Creato da soleincielo83 il 12/01/2010

Luce di Dio

NON AVERE PAURA ,LA PAURA E' UN SENTIMENTO CHE NON PORTA ALLA VERITA'

 

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Ecco L'uomo

Post n°63 pubblicato il 31 Marzo 2012 da soleincielo83

Pilato disse al popolo: "Ecce Homo",che significa: Ecco l'Uomo! L'Uomo del dolore, l'Uomo delle amarezze, l'Uomo dell'infamia, l'Uomo che porta su di Sé i peccati del mondo, l'Uomo reietto e disprezzato. Ecco l'Uomo! Quale Uomo? L'Uomo che detiene il trono, il trono di gloria: Gesù di Nazareth! L'Uomo che ha in Sé la potenza e la gloria ed é assiso alla destra del padre. Ecco l'Uomo! L'Uomo della dolcezza, l'Uomo della mansuetudine, l'Uomo dell'esempio, l'Uomo dell'amore. Ecco l'Uomo! L'Uomo che ha dato tutto per il Suo fratello! L'Uomo che ha preso e abbracciato con amore la sofferenza e la malattia del fratello.

Io sono l'Uomo, Io sono l'Uomo del Padre, Carne vivifica del Padre che si é fatto Carne nel Padre e ha dato al Padre la Sua forma umana e il Padre é divenuto Spirito e Carne. Guardate l'umiltà, guardate questa vivificazione unitaria in un mistero incomprensibile alla mente umana che né logica, né autore, né scrittore, né poeta, né scienziato, né chimico può spiegare l'elemento d'amore, l'energia vitale della Trinità santissima.

Io sono Dio fatto Carne contenente il Mistero del Padre nel Suo grande nucleo d'amore!. Come la Chiesa sarà rigenerata? Con l'acqua, lo spirito e il sangue! E come satana marchierà i suoi eletti e la Chiesa farisaica, così nelle Mie Chiese vi sarà il segno, il segno di Cristo impresso sull'altare: l'Agnello e il Sangue e questo sarà il sigillo che confermerà i Miei sacerdoti fedeli, le Mie poche Chiese che rimarranno fedeli a Me. Io sono l'effusione dello Spirito e del Sangue, chi crede in Me sarà salvo. Io fondo lo Spirito e il Sangue, lo Spirito é Parte del martirio, il martirio é parte dello Spirito perché lo Spirito contiene l'Amore alla purificazione e alla penitenza, mentre il martirio contiene lo Spirito d'accettazione al lavacro e alla penitenza. LO Spirito viene da Dio, lo Spirito é parte di Dio, chi cerca lo Spirito effuso nel martirio lo troverà, chi non lo cerca sarà condotto in pasto alla malvagità e la ferocità di chi odia l'uomo, di colui che brama sin dall'eternità di togliere le anime al Padre celeste, il Mio eterno nemico: satana.

Come il Padre ha mandato Me,così Io mando voi! Come il Padre ha la Vita, così Io dono la vita e la sapienza dello Spirito a voi. Nessuno viene al Padre se non viene a Me! Io sono l'Eterno Pensiero che si fa pensiero in parole umane per proclamare la verità nei Miei missionari della Parola del Padre. Quanti ve ne saranno che cammineranno che pur, nonostante le fatiche umane, gli affanni del corpo, continueranno a proclamare che Gesù é vivo in mezzo a loro? Tutto rivivrà! Tutto si riedificherà! Il Padre darà il Suo soffio di vitalità e riedificherà un mondo nuovo da un marciume corruttibile che diverrà incorruttibile ed anche gli uomini diverranno da corruttibili a incorruttibili.

Uomini, uomini caduchi, uomini che possedete sete di amarezze, sete di disprezzo gli uni verso gli altri, come deve camminare ancora il mondo?, quale via ancora volete far prendere a questo mondo, con quale autorità recidete e schiacciate il mondo? Con il vostro fetore di Satana! Vegliate figli, vegliate sul Mio dolore e vegliate su di voi perché il tempo della prova arriva anche per voi. Non si stanchi il vostro corpo di essere vigile, non si stanchino i vostri occhi di essere aperti e non si stanchi il vostro spirito di essere attento! In queste ore in cui tutto ho sofferto desidero che voi incontriate il Mio Cuore, ho tanto bisogno di voi! in quell'ora Io vi ho visti e siete stati i Miei consolatori. Non deludete il Mio Cuore! perché è troppo grande il dolore di un Uomo che, per Amore, si stende su una croce! troppo grande è il dolore di un Dio che, provando Sé stesso, ha ucciso la Sua carne. Io sono dentro di voi, sono il sofferente, Servo obbediente che non si oppone alla Volontà del Padre Altissimo per amore dei Suoi figli. Sono stato un uomo, sono stato come uno di voi ed aprire le Mie braccia per una umanità futura, è amore! solamente amore! Io vi ho guardati in quel momento, in cui la Mia sofferenza era atroce, vi ho guardato ed ho detto: "Questo Mio dolore, Questo Mio sangue servirà per loro, affinché l'uomo divenga la bellezza del creato"; ed ho pianto sapendovi vicino. Non deludete il Mio Cuore, Io vi amo! Vi amo tanto, non deludete il Mio dolore, perché vi renderà uomini nuovi! Vegliate con Me, alleviate le Mie pene! anche ora, anche domani, ma Io non morirò, non morirò se i vostri cuori si uniranno nell'amore; perciò vi chiedo di essere forti, di amarMi così intensamente, perché in questo giorno: voi col vostro amore potrete salvare tantissime anime, e non morirò per il dolore di averle perdute, ma gioirò perché novelli Me si sanno offrire per amore, per l'uomo, per Dio. Vi chiedo di commemorare sì le tappe del Mio calvario, ma ognuno di voi si prenda carico di una croce e stenda il proprio cuore, abbracciando i fratelli che sono in pericolo: questo è ciò che desidero, non lacrime, non tristezza, ma Amore. Perché Io non morirò! perché il vostro amore Mi terrà in Vita in quelle anime che erano morte e ritorneranno a vivere: è questo il Mio desiderio! pregate e vegliate, satana ha chiesto di vagliarvi, ma Io pregherò per voi e l'Amore vi renderà salvi.!!!!!! Perciò imparate il valore dell'amore che sarà la vita, la vita vera. Per tutti questo è il Mio desiderio: pregate, pregate figli Miei ed amatevi, amatevi in quella intensità che Dio dona a voi. Vi lascio la Mia pace, la pace vera e vi dono il sigillo dell'Amore! Vi benedico nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Io sarò con voi e non vi lascerò. Amen! !!!

