Messaggi di Agosto 2014
Post n°853 pubblicato il 30 Agosto 2014 da giramondo595
Continua il viaggio ..nella mia regione. Nei due messaggi precedenti. Vi ho parlato della Statua del Gagini, della Madonna a Mare, oggi vi parlerò di una splendida chiesa sita nel mio paesino d' origine. Con questo messaggio, voglio augurare a tutti voi, un felice rientro dalle vacanze ed un felice ritorno alla normale routine.. Ai pochi fortunati, che sono riusciti a ritagliarsi le ferie in questo periodo... auguro buon divertimento e sereno relax.
in dialetto andreolese 'A chjìasi 'e Santa Ndrià, è la chiesa del Patrono del Paese di S.Andrea Apostolo dello Jonio. Un paesino della costa ionica calabrese. E' ubicata su una collina rocciosa all'inizio del paese) - È una chiesa ad una sola navata, costruita intorno all'Xl sec., ma restaurata o ingrandita verso la metà del '700 (sul portale di granito c'è la data del 1757) e arricchita nella facciata esterna - sul finire dell'Ottocento (1893) - di vari ornamenti architettonici e dell'unica campana di cui è dotata. Al suo interno si possono ammirare: l'altare, costruito in stile barocco sul lato o- rientale; efficaci affreschi murali, iniziati nel 1926, che sono opera dei pittori Zimmatore e Grillo, originari di Pizzo Calabro, ma venuti nel nostro paese - su richiesta dell'arc. don Bruno Voci - per affrescare la chiesa di Sant'Andrea e la cappella deirimmacolata nella Chiesa Matrice (lo si evince dal sigillo "Zimatore e Grillo pinsero 1926" che si legge in alto sulla parete della cantorìa)', e la statua del Santo, scolpita nel 1009 e restaurata nell'Ottocento, dopo l'oltraggio subito il 1806 dai soldati francesi, i quali, non riuscendo a portarla via perché "Sant'Andrìa ac cippàu", le divelsero gli occhi. All'esterno la Chiesa è circondata da un bel giardino ("villètta"), e nel lato orientale si erge la nicchia esterna del Santo, di chiaro sapore neobarocco, la cui statua poggia su un tronco di palma ricavato su una orditura di mattoni pieni sapientemente intrecciati e guarda verso il mare con le sue triglie attaccate al braccio. Tale nicchia fu progettata dall'arch. Francesco Armogida e fu eseguita nel 1952 (sotto il Priore Peppino Carioti Davulìsi e il Procuratore Vincenzo Riverso) da mastru Brunu d'a Guardia (Bruno Betrò) e da mastru Bruno Calabretta insieme ad altri muratori. Adiacente alla Chiesa vi è una delle 3 porte d'ingresso al paese, la quale reca la data del 1727 e i segni dell'invasione francese del 1806. All'interno la Chiesa è tripartita da lesene laterali: nella parte orientale c'è l'altare del Santo e, retrostante, una piccola abside a due ingressi laterali, dalla quale si accede nel panoramico giardino. Si distingue dalle altre Chiese del paese per la ricca decorazione che l' adorna in ogni parte. Chi entra, infatti, nella parte centrale dell'intradosso dell'arco che sovrasta l'altare, scorge su doppia riga la didascalia in latino "DILEXIT [AND]REAM || DOMINUS IN ODOREM SUAVITATIS". E sopra, nella cantorìa, sulla parete occidentale, trova raffigurato da una parte Davide che suona l' arpa e dall'altra Santa Cecilia che suona l'organo a canne; e, sopra una finestrella centrale, S. Paolo tutto intento a scrivere su un grosso libro. Sulla volta a botte, da est ad ovest, sono impresse 3 scene riguardanti la vita del Santo: l'angelo che porge ad Andrea la palma del martirio; la predicazione alle folle che il Santo fa in piedi dalla barca; e l'implorazione che Andrea fa a Cristo perché protegga il paese, raffigurato - a tinte sfumate, ma chiaramente percepibile - sulle 3 colline su cui si adagia. Le prime due scene furon dipinte su tela, poi applicate alla volta e forse restaurate; la terza, invece, fu dipinta direttamente sull'intonaco della parete, la quale nel tempo si è impregnata di umidità e perciò è in varie parti screpolata. Sono pitture a colori vivi, come il rosso (colore predominante, associato all'idea del martirio), il