Creato da soleincielo83 il 12/01/2010

Luce di Dio

NON AVERE PAURA ,LA PAURA E' UN SENTIMENTO CHE NON PORTA ALLA VERITA'

 

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Ecco L'uomo

Post n°63 pubblicato il 31 Marzo 2012 da soleincielo83

Pilato disse al popolo: "Ecce Homo",che significa: Ecco l'Uomo! L'Uomo del dolore, l'Uomo delle amarezze, l'Uomo dell'infamia, l'Uomo che porta su di Sé i peccati del mondo, l'Uomo reietto e disprezzato. Ecco l'Uomo! Quale Uomo? L'Uomo che detiene il trono, il trono di gloria: Gesù di Nazareth! L'Uomo che ha in Sé la potenza e la gloria ed é assiso alla destra del padre. Ecco l'Uomo! L'Uomo della dolcezza, l'Uomo della mansuetudine, l'Uomo dell'esempio, l'Uomo dell'amore. Ecco l'Uomo! L'Uomo che ha dato tutto per il Suo fratello! L'Uomo che ha preso e abbracciato con amore la sofferenza e la malattia del fratello.

Io sono l'Uomo, Io sono l'Uomo del Padre, Carne vivifica del Padre che si é fatto Carne nel Padre e ha dato al Padre la Sua forma umana e il Padre é divenuto Spirito e Carne. Guardate l'umiltà, guardate questa vivificazione unitaria in un mistero incomprensibile alla mente umana che né logica, né autore, né scrittore, né poeta, né scienziato, né chimico può spiegare l'elemento d'amore, l'energia vitale della Trinità santissima.

Io sono Dio fatto Carne contenente il Mistero del Padre nel Suo grande nucleo d'amore!. Come la Chiesa sarà rigenerata? Con l'acqua, lo spirito e il sangue! E come satana marchierà i suoi eletti e la Chiesa farisaica, così nelle Mie Chiese vi sarà il segno, il segno di Cristo impresso sull'altare: l'Agnello e il Sangue e questo sarà il sigillo che confermerà i Miei sacerdoti fedeli, le Mie poche Chiese che rimarranno fedeli a Me. Io sono l'effusione dello Spirito e del Sangue, chi crede in Me sarà salvo. Io fondo lo Spirito e il Sangue, lo Spirito é Parte del martirio, il martirio é parte dello Spirito perché lo Spirito contiene l'Amore alla purificazione e alla penitenza, mentre il martirio contiene lo Spirito d'accettazione al lavacro e alla penitenza. LO Spirito viene da Dio, lo Spirito é parte di Dio, chi cerca lo Spirito effuso nel martirio lo troverà, chi non lo cerca sarà condotto in pasto alla malvagità e la ferocità di chi odia l'uomo, di colui che brama sin dall'eternità di togliere le anime al Padre celeste, il Mio eterno nemico: satana.

Come il Padre ha mandato Me,così Io mando voi! Come il Padre ha la Vita, così Io dono la vita e la sapienza dello Spirito a voi. Nessuno viene al Padre se non viene a Me! Io sono l'Eterno Pensiero che si fa pensiero in parole umane per proclamare la verità nei Miei missionari della Parola del Padre. Quanti ve ne saranno che cammineranno che pur, nonostante le fatiche umane, gli affanni del corpo, continueranno a proclamare che Gesù é vivo in mezzo a loro? Tutto rivivrà! Tutto si riedificherà! Il Padre darà il Suo soffio di vitalità e riedificherà un mondo nuovo da un marciume corruttibile che diverrà incorruttibile ed anche gli uomini diverranno da corruttibili a incorruttibili.

Uomini, uomini caduchi, uomini che possedete sete di amarezze, sete di disprezzo gli uni verso gli altri, come deve camminare ancora il mondo?, quale via ancora volete far prendere a questo mondo, con quale autorità recidete e schiacciate il mondo? Con il vostro fetore di Satana! Vegliate figli, vegliate sul Mio dolore e vegliate su di voi perché il tempo della prova arriva anche per voi. Non si stanchi il vostro corpo di essere vigile, non si stanchino i vostri occhi di essere aperti e non si stanchi il vostro spirito di essere attento! In queste ore in cui tutto ho sofferto desidero che voi incontriate il Mio Cuore, ho tanto bisogno di voi! in quell'ora Io vi ho visti e siete stati i Miei consolatori. Non deludete il Mio Cuore! perché è troppo grande il dolore di un Uomo che, per Amore, si stende su una croce! troppo grande è il dolore di un Dio che, provando Sé stesso, ha ucciso la Sua carne. Io sono dentro di voi, sono il sofferente, Servo obbediente che non si oppone alla Volontà del Padre Altissimo per amore dei Suoi figli. Sono stato un uomo, sono stato come uno di voi ed aprire le Mie braccia per una umanità futura, è amore! solamente amore! Io vi ho guardati in quel momento, in cui la Mia sofferenza era atroce, vi ho guardato ed ho detto: "Questo Mio dolore, Questo Mio sangue servirà per loro, affinché l'uomo divenga la bellezza del creato"; ed ho pianto sapendovi vicino. Non deludete il Mio Cuore, Io vi amo! Vi amo tanto, non deludete il Mio dolore, perché vi renderà uomini nuovi! Vegliate con Me, alleviate le Mie pene! anche ora, anche domani, ma Io non morirò, non morirò se i vostri cuori si uniranno nell'amore; perciò vi chiedo di essere forti, di amarMi così intensamente, perché in questo giorno: voi col vostro amore potrete salvare tantissime anime, e non morirò per il dolore di averle perdute, ma gioirò perché novelli Me si sanno offrire per amore, per l'uomo, per Dio. Vi chiedo di commemorare sì le tappe del Mio calvario, ma ognuno di voi si prenda carico di una croce e stenda il proprio cuore, abbracciando i fratelli che sono in pericolo: questo è ciò che desidero, non lacrime, non tristezza, ma Amore. Perché Io non morirò! perché il vostro amore Mi terrà in Vita in quelle anime che erano morte e ritorneranno a vivere: è questo il Mio desiderio! pregate e vegliate, satana ha chiesto di vagliarvi, ma Io pregherò per voi e l'Amore vi renderà salvi.!!!!!! Perciò imparate il valore dell'amore che sarà la vita, la vita vera. Per tutti questo è il Mio desiderio: pregate, pregate figli Miei ed amatevi, amatevi in quella intensità che Dio dona a voi. Vi lascio la Mia pace, la pace vera e vi dono il sigillo dell'Amore! Vi benedico nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Io sarò con voi e non vi lascerò. Amen! !!!