 
Rispondi al commento:
champions_3
champions_3 il 31/03/12 alle 22:17 via WEB
L'ANALISI, ECCO L'UOMO! Continuazione: veniva detto "la preparazione", perché in esso dovevansi. fare tutti i preparativi necessari per poter passare il sabato in perfetto riposo. Giuseppe Flavio ricorda un decreto imperiale che sospendeva ogni procedimento legale contro ai Giudei, non solo per il sabato, ma pure per la preparazione dopo l'ora nona Antiq. 16, 6, 2, e Wettstein cita un passo di autore rabbinico, nel quale i giorni della settimana vengono enumerati nel modo seguente: "si ricordi il lettore che fra i Giudei il giorno cominciava alle sei di sera; di più abbiamo aggiunto, per maggior chiarezza, i nostri nomi dei giorni in parentesi: Primo (Sabato sera); Secondo (Domenica sera); Terzo (Lunedì); Quarto, (Martedì); Quinto, (Mercoledì); Paraskeuè, ossia Preparazione, (Giovedì); Sabato, (Venerdì)". È chiaro adunque che il giorno corrispondente al nostro Venerdì era detto comunemente preparazione, e Giovanni, parlando qui della "preparazione della Pasqua", vuol dire semplicemente il Venerdì della settimana pasquale. Il Signore fu dunque condannato e crocifisso nel giorno stesso, "contando all'uso giudaico", in cui mangiò per l'ultima volta coi suoi discepoli l'agnello pasquale che era tipo di lui medesimo, e quel giorno era la vigilia del Sabato. Non è dunque vero che egli abbia anticipato la data del 14 di Nisam, nel celebrare la Pasqua. Va notato qui che al ver. 31 Giovanni osserva, che quel giorno non fu una "preparazione" ordinaria, bensì una di speciale notorietà, a motivo della solennità eccezionale del sabato della Pasqua: "Conciossiaché quel giorno di sabato fosse un gran giorno". ed era intorno all'ora sesta; Quest'ultima parte della parentesi è più difficile a spiegare, e ha dato un gran da fare ai commentatori in ogni età. La difficoltà proviene dal fatto che Marco Marco 15:25 dice che il Signore fu crocifisso "all'ora terza", e benché Matteo e; Luca non ci diano l'ora precisa della crocifissione, i loro racconti del fatto stesso tendono a confermar l'asserzione di Marco. Secondo Luca 23:44, risulta che già da qualche tempo Gesù stava in sulla croce, allorquando "intorno delle sei ore si fecero tenebre in su tutta la terra. "Come si spiega questa divergenza apparente fra Marco e Giovanni? Imperocché entrambi scrissero sotto l'influenza dello Spirito di Dio, epperciò non poterono errare, come affermano i critici razionalisti. Varie soluzioni sono state proposte, benché nessuna ci sembri molto soddisfacente. 1) Agostino e Bullinger dicono che Gesù fu crocifisso all'ora terza dalle lingue dei Giudei ed alla sesta per le mani dei soldati! Ma, una tale spiegazione è troppo debole e puerile per poter venir ricevuta; di più, secondo essa, Gesù sarebbe rimasto in croce solo le tre ore di tenebre e non sarebbe stato veduto da nessuno. 2) Si è detto che Marco segue il modo di contare dei Giudei, "i quali ricominciavano a contare le ore dalle sei di mattina, benché il giorno legale fosse cominciato la sera prima, come noi ricominciamo a contarle dalle dodici meridiane, benché il giorno cominci alla mezzanotte", mentre Giovanni contava le ore secondo l'uso romano, i quali, si dice, principiavano, come noi, dalla mezzanotte. Secondo questa teoria, sostenuta da molti, il Signore sarebbe stato condannato dal governatore alle sei di mattina (Giovanni), e crocifisso alle nove (Marco). Ma, oltreché il processo di Gesù dinanzi a Pilato avrebbe in tal caso dovuto cominciare assai tempo prima dell'alba, "e non è probabile che il governatore sia stato disposto a fare fino a quel punto il comodo dei Giudei", rimarrebbe sempre, fra la condanna e la esecuzione, un intervallo di tre ore, di cui non si saprebbe spiegare l'impiego. Ma l'obbiezione più seria di questa teoria si è l'erroneità dell'asserzione su cui è fondata, che cioè i Romani contassero le ore dalla mezzanotte; come i Greci e i Giudei, essi pure contavano le ore del giorno dal levar del sole, dividendolo in dodici ore, come dividevano la notte in quattro vigilie (Adam, Antichità romane, p. 305), e non v'ha luogo di credere che ai giorni di Giovanni si usasse in Palestina un altro modo di contar le ore. 3) La soluzione adottata da Eusebio, Teofilatto, Beza, Usher, Bengel, Scott, Webster e Wilkinson ed altri, si è che s'introdusse qui nel testo un errore di copia, e che la lettera z, che indica in greco il numero 6, è stata scritta invece della lettera g, che indica il 3. "La probabilità di questa sostituzione è avvalorata da un certo numero di buoni MiSSionari e dalla testimonianza di Pietro Alessandrino, il quale asserisce che la lezione originale era "terza" (Webster e Wilkinson). Un tale errore di copia non era punto impossibile; ma siccome l'immensa maggioranza dei codici porta questa soluzione della difficoltà non sarà adottata da quelli che vogliono mantenersi ad ogni costo fedeli al testo della Sacra Scrittura. 4) La spiegazione che incontra il numero minore di difficoltà è stata suggerita da Calvino e adottata da Lampe, Poole, Berkitt, Hengstenberg, Ellicott, Godet, Brown, ecc. Essa è basata sul fatto che i Giudei dividevano le dodici ore del loro giorno in quattro parti: la terza ora che andava dalle 6 alle 9; la sesta dalle 9 alle 12; la nona dalle 12 alle 3, la dodicesima dalle 3 alle 6. Queste grandi divisioni racchiudono le ore intermedie, sicché qualsiasi momento dalle 6 alle 9 di mattina poteva venir chiamato l'ora terza, e qualsiasi momento dalle 9 al mezzodì l'ora sesta. In questo modo non occorre far violenza al testo di Giovanni. Così Marco come Giovanni intendono dire che Gesù venne condannato e crocifisso verso le 9 ore ant. solo l'uno chiama quel momento ora terza, la quale stava per finire; l'altro lo chiama ora sesta, di cui era il principio. e disse ai Giudei: Ecco il vostro Re. Queste parole di Pilato contengono un amaro sarcasmo, diretto non già contro a Gesù, la cui mansuetudine ed innocenza avevano fatto sopra Pilato una profonda impressione, bensì contro i Giudei, ai quali Pilato vuol far sentire il supremo suo disprezzo. La propria coscienza lo condannava, perché, per mera debolezza, egli commetteva una ingiustizia flagrante, ed egli manifesta il proprio vivissimo dispiacere, versando la sua indignazione e il suo disprezzo su quelli che lo avevano costretto a condannare il Signore. 