verde, l'azzurro, il giallo ... Scendendo verso le 2 pareti laterali, in alto, per ogni lato, ci sono 3 aperture voltate, ognuna delle quali porta disegnato al suo interno un angioletto con un ricco mazzo di fiori variopinti e alFestemo altri 2 angeli che sostengono un festone orna¬mentale. E ai 2 lati di ogni finestra 2 tondi, ciascuna col busto di un apostolo e sotto il nome in latino: a sinistra Pietro, Andrea, Giacomo maggiore, Giovanni, Filippo e Bartolomeo; e a destra, Mattia, Simone, Taddeo, Giacomo minore, Matteo e Tommaso. Le due pareti laterali sono tutte ricoperte di scene esemplari (sempre di martirio) della vita paleocristiana, anche se a tinte più sbiadite, direi terrose: a destra, prima la crocifissione di S. Pietro, tradizionalmente raffigurato col capo all'ingiù; al centro la lapidazione di S. Tarcisio che stava portando l'eucarestia a un cristiano (nella parte centrale della raffigurazione sporge la nicchia in cui si conservano le reliquie del Santo Patrono); e infine il martirio dei Cristiani al Colosseo dati in pasto ai leoni (un quadro che - secondo l' informazione dello storico Pietro Voci - è la riproduzione di un disegno di un certo Conti ) e a sinistra, prima il martirio di religiosi ( francescani ? ) da parte di soldati orientali ( islamici ? ); poi il martirio di Sant' Agnese che poggia il capo sul ceppo ed è decapitata dal boia con una possente scure; e infine il martirio di San Sebastiano colpito a morte dalle frecce dei soldati romani. Incollando questo link sulla barra di explorer troverete altre foto della chiesa |
Post n°852 pubblicato il 29 Agosto 2014 da giramondo595
I musicanti di Brema fratelli Grimm
Ma non potevano raggiungere Brema in un giorno e la sera giunsero in un bosco dove si apprestarono a passare la notte. L'asino e il cane si sdraiarono sotto un albero alto, mentre il gatto e il gallo salirono sui rami, ma il gallo volò fino in cima, dov'egli era più al sicuro. Prima di addormentarsi guardò ancora una volta in tutte le direzioni, e gli parve di vedere in lontananza una piccola luce, così gridò ai compagni che, non molto distante, doveva esserci una casa poiché‚ splendeva un lume. Allora l'asino disse: "Mettiamoci in cammino e andiamo, perché‚ qui l'alloggio è cattivo." E il cane aggiunse: "Sì, un paio d'ossa e un po' di carne mi andrebbero anche bene!" Perciò si avviarono verso la zona da cui proveniva la luce e, ben presto, la videro brillare più chiara e sempre più grande, finché‚ giunsero davanti a una casa bene illuminata dove abitavano i briganti. L'asino, che era il più alto, si avvicinò alla finestra e guardò dentro. "Cosa vedi, testa grigia?" domandò il gallo. "Cosa vedo?" rispose l'asino. "Una tavola apparecchiata con ogni ben di Dio e attorno i briganti che se la spassano." - "Farebbe proprio al caso nostro," disse il gallo. "Sì, sì; ah, se fossimo là dentro!" esclamò l'asino. Allora gli animali tennero consiglio sul modo di cacciar fuori i briganti, e alla fine trovarono il sistema. L'asino dovette appoggiarsi alla finestra con le zampe davanti, il cane saltare sul dorso dell'asino, il gatto arrampicarsi sul cane, e infine il gallo si alzò in volo e si posò sulla testa del gatto. Fatto questo, a un dato segnale incominciarono tutti insieme il loro concerto: l'asino ragliava, il cane abbaiava, il gatto miagolava e il gallo cantava; poi dalla finestra piombarono nella stanza facendo andare in pezzi i vetri. I briganti, spaventati da quell'orrendo schiamazzo, credettero che fosse entrato uno spettro e fuggirono atterriti nel bosco. I quattro compagni sedettero a tavola, si accontentarono di quello che era rimasto e mangiarono come se dovessero patir la fame per un mese. Quando ebbero finito, i quattro musicisti spensero la luce e si cercarono un posto per dormire comodamente, ciascuno secondo la propria natura. L'asino si sdraiò sul letamaio, il cane dietro la porta, il gatto sulla cenere calda del camino e il gallo si posò sulla