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RACCONTI: n.6

Post n°8 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da hrothaharijaz

Vi ricordate il racconto "Brutto scherzo della natura", in cui la Silvana Grandi si vendica, alla fine, di tutte le angherie, o supposte tali, subite nel corso della sua vita?. Anche in questo racconto il protagonista, con il quale madre natura non e' stata certamente generosa, si vendica, in modo molto originale, di quanti gli hanno procurato sofferenze.

                                                           IL DONO

Del suo dono, Battistino Pernigotti, se ne era accorto fin dalla prima adolescenza quando, durante le calde e umide estati pavesi, si stendeva sull'erba dei prati, le braccia dietro la testa e, con una pagliuzza d'erba tra i denti, contemplava il cielo.

Si era reso conto di avere un certo potere sugli uccelli e di poterne controllare il volo; se lanciava, col pensiero, un messaggio ad un rondone di virare a destra o di lanciarsi in picchiata, questo immancabilmente obbediva. Lo stesso succedeva con cani, gatti e altri animali di taglia piu' grossa o piu' piccola; riusciva, col pensiero, a farli avvicinare o allontanare, attoniti o atterriti, a seconda dell'intensita' del messaggio. Tale dono l'aveva poi messo in pratica con farfalle, coleotteri ed insetti vari, andando a costituire una collezione degna di un entomologo professionista.

Timido ed introverso, non aveva veri amici; i suoi coetanei lo avevano ben presto escluso, per le sue stranezze, dai loro giochi, bollandolo col soprannome di Battistino al luc (il matto).

Il suo aspetto fisico aveva contribuito a questa sua forzata riservatezza e obbligato isolamento: piccolo di statura, grassoccio, bianchiccio di pelle tanto da farlo sembrare non in buona salute, con pochi capelli rossicci e stopposi, perennemente appiccicati ad un grosso testone. Trasandato nel vestire, spesso sporco e maleolente, era additato dai compagni per quello che aveva sempre il mocio al naso e da qui un altro dei suoi soprannomi, Battistino al candilòn.

Figlio unico di Francesco, fattorino alle Poste di un comune fuori Pavia, e di Adalgisa Tettamanzi, camiciaia, viveva con i genitori e quattro gatti in un modesto bilocale, all'ultimo piano di un vecchio caseggiato, a Porta Calcinara.

Grande fu la delusione del padre, orgoglioso alla nascita del figlio maschio, "quasi bello" era stato il suo primo commento quando l'ostetrica della Morelli glielo mise in braccio la prima volta, nel vederlo crescere un po' tardivo e impacciato. Forse anche per questo incomincio' a bere al punto da ammalarsi di cirrosi e di morirne di li' a qualche anno quando Battistino ne aveva solo otto.

Rimasto orfano di padre, la sua infanzia si intristi' vieppiu'; gli scarsi introiti del lavoro di camiciaia della madre era appena sufficienti per garantire una vita al limite del decoro.

Gli unici momenti in cui acquisiva, presso i compagni, una certa considerazione, era quando si recava a pescare sulle rive del Ticino o del Gravellone, allorche' il suo cestino da pescatore,grazie al suo dono, era sempre il primo a riempirsi di pesce.

Un'altra delle sue passioni era l'astronomia; sapeva riconoscere sulla volta celeste tutte le costellazioni e le stelle del firmamento; non per niente i suoi quattro gatti portavano i nomi, impossibili per i piu', di altrettante stelle: Albireo, la stella di testa della costellazione del Cigno, Aldebaran, l'occhio della costellazione del Toro, Rigel, la gamba sinistra di Orione e Altair nella costellazione dell'Aquila.

Alle scuole elementari ero lo zimbello dei compagni ma, soprattutto, la vittima prediletta del maestro Odoacre Berlingheri, un omaccione di 120 chili di peso, col pancione enorme, i baffi alla Umberto I° e che fumava in continuazione pestilenziali sigari. A scuola, Battistino, era piu' il tempo che passava dietro la lavagna o seduto all'ultimo banco ad eseguire interminabili esercizi di numerazione o a riscrivere, per castigo, anche per cinquecento volte, frasi del tipo: "se non studio di piu', mi cresceranno due orecchie d'asino".