15. Ma essi gridarono Togli, togli, crocifiggilo. Pilato disse loro: Crocifiggerò io il vostro Re? I principali sacerdoti risposero: Noi non abbiamo altro re che Cesare. Questo versetto ci presenta una lotta breve, ma violenta, fra il governatore romano e i capi del popolo Giudeo: Pilato, per ispirito di vendetta, chiama ripetutamente loro re l'uomo dai Giudei mortalmente odiato; essi domandano con insistenza ognor crescente che venga crocifisso, e finalmente, resi forsennati dal sarcasmo di Pilato, si umiliano fino nel fango, confessando, colle proprie labbra, che la teocrazia è abolita, che la loro nazionalità è scomparsa, in breve che non vogliono altro re all'infuori di Cesare. 16. Allora adunque egli lo diede lor nelle mani, acciocché fosse crocifisso. In questa umiliante confessione dei Giudei, Pilato sentì che la sua vendetta era completa, e che qualsiasi altro tentativo per liberar Gesù, non avrebbe se non peggiorato la sua posizione di fronte a Roma. Lo abbandonò adunque ai sacerdoti, per esser crocifisso. Nessuno degli 4 evangeli ci dice che Pilato abbia pronunziato colle proprie labbra le parole di condanna: Ibis ad crucem, "andrai alla croce"; ma questo non importa. Queste parole provano che, in un modo, o nell'altro, egli diede il suo consenso in forma così chiara, che il tumulto cessò, ed i quattro soldati, scelti ad eseguire la sentenza, presero in consegna Gesù, e si disposero a crocifiggerlo, sotto la direzione dei sacerdoti giudei. Giovanni 19:16-30. LA CROCIFISSIONE E LA MORTE DEL SIGNORE 16. cont. ed essi presero Gesù, e lo menarono via. I fatti occorsi sulla via dal Pretorio al Golgota non sono ricordati dal nostro Evangelo. Li dobbiamo dunque prendere dagli altri. Furon due soli. Le false tradizioni della Chiesa Romana ne narrano è vero molti altri, come accaduti sulla via Dolorosa, e ne fanno il soggetto di stazioni qua e là esposte alla adorazione, dei fedeli. Ma il Vangelo non offre per queste leggende fondamento alcuno. Son tutte invenzioni francescane, e della via Dolorosa stessa non vien fatta menzione prima del 14°simo secolo. Ci siamo convinti sul luogo che la dolorosa processione, anziché seguire la strada che va ad ovest; si volse dalla Torre Antonia verso la porta orientale di Gerusalemme, e sì fermò sopra uno dei poggi che dominano la valle di Giosafat. 17 17. Ed egli, portando la sua croce, uscì al luogo detto del teschio, il quale in ebreo si chiama Golgota. Per la situazioni del Golgota, Vedi nota Luca 23:33. Da Matteo 27:34 e da Marco 15:23, veniamo a sapere che non appena giunti al Golgota, e prima di crocifiggerlo, i carnefici di Gesù gli offrirono "aceto", ossia vino debole ed agro, che i soldati romani bevevano misto con acqua. Lo si condiva spesso con erbe amare per renderlo più atto ad inebriare, e davasi ai condannati a morte per attutire le loro sofferenze. Marco ci dice che in questo caso quell'aceto era "condito con mirra". Matteo parla piuttosto di fele, che era assai più forte. "Avendolo gustato", il Signore adempì la profezia, ma al tempo stesso ricusò di bere. A lui non occorreva aiuto esterno; alcuno per mitigare le sue pene, per fargli scordare la maledizione che portava, e la gran salvezza che stava operando. Senza dubbio respinse quel narcotico per lo stesso pensiero, che già avevagli fatto esclamare: "Non berrei io il calice il quale il Padre mi ha dato?" Giovanni 18:11. 18 18. E quivi lo crocifissero, Riguardo al modo della crocifissione, Vedi nota Luca 23:33. e con lui due altri, l'uno di qua, e l'altro di là, e Gesù in mezzo. Tutti e quattro i evangeli ricordano non solo che Gesù fu crocifisso tra due briganti, ma pure l'ordine in cui i tre vennero disposti, Gesù essendo nel mezzo dei due altri. Questo venne senza dubbio fatto con premeditazione, affin di mettere il delitto attribuito a Gesù sul livello medesimo che il loro. Era un'ultima indegnità inflittagli, una pubblica dichiarazione che non lo si giudicava punto migliore dei più vili delinquenti. Vedi nota S.Luca 23:33. Le sette memorabili parole di Gesù in croce. Una di queste è stata ricordata da Matteo 27:46, tre da Luca 23:34,43,46, e tre da Giovanni Giovanni 9:27,28,30. La prima di queste parole in ordine cronologico trova il suo posto il ed è una preghiera rivolta da Gesù al suo Padre il favore dei suoi carnefici, probabilmente al momento stesso in cui lo inchiodavano alla croce: "Padre, perdona loro, perciocché non sanno quello che si fanno. Per l'esposizione Vedi Luca 23:34. La seconda fu rivolta ad uno dei ladroni, crocifissi con lui. S.Giovanni si contenta di dire che furono crocifissi l'uno di qua, l'altro di là di Gesù; ma il fatto interessante che entrambi erano al principio nemici di Cristo, e che uno di essi continuò ad insultare il Signore, mentre il cuore dell'altro fu cambiato a segno che si affidò a Cristo come al suo Salvatore, è raccontato da Luca, che riferisce la risposta di Gesù al ladrone convertito: "Io ti dico in verità, che oggi tu sarai meco in paradiso". Per l'esposizione. Vedi Note Luca 23:39-42. Il titolo che Pilato sovrappose alla croce di Gesù, e più non volle cambiare, Giovanni 19:19-20 19. Or Pilato scrisse ancora un titolo, e lo pose sopra la croce; e v'era scritto: Gesù il NAZAREO, IL RE DEI GIUDEI. Era abitudine fra i Romani di scrivere sopra un cartello il delitto del condannato, il quale doveva portarlo egli medesimo, fino al luogo del supplizio; quindi lo si affliggeva alla croce sopra il suo capo. Giovanni ci dice che, nel caso di Gesù, Pilato stesso scrisse quel cartello di propria mano, benché senza dubbio qualche suo segretario dipoi lo traducesse per lui in Aramaico, e fors'anche in Greco. Importa poco sapere se il Signore portasse egli medesimo quella iscrizione fino al Golgota; ma è essenziale notare che, secondo Giovanni, Pilato stesso ne fu l'autore, ed invero essa è tutta quanta improntata di quello stesso spirito di sarcasmo vendicativo che già aveva dettato molte sue parole durante il processo di Gesù. Il titolo stesso non vien dato in modo identico da tutti e quattro i vangeli; ma tutti, ci riferiscono la sostanza dell'accusa nel medesimo formulata contro a Gesù, che cioè egli si era dato come re dei Giudei. 