Creato da: hrothaharijaz il 27/12/2006
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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 12 Gennaio 2007 da hrothaharijaz

Nei miei racconti c'e' quasi sempre il morto. In tanti mi han detto:" ma insomma Hrothaharijaz, fai morire sempre qualcuno!". In questo caso il morto saro' io e non sara' la prima volta dal momento che moriro' anche in un prossimo racconto. Non e' la mia morte il centro nevralgico del racconto, serve solo da spunto per introdurre la vicenda della persona che, con mia figlia, sta al centro della mia vita, mia moglie.

                              LA SIGNORA DEI CARLINI

E cosi' era rimasta improvvisamente sola, a ottantadue anni. Poche settimane prima era morto Menelao, l'ultimo di una serie di carlini che avevano allietato lei e suo marito Fiorenzo da quarant'anni a questa parte, poi era toccato a lei trovare suo marito morto su una panchina del parco di fronte alla Scuola S. Boezio di Pavia. Lo aveva visto da lontano, sembrava dormisse, con un libro semiaperto sulle ginocchia, il De senectute di Cicerone. Ultimamente cio' capitava sempre piu' spesso. Capitava anche che leggesse e non ricordasse quanto leggeva. "Cara Mary il mio cervello sta andando in pappa, meglio andarsene prima di ridurmi ad un essere senza dignità".Guardandolo da vicino si accorse che non dormiva, dalla bocca le usci' un sussurro:" Eccoti accontentato, amore della mia vita, ma io sono rimasta proprio sola". Se ne era andato come avrebbe voluto, a tempo debito, senza dolore e dignitosamente.

Piu' di cinquant'anni di matrimonio sono stati lunghi, attraversati da momenti felici e da disgrazie, sempre affrontate insieme e con dignita'. Il suo Fiorenzo era un bel uomo. soprattutto da quando,verso i quarantacinque anni, aveva deciso di perdere i chili di troppo. Era stata sempre gelosa di lui, piu' di una volta aveva notato come le altre donne lo guardassero:" Sara' sempre stato solo mio?" diceva. Non fa' niente, tanto la vita l'avevano passata insieme e serenamente erano invecchiati facendosi, pur borbottando di tanto in tanto, una tenera compagnia.

Nella sua vita Mary aveva sempre pensato che una situazione del genere si sarebbe potuta verificare, la temeva con terrore e disperazione. Ora che, purtroppo, si era verificata, era stranamente tranquilla. "E' lui che mi e' vicino e mi aiuta", pensava. Doveva affrontare serenamente tutti i problemi del caso. "Una cosa alla volta, con calma e tranquillità", come soleva ripeterle soventemente il marito in situazioni analoghe. E così avrebbe fatto.

Sbrigate tutte le incombenze relative al funerale, resasi conto che poteva affrontare il futuro, dal punto di vista economico, con tutta tranquillita', doveva decidere solo cosa fare. Scartata l'ipotesi di trasferirsi ad Auckland, in Nuova Zelanda, a casa della figlia Francesca, sposata con un ingegnere informatico italiano e cola' trasferitasi da oltre trent'anni con i quattro figli maschi, decise che i suoi ultimi anni li avrebbe passati a Pavia. Non che la figlia, il genero e i quattro nipoti avessero dimenticato l'Italia, anzi, almeno una volta all'anno, passavano il mese delle loro vacanze a Pavia e, una volta cresciuti, i nipoti, piu' di una volta si erani imbarcati su un aereo per raggiungere gli amati nonni e  portare un'ondata di gioventu' a casa dei due vecchi.

Una cosa faceva paura alla vecchia Mary: la solitudine. Le sarebbe mancato tanto il profumo del sigaro fumato, alla sera davanti alla televisione, dal marito, il disordine in cucina quando il suo Fiorenzo si dilettava a preparare le sue ricette, il calore dei suoi piedi quando, a letto, si allungava per riscaldarla e, soprattutto, la sua voce:" Mary, dove hai messo..", "Mary, cos'hai detto?" e, soprattutto la frase che ripeteva in continuazione da una vita: "Mary, mi vuoi bene?". Cosi', nel giro di pochi giorni, lei che aveva sempre avuto grosse difficolta' a prendere una decisione da sola, ruppe gli indugi e, chiamato un taxi, si fece accompagnare pochi chilometri fuori dalla citta', presso un allevamento di carlini.

L'idea era quella di acquistarne uno, sarebbe stato la compagnia della sua vecchiaia, ma, quando vide la cucciolata, non se la senti' di dividere i quattro cagnolini, decidendo al momento di acquistarli in blocco.

Fu cosi' che Anton, Bruno, Caesar e Dora, irruppero nella casa di Mary, ancora una volta mamma, o per meglio dire, nonna Mary per i suoi carlini. Si ripete' il solito rito, porte aperte e la voce della neo mamma che diceva:" Avanti bambini, questa é la vostra nuova casa, andate a scoprirla e annusatela tutta, sono sola e ci faremo tanta compagnia".