La sua mitezza lo portava a sopportare senza arrabbiarsi eccessivamente sia la cattiveria dei compagni di classe che le angherie del maestro; mai un lamento con nessuno, nemmeno con la mamma. Solo una volta, in IV elementare aveva preso la sua piccola grande vendetta nei confronti del maestro; aveva notato fuori dalla finestra due grossi calabroni e, nel volgere di pochi attimi, li aveva lanciati all'attacco del grasso e sudato collo del maestro. Inesorabilmente morsicato, l'Odoacre Berlingheri, presento' una subitanea reazione allergica, al punto da dover essere trasportato con urgenza al Pronto Soccorso del S. Matteo dove rimase tra la vita e la morte per due giorni.

Un'altra volta dirotto' uno sciame d'api sul campo di calcio dell'Oratorio dove si svolgeva una partita di calcio tra la squadra della sua Parrocchia contro quella di un paese vicino, solo perche' era stato escluso dalla formazione, per evidente incapacita' tecnica.

Conseguito, a fatica, il diploma di scuola media inferiore, venne mandato a lavorare dapprima come garzone in una drogheria del centro, poi come manovale in una impresa edile; in entrambe le occasioni venne lasciato a casa nel volgere di pochi giorni in quanto elemento svogliato e inaffidabile.

Figlio unico di madre vedova, riusci' ad evitare il servizio militare e, come orfano di padre ex impiegato delle Poste, riusci' a farsi assumere presso lo stesso ente, grazie anche alla raccomandazione di un deputato della Democrazia Cristiana.

Assegnato agli sportelli del pubblico, venne rimosso dopo nemmeno una settimana per manifesta incapacita' e svogliatezza e relegato all'Ufficio Smistamento Posta piu' con compiti di fattorino e di responsabile del rifornimento di caffe', brioches, panini e bevande per i colleghi dell'Ufficio. Il Battistino era, pertanto, piu' facile da trovarsi seduto ai tavolini del bar antistante il luogo di lavoro a rimpinzarsi di tramezzini, dolci e focacce che non nel proprio ufficio a svolgere le preoprie mansioni lavorative.

La sua vita sarebbe trascorsa monotona, incolore e senza sussulti tra lavoro (si fa' per dire) e casa, tra casa e pesca se non fosse arrivata improvvisamente a turbare la sua squallida serenita' la Paola Vaccarossa, una procace e formosa ventunenne, neoassunta alle Poste e assegnata all'Ufficio Smistamento, lo stesso del Battistino. Trafitto da un amore a prima vista, per Battistino incominciarono le tachicardie, i sudori freddi, i languori e le notti insonni.

Alta 1 e 75, con un caschetto di capelli biodi, occhi azzurro mare, labbra sensuali, quinta di reggiseno, con due gambe slanciate rese ancora piu' aggressive da una corta minigonna arancione, la Paola irruppe nell'Ufficio Smistamento Posta i 6 ottobre 2000 e fu lo sconquasso, non solo per il Battistino.

Bella, un po' oca, aveva scatenato subito, fra i colleghi maschi, una lotta senza quartiere per portarsela a letto.

Primo tra tutti il Gian Luca Piselli, venticinquenne, palestrato, eternamente abbronzato e con la fama di tombeur des femmes.; il capufficio Girolamo Belladonna, cinquantenne, sposato con una donna bruttissima e con due figlie che avevano ereditato dalla madre questa sola qualita', con la fama di averci provato con tutte le colleghe ma di non esserci riuscito con nessuna. Stravolta venne anche la vita della Bernardina Trombetta, cinquantenne, ancora piacente, tardona e zitella che furoreggiava ancora al sabato sera nelle balere del Pavese e dell'Oltrepo', la quale si trovo' improvvisamente catapultata in secondo piano, nella considerazione dei maschi delle Poste Centrali, davanti alla prorompente avveneza della neoassunta.

L'andirivieni di maschi dai vari uffici verso lo smistamento Posta si era fatto troppo sfacciato perche' il Direttore generale non se ne accorgesse e adottasse gli opportuni provvedimenti.

La gia' scarsa resa sul lavoro del Battistino, con l'arrivo della Paola, ebbe un ulteriore calo; posta per Catania si ritrovo' a Bari, per Torino a Venezia.

I suoi goffi tentativi di approccio alla Paolo abortivano in incomprensibili farfugliamenti o con maldestri atti di premura nei suoi confronti, come quella volta che, nel tentativo di porgerle una tazza di cioccolata, gliela rovescio' sulla camicetta color lilla'.