 
Rispondi al commento:
champions_3
champions_3 il 31/03/12 alle 16:38 via WEB
L'ANALISI, ECCO L'UOMO! Riferimento S.Giovanni cap. 29. 1. Pilato fa flagellare Gesù e lo abbandona agl'insulti ed ai maltrattamenti dei soldati. È incerto se l'ordine del governatore di flagellare Gesù, dopo aver liberato Barabba, si debba considerare come una indicazione dell'aver egli abbandonato la lotta col partito sacerdotale, ed essersi deciso a ordinare la crocifissione, di cui la flagellazione era il preludio ordinario; o se venisse dato nella speranza che i nemici del Signore se ne contenterebbero e lo lascerebbero quindi andare in libertà. L'abbandonarlo, agl'insulti dei soldati, dopo la flagellazione, pare favorevole alla prima ipotesi, ed allora il condur fuori Gesù col manto di porpora e la corona di spine, per fare un ultimo appello a suo favore, devesi considerare come il risultato di un nuovo movimento di compassione prodotto in Pilato dalla pazienza e dalla mansuetudine colle quali la santa vittima aveva sopportato quel crudele supplizio Profeta Isaia 53:7. Ma la flagellazione non bastò a soddisfare i rozzi e brutali soldati nelle cui mani Cristo era caduto. Essi fan di lui oggetto di empio scherno e di codardi insulti. Imitando i soldati di Erode, lo travestono essi pure da re, gettando sulle sue spalle insanguinate un cencio rosso, mettendo ali in capo una corona di spine, e in mano una canna a guisa di scettro; quindi gli s'inchinano per dileggio e lo salutano colle parole: "Ben ti sia, o Re dei Giudei". Poi, trattogli di mano la canna, lo percuotono con quella, ed intanto Pilato guarda questa scena vergognosa, senza far un cenno per porvi fine Giovanni 19:1-3. 2. "Pilato conduce fuori Gesù tutto coperto di sangue, e sembra di fare un ultimo sforzo per salvarlo; ma i Giudei gl'impongono silenzio, portando una nuova accusa contro al Signore. La pietà destatasi nel cuore di quel romano, non trova eco alcuna nel cuore dei Giudei. All'appello contenuto nelle parole: ""Ecco l'uomo!"" la moltitudine risponde con rinnovate grida perché venga crocifisso, e il Sinedrio mette avanti l'accusa, taciuta fino a quel momento, che Gesù si diceva: "Figliuol di Dio". Questo accresce i timori di Pilato, e, fatto ricondurre Gesù nel Pretorio, prende ad interrogarlo sulla sua origine, ma senza ottenerne risposta alcuna. Pilato allora torna fuori e fa altri sforzi per liberare Gesù; ma i Giudei lo minacciano di accusarlo a Roma come nemico dell'imperatore. Lanciando loro un ultimo insulto nelle parole: "Crocifiggerò io il vostro Re?" Pilato finalmente cede, ed ordina che il Signore della gloria venga messo a morte ignominiosa Giovanni 19:4-16. 3. La crocifissione di Gesù. Siccome i Sinottici avevano già dato ampli dettagli sulla morte di Gesù in sul Calvario, Giovanni si limita ad alcuni particolari, ed a certe spiegazioni che gli sembravano necessarie per completare il loro racconto. Da lui veniamo a sapere che a Gesù, benché ferito e coperto di sangue, venne imposto di portar la sua croce, fino al momento in cui questa fu messa in ispalla a Simone di Cirene; che l'iscrizione fatta sovrapporre alla croce era in tre lingue, e venne letta da molti dei Giudei, essendo il Golgota vicinissimo a Gerusalemme; che i Giudei tentarono invano di farne mutare il tenore, suggerendo una dicitura meno insultante per la loro nazione; che la madre di Gesù insieme alle altre donne venute dalla Galilea, ed a Giovanni medesimo, poterono avvicinarsi alla croce, e dare al Signore un'ultima testimonianza del loro affetto. Si fu in quel momento che Gesù raccomandò la madre a S.Giovanni, perché la mantenesse fino alla fine di sua vita, ed a Maria disse di considerar da ora in poi come figlio il discepolo suo prediletto. Da Giovanni solo veniamo pure a sapere che le ultime parole di Gesù, dopo di avere assaggiato l'aceto portogli da un soldato, acciocché tutta la Scrittura fosse adempiuta, e prima di rendere lo spirito, furono: OGNI COSA È COMPIUTA, pronunziate "con gran voce", come dicono i Sinottici. Finalmente egli ci dice che, per ordine di Pilato, le gambe dei due ladroni crocifissi con Gesù vennero rotte; ma così non fu fatto al Signore, perché già era morto; però un soldato gli forò il costato colla lancia, e questi fatti costituiscono l'adempimento di due profezie: "Non ne rompete alcun osso" Esodo cap.12:46; Numeri cap.9:12, e "Riguarderanno a me, che avranno trafitto" profeta Zaccaria cap.12:10; S.Giovanni 19:17-37. 4. La sepoltura di Cristo. Egli fu sepolto in un monumento affatto nuovo, posto in un giardino, a breve distanza dal Golgota ed appartenente a Giuseppe d'Arimatea, "il quale era discepolo di Gesù, ma occulto, per tema dei Giudei". Ora però quest'uomo spiegò un coraggio inaspettato. Si presentò da Pilato, domandando il permesso di scendere il corpo di Cristo dalla croce e di seppellirlo. Dopo essersi accertato che Gesù era veramente morto, Pilato annuì, e Giovanni aggiunge che un altro discepolo segreto del Signore "Nicodemo, che al principio era venuto a Gesù di notte" bandì egli pure in questa occasione ogni timore, ed aiutò Giuseppe d'Arimatea nello scendere il corpo di Gesù dalla croce, nell'involgerlo in un lenzuolo con degli aromati, per quindi deporlo in un monumento, "ove niuno era stato ancora posto"; mentre le pie donne Galilee li osservavano da lontano, per sapere dove il loro Signore verrebbe posto Giovanni 19:38-42. Giovanni 18:1-16. GESÙ VIEN FLAGELLATO PER ORDINE DI PILATO, QUINDI È INSULTATO DAI SOLDATI ROMANI. PILATO FA ANCORA DUE TENTATIVI PER SALVARLO, POI COMANDA CHE SIA CROCIFISSO S.Matteo cap.27:27-31; S.Marco cap.15:15-20 Cristo flagellato per ordine di Pilato ed abbandonato agli insulti dei soldati romani prima di venir crocifisso, Giovanni 19:1-3 1. Allora adunque Pilato prese Gesù, e lo flagellò Vediamo dai Sinottici, che, dopo il rifiuto della moltitudine di rilasciare Gesù, Pilato si lavò le mani dinanzi ad essa, e ordinò che Gesù venisse