20 20. Molti adunque dei Giudei lessero questo titolo, perciocché il luogo ove Gesù fu crocifisso, era vicino della città; e quello era scritto in Ebreo, in Greco e in Latino. Luca e Giovanni ci dicono che quel titolo fu scritto in tre lingue, ma non mentovano queste nel medesimo ordine; è dunque impossibile decidere quale dei due ci dà il titolo esatto, benché alcuni propendano ad ammettere come tale il titolo aramaico dato da Giovanni, per esser quello il linguaggio del paese, oltreché, anche scritto per intero, doveva occupare meno spazio degli altri sulla tabella in capo alla croce. Checché ne sia di ciò, importa notare l'osservazione di Webster e Wilkinson, cioè che "il titolo fu scritto in tre lingue", e non semplicemente in tre caratteri diversi, e ciò basta a spiegare le varianti degli evangeli su questo punto. Ogni titolo non fu una mera copia degli altri; ma venne composto conformemente all'uso della lingua in cui era scritto. La mano di Dio si manifestò nel guidare l'ira di Pilato in modo che il vero titolo del Messia "il Re dei Giudei" rimanesse per sempre associato alla croce sulla quale lo avevano inchiodato i suoi concittadini, e che le tre lingue principali del mondo antico l'Aramaico, che era il linguaggio del paese, e poteva venir letto da tutti, il Greco, che era, la lingua colta, il Latino, che era la lingua officiale sieno state usate per proclamarlo al mondo intero. "Giovanni solo ricorda che l'iscrizione venne letta da molti. Egli fu presente alla crocifissione e vide coi propri occhi moltitudini di Giudei, accorsi da ogni dove per la Pasqua in Gerusalemme, leggere quel titolo. L'ultimo giorno solo rivelerà quale effetto una tal lettura produsse in quei dì; quali frutti, e in quali distanti paesi, risultarono dalla testimonianza di quelli che in quel giorno memorando avevano letto sulla croce di Cristo le significanti parole: "Gesù il Nazareo, il re dei Giudei". 21 21. Laonde i principali sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: Non iscrivere: Il Re dei Giudei; ma che costui ha detto: Io sono il Re dei Giudei. 22. Pilato rispose: io ho scritto ciò ch'io ho scritto. Pare che, per quanto sorvegliassero da vicino la crocifissione di Gesù, fosse sfuggito ai Giudei il titolo fatto preparare da Pilato. Non lo videro che quando la croce venne rizzata al suo posto, e solo allora si accorsero che Pilato si era vendicato di loro col pubblicare sulla croce l'insulto mortale che già egli aveva loro scagliato in faccia durante il processo di Gesù, facendo così conoscere al mondo che l'uomo inchiodato sul legno infame, frammezzo a due sicari, altro non era che il legittimo "re dei Giudei". "Principali sacerdoti", ossia i personaggi più influenti della nazione, subito corsero da Pilato per indurlo a modificare quel titolo, in modo da far credere che Gesù era stato un impostore, che avea detto: "Io sono il Re dei Giudei". Così speravano senza dubbio liberarsi della responsabilità della sua morte, dando a credere che egli era stato crocifisso per avere assunto un titolo cui non aveva diritto alcuno. Ma Pilato non era più l'uomo di poche ore prima. Fra il suo desiderio di salvare Gesù, e il suo timore di compromettersi di fronte all'imperatore, aveva allora mostrato una indecisione che il Sinedrio si avvide di poter volgere a suo favore, e che vinse infatti, mediante gl'incessanti clamori delle turbe. Ora però, il male che Pilato avrebbe voluto evitare era fatto; d'altra parte non si poteva accusarlo a Roma di lesa maestà; eccolo dunque libero di dare sfogo al suo odio ed al suo disprezzo verso i Giudei; indi la sua breve ed altiera risposta: "Rifiuto i vostri suggerimenti; sono capace di giudicar da me di quello che devo fare: io ho scritto ciò ch'io ho scritto". La forma della sua risposta osserva Westcott, "è eminentemente romana, benché si trovi pure negli scritti rabbinici. La descrizione che dà Filone del carattere di Pilato, "Leg. ad Caium, 38" chiamandolo ostinato ed implacabile, corrisponde a questo racconto di Giovanni. "È impossibile non osservare in tutto ciò la mano della Provvidenza. Pilato senza dubbio non pensava che ad insultare e ad esasperare i Giudei con questo titolo; in realtà egli onora e glorifica Gesù. Inchiodandolo al disopra della croce, egli proclama l'adempimento della profezia pronunziata secoli prima da Daniele Daniele 9:26, relativamente al tempo nel quale "il Messia sarebbe sterminato". Pilato non si volle dipartire da quanto aveva scritto, che cioè Gesù era "il Re dei Giudei", perché Iddio lo aveva scritto prima di lui. Ben dice Burkett: "La costanza di Pilato in questa occasione non può venire attribuita che ad una speciale provvidenza di Dio. È veramente meraviglioso il vedere quell'uomo sì incostante poco prima, ora irremovibile come una colonna di bronzo. Donde proviene ciò, se non dallo Spirito di Dio che si serve di lui come di uno strumento, movendolo prima a scrivere, quindi a difendere quello che avea scritto? 