
Con novembre ,è entrata nella sua fase clou l’attività 2020 dei frantoicortonesi che sono, da sempre, i forzieri dell’oro verde delle collinecortonesi. Cioè del nostro olio extravergine di oliva, unico al mondo per bontàe qualità organolettiche. In questi primi giorni di novembre la raccolta delleolive è intensa e da giorni i mulini “molendano” giorno e notte. Naturalmente nel rispetto rigido delle norme anticovid che in questimesi di pandemia rovinano la festa del ritrovarsi insieme tipico deglialtri anni, ma vengono da tutti accettate e messe in pratica, perché unachiusura generale o lockdown sarebbe un disastro per la piccola egrande economia del settore, che, non solo dà da mangiare a tantefamiglie, ma permette ormai impresa di qualità e di successo a tanti nostriagricoltori cortonesi , che esportano in tutta Italia e in tutto il mondo ilnostro olio extravergine di oliva. Nella primissima mattinata di martedì 3 novembre abbiamo avuto la fortunadi poter visitare il rinomato Frantoio Colli diCortona di Francesca Brini , che , alle cinque e trenta del mattino, come mostranole foto del nostro collage, abbiamo trovata intenta a scaricare nella tramoggiai cassoni di olive del cliente di turno e assistita dai suoicollaboratori ( Valdambrini Marcello, Luca Mazzieri eMirko Banella, anche loro ritratti nella foto collage di corredo) a gestire tutta lafase della molenda (o molitura delle olive) che va ,appunto, dal lavaggio delprodotto , alla separazione delle foglie residue, alla frantumazione dellepolpe e dei noccioli, alla decantazione della pasta nelle gramole, allaspremitura e filtraggio dell’olio, che viene, infine, immesso negli ziri ocontenitori vari del cliente. Abbiamo potuto constatare che tutta la lavorazione avviene con grandeprofessionalità e rispetto delle norme di igiene e delle distanze fisiche tra operatoridel mulino, muniti di mascherina anticovid e cliente pure lui ammesso solo seadeguatamente mascherato e autocertificatosi sano e senza sintomi riconducibili al coronavirus. Soprattutto abbiamo constatato in Francesca e neisuoi collaboratori tanta voglia di lavoro e di amore alla piccola economia disussistenza, alla qualità di un prodotto alimentare unico al mondo. Un modo di fare e diagire da italiani di una volta che (nonostante la pandemia e l’analfabetismoistituzionale e il disamore al bene comune della politica odierna) faancora la differenza tra l’Italia contadina e l’Italia cittadina, tra l’Italiadella piccola e media impresa e l’Italia e l’Europa delle grandi concentrazionidel “grande è bello”, tra l’Italia del lavoro e quella di “lor signori”neoliberisti che credono solo nel profitto. Vedere questa giovane donna che, seppur in dolceattesa del suo secondo figlio già da cinque mesi, lavora di notte senza darsegni di stanchezza e anzi andare su e giù per il mulino, assieme ai suoigiovani collaboratori Marcello, Luca e Mirko, per dare ogni soddisfazioneai proprietari delle olive cortonesi e chianine che qui al frantoiodiventano oro verde e prezioso alimento della nostra cucina e di tanta parte di quella internazionale, ci fa veramentepiacere e ci dà forte speranza di futuro. Questa Cortona, questa Italia, che lavora di notte per chi giustamentedorme e di giorno invece, assieme tanti altri, lavora per chi fa ilvagando o delinque, ci piace. A queste cortonesi e a questi cortonesi , aqueste giovani italiane ed a questi giovani italiani L’Etruria rende volentieri omaggio, augurando loro che sappiano costruire quelnuovo, migliore futuro che tutti ci attendiamo. Un futuro sereno e positivo chesi attendono soprattutto i genitori di questi giovani, che , a differenzadi altri, si danno da fare e lavorano con scienza e coscienza. Genitori che in questo caso si chiamano Graziano e Rita e che sono fierinon solo della loro Francesca , ma anche della sorella Valentina, che gestisceil negozio di frutta e verdura che sorge accanto al frantoio. Genitori che di giorno e di notte (a dispetto dei tanti politici che nontrovano di meglio che scaricare le loro nevrosi sugli italiani dai capellibianchi) non si arrendono agli acciacchi dell'età e chestanno accanto alle loro due figlie per aiutarle a mandare avantil’azienda familiare, il podere agricolo e lasciare una strada aperta anche agliamati nipoti e nipotini. Ad maiora, famiglia cortonese doc del sempre giovane e sorridente patriarca Graziano Brini! Ivo Camerini |