flagellato, quindi crocifisso. Nei primi versetti di questo capitolo, Giovanni ci riferisce invece altri vani tentativi suoi per salvare il Signore, anche dopo la flagellazione e, fondandosi su questo, alcuni scrittori hanno messo avanti la teoria di una doppia flagellazione del Signore. La prima sarebbe quella che ci vien qui riferita, e che avrebbe avuto per scopo di eccitare la compassione dei Giudei, e di indurli a lasciare andare Gesù; la seconda sarebbe stata il preliminare solito della crocifissione. A quest'ultima farebbero allusione Matteo Matteo 27:26; Marco 15:15, mentre Luca 23:22, riferisce semplicemente la proposta di Pilato di castigare Gesù, senza dir nulla del suo eseguimento. Una tal teoria è inutile ed improbabile: primieramente, perché quelle semplici allusioni dei Sinottici alla flagellazione, benché lascino la impressione che la crocifissione, venne subito dopo, secondo l'uso ordinario ma non universale, non hanno però necessariamente un tal senso; ed in secondo luogo, perché quella flagellazione era già cosa, così crudele in sé che Pilato, nel cui cuore qualche compassione per Gesù si era pur destata, e che si irritava per vedersi costretto a commettere un assassinio giudiziario, non l'avrebbe permessa. Di più, molti venivan meno e morivano per effetto di una sola flagellazione, e ben si può dubitare che un corpo umano potesse sopravvivere a due flagellazioni romane nel medesimo giorno. L'infelice paziente veniva denudato fino alla cintura poi legato colle mani ad un pilastro, in modo da rimanere curvo, e sulla schiena, in quel modo distesa, colpi venivano inflitti per mezzo di strisce di cuoio armate di punte di ferro, di piombo o di osso, sicché ogni colpo tagliava la pelle e la carne fino all'osso. Il nuovo intervento di Pilato in favore di Gesù ci par che possa spiegarsi così: riconoscendosi impotente a salvarlo, né sapendo a quale altro espediente ricorrere, dopo essersi lavato le mani, egli ordinò la flagellazione, come preliminare della crocifissione; ma quando poi vide Gesù insanguinato e dolente, per quel crudelissimo supplizio, coperto di un misero cencio a guisa di manto reale, e incoronato di spine, si sentì mosso a pietà, e volle, prima di crocifiggerlo, fare un ultimo appello al cuore dei Giudei. Quando poi anche questo supremo tentativo fallì, lo mandò a crocifiggere senza ripetere la flagellazione, che già aveva avuto luogo. 2. E i soldati, contesta una corona di spine, gliela posero in sul capo, e gli misero attorno un ammanto di porpora, 3. E dicevano: Ben ti sia, o Re dei Giudei; e gli davano delle bacchettate. Appo i Romani, gl'insulti e gli scherni eran l'accompagnamento obbligato dell'ultimo supplizio. I soldati adunque, tratto Gesù nell'interno del Pretorio, radunarono attorno a lui tutta la schiera o coorte Matteo 27:27, "prova questa, osserva Lange, che i fatti avvennero nella Torre Antonia, non già nel Palazzo di Erode" quindi sfogarono la brutale loro natura, beffandosi di colui che già avevano torturato. Erode aveva rimandato Gesù a Pilato, dopo averlo vestito di una "veste bianca" Luca 23:11, che era il colore dei re Giudei; è questi soldati, seguitando l'esempio di Erode, vi sostituirono "un ammanto di porpora", o, secondo Matteo Matteo 27:28, "un saio di scarlatto", ad imitazione della porpora imperiale. Gli misero pure "una canna nella man destra" Matteo 27:29, a guisa di scettro e "una corona di spine in sul capo" invece del diadema dei re. Alcuni credono che la corona di spine fosse fatta con ramoscelli del zysyphus lotus, che ha spine lunghe e forti; ma ciò non può essere, perché quella pianta, abbondantissima nella valle di, Gerico, è ignota nelle vicinanze di Gerusalemme, al cui clima invernale più rigido essa non potrebbe resistere. Crediamo piuttosto che venisse tessuta con una pianta nana e spinosissima, la quale cresce in abbondanza nei dintorni di Gerusalemme, detta lycium spinosum, il cui stelo flessibile, coperto di spine fitte ed acute, si presta all'uso qui descritto. Matteo 27:29 ci dice che, dopo avere in quella guisa mascherato Gesù da re, "inginocchiatiglisi davanti, come se fossero stati in presenza di Cesare, lo beffavano, dicendo: "Ben ti sia, o re dei Giudei". Né si limitò a questo la loro crudeltà, poiché con la canna medesima che gli aveano messa in mano, lo percossero in sul capo, cagionandogli acuti dolori a motivo delle spine, e gli sputarono in viso. Così vennero adempiute alla lettera le predizioni dei profeti: "Io ho porto il mio corpo ai percotitori, e le mie guance a quelli che mi strappavano i capelli; io non ho nascosta la mia faccia dalle onte, né dallo sputo" profeta Isaia cap.50:6. "Il rettore d'Israele è stato percosso con una bacchetta in su la guancia" Michea 5:1. Per altri particolari, Vedi Note Luca 23:26. Pilato presenta Cristo alla folla, e facendo un ultimo tentativo a, suo favore, obbliga i sacerdoti a svelare la vera ragione per cui volevano la morte di Gesù, Giovanni 19:4-7 4. E Pilato uscì di nuovo, e disse loro: Ecco, io ve io meno fuori, acciocché sappiate ch'io non trovo in lui alcun maleficio. 