trave maestra; e poiché‚ erano tanto stanchi per il lungo cammino, si addormentarono subito. Passata la mezzanotte, i briganti videro da lontano che in casa non ardeva più nessun lume e tutto sembrava tranquillo; allora il capo disse: "Non avremmo dovuto lasciarci impaurire" e mandò uno a ispezionare la casa. Costui trovò tutto tranquillo andò in cucina ad accendere un lume e, scambiando gli occhi sfavillanti del gatto per carboni ardenti, vi accostò uno zolfanello perché‚ prendesse fuoco. Ma il gatto se n'ebbe a male e gli saltò in faccia, sputando e graffiando. Il brigante si spaventò a morte e tentò di fuggire dalla porta sul retro, ma là era sdraiato il cane che saltò su e lo morse a una gamba; e quando attraversò dl corsa il cortile, passando davanti al letamaio, l'asino gli diede un bel calcio con la zampa di dietro; e il gallo, che si era svegliato per il baccano, strillò tutto arzillo dalla sua trave: "Chicchiricchì!" Allora il brigante tornò dal suo capo correndo a più non posso e disse: "Ah, in casa c'è un'orribile strega che mi ha soffiato addosso e mi ha graffiato la faccia con le sue unghiacce e sulla porta c'è un uomo con un coltello che mi ha ferito alla gamba; e nel cortile c'è un mostro nero che mi si è scagliato contro con una mazza di legno; e in cima al tetto il giudice gridava: 'Portatemi quel furfante!' Allora me la sono data a gambe!" Da quel giorno i briganti non si arrischiarono più a ritornare nella casa, ma i quattro musicanti di Brema ci stavano così bene che non vollero andarsene. E a chi per ultimo l'ha raccontata ancor la bocca non s'è freddata.
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Post n°851 pubblicato il 28 Agosto 2014 da giramondo595
aumentato, sia per la praticità, sia in quanto consente di acquistare comodamente da casa su internet di conseguenza Le truffe con le carte di credito sono particolarmente frequenti e ogni anno presentano un trend in aumento. L' arma dei carabinieri, attraverso il loro sito, ci forniscono preziosi consigli per difendersi da simili odiosi reati Le transazioni più pericolose sono quelle effettuate via Internet o per telefono quando non è necessario esibire fisicamente la carta. Le truffe vengono compiute attraverso l'utilizzazione del numero della carta di credito che viene riprodotto illegalmente su carte "clonate" che vengono utilizzate sia per lo shopping tradizionale sia per il commercio elettronico. Alcuni accorgimenti per gli acquisti tradizionali: In caso di commercio elettronico effettuate acquisti online solo sui siti ad altostandard di sicurezza, protetti dai sistemi di sicurezza internazionali: SSL (Secure Socket Layer) e SET (Secure Electronic Transaction) riconoscibili dalla certificazione e dal lucchetto che appaiono sulla schermata. Questi siti garantiscono la trasmissione sicura dei dati, che vengono "crittografati" e non possono essere decifrati dagli "hackers"; [d]
Qualche altro suggerimento utile per evitare spiacevoli sorprese In caso di furto / smarrimento della carta o del bancomat è necessario: |
Post n°850 pubblicato il 27 Agosto 2014 da giramondo595
Due mucche entrano in un cinema e una
Un gruppo di persone molto curiose
Terminata la penultima puntata di uno
Un ladro dice a un collega
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Post n°849 pubblicato il 26 Agosto 2014 da giramondo595
Nummeri - Conterò poco, è vero:
Parole e fatti - Trilussa Certi Sorcetti pieni de giudizzio Colleghi! - disse - questa è la più forte Fanno le cose propio ar naturale,
Er matto Er vecchio Matto gira pe' la villa Ogni tanto la gente, pe' vedello, s'arampica a le spranghe der cancello:
L'onore Povera società senza giudizzio! Che diavolo direbbe l'antenato Va' là! - je fece un'Aquila d'argento E' er tempo che nobbilita: per cui
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Post n°848 pubblicato il 25 Agosto 2014 da giramondo595
L' Omo disse a la Scimmia: La Scimmia disse : - Sfido!