Post n°236 pubblicato il 19 Gennaio 2020 da greppjo
A Cortona nella Sala del Consiglio comunale presentato ufficialmente il libro di padre Federico Cornacchini In una affollata Sala del Consiglio comunale di Cortona, sabato 18 gennaio 2020, Margherita da Laviano e da Cortona ha avuto una straordinaria, bella serata d’onore. Una serata di cittadinanza attiva che ha concluso una giornata di civitas cortonese davvero significativa con i suoi omaggi in mattinata all’esemplare figura del carabiniere-contadino Domenico Capannini e nel pomeriggio al bel libro curato da padre Federico Cornacchini sulla vita della Santa patrona cortonese,trasformando la nostra sala civica da centro di governo materiale nel luogo cittadino per eccellenza di rigenerazione degli eterni beni spirituali della nostra comunità, della nostra piccola patria. Una serata d’altri tempi dedicata a quella promozione dell’anima , dello spirito umano, alla pace tra i popoli e alla condivisione tra le persone che la vita cristiana di Santa Margherita propone anche oggi in un tempo che, con i suoi disvalori del consumismo e del materialismo neoliberista, non ammette soste e pause di riflessione e che sembra voler travolgere l’uomo e la donna nei vortici della tempesta di una globalizzazione selvaggia , senza fine e senza senso. Grazie infatti al denso e dotto libro “ Santa Margherita da Cortona. Vita,Colloqui,Miracoli”, presentato ufficialmente ai cortonesi nella Sala del Consiglio comunale da S.E. Mons. Riccardo Fontana, dal Sindaco Luciano Meoni , dal padre provinciale dei Frati Minori della Toscana, fra Guido Fineschi e dalla lectio magistralis dello studioso medievalista francescano, padre Fortunato Iozzelli , tutta la comunità cortonese, cristiana e non , si è ritrovata in festa e in cuore aperto a rendere omaggio a “ Margherita, donna ricca di misericordia ricevuta e donata”. A rendere omaggio cioè alla nostra Santa nel luogo civico cittadino per eccellenza, dove giustamente i padri cortonesi dei secoli passati la vollero tutrice assieme a San Marco. Una serata d’onore impreziosita dai canti mirabilmente eseguiti dal Coro degli Araldi e dal flauto di Romano Scaramucci, che hanno regalato atmosfera religiosa e gioia immanente al duro , faticoso lavoro letterario e storico di padre Federico Cornacchini, che ha curato e arricchito ( con un indice tematico di ottanta pagine, con ottocento voci base e altre milleduecento citazioni di riferimento al testo) questa ultima edizione della “Legenda de vita et miracoli Beatae Margaritae de Cortona” di Fra Giunta Bevegnati. Una legenda scritta dal colto frate cortonese nel decennio successivo alla morte di Santa Margherita (avvenuta nel 1297) e pervenutaci tramite un prezioso codice manoscritto dei primi anni del 1300, che , in via del tutto eccezionale,padre Federico Cornacchini, togliendolo per una sera dal luogo segreto dove viene custodito, ha portato con sé in Sala del Consiglio Comunale per mostrarlo ai presenti nel corso della sua appassionata relazione di rendiconto del tempo e dello studio profusi in questa pubblicazione, edita dalle Edizioni Porziuncola negli ultimi mesi del 2019. Il faticoso lavoro letterario e storico dell'autore, che ha curato e arricchito questa seconda edizione di “Santa Margherita da Cortona”,si è esplicitato, come padre Federico ha detto nella sua ampia relazione, "correggendo il testo precedente e aggiungendo la Dichiarazione d’autenticità attestante che la “Legenda” è stata compilata