23. Or i soldati, quando ebbero crocifisso Gesù, presero i suoi panni, e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato, e la tonica. I vestimenti dei condannati a morte appartenevano di diritto agli esecutori della sentenza, i quali, nel caso di Gesù, sembrano essere stati in numero di quattro. Quando si trattò di arrestarlo in Ghetsemane, fu mandata una intera coorte, per timore di una sollevazione dei suoi discepoli; ma ora quattro uomini comandati da un centurione Marco 15:44; Luca 23:47, vengono considerati bastanti a mantenere l'ordine sul teatro della crocifissione. Questi presero i vestimenti di Gesù, cioè l'ampio mantello di sopra e fors'anche la camicia più corta che portava in sulla pelle, insieme a ciò che gli copriva il capo, alla cintura ed ai sandali. Di tutte queste cose fecero quattro Parti; sulle quali, per evitare ogni contestazione, trassero la sorte. 24. Or la tonica era senza cucitura, tessuta tutta al di lungo fin da capo; laonde dissero gli unì agli altri: Ma quando si trattò di dividere a quel modo la stretta tunica, che dal collo scendeva ai piedi, rimasero siffattamente colpiti dalla bellezza del tessuto dovuto forse all'affetto di qualcuna delle devote donne Galilee, le quali ministravano a Gesù che mutarono parere, ed anziché stracciarla in quattro pezzi, decisero che apparterrebbe tutta intera a colui di loro che verrebbe designato dalla sorte. Non la stracciamo, ma tiriamone le sorti, a cui ella ha da essere; acciocché si adempiesse la scrittura, che dice: Hanno spartiti fra loro i miei panni, e hanno tratto, la sorte sopra la mia vesta. I soldati adunque fecero queste cose. Questo versetto ci dice che l'atto dei soldati romani fu un adempimento preciso della profezia messianica pronunziata da Davide un migliaio d'anni prima Salmo 22:18. Essi non s'immaginavano di certo che, mentre spartivano i vestiti di uno del quale avevano eseguito la sentenza, preparavano in, realtà una prova di più della verità delle Scritture. I critici invero dichiarano che i due membri della frase sono interamente sinonimi, e che non v'ha distinzione fra lo "spartire" e il "tirare la sorte", nella citazione del Salmo 22. fatta qui da Giovanni. Rispondiamo che una tale distinzione esiste chiaramente nel Salmo, ma scompare nella traduzione dei Settanta, dalla quale Giovanni cita letteralmente questo passo. "Che una profezia così specifica, non solo sia stata adempiuta alla lettera, ma sia stata da quattro soldati romani, senza intervento alcuno degli amici o dei nemici di colui che pendeva dalla croce, è certamente cosa da mettersi fra le maraviglie di quella scena meravigliose" (Brown). Gesù schernito ed insultato in sulla croce. Giovanni passa sotto silenzio questo soggetto; ma gli scrittori dei quattro Evangeli è chiaro che, oltre ai ladroni, dei quali abbiamo già parlato, tre classi di persone scagliarono ogni maniera d'insulti sul capo di Gesù, mentre egli pendeva dalla croce. 1. Gesù insultato dai passanti Matteo 27:30; Marco 15:29. Nel giorno precedente la Pasqua, i Giudei cessavano da ogni opera servile, sicché la valle di Giosafat e il pendio dell'uliveto dovevano esser coperti da una moltitudine disoccupata, e il fatto di tre crocifissioni al tempo stesso non poteva mancar di attrarre l'attenzione di molti, tanto più che il Golgota era vicino a Gerusalemme. Questa prima classe di insultatori di Gesù, giudicando dal rimprovero che gli fanno, doveva esser composta di cittadini piuttostoché di gente di campagna. S.Marco ci dice che essi "l'ingiuriavano, scotendo il capo, e dicendo: Eia, tu che disfai il tempio ed in tre giorni lo riedifichi, salva te stesso, e scendi giù di croce". Lo scuotere il capo, il grido "Eia" esprimevano insulto, derisione, trionfo. Nella prima visita che fece al santuario di Gerusalemme, dopo cominciato il suo pubblico ministerio, a Gesù era stato chiesto un segno della sua autorità per purificare il tempio, ed egli avea risposto: "Disfate questo tempio, e in tre giorni io lo ridirizzerò" Giovanni 2:19. Egli parlava del proprio corpo; ma quelli che l'udirono intesero le sue parole del tempio, per il quale nutrivano una riverenza idolatrica. Quel detto di Gesù aveva fatto una impressione, profonda e sfavorevole sugli abitanti di Gerusalemme. Vediamo infatti che una versione distorta di quel detto era stata il principale capo d'accusa contro il Signore dinanzi al Sinedrio, la notte precedente, e questi passanti a meno che si adotti l'idea di Farrar che essi fossero i cospiratori e i falsi testimoni che avevano tramato la morte di Gesù lo avevano pure presente alla mente e se ne valgono per insultare e coprire di ridicolo il misero che era inchiodato in sulla croce. 2. Gesù schernito dai sacerdoti e dagli anziani Matteo 27:41-43; Marco 15:31-32; Luca 23:35. Tutti e tre i Sinottici ricordano il contegno insultante e blasfematorio dei sacerdoti e degli anziani dei Giudei, appiè della croce di Cristo. Si sarebbe potuto supporre che, dopo aver ottenuto la morte di colui al quale avevano mosso una guerra così spietata, avrebbero lasciato ad altri la esecuzione della sentenza, contentandosi di rallegrarsi in privato della loro vittoria sopra Pilato; ma così intenso era l'odio loro verso il Signore, che lo seguirono fino al Golgota, per godersi la sua agonia, e beffarsi perfino della sua fiducia in Dio. S.Matteo si ferma in modo speciale a descrivere questo contegno dei rettori d'Israele. Le beffe dei passanti fondavansi sopra un punto solo: la supposta ricostruzione del tempio in tre giorni. I sacerdoti si fondano sopra due. Il primo vien loro suggerito dal titolo affisso per ordine di Pilato sopra alla croce, e che feriva così profondamente il loro orgoglio nazionale: "Se egli è il re d'Israele, scenda ora giù di croce". Questo malfattore inchiodato sul legno infame sarebbe davvero il re d'Israele! Lo provi, scendendo dalla croce, e noi crederemo in lui. Vane parole! Questi insultatori di Gesù non erano più capaci di arrendersi a qualsiasi prova. Nel loro stato di mente non potevan più credere a nulla né c'era evidenza che li potesse convincere. Eran decisi a non credere a nulla che potesse mortificare il loro orgoglio, contrariare le loro passioni, condannare il loro carattere e la loro condotta. Il grande ostacolo che