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Post n°847 pubblicato il 24 Agosto 2014 da giramondo595
Storia di uno che se ne andò in cerca della paura Una fiaba dei fratelli Grimm
Un bel giorno il padre gli disse: "Ascolta, tu in quell'angolo diventi grande e grosso, ed è ora che impari a guadagnarti il pane. Guarda come si dà da fare tuo fratello; ma con te è fatica sprecata." - "Sì padre," egli rispose, "vorrei imparare qualcosa; anzi, se fosse possibile, mi piacerebbe imparare a farmi venire la pelle d'oca; di questo non so proprio nulla." Il fratello maggiore rise nell'udirlo e pensò fra s': "Mio Dio, che stupido è mio fratello, non se ne caverà mai nulla. Il buon giorno si vede dal mattino." Il padre sbuffò e gli rispose: "La pelle d'oca imparerai ad averla, ma con questo non ti guadagnerai il pane." Poco tempo dopo venne a fare loro visita il sagrestano; il padre gli confidò i suoi guai e gli raccontò che il figlio più giovane era maldestro in ogni cosa, non sapeva e non imparava nulla. "Pensate, quando gli ho chiesto in che modo voleva guadagnarsi il pane, ha risposto che voleva imparare a farsi venire la pelle d'oca!" - "Oh!" rispose il sagrestano, "può impararlo da me; affidatemelo, lo sgrosserò." Il padre era contento perché‚ pensava che il giovane avrebbe messo giudizio. Così il sagrestano se lo portò a casa ed egli dovette suonargli le campane. Un paio di giorni dopo lo svegliò a mezzanotte, gli ordinò di alzarsi, di salire sul campanile e di suonare. "Imparerai che cos'è la pelle d'oca!" pensava e, per fargli prendere un bello spavento, lo precedette di nascosto e si mise davanti allo spiraglio della porta: il giovane doveva credere che fosse un fantasma. Questi salì tranquillamente fino in cima al campanile, e quando fu sopra vide una figura nello spiraglio. "Chi è là?" gridò, ma la figura non rispose n‚ si mosse. Allora gli disse: "Che vuoi qui di notte? Vattene o ti butto giù." Il sagrestano pensò: "Non avrà intenzioni così malvagie," tacque e restò immobile. Il giovane lo interpellò per la terza volta e, siccome non ottenne nessuna risposta, prese la rincorsa e buttò giù il fantasma che si ruppe le gambe e il collo. Suonò poi le campane e, subito dopo, discese e si rimise a dormire senza dire una parola. La moglie del sagrestano attese a lungo il marito, ma quello non veniva mai. Alla fine si spaventò, svegliò il giovane e disse: "Non sai dov'è mio marito? E' salito con te sul campani le." - "No," rispose il ragazzo, "ma c'era un tale nello spiraglio, e siccome non se ne andava e non voleva rispondermi, l'ho buttato giù. Andate a vedere se è lui." La donna corse al camposanto, piena di paura, e trovò il marito che giaceva per terra, morto. Allora si recò urlando dal padre del ragazzo, lo svegliò e disse: "Ah, che sciagura ha causato il vostro fannullone! Ha buttato giù mio marito dal campanile, e ora giace morto al camposanto." Il padre si spaventò, corse dal ragazzo e gli disse, rimproverandolo aspramente: "Queste empietà deve avertele ispirate il Maligno!" - "Ah padre!" rispose egli, "sono innocente: se ne stava là di notte, come uno che ha cattive intenzioni. Io non sapevo chi fosse e gliel'ho domandato tre volte; perché‚ non se n'è andato?" - "Ah," disse il padre, "da te ho soltanto dei dispiaceri, togliti dai piedi, non ti voglio più vedere." - "Sì padre, volentieri, aspetta solo che faccia giorno e me ne andrò, e imparerò che cosa sia avere la pelle d'oca, così conoscerò un'arte che mi darà da mangiare." - "Impara quel che ti pare," disse