Bella, un po' oca, ma comprensiva, la Paola; aveva capito tutto del sentimento provato dal Battistino per lei e, gentilmente, lo ricambiava con affettuosa accondiscendenza, ascoltando, con materna premura, i goffi ragionamenti dell'impacciato innamorato.

Il Battistino aveva incontrato nella Paola la prima persona che lo trattava con umana gentilezza e non come lo scemo del villaggio; aveva interpretato, alla fine, le premure della bella collega come una accondiscendenza al suo sentimento d'amore. Non passava giorno che, sulla scrivania della Paola, ci fosse un mazzolino di fiori di campo, un cioccolatino, dei biscottini; quando vedeva volare, fuori dalla finestra, una farfalla, lanciandi il suo messaggio telepatico, la faceva volare attorno al viso dell'amata e le sussurrava:" Guarda, Paola, e' bella come te".

Battistino, col passare del tempo, era diventato pressante ed invadente. La seguiva, dopo il lavoro, fino a casa; col freddo e col caldo, con la pioggia e con la nebbia stazionava, nascosto dietro un siepe e, con gli occhi rivolti verso le finestre dell'amata, sperava di rivederla ancora una volta.

Duro fu il colpo quando scopri' che la paola si vedeva con un ragazzo; la reazione fu tale che gli venne un attacco febbrile che lo tenne lontano dall'ufficio per venti giorni.

Al suo rientro, gli parve che la Paola non fosse piu' la stessa, che non avesse piu' voglia di ascoltarlo, addiritturo non mangio' il cioccolatino che le faceva trovare, puntualmente, sulla sua scrivania.

Si mise ad ascoltare, per caso, la Bernardina e la Paola che chiacchieravano; quest'ultima in formava l'amica che sabato sarebbe uscita a cena con il nuovo ragazzo; sarebbero andati a mangiare in un ristorante in collina e aggiunse, ridendo:" e chissa' che, dopo cena, non ci scappi qualcos'altro".

A queste parole al Battistino si strinse il cuore: Nei due giorni successivi non mangio' nulla al che la madre, preoccupata, lo apostrofo': "Oh che, Battistino, non e' che ti sei innamorato".

Giunto il sabato fatidico, Battistino si apposto' con la sua Renault 4 nei pressi dell'abitazione della Paola, a Citta' Giardino, fin dalle 6.00 di sera. Alle 19.30 si fermo' un Duetto Alfa Romeo rosso fiammante e, dopo pochi attimi, la Paola usci' di casa e vi sali' sopra. I due partirono in direzione di Voghera dove poi presero la strada per Varzi e il Passo del Penice. Battistino seguiva i due a debita distanza. Giunti a Menconico, i due scesero ed entrarono in un ristorante della zona. Battistino rimase in macchina  ad aspettare la fine dela cena. Alle 23.00 i due innamorati uscirono dal ristorante e, al posto di fare ritorno a Pavia, presero la strada per il Penice: Dopo pochi chilometri imboccarono un viottolo sterrato sulla sinistra e si fermarono in uno spiazzo sotto i pini.

Battistino si fermo' a sua volta ad una cinquantina di passi dal Duetto e, sceso dalla sua R4, si avvicino', furtivamente.

Nascosto, dietro una siepre di agrifoglio, a pochi metri di distanza dall'auto degli innamorati, Battistino vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.

La scena che si presento' ai Carabinieri della Stazione di Varzi, chiamati la mattina successiva da un escursionista in cerca di funghi, era, a dir poco, raccapricciante. In quello spiazzo, sotto i pini, era stata rinvenuto, in localita' Tre Passi, un Duetto Alfa Romeo rosso, con le portiere spalancate e con i segni di una furia selvaggia sulla carrozzeria. A venti metri dall'auto giaceva il cadavere, nudo, di una giovane di circa vent'anni, con morsicature e lacerazioni su tutto il corpo e mutilazioni alle estremita' degli arti. A dieci metri, il cadavere, sempre nudo, di un uomo di circa venticinque anni di eta', con la stessa tipologia di ferite della donna.

Le prime indagini portarono a sospettare la presenza di un mostro in Oltrepo.

Nel volgere di pochi giorni la verita' venne pero' a galla, inquietante ed inspiegabile nello stesso tempo; i due fidanzati sarebbero stati sorpresi, in auto, da un branco di cinghiali imbizzariti, presenti numerosi nella zona; presi dal panico i due avrebbero aperte le portiere per cercare scampo nella fuga, ma firmando, in tal modo, la loro orribile condanna.

 
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