li impediva di credere era la profonda corruzione della loro natura. Il secondo punto sul quale fondansi i loro scherni a Gesù, è la parola da lui stesso pronunziata poco prima dinanzi al Sinedrio: "Io sono il Figliuol di Dio". Qui il loro linguaggio più ancora che insultante diviene blasfematorio. Scherniscono in Gesù la sua fiducia nel suo Padre Celeste, la dichiarano vana, e sfidano l'Onnipotente stesso a liberarlo dalla croce, caso mai potesse compiacersi in un essere così vile. Perfino le parole che essi pronunziarono in questa circostanza erano state predette secoli prima, in uno dei Salmi messianici Salmo 22:8, nel quale tutti i vituperi che doveva subire il Messia sono partitamente descritti. In mezzo a quegli insulti, Dio volle però che la bocca dei suoi nemici proclamasse una grande verità: "Egli ha salvati gli altri". Certo, così dicendo, non intendevano testimoniare a favor suo, anzi si vantano che la sua potenza miracolosa non lo aveva salvato dalle mani degli Scribi e dei Farisei. Quelle parole sono pur sempre una testimonianza, resa al momento della sua più profonda umiliazione, che la sua era stata una vita sommamente utile e benefica, e che egli "andò attorno facendo benefici" Atti 10:38. Le ultime parole: "non può salvare sé stesso", non son vere nel senso letterale in cui le intendevano i sacerdoti, imperocché, colla stessa facilità colla quale ruppe tre giorni dopo le catene della morte, Gesù avrebbe potuto strappare i chiodi e scendere dalla croce; esse son vere però in senso spirituale, imperocché un decreto divino aveva deciso che le sue sofferenze e la sua morte in croce dovessero costituire il grande sacrificio espiatorio per il peccato, "la via recente e vivente per il ritorno dell'uomo a Dio, il fondamento di quel regno spirituale di cui Cristo è il capo, e i credenti sono i membri spirituali; e tutto questo meraviglioso e glorioso Diario di salvezza non sarebbe mai stato adempiuto ove Cristo avesse salvato sé stesso". Ecco l'Agnello di Dio! Ammiriamo ed adoriamo quell'amore per noi, che si mantenne inalterato in mezzo all'abbandono degli amici ed agli improperi dei nemici; che sopravvisse all'agonia del Ghetsemane, alle crudeltà del Pretorio, alle indicibili torture del Calvario. 3. Gesù beffato dai soldati. Questo fatto ci vien riferito da Luca, e ci fa vedere che, coll'eccezione del piccolo gruppo formato dalle donne fedeli e da Giovanni, tutti quanti si trovavano vicino alla croce di Cristo presero parte agli insulti diretti contro di lui. In Luca 23:36-37, leggiamo: "Or i soldati ancora lo schernivano, accostandosi, e presentandogli dell'aceto; e dicendo: Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso". Questi soldati romani nulla sapevano della lotta che aveva condotto Cristo alla croce; ma l'esempio è contagioso. Vedendo Gesù fatto segno agli scherni ed agli improperi vogliono essi pure la parte loro della immonda gazzarra. Poco si curavano della riedificazione del tempio, e nulla dice loro il nome augusto di "Figliuol di Dio"; ma il titolo che essi medesimi avevano inchiodato al sommo della croce, e che proclamava Gesù "Re dei Giudei", dà loro un appiglio a beffeggiarlo ed a schernirlo. Pretendeva dunque quel meschino strappare la terra di Canaan al potentissimo imperatore romano? E siccome era venuto per essi il momento di desinare, gli offrono in derisione una coppa piena del vinello od aceto, che formava con acqua la solita loro bevanda, e ripetono le parole schernitrici dei Giudei contro ad un re, il cui trono è una croce, e la cui corona è tessuta di spine! "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". Mentre Gesù poneva "l'anima sua qual sacrificio per la colpa", come ben si avverava la profezia di Isaia a suo riguardo: "Egli è stato sprezzato, abbandonato dagli uomini; è stato un uomo di dolori, ed esperto in languori; è stato come uno dal quale ciascuno nasconde la faccia; è stato sprezzato talché noi non ne abbiamo fatto alcuna stima" Isaia 53:3 Revisione Guicciardini. 25. Or presso della croce di Gesù stava sua madre, In Matteo 27:55 leggiamo che "molte donne", d'infra i discepoli Galilei, stavano "riguardando da lontano" la scena della crocifissione, anche fin dopo il terremoto che segnò il momento della morte di Gesù, Giovanni qui ci dice che alcune di esse si avvicinarono fino alla croce, per udire ancora qualche parola dell'amato Maestro, e dimostrargli fino alla fine il loro affetto Giovanni era con esse, benché colla sua consueta modestia non parli di sé. La prima che egli nomina è Maria, la "madre" del Signore, "che la Scrittura non chiama mai la Vergine Maria". Nessuna parola umana potrà mai descrivere il dolore che straziava l'anima di quella santa donna appiè della croce del figliuolo; ma siccome, fin dal principio, essa avea tesoreggiato ogni parola riferentesi ad esso, ora poté capir meglio che mai le parole indirizzatele da Simeone nel tempio: "Una spada trafiggerà a te stessa l'anima" S.Luca 2:35. e la sorella di sua madre, Chi era costei? Furon tre o quattro le donne appiè della croce? Il testo Greco lasciala questione indecisa. Sostengono molti che "Maria di Cleopa" è una apposizione di "sorella di sua, madre", che cioè quella sorella si chiamasse Maria di Cleopa. In questo modo il numero si ridurrebbe a tre. Ma ci par più probabile che Maria di Cleopa fosse un'altra donna che la sorella della madre di Gesù, cosicché quattro sarebbero state le donne presenti appiè della croce. Secondo noi, la sorella di Maria è Salome, madre di Giacomo e di Giovanni, che Matteo e Marco nei passi paralleli S.Matteo 27:56; S.Marco 15:40, mentovano espressamente per nome, mentre S.Giovanni lo tace, per quella sua naturale modestia ogni qualvolta trattasi di lui o dei suoi più intimi congiunti. Già al secondo secolo la versione Siriaca, "Peshito", adottò questo modo di vedere, ed inserì "e" dinanzi a "Maria di Cleopa". Ammettendo che Salome, moglie di Zebedeo, sia la persona in
 