il padre, "per me fa lo stesso. Eccoti cinquanta scudi, prendili e sparisci dalla mia vista; e non dire a nessuno da dove vieni e chi è tuo padre, perché‚ mi vergogno di te." - "Sì padre, come volete; se non chiedete altro, posso ben tenerlo a mente." Allo spuntar del giorno, il giovane si mise in tasca i suoi cinquanta scudi e se ne andò sulla via maestra dicendo fra s': "Ah, se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" Lo raggiunse un uomo che sentì questo discorso; quando ebbero fatto un pezzo di strada e furono in vista della forca, questi disse al ragazzo: "Vedi, quello è l'albero su cui sette uomini hanno sposato la figlia del funaio: siediti là sotto e aspetta che venga notte, allora imparerai che cos'è la pelle d'oca." - "Se è tutto qui," rispose il giovane, "è presto fatto; se imparo così in fretta che cos'è la pelle d'oca, avrai i miei cinquanta scudi: ritorna da me domani mattina presto." Il giovane andò allora alla forca, vi si sedette sotto e attese la sera. Poiché‚ aveva freddo, accese un fuoco; ma a mezzanotte il vento soffiava così gelido che egli non riusciva a scaldarsi nonostante il fuoco. Quando il vento spinse gli impiccati l'uno contro l'altro facendoli oscillare su e giù, egli pensò: "Tu geli qui accanto al fuoco, chissà che freddo hanno quelli lassù! E come si dimenano!" E siccome era di buon cuore, appoggiò la scala alla forca, salì, li staccò a uno a uno e li portò giù tutti e sette. Poi attizzò il fuoco, ci soffiò sopra e ci sedette intorno gli impiccati perché‚ si scaldassero. Ma essi se ne stavano seduti senza muoversi e il fuoco si appiccò ai loro vestiti. Allora egli disse: "Fate attenzione, altrimenti vi riappendo di nuovo lassù." Ma i morti non sentivano, tacevano e continuavano a lasciar bruciare i loro stracci. Perciò egli andò in collera e disse: "Se non volete fare attenzione, io non posso aiutarvi: non voglio bruciare con voi." E li riappese l'uno dopo l'altro. Poi si sedette accanto al fuoco e si addormentò. Il mattino dopo venne l'uomo che voleva i cinquanta scudi e disse: "Hai imparato che cos'è la pelle d'oca?" - "No," rispose egli. "Come avrei potuto impararlo? Quelli lassù non hanno aperto bocca, e sono così stupidi da lasciar bruciare quei due vecchi stracci che hanno addosso." L'uomo capì che per quel giorno non poteva prendersi i cinquanta scudi, se ne andò e disse: "Non mi è mai capitato di incontrare un tipo simile." Anche il giovane andò per la sua strada e ricominciò a dire fra s': "Ah, se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" L'udì un carrettiere che camminava dietro di lui e domandò: "Chi sei?" - "Non lo so," rispose il giovane. Il carrettiere domandò ancora: "Da dove vieni?" - "Non lo so." - "Chi è tuo padre?" - "Non posso dirlo." - "Che cosa vai borbottando fra i denti?" - "Ah," rispose il giovane, "vorrei farmi venire la pelle d'oca, ma nessuno sa insegnarmelo." - "Piantala di dire sciocchezze," disse il carrettiere. "Vieni con me, ti troverò un posto di lavoro." Il giovane andò con il carrettiere e la sera giunsero a un'osteria dove volevano pernottare. Entrando egli disse ad alta voce: "Se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" L'oste, all'udirlo, disse ridendo: "Se ne hai tanta voglia, qui ci sarebbe una bella occasione!" - "Ah taci!" disse l'ostessa. "Troppi audaci hanno già perso la vita. Sarebbe un vero peccato se quei begli occhi non dovessero rivedere la luce del giorno!" Ma il giovane disse: "Anche se è difficile, voglio impararlo una buona volta: me ne sono andato