da Fra Giunta Bevegnati OFM, confessore e Padre spirituale della Beata Margherita. Inserendo inoltre anche la Bolla di canonizzazione di S. Margherita del Papa Benedetto XIII, che il 16 Maggio 1728 canonizzò S. Margherita da Cortona.Aggiungendo altresì la Numerazione progressiva a margine di tutto il testo, riportata in tutti i 1200 riferimenti. Ma soprattutto aggiungendo l’utilissimo Indice tematico che permette di rintracciare in pochi tempo i contenuti della Voce Base, diffusi nei vari capitoli". Insomma , come ha chiosato padre Federico: “mi son permesso di colmare la carenza di Fra Giunta Bevegnati, che , nel suo manoscritto,afferma di ‘non aver avuto il tempo per stendere un’ordinata narrazione’ ” . Il ricavato della vendita di questo importante libro, che ci restituisce a tutto tondo la figura e l’opera di Margherita da Cortona, santa cristiana della misericordia divina e anche donna moderna ante litteram, come ha detto, nel suo saluto conclusivo, padre Livio Crisci ,rettore del Santuario e guardiano del convento cortonese e organizzatore della serata, andrà a finanziare le urgenti opere di restauro edilizio e ambientale della storica struttura conventuale cortonese. Il libro è in vendita presso la libreria della Basilica di Santa Margherita. Ivo Camerini
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Post n°235 pubblicato il 10 Gennaio 2020 da greppjo
Il 30 aprile 2020 sarà il 70° compleanno dell’organizzazione sindacale fondata da Giulio Pastore e cresciuta da Pierre Carniti e da Franco Marini. Compiere settant’anni è un avvenimento di grande importanza per un’organizzazione, per un’associazione di lavoratori in un mondo come quello odierno dove il diritto al lavoro è nuovamente calpestato, assieme ai diritti umani di libertà,uguaglianza,solidarietà. Ancora di più lo è se i settant’anni li compie la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori ( in sigla : Cisl ) fondata il 30 aprile 1950 a Roma da Giulio Pastore e dagli altri padri costituenti che seppero accendere il fuoco del sindacalismo nuovo e democratico nell’Italia del secondo dopoguerra mondiale. Un’Italia alla fame e in precario equilibrio tra oriente ed occidente,così come avviene oggi, naturalmente mutatis mutandis. In quell’ Assemblea costituente svoltasi al teatro Adriano di Roma nella storica vigilia del Primo Maggio 1950 quando Giulio Pastore, Luigi Morelli, Giovanni Canini,Enrico Parri e Paolo Consonni, fondando la Cisl,unificano in un Patto di sindacalismo democratico i lavoratori italiani che fanno riferimento sociale, civile ed elettorale alle forze democratiche di governo ( democristiani, socialisti democratici,repubblicani,che stanno ricostruendo il nostro Paese dalle rovine della guerra) e al sindacalismo autonomo, scommettono sulla possibilità di costruire una Repubblica davvero basata sui valori propugnati dall’articolo uno della sua Carta costituzionale: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Cioè sulla scommessa di portare i lavoratori italiani dentro lo Stato, di realizzare una società solidale che dà ad ogni persona la chance di realizzare la sua vita attraverso il lavoro, di vivere una democrazia che tuteli eguaglianza e libertà, di salvaguardare una nazione indipendente che rifiuta la guerra, lo sfruttamento capitalistico e che cerca il proprio sviluppo e progresso nel rispetto dell’ambiente, della madre terra. I principi generali che Pastore e gli altri padri fondatori , con quell’ Assemblea costitutiva di settant’anni fa,misero a base della Cisl furono infatti quelli della democrazia, della libertà , della solidarietà e della contrattazione. Principi che furono linfa vitale, humus fertile per quella grande espansione organizzativa della Cisl avvenuta tra il 1970 e il 1990 quando, sotto la guida di due grandi segretari generali che rispondono ai nomi di Pierre Carniti e Franco Marini, si passò da poco più di un milione di associati ad oltre quattro