Il perche' della scelta di quei nomi Mariella non lo sapeva, ma si ricordava che il marito una volta era venuto fuori con una frase:" Se avessi quattro carlini li chiamerei Anton, Bruno, Caesar e Dora". Ma non disse il perche'. Il marito defunto, medico neurologo, era un po' un originale.; uomo di profonda cultura, soprattutto storica e classica, aveva sempre chiamato i suoi carlini con nomi che si rifacevano a personaggi storici o della mitologia; avevano avuto, inizialmente, Caronte, il piu' amato, vissuto per quattordici anni, un'età vetusta per la razza, poi erano arrivati, in successione, Venceslao, Totila, Seneca, Frine e Menelao.

Il perche' di quei quattro nomi doveva venirlo a sapere alcuni anni dopo, in occasione di una delle visite settimanali del medico di famiglia, il dottor Vespa, gia' ottantenne, vedovo, da quando la moglie se ne era andata a causa di un melanoma, di vecchia scuola, amante anche lui dei cani e vecchio amico del defunto marito, col quale soleva passare pomeriggi in noiose, come diceva lei, discussioni su argomenti di storia e di politica. Vedendo il dottor Vespa campeggiare in una bacheca il modellino della nave da battaglia Bismarck, della marina militare tedesca ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, si ricordo' che i nomi dati ai carlini altro non erano che quelli delle rispettive quattro torri binate con i due potenti cannoni da 381 mm.

Fin dal giorno successivo al loro arrivo, lo spettacolo dei quattro carlini al guinzaglio, condotti da una simpatica ed arzilla vecchietta, divenne una delle maggiori attrazioni per gli abitanti di  Città Giardino. Educati,  facevano festa a chiunque li fermasse per festeggiarli, agitando i loro codini a doppio ricciolo; insieme si fermavano e facevano pipì e quasi contemporaneamente per fare il resto: si era venuto poi a sapere che i quattro la facevano a comando quando la Mary ripeteva la magica frase:" adesso, bambini, dovete fare la cacca".

La loro educazione e la tenerezza che ispirava alla gente quel tenero donnino con i quattro cagnolini al guinzaglio era tale che nessun luogo era loro precluso, dai negozi, anche quelli che esponevano il cartello col divieto di entrata per i cani, al cimitero dove si recava poche volte all'anno per piangere i suoi morti.

In effetti il marito, per lei, non era morto, continuava ad aleggiare per casa e con lui intavolava lunghe chiacchierate, quasi sempre riguardanti i suoi cani. Dormivano a letto con lei e spesso diceva:" Lasciate un po' di posto anche al papa' che, se fosse ancora qui, chissa' come vi avrebbe voluto bene".

La solitudine di Mary era certamente mitigata dalla presenza di quelle quattro bestiole che, oltre alla compagnia, incidevano positivamente sulla sua salute fisica e mentale. Ora aveva compiuto i novant'anni e, per due volte al giorno, in qualsiasi stagione e qualunque tempo, li portava a spasso; leggeva ancora libri e giornali e l'unico aiuto era quello di una domestica che le sbrigava i lavori di casa per qualche ora al giorno.

Aveva le fisse tipiche delle donne della sua eta'; si lamentava spesso con il macellaio che la carne trita non era di filetto o che il pollo era di allevamento e non ruspante. Un giorno si' e l'altro pure si recava dal veterinario:" Il mio Anton ha la flatulenza", "Bruno fà poca pipì", "Caesar perde il pelo". Solo Dora, la sua preferita, era sana; peccato che non poteva darle dei carlini perche', ovviamente, con tre maschietti in casa, era stata costretta a farla sterilizzare.

Aveva novantatre' anni quando, nel volgere di pochi giorni, i tre carlini maschi si ammalarono e se ne andarono uno dopo l'altro.

Un freddo mattino di dicembre la domestica trovo' Mary ancora a letto, sembrava dormisse ancora, con Dora accucciata ai suoi piedi. Se ne erano andate tutte e due quella notte, insieme.

Il medico legale arrivato per la constatazione di morte, guardando la scena sussurro':" Che tenerezza, sembra la statua di Ilaria del Carretto, del maestro Jacopo della Quercia, che c'e' a Lucca".

 
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gabry.99
gabry.99 il 11/02/07 alle 00:43 via WEB
FINALMENTE SONO RIUSCITA A LEGGERE ANKE QUESTO racconto hrotari..... ..credo che sia una tra le più belle testimonianze d'amore che un uomo possa fare alla sua donna....... e in prossimità di s.Valentino... credo sia più attuale che mai.... smiley... gabry
(Rispondi)
 
bluewillow
bluewillow il 11/02/07 alle 16:15 via WEB
Anche nei racconti di Agatha Chistie c'è sempre un morto :)))! In alcuni tipi di libri diventa necesario! :))
(Rispondi)
 
luvi57
luvi57 il 11/02/07 alle 18:52 via WEB
Molto bello.... mi sono letta tutto il tuo blog. Forse per me è anche piu' facile, conoscendo i posti di cui parli... pero' questo post, insieme a quello del cane, sono quelli che preferisco in assoluto. Tornero' a trovarti
(Rispondi)
 
 
hrothaharijaz
hrothaharijaz il 11/02/07 alle 19:17 via WEB
Ti ringrazio per la fiducia espressami. Anche il tuo blog e' inserito fra quelli amici. Se non ci si sostiene fra concittadini.. A presto. Hrothaharijaz
(Rispondi)
 
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