5. Gesù adunque uscì, portando la corona di spine, e il ammanto di porpora. E Pilato disse loro: "ECCO L'UOMO". Un'ultima volta, Pilato si presenta ai Giudei, seguito da vicino dai soldati che custodivano Gesù, e additandolo alla folla, coll'ammanto di porpora e la corona di spine, coperto di sangue e di sputi, esclama: "Ve lo meno fuori, affinché sappiate quello che penso di lui. Io non trovo in Gesù maleficio alcuno, ed ora ECCO L'UOMO! Contemplatelo, ed abbiatene compassione; contemplatelo, e rimanga soddisfatta la vostra rabbia; contemplatelo, e lasciate che, dopo averlo così duramente castigato, io lo rimetta in libertà". Questa celebre parola è capace di due sensi diversi. Pilato può aver parlato in senso di disprezzo: "Ecco l'uomo che accusate di farsi re! Qual creatura più debole, più impotente, più spregevole di lui si potrebbe mai trovare? Chi mai potrebbe temere un ribelle di quella fatta?" O può aver parlato per compassione: "Contemplate questo meschino che volete che io condanni a morte! Non è egli stato abbastanza punito?" Può darsi che entrambi questi sentimenti si trovassero nel cuore di Pilato, quando pronunziò quella parola: disprezzo del popolo giudeo, compassione verso Gesù. Non v'ha dubbio in ogni caso che egli sperava che i Giudei, visto lo stato compassionevole al quale era ridotto Gesù, lo lascerebbero andare, imperocché il governatore romano già cominciava ad impensierirsi della misteriosa origine di questa nobile vittima della rabbia farisaica. "Qualunque sia il senso di quelle" parole, la Cristianità tutta intera le ha fatte sue, e le ha tesoreggiate in cuore come una espressione sublime della sua adorazione profonda del sofferente suo Signore" (Brown). Che il Signore benedetto, la Parola eterna, si sia sottomesso con mansuetudine ad esser presentato a quella folla sitibonda di sangue come un oggetto degno di disprezzo e di compassione è cosa veramente meravigliose. "Essendo ricco, si è fatto povero per noi" 2°Corinzi 8:9. Dacché il mondo esiste, il sole non aveva mai illuminato coi suoi raggi uno spettacolo più degno della ammirazione degli angeli e degli uomini. 6. E i principali sacerdoti, e i sergenti, quando lo videro, gridarono, dicendo: Crocifiggilo, crocifiggilo. È la prima volta, dall'arresto di Gesù in poi, che vengono mentovati i "sergenti", o guardie del tempio. Essendo costoro sotto gli ordini dei sacerdoti, non appena comparve Gesù, diedero, ad istigazione dei loro padroni, il segnale delle grida per domandarne la morte, soffocando in tal modo ogni possibile movimento di pietà. Riempiono l'aria, colla breve e terribile parola: Crocifiggi, crocifiggi, che esprimeva esattamente il loro sentire, ed era una risposta delle più recise alle mezze misure del governatore. Pilato disse loro: Prendetelo voi, e crocifiggetelo, perciocché io non trovo alcun maleficio in lui. "Il soldato pagano fa inutilmente appello alla umanità del sacerdote giudaico. Nessun cuore in quella vasta moltitudine, sente un palpito, di compassione per la vittima innocente di tanta crudeltà. Il Romano avvezzo a versare il sangue come acqua, ora sul campo di battaglia, ora in massacri aperti, ora in congiure segrete, aveva di certo un cuore indurito pietrificato, ed estraneo ad ogni compassione; ma ben più gelati ed impietriti sono i cuori di questi scrupolosissimi ipocriti, di questi sacerdoti mondani" (Farrar). Pilato non fu semplicemente dispiacente di vedere andar a vuoto il suo terzo tentativo di salvar Gesù; ne fu accesa la sua ira, e con accento di ironia e di disgusto, ei grida: "Prendetelo voi, e crocifiggetelo". Devono queste parole intendersi come uno scherno della impotenza dei Giudei, o come una promessa di chiudere gli occhi, se essi medesimi mettevano Gesù a morte? Inchiniamo per il primo senso, perché Pilato non sembra ancora aver perduto ogni speranza di salvar Gesù. 7. I Giudei gli risposero: Noi abbiamo una legge; e secondo la nostra legge, egli deve morire; perciocché egli si è fatto Figliuol di Dio. Il partito sacerdotale intese evidentemente le parole di Pilato come uno scherno, ed abbandonando come inutile l'accusa di cospirazione portata fino a quel momento contro Gesù, rispose alla sfida del governatore svelando, quale ultima risorsa, l'accusa originaria di bestemmia, per la quale il Sinedrio avea condannato il Signore, e che fino a quel momento si era taciuta, nel pensiero che peserebbe poco sulla bilancia della giustizia romana. I Giudei dichiarano che la legge loro obbligavali a "lapidare chiunque avrebbe bestemmiato il nome del Signore" Levitico cap.24:16, e che Gesù aveva, trasgredito una tal legge, dicendosi "Figliuol di Dio". I Romani lasciavano ai popoli vinti le loro leggi e le loro istituzioni nazionali, in quanto almeno non eran contrarie alla loro autorità. I Giudei si fondano ora su questo, e tengono Pilato obbligato, qual governatore, ad assicurare l'osservanza delle loro leggi, mettendo a morte il trasgressore che si faceva uguale a Dio. È vero che questo titolo non è mentovato nel passo citato del Levitico, il quale proibisce solo la bestemmia; ma i Giudei consideravano evidentemente come blasfematoria, per qualunque uomo, il dirsi uguale a Dio. Olshausen dice che questo fatto prova chiaramente che i Giudei non consideravano il titolo di Figliuol di Dio, "come equivalente a quelli di Messia", o di "Re dei Giudei". Quest'ultimo titolo avevano messo avanti per accusare Gesù; ma il primo era affatto ignoto a Pilato. Di più, solo in questo nome ravvisavano essi una bestemmia che la legge puniva di morte. Notiamo infine che la legge mosaica infliggeva al bestemmiatore la morte per lapidazione, mentre i sacerdoti e le turbe domandavano che Gesù venisse crocifisso. 8. Pilato adunque, quando ebbe udite quelle parole, temette maggiormente. Dalla conversazione avuta già con Gesù, dal messaggio mandatogli dalla moglie, evidentemente "DIO" gli ha parlato nel sogno a questa donna, perchè aveva detto a Pilato che ha avuto un sogno intorno a Gesù, ma dall'odio eccessivo degli accusatori, di cui eragli nota l'ostilità al governo romano, e dal timore che la presenza di Gesù ispirava loro in modo sempre più evidente, Pilato già si era accorto esservi in questo caso qualche cosa di molto misteriosa, e questa rendevalo incerto su quanto dovesse fare. L'udire ora che Gesù avea detto di esser Figliuol di Dio accresce i suoi timori. È impossibile anche solo indovinare quali idee le parole "Figliuol di Dio" svegliassero nella sua mente. Senza dubbio conosceva le leggende mitologighe della Grecia e di Roma; aveva udito raccontare che degli dèi erano scesi sulla terra, in forma umana ed erano andati attorno in mezzo agli uomini Atti 14:11. Come molti uomini educati di quel tempo, egli professava probabilmente lo scetticismo; ma la superstizione è spesso la compagna della incredulità, e Pilato forse domandò a sé medesimo: "Che questo prigione sia un Dio in veste umana! Avrei io, nella mia ignoranza, insultato e maltrattato uno degli dèi? "Le parole dei Giudei ebbero dunque sopra Pilato un effetto al quale essi non erano preparati. Non si sarebbero mai figurato che una questione di legge giudaica dovesse fermar la sua attenzione al punto di turbarlo così visibilmente. Pilato aveva senza dubbio udito parlar dei miracoli di Gesù; ora il titolo che egli assume di "Figliuol di Dio" li spiega, e fortifica un terribile presentimento che andava formandosi in lui, cioè che quest'uomo fosse veramente un essere divino apparso in terra. Sente il bisogno di far nuove investigazioni. 