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Se ti fermi a guardare IL FINITO, L’IMPERFETTO, SE TI FERMI A RACCOGLIERE IL DOLORE, SE TI FERMI A PARLARE CON IL DOLORE, ESSO APRIRA’ DAVANTI A TE SOLO UNO SPAZIO DOVE LE OMBRE SI MUOVONO e l’ombra rappresenta l’incognita;  ma se ti fermi a raccogliere il Mio pensiero, se ti fermi a parlare con l’amore che esso possiede, queste ombre si dileguano e sentirai il mio calore avvolgerti, accarezzare la tua anima.

 

Ecco, questo è l’uomo perfetto che IO desidero, l’uomo che innanzi tutto si è saputo vedere e riconoscere lontano da ME, ma che ha fatto di tutto, per accorciare le distanze, fino a sentire il calore del mio amore, invaderlo e accoglierlo. La vostra paura nasce dall’incertezza e l’incertezza porta l’uomo a condurre sentieri sbagliati: la paura si combatte con la fiducia e l’incertezza con la convinzione che IO posso essere quella mano che vi può condurre oltre il vostro buio, oltre ogni vostra fragilità.

 

“Nella preghiera del Padre Nostro si recita: non ci indurre in tentazione. Questa frase che Io ho inserito significa una cosa sola: non che DIO ci induca alla tentazione, ma ho voluto insegnare che vi deve essere un rapporto tra Padre e Figlio molto stretto, dove il figlio chiede al Padre di non lasciarlo solo nella prova, di non lasciarlo solo quando il male viene a tentarlo e vuole separare il suo cuore dal suo”