milioni. Fu quello un ventennio in cui la Cisl e gli altri sindacati confederali ( Cgil e Uil) seppero ascoltare e guidare il cambiamento gridato nelle terre d’Italia dagli operai, dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, dai giovani studenti, dai giovani artigiani e dai giovani imprenditori. “Capire il cambiamento. Guidare il cambiamento” , “Lavorare meno, lavorare tutti”, “ Autonomia del sindacato soggetto politico”: furono le bandiere innalzate da Pierre Carniti durante il suo intenso, rivoluzionario quinquennio di guida della Cisl. Bandiere che ne fecero un leader amato e seguito ben oltre i recinti della nostra organizzazione. Cosa rimane di quelle bandiere oggi quando in Italia è in atto un cambiamento sociale,politico ed economico da tragico tsunami? E’ possibile riprenderle ed innalzarle davanti a milioni di italiani, giovani e meno giovani, che non sanno più dove sbattere la testa ed hanno perso la speranza del domani , del futuro? Credo proprio di si. Pastore e Carniti, tra l'altro, ci hanno lasciato in eredità il valore dell’ascolto delle persone, dell’altro, del prestare orecchio alla gente, al popolo. Franco Marini ce lo sta ancora testimoniando nella sua quarta età di giovanotto sindacalista, che, seppur Presidente Emerito del Senato, quotidianamente si è rimesso a frequentare le sedi della Cisl e in particolare di quel mitico Ufficio studi, diretto da Mario Romani e che, negli anni fine 1950, lo ebbe tra i suoi giovani,brillanti esponenti. Credo che una Cisl nuovamente soggetto politico a tutto campo, come quella di Carniti e di Marini del ventennio 1970-1990, serva “come il cacio sui maccheroni” per uscire da una crisi italiana che è si crisi economica, ma soprattutto crisi di valori, cioè crisi etica e morale. Una crisi sociale che sta lacerando la nostra democrazia e che sul piano economico, con la scusa della globalizzazione, sta incartando l’Italia in quel neoliberismo nord-americano, che ha, come sua unica bandiera, il capitalismo calvinista del profitto per il profitto, dell' homo homini lupus e della distruzione della Madre Terra, con il suo consumismo “senza se e senza ma”. Comunque (al di là delle mie modeste riflessioni da giornalista di strada qual sono) che il 30 aprile 2020 sia davvero una grande festa per questo compleanno importante e significativo del sindacato nuovo e democratico dell’Italia repubblicana. Il blog “libertàsindacale” augura, di tutto cuore, un bel compleanno con i fiocchi. Nella foto: Giulio Pastore e gli altri fondatori della Cisl al termine dell'Assemblea Costitutiva svoltasi al Teatro Adriano di Roma il 30 aprile 1950. Ivo Camerini |
Post n°234 pubblicato il 27 Ottobre 2019 da greppjo
“Cortona Civica,la Voce delle Idee” fa rodaggio sui social Dopo le proposte fatte da Carola Lazzari, Enzo Moretti e Santino Gallorini del Comitato Tutela di Cortona su Camucia etrusca e sul nuovo supermercato della Maialina, ecco farsi strada sui social , da qualche settimana, un’ altra opposizione politica cortonese che partendo dalla questione dei parcheggi a pagamento si propone come alternativa al Centrodestra per le elezioni amministrative del 2024. È “ Cortona Civica…la Voce delle Idee” che ha in Fabio Comanducci un attivo leader ,che, da qualche tempo, sta battendo il martello sulla questione del Parcheggio dello Spirito Santo e sul futuro stesso della Cortona di domani . Una Cortona, cui Fabio, come tanti altri, rifiuta un destino da museo a cielo aperto e per la quale rivendica un ritorno alla dannunziana città del silenzio, alla Cortona degli artigiani e dei cives che nel Novecento e nei secoli precedenti seppero trasformarla in quella Piccola Atene nella quale ancor "ier mattina", cioè nel Secondo Novecento, tutti volevano venire ad abitare, a vivere e che vide le case contadine dei suoi colli,della sua pianura e della sua montagna, trasformarsi, da stalle e capanne, incomodi, splendidi resort agrituristici.