9. E rientrò nel palazzo, e disse a Gesù: Onde sei tu? Lasciando di nuovo i Giudei, Pilato fece ricondurre Gesù nel Pretorio, affin di interrogarlo di nuovo in privato. La domanda: "Onde sei tu?" non si riferiva di certo al domicilio terreno di Cristo, "Pilato ben sapeva già che egli proveniva dalla Galilea", bensì alla sua origine personale, dal punto di vista del titolo che si era dato: "Sei tu di questo, o di un altro mondo? Sei tu un uomo o uno degli dèi? Qual'è la vera tua natura e la tua storia? Dimmi chiaramente se tu sei un essere superiore, od un mero uomo, affinché io sappia che cosa devo fare a tuo riguardo. Ma Gesù non gli diede alcuna risposta. Perché? 1. Gesù già aveva toccato questo argomento nel suo primo interrogatorio Giovanni 18:36-37; ma Pilato gli aveva voltato le spalle con disprezzo, e non era meglio preparato ora a comprendere la sua risposta. 2. Egli sapeva che, per quanto Pilato fosse agitato dal timore, non era però sinceramente disposto a ricevere la verità, e come già aveva ceduto alle domande dei suoi nemici, così era pronto a cedere loro ancora, epperciò non era meritevole di risposta. 3. La questione della colpabilità o della innocenza di Gesù, questione che Pilato doveva ora decidere, niente aveva che vedere colla sua origine, perciò egli ricusa di difendersi più oltre. Col suo silenzio in questo momento supremo: come pure nella sua comparsa davanti ad Erode ben fu avverata la profezia: "Egli non ha aperta la bocca" Profeta Isaia cap.53:7. 10. Laonde Pilato gli disse: Non mi parli tu? Non sai tu ch'io ho podestà di crocifiggerti e podestà di liberarti? Nel Greco il pronome personale vien primo, con enfasi singolare, nelle parole di Pilato: "A me non parli tu?" Pilato è sorpreso ed offeso al tempo stesso che un povero prigioniero disubbidisca ai chi ha dietro di sé tutta la potenza romana. Ogni allarme ed ogni simpatia sono scomparse dal suo cuore, per lasciarvi solo l'orgoglio ferito, che si manifesta nel duplice vanto che segue, e col quale si direbbe che Pilato voglia influire sul suo prigioniero mediante la speranza ed il timore. "Questo stesso vanto", dice Alford, "dimostra l'ingiustizia di Pilato. Nessun giudice integro si vanterebbe di un tal potere di punire o di liberare. Il giudice non ha altra autorità che di esaminare pazientemente le cause, e di dar sentenze conformi alla verità". Quegli uomini stessi che più vantano il loro potere, cono spesso, come Pilato schiavi d'ella pubblica opinione. 11. Gesù rispose: Tu non avresti alcuna podestà contro a me se ciò non ti fosse dato da alto; Il Signore ripudia; senza esitazione il vanto di Pilato; gli nega di possedere alcun potere indipendente sopra di lui e dichiara, che perfino la sua podestà limitata, qual magistrato romano, di metterlo a morte, gli è "data da alto", cioè dal cielo, affinché sieno adempiuti l'eterno consiglio di Dio, e tutte le profezie che lo avevano fatto conoscere. Se non fosse di ciò, egli dichiara che Pilato non avrebbe autorità di sorta alcuna, sopra di lui. Una tal dichiarazione rivela la divina sua origine, poiché lo dice proveniente egli stesso da quella regione medesima, "dall'alto" dalla quale Pilato aveva ricevuto la limitata sua podestà. perciò colui che mi t'ha dato nelle mani ha maggior peccato. Il governatore era uno strumento in mani altrui; ma il Signore, pure ammettendo questa circostanza attenuante, non lo dichiara però senza colpa, poiché aveva riconosciuto innocente l'accusato, e violentava la propria coscienza non mettendolo in libertà. Ma la colpa maggiore della morte di Cristo giacerà alla porta di altri. Chi è il "colui" di cui parla qui il Signore? Senza dubbio vengon qui indicati tutti quelli che avevano avuto parte, officialmente o no, nel metterlo nelle mani del governatore: Giuda, Anna, Caiafa, il Sinedrio, l'intero popolo Giudaico, rappresentato dai suoi rettori e dal suoi sacerdoti, i quali avevano condotto il Signore nel Pretorio, e si valevano della debolezza di Pilato per ottenerne la morte. Il loro era il maggior peccato, perché maggiore pure era la luce che possedevano. Pilato era un Gentile; nulla sapeva del Messia e dei segni suoi distintivi; i Giudei possedevano "gli oracoli di Dio", i quali rendevano testimonianza al Messia. Professavamo di conoscere il vero Dio, eppure agivano in modo direttamente contrario alla sua volontà. Pilato era semplice strumento; essi erano la causa prima; egli agiva contrariamente. alla propria volontà, per mancanza di coraggio, per timore di perdere il suo posto elevato; essi erano mossi da un odio implacabile verso Gesù. 12. Da quell'ora Pilato cercava di liberarlo; Benché Gesù lo avesse apertamente condannato, Pilato questa volta non si offende; un altro sentimento riempie il suo cuore, cioè un rispetto profondo "per quell'Essere misterioso, la cui stessa impotenza compariva più solenne e più grandiosa che la più eccelsa podestà" (Farrar). Divenne più ansioso che mai di liberarlo; ma non aveva il coraggio di farlo altrimenti che col consenso degli accusatori. Una sola parola, emanata da quel potere di cui erasi vantato a Gesù, sarebbe bastata a questo scopo; ma il suo interesse personale non gli permetteva di pronunziarla. ma i Giudei gridavano, dicendo: Se tu liberi costui, tu non sei amico di Cesare: chiunque si fa re si oppone a Cesare. Decisi ad ottenere la morte di Gesù, i Giudei passano da un'accusa ad un'altra. In sulle prime si mostrano pieni di zelo per gli interessi dell'imperatore; non ottenendo lo scopo con quel mezzo, mettono avanti l'accusa di bestemmia, che la loro legge puniva di morte; ed ora, vedendo che ciononostante Pilato cerca ancora di liberar Gesù, presentano l'accusa politica di prima dandole tal forma, che Pilato non avrebbe certo ardito trascurarla: Se tu liberi costui, tu non sei amico di Cesare. Sin dal tempo di Augusto, il titolo di "Amico di Cesare" era stato occasionalmente conferito a legati, prefetti e proconsoli, come un'alta distinzione onorifica, e può darsi che la speranza di ottenerla avesse talvolta brillato dinanzi agli occhi di Pilato. In tal caso, le parole dei Giudei potevano voler dire: "Se lasci sfuggire costui, abbandona pure ogni speranza di onori e di favori, per parte dell'imperatore". Anzi era una chiara minaccia di un'accusa di alto tradimento, quella che più temevano gli alti funzionari dell'impero, specialmente se avevano il carattere di Pilato o di Felice. Da quel momento svanisce ogni speranza per Pilato di salvare il suo prigioniero. Troppo bene egli conosce il carattere crudele e sospettoso di Tiberio, al cui orecchio già erano giunte altre lagnanze contro di lui. Un'accusa di aver trascurato gli interessi imperiali, o favorito un ribelle, non poteva che farlo cadere in disgrazia, ed anche metter la vita sua in pericolo. Piuttosto che correre un tal rischio, egli è pronto a lasciar perire un innocente. "Sarebbe difficile dire quale dei due presentava, a questo momento, lo spettacolo più dispregevole e più vile: di Pilato che calpesta la sua coscienza per timore di dispiacere ad un monarca terrestre, o dei Giudei, i quali, pur di far perire Gesù, si fingono più teneri degli interessi di Cesare che lo stesso suo rappresentante, e volontariamente proclamano la loro vergogna qual popolo vinto. Dall'una parte abbiamo lo spettacolo della codardia, dall'altra quello della duplicità; ed entrambe si dànno la mano per un assassinio crudele" (Ryle). 13. Pilato adunque, avendo udite queste parole, menò fuori Gesù, Mentre faceva un ultimo sforzo per liberarlo Giovanni 19:12, Pilato aveva lasciato Cristo nel Pretorio; ma udita la minaccia fatta contro di lui, si era deciso ad assicurare la propria salvezza a spese dell'innocente Gesù, ed ora lo conduce fuori per pronunziare sentenza di morte contro di lui, in modo ufficiale e dall'alto del suo tribunale, che non sembra avere occupato fino a quel momento. e si pose a sedere in sul tribunale, nel luogo detto Lastrico, ed in ebreo Gabbata; Essendo Erode a Gerusalemme durante la Pasqua, è certo che occupava il palazzo della sua famiglia sul Monte Sion, e che Pilato risiedeva nella torre o fortezza Antonia, che viene anch'essa chiamata palazzo, "il pretorio" Giovanni 18:28. Qui, ora nell'interno, ora al di fuori, venne condotto a compimento il processo di Gesù. Davanti alla fortezza, eravi una specie di lungo rialzo lastricato, chiamato in greco il "lastrico", ed in ebraico od aramaico Gabbata, probabilmente da gabba "esser alto". Quivi ergevasi il "tribunale", il quale, a detta di Svetonio, era fatto di lastre portatili di mosaico, facili a rizzarsi in ogni luogo, ed era portato dovunque andavano, dai rappresentanti dell'Imperatore. Su questo tribunale, Pilato ora sedette, umiliato ed irritato, ma pronto ad eseguire la volontà dei Giudei. 14. Or era la preparazione della Pasqua, In questo vers. Giovanni ricorda, passando, il giorno e l'ora della condanna di Gesù per parte di Pilato, e queste sue parole, unite a quanto è detto in Giovanni 18:28, che cioè alcuni dei membri del Sinedrio ancora non avevano mangiato la pasqua, han dato origine a grandi discussioni sulla questione se Cristo e i suoi discepoli avessero anticipato di ventiquattro ore il pasto pasquale, o se la cena, ricordata in Giovanni 13:1, non si debba considerare come un pasto qualunque, e non già come la cena pasquale. I Sinottici non permettono di mettere in dubbio che Gesù abbia realmente celebrato, ancora una volta prima di morire la gran festa nazionale dei Giudei, nel giorno stesso, "14 di Nisam", fissato dalla legge, ed abbiamo dimostrato che, ad onta delle parole di Giovanni 18:28, non v'ha divergenza fra Giovanni ed essi, riguardo alla data di quella cena, Vedi Note Luca 22:14 e Giovanni 18:28. Se non fosse quest'ultimo passo, le parole "la preparazione della pasqua", "rapa", non avrebbero presentato difficoltà alcuna. È questo il solo passo della Scrittura in cui ci venga parlato di un giorno di preparazione speciale in connessione colla festa di Pasqua; ma fatto sta che una tal connessione è solo apparente. È ammesso da tutti che appo i Giudei, il giorno che precedeva ogni sabato, cioè il nostro venerdì, era detto familiarmente la preparazione, e Giovanni lo mentova due volte in questo medesimo capitolo. Al ver. di Giovanni 19:31 ci dice che i Giudei "pregarono Pilato che si fiaccassero loro le gambe, e che si togliessero via, acciocché i corpi non restassero in su la croce nel sabato, perciocché era la preparazione"; ed in Giovanni 19:42, che Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo deposero il corpo di Gesù nel monumento, prima d'imbalsamarlo, "per cagione della preparazione dei Giudei". In entrambi questi passi, trattasi evidentemente della preparazione per il Sabato, e siccome è lo stesso giorno che quello che vien qui chiamato "la preparazione della pasqua", se ne deve trarre la conclusione che l'evangelista vuol dire: "la preparazione del Sabato della pasqua". Un attento confronto dei passi seguenti: Matteo 27:62; Marco 15:42; Luca 23:54, e specialmente della parentesi di Marco: "perciocché era la preparazione, cioè l'antisabato", conferma questa nostra asserzione. Il giorno prima di ogni Sabato
 
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Se ti fermi a guardare IL FINITO, L’IMPERFETTO, SE TI FERMI A RACCOGLIERE IL DOLORE, SE TI FERMI A PARLARE CON IL DOLORE, ESSO APRIRA’ DAVANTI A TE SOLO UNO SPAZIO DOVE LE OMBRE SI MUOVONO e l’ombra rappresenta l’incognita;  ma se ti fermi a raccogliere il Mio pensiero, se ti fermi a parlare con l’amore che esso possiede, queste ombre si dileguano e sentirai il mio calore avvolgerti, accarezzare la tua anima.

 

Ecco, questo è l’uomo perfetto che IO desidero, l’uomo che innanzi tutto si è saputo vedere e riconoscere lontano da ME, ma che ha fatto di tutto, per accorciare le distanze, fino a sentire il calore del mio amore, invaderlo e accoglierlo. La vostra paura nasce dall’incertezza e l’incertezza porta l’uomo a condurre sentieri sbagliati: la paura si combatte con la fiducia e l’incertezza con la convinzione che IO posso essere quella mano che vi può condurre oltre il vostro buio, oltre ogni vostra fragilità.

 

“Nella preghiera del Padre Nostro si recita: non ci indurre in tentazione. Questa frase che Io ho inserito significa una cosa sola: non che DIO ci induca alla tentazione, ma ho voluto insegnare che vi deve essere un rapporto tra Padre e Figlio molto stretto, dove il figlio chiede al Padre di non lasciarlo solo nella prova, di non lasciarlo solo quando il male viene a tentarlo e vuole separare il suo cuore dal suo”

 

L’uomo cammina su sentieri tortuosi, ma non si accorge che il mio sguardo è sempre poggiato sul suo capo e che quando IO sembro lontano, in realtà, sono più vicino che mai.

 

Non dimenticare che il grano e gramigna crescono insieme, sotto lo stesso sole, sulla stessa terra, ma poi viene il tempo della separazione, affinché l’erba cattiva non soffochi l’erba buona, perché ricorda, che mai il tuo Dio abbandona l’uomo giusto, mai il tuo Dio può lasciare il suo uomo nella tempesta, ma la mia mano, per amore del giusto si alza e ordina ai venti di placarsi e al sole di tornare a risplendere.

 

 

“Guarire i cuori affrantisignifica: portare consolazione a tutti gli uomini, aiuto e lo spirito di verità affinché la loro fede e la loro fiducia in Dio cresca ed  si possa  istaurare il regno promesso da Dio per l’uomo.

 

 

Il giusto non è solo colui che compie la volontà del Padre,

 il giusto non è solo colui che opera per mezzo della fede,

 il giusto è colui che cammina ancora, dopo tanto tempo e tanta fatica,

 per amore, con coraggio e forza, perché questa forza non appartiene alle vostre membra,

ma mi viene data in conformità alla vostra volontà.

 

 

 

 

 

Vedete sulla terra possono nascere  bambini che hanno degli handicap,  e tutto ciò è fonte di dolore sia per chi è genitore e per lo stesso  bambino che vive quella vita molto diversa dagli altri,  ma pensate che  l’amore di DIO abbia voluto  che  la sua creatura  possa essere cosi diversa da tanti? Eppure esiste la diversità, esiste la sofferenza e  solo elevandovi dalla terra capirete che quelle creature  sono un dono di DIO, perché portano a chi le accoglie una grazia particolare e la vita su questa terra è solo un piccolo percorso, poi quando essi rientrano  nella dimensione  del cielo, essi   si ritrovano a  vivere ugualmente ad altri,  in una perfezione indicibile, e qui si capiscono le parole del CRISTO: BEATI I POVERI DI SPIRITO, perché sono proprio queste persone  che hanno sofferto che possono dare  una conoscenza in più alle tante anime che  sono qui e hanno avuto una vita  molto diversa.

 

 
 

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