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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 27 Maggio 2008 da NAPOLICHAMPIONS
 

Storia

Dal Naples al Napoli


Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904 quando, ad opera dell'inglese James Poths, impiegato in un'agenzia marittima della città, e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra, venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima squadra calcistica cittadina che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club.[2] La prima partita venne giocata contro i marinai-giocatori della nave Arabik che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0: il Naples si impose per 3-2 con le reti di MacPherson, Scafoglio e Chaudoir.

Fino al 1912 il Naples non partecipò al Campionato nazionale al quale erano iscritte solo squadre del Nord Italia. Nei primi anni vinse comunque alcune competizioni minori fra le quali la Coppa Lipton, conquistata battendo il Palermo per 2-1[3], la Coppa Salsi, conquistata sconfiggendo altre squadre campane[4], e la Coppa Noli da Costa.[5]

Nel 1911 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all'Unione Sportiva Internazionale Napoli.[6] L'anno successivo la F.I.G.C. decise di ammettere al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) le squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono in uno scontro fratricida nella semifinale centro-sud; fu il Naples a uscirne vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2 ma perse la finale centro-sud contro la Lazio.
Nella stagione successiva l'Internazionale si prese la rivincita eliminando il Naples sempre nella semifinale centrosud per disputare la finale centro-sud nella quale si affermò nuovamente la Lazio.

Nel 1919, finita la guerra, il campionato riprese; rispetto all'ultimo torneo disputato, il numero delle squadre partecipanti aumentò a dismisura soppratutto nel Nord, anche il numero di squadre campane partecipanti al campionato aumentò notevolmente; dalle due sole iscritte nel 1914-15 (il Naples e l'Internazionale), nel 1919 le squadre campane partecipanti furono molte di più (Puteolana, Savoia, Bagnolese ecc.). Negli anni dal 1919 al 1922 il Naples e l'Internazionale non brillarono particolarmente raggiungendo al massimo le semifinali interregionali.[7]

Nel 1922 le due compagini attuarono una nuova fusione, resa necessaria da esigenze di carattere finanziario e diedero così vita al Foot-Ball Club Internazionale-Naples, meglio noto come FBC Internaples[8].

Nella stagione 1925/26 l'Internaples disputò un ottimo campionato: dopo aver vinto il girone campano e il girone A delle semifinali Lega Sud arrivò alla finale della Lega Sud, ma fu travolta dall'Alba Trastevere per 6-1 e 1-1.[9]

Il 1° agosto 1926 l'assemblea dei soci dell'Internaples decise di cambiare il nome della società costituendo l' Associazione Calcio Napoli. Giorgio Ascarelli ottenne la nomina di primo presidente della storia del club.[10]


I primi anni: Ascarelli, Vojak e Sallustro

Gli anni '20
Il Napoli 1926-27 Attila SallustroPrima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata nel 1924 contro il Genoa.

Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora ed il 1° agosto del 1926 fondò la nuova squadra di Napoli con il nome di Associazione Calcio Napoli.

I progetti furono subito ambiziosi, si partì da mister Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1923 e nel 1924 e - soprattutto da Attila Sallustro soprannominato "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva.
Sallustro mantenne la promessa fin che fu possibile; il Napoli lo gratificò regalandogli una lussuosa vettura, cosa che all'epoca destò un enorme scalpore.


Fu edificato - finalmente - uno stadio vero il "Vesuvio" in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra che intanto decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro: da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea.

Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato. Lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma". L'Italia entrava nel baratro della guerra e ben pochi avevano ancora voglia di pensare al pallone in una città squarciata dai bombardamenti che non risparmiarono neanche lo stadio sotto le cui macerie rimase anche la storia avventurosa di quei primi anni di grande calcio a Napoli.

Tornando alle cose prettamente sportive è da ricordare che l'esordio del Napoli nel Campionato italiano fu quanto meno disastroso: un solo punto contro il Brescia in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano e il Napoli fu ripescato.[11]
Ascarelli in vista della stagione successiva rinforzò la squadra in modo da evitare la retrocessione nella categoria inferiore. Tuttavia, inizialmente, il campo sembrava dargli torto: il Napoli infatti alla fine del girone d'andata era in zona retrocessione. Tuttavia grazie a un ottimo girone di ritorno gli azzurri riuscirono a salvarsi arrivando terzultimi.
Nel campionato 1928/29 Sallustro segnò ventidue reti portando il Napoli all'ottavo posto della classifica a pari merito con la Lazio. Purtroppo però solo le prime otto squadre di ogni girone (all'epoca il campionato italiano di calcio era basato su due gironi) avrebbero partecipato al primo campionato di Serie A a girone unico. Il Napoli dovette giocare uno spareggio con la Lazio che finì in parità per due a due.
Ascarelli riuscì a convincere l'allora Presidente della FIGC, Leandro Arpinati ad allargare il campionato di Serie A a diciotto squadre in modo che anche le none classificate potessero accedervi.[12]

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