This is very question e Fabio Comanducci la pone in tutta la sua urgenza con ragionamenti da vero, moderno,appassionato e competente homo politicus, da aristotelico ζῷον πολῑτῐκόν . Ecco pertanto il testo del suo ultimo intervento social, che , anche se come di consueto moroteo nella lunghezza, pubblichiamo integralmente. Ricordo, in particolare, che identità e autenticità esaltano la“differenza” che rende unica una città, un borgo antico, rispetto alle altre.La omologazione, a cui sembra andare incontro Cortona, con tutti i negozi eguali a quelli delle altre cittadine, la stessa offerta turistica fatta di souvenir e salami, aggiungendo anche la bistecca alla fiorentina, non aiuterà in futuro la nostra cittadina, ma la renderà uguale alle altre, abbassandone il livello qualitativo dell'offerta turistica e rendendola simile alle nostre consorelle site vicino a noi (mi riferisco in particolare a Castiglion Fiorentino e a Castiglion del Lago, oltre alla amata Lucignano), in una sorta di appiattimento che non farà assolutamente bene non solo a Cortona ma a tutto il territorio cortonese. E da qui parto per rappresentare un'altra riflessione. In alcune risposte al mio post di ieri traspariva l'antagonismo tra Cortona( i cortonini) e il resto della vallata. Ribadisco ciò che più volte ho detto: Cortona non si salva senza tutto il suo territorio e le ricchezze ad esso collegate (per tutto il territorio intendo oltre che la vallata, Mercatale e la Montagna tutta), ma anche il territorio non avrà futuro brillante senza Cortona: siamo tutti parte di uno stesso sistema la cui unicità è superiore alla somma delle singole parti di cui è composta.
Una lista civica tacciata nei social come lista civetta, ma che, con la sua trasformazione in associazione politico culturale ha confutato definitivamente tutte quelle malelingue, ma soprattutto continua ad impegnarsi nell'essere una alternativa per i cittadini, si impegna, come ho scritto altrove, a dare voce a chi non a voce, a dare un volto a chi non ha volto, a dare forza a chi non ha più forza. In conclusione, quindi, un saluto dalla nuova associazione “Cortona Civica … la Voce delle Idee” e da me, suo umile componente." Ivo Camerini |
Post n°233 pubblicato il 08 Giugno 2019 da greppjo
Ha solo diciott'anni presi a Maggio, ma da qualche tempo nei social è lei la "comunistaccia" ( nel senso buono del termine) che spopola e dice la sua, senza se e senza ma. E' la cortonese Lucrezia Vignali che con un post sui social , equilibrato e pieno di passione politica democratica vera, ieri si è schierata nel ballottaggio di domenica nove giugno a favore del giovane candidato del centrosinistra l'ingegnere Andrea Bernardini, impegnato in una gara all'ultimo voto con il candidato del centro destra Luciano Meoni, affermato imprenditore cortonese e da quasi tre decenni leader dell'opposizione cortonese. Riportiamo volentieri le sue parole perché una diciottenne che si proclama comunista e crede nel confronto democratico è davvero una positiva , bella speranza civile della civitas di oggi e di domani della Piccola Patria cortonese. Scrive Lucrezia : "Come finirà domenica non lo so. Di una cosa sono contenta, comunque vada, di sapere che il mio voto non è andato sprecato nè tantomeno è finito al "meno peggio" come spesso accade. Se va bene, indosserà la fascia tricolore chi ha dimostrato che "amministrare significa fornire risposte concrete e non dire che va tutto male e bisogna cambiare a prescindere". Se invece va meno bene, penso che comunque in opposizione ci saranno consiglieri preparati e pronti a fare opposizione sui temi e sulle idee e non di certo pronti a fare propaganda e strumentalizzare ogni errore anche minimo dell'amministrazione. La scelta di una foto con una bici d'epoca non è casuale, non necessariamente qualcosa di datato ha fatto il suo tempo ed è da buttare. Oggi soprattutto, che con superficialità e in nome di qualche presunto rinnovamento e alternanza si liquidano 73 anni di "dittatura" della Sinistra che ha devastato il territorio (siamo sicuri? Le parole pesano, e questa forse non vuol dire proprio niente visto che a Cortona ci sono sempre state libere elezioni negli ultimi 73 anni..), io dico invece che siamo fortunati a vivere qua, e forse forse 'sti comunistacci qualche merito ce l'avranno. Buon voto!" Ivo Camerini |
Inviato da: Dott.Ficcaglia
il 29/10/2023 alle 20:46
Inviato da: cassetta2
il 25/01/2021 alle 21:24
Inviato da: cassetta2
il 02/05/2020 alle 08:54
Inviato da: cassetta2
il 25/01/2019 alle 11:41
Inviato da: GothMakeUp
il 03/07/2017 alle 22:30