di casa per questo." Non lasciò in pace l'oste finché‚ questi non gli raccontò che nelle vicinanze c'era un castello fatato, dove si poteva imparare benissimo che cosa fosse la pelle d'oca, purché‚ ci si vegliasse tre notti. A chi aveva tanto coraggio, il re aveva promesso in isposa sua figlia, la più bella fanciulla che esistesse al mondo. Nel castello erano inoltre celati dei favolosi tesori custoditi da spiriti, e sarebbero diventati di proprietà di chi avesse superato la prova. Già molti erano entrati nel castello, ma nessuno ne era uscito. Il mattino dopo, il giovane si presentò al re e disse: "Se fosse possibile vorrei vegliare tre notti nel castello fatato." Il re lo guardò e siccome gli piacque disse: "Puoi chiedermi anche tre cose e portarle con te al castello, ma devono essere cose prive di vita." Allora egli rispose: "Chiedo un fuoco, un tornio e un banco da ebanista con il suo coltello." Il re gli fece portare ogni cosa al castello durante il giorno All'imbrunire il giovane vi entrò, si accese un bel fuoco in una stanza, vi mise accanto il banco da ebanista con il coltello, e si sedette sul tornio. "Ah, se mi venisse la pelle d'oca!" disse egli. "Ma non lo imparerò neanche qui." Verso mezzanotte volle attizzare il fuoco; mentre ci soffiava sopra, udì all'improvviso gridare da un angolo: "Ohi miao! che freddo abbiamo!" - "Scimuniti," esclamò, "perché‚ gridate? Se avete freddo, venite, sedetevi accanto al fuoco e scaldatevi." Come ebbe detto questo, due grossi gatti neri si avvicinarono d'un balzo e gli si sedettero ai lati guardandolo ferocemente con i loro occhi di fuoco. Dopo un poco, quando si furono scaldati, dissero: "Camerata, vogliamo giocare a carte?" - "Sì," egli rispose, "ma mostratemi le zampe." Essi allora tirarono fuori gli artigli "Oh," egli disse "che unghie lunghe avete! Aspettate, devo prima tagliarvele!" Li afferrò allora per la collottola, li mise sul banco ed imprigionò loro le zampe. "Vi ho tenuti d'occhio," disse, "e mi è passata la voglia di giocare a carte." Li uccise e li gettò in acqua. Ma aveva appena tolto di mezzo quei due e stava per sedersi accanto al fuoco, quando sbucarono da ogni parte cani e gatti neri, attaccati a catene infuocate; erano tanti ma tanti che egli non sapeva più dove cacciarsi. Gridavano terribilmente, gli calpestavano il fuoco, disperdevano le braci e volevano spegnerlo. Per un po' stette a guardare tranquillamente, ma quando incominciò a sentirsi a mal partito, afferrò il coltello, gridò: "Finiamola, canaglia!" e si gettò su di loro. Alcuni balzarono via, gli altri li uccise e li buttò nello stagno. Come fu di ritorno, riattizzò il fuoco soffiando sulla brace e si scaldò. E, mentre se ne stava così seduto, si accorse che non riusciva più a tenere gli occhi aperti e che aveva voglia di dormire. Allora guardò intorno a s‚, vide un gran letto in un angolo e ci si coricò. Ma come volle chiudere gli occhi, il letto incominciò a muoversi da solo e andò a spasso per tutto il castello. "Benissimo," disse il giovane, "ancora più in fretta!" Allora il letto incominciò a rotolare su e giù per soglie e scale, come se fosse trainato da sei cavalli; d'un tratto, hopp, hopp, si ribaltò a gambe all'aria, e gli restò addosso. Allora egli scagliò in aria coperte e cuscini, saltò fuori e disse: "Adesso vada a spasso chi ne ha voglia!" si distese accanto al fuoco e dormì sino a giorno. Al mattino venne il re e quando lo vide disteso a terra pensò che fosse morto e che gli spettri lo avessero ucciso. Allora disse: "Peccato! Un così