 

L’uomo cammina su sentieri tortuosi, ma non si accorge che il mio sguardo è sempre poggiato sul suo capo e che quando IO sembro lontano, in realtà, sono più vicino che mai.

 

Non dimenticare che il grano e gramigna crescono insieme, sotto lo stesso sole, sulla stessa terra, ma poi viene il tempo della separazione, affinché l’erba cattiva non soffochi l’erba buona, perché ricorda, che mai il tuo Dio abbandona l’uomo giusto, mai il tuo Dio può lasciare il suo uomo nella tempesta, ma la mia mano, per amore del giusto si alza e ordina ai venti di placarsi e al sole di tornare a risplendere.

 

 

“Guarire i cuori affrantisignifica: portare consolazione a tutti gli uomini, aiuto e lo spirito di verità affinché la loro fede e la loro fiducia in Dio cresca ed  si possa  istaurare il regno promesso da Dio per l’uomo.

 

 

Il giusto non è solo colui che compie la volontà del Padre,

 il giusto non è solo colui che opera per mezzo della fede,

 il giusto è colui che cammina ancora, dopo tanto tempo e tanta fatica,

 per amore, con coraggio e forza, perché questa forza non appartiene alle vostre membra,

ma mi viene data in conformità alla vostra volontà.

 

 

 

 

 

Vedete sulla terra possono nascere  bambini che hanno degli handicap,  e tutto ciò è fonte di dolore sia per chi è genitore e per lo stesso  bambino che vive quella vita molto diversa dagli altri,  ma pensate che  l’amore di DIO abbia voluto  che  la sua creatura  possa essere cosi diversa da tanti? Eppure esiste la diversità, esiste la sofferenza e  solo elevandovi dalla terra capirete che quelle creature  sono un dono di DIO, perché portano a chi le accoglie una grazia particolare e la vita su questa terra è solo un piccolo percorso, poi quando essi rientrano  nella dimensione  del cielo, essi   si ritrovano a  vivere ugualmente ad altri,  in una perfezione indicibile, e qui si capiscono le parole del CRISTO: BEATI I POVERI DI SPIRITO, perché sono proprio queste persone  che hanno sofferto che possono dare  una conoscenza in più alle tante anime che  sono qui e hanno avuto una vita  molto diversa.

 

 
 

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