bel ragazzo!" Il giovane lo udì, si rizzò e disse: "Non siamo ancora a questo punto!" Il re si stupì e, tutto contento, gli domandò com'era andata. "Benissimo" rispose egli "la prima notte è passata e passeranno anche le altre due!" Quando tornò dall'oste, questi fece tanto d'occhi e disse: "Non pensavo di rivederti ancora vivo; hai imparato finalmente che cos'è la pelle d'oca?" - "No," rispose il giovane, "non lo so; se solo qualcuno me lo dicesse!" La seconda notte salì di nuovo al vecchio castello, si sedette accanto al fuoco e disse: "Se mi venisse la pelle d'oca!" Verso mezzanotte sentì un rumore e un tramestio, prima piano, poi sempre più forte; poi un breve silenzio, infine un mezzo uomo cadde dal camino urlando, e gli piombò davanti. "Olà!" esclamò, "ce ne vuole ancora metà, così è troppo poco." Allora il rumore ricominciò, si udì strepitare e urlare, e anche la seconda metà cadde giù. "Aspetta," disse, "voglio attizzarti un po' il fuoco." Quando ebbe finito e si guardò nuovamente intorno, i due pezzi si erano riuniti e un omaccio orribile sedeva al suo posto. "Non intendevo dir questo," disse il giovane, "il banco è mio." L'uomo voleva respingerlo, ma il giovane non lo lasciò fare, lo spinse via con forza e si risedette di nuovo al suo posto. Allora caddero giù altri uomini che avevano nove stinchi e due teschi, li rizzarono e giocarono a birilli. Anche al giovane venne voglia di giocare e domandò: "Sentite, posso giocare anch'io?" - "Sì, se hai denaro." - "Di denaro ne ho a sufficienza" rispose "ma le vostre palle non sono ben rotonde." Allora egli prese i teschi, li mise sul tornio e li arrotondò. "Adesso rotoleranno meglio!" disse. "Olà, ora ci divertiremo!" Giocò e perse un po' di denaro, ma quando suonò mezzanotte tutto sparì davanti ai suoi occhi. Si distese e si addormentò tranquillamente. Il mattino dopo venne il re a informarsi: "Come ti è andata questa volta?" domandò. "Ho giocato a birilli" rispose "e ho perduto qualche soldo." - "Non ti è venuta la pelle d'oca?" - "macché‚" disse "me la sono spassata; se solo sapessi che cos'è la pelle d'oca!" La terza notte sedette di nuovo al suo banco e diceva tutto malinconico: "Se mi venisse la pelle d'oca!" A notte inoltrata, giunsero sei omacci che portavano una cassa da morto. Allora egli disse: "Ah, ah, è sicuramente il mio cuginetto che è morto qualche giorno fa." Fece un cenno con il dito e gridò: "Vieni, cuginetto, vieni!" Misero la bara a terra, ma egli si avvicinò e tolse il coperchio: dentro c'era un morto. Gli toccò il viso, ma era freddo come il ghiaccio. "Aspetta," disse, "ti voglio riscaldare un po'." Andò al fuoco, si riscaldò la mano e gliela mise sul viso, ma il morto rimase freddo. Allora lo tirò fuori, si sedette davanti al fuoco, se lo prese sulle ginocchia e gli strofinò le braccia per riscaldarlo, Ma siccome anche questo non servì a nulla, gli venne un'idea: "Se due sono a letto insieme, si riscaldano." Lo portò a letto, lo coprì e gli si distese accanto. Dopo un po' anche il morto fu caldo e incominciò a muoversi. Allora il giovane disse: "Vedi, cuginetto, se non ti avessi scaldato!" Ma il morto prese a dire: "Adesso ti voglio strozzare." - "Cosa?" disse egli. "E' questa la mia ricompensa? Torna pure nella tua bara!" Lo sollevò, ce lo buttò dentro e chiuse il coperchio: ritornarono i sei uomini e lo portarono via. "Non mi vuol venire la pelle d'oca," egli disse, "qui non l'imparerò mai." Allora entrò un uomo, che era più grosso di tutti gli altri e aveva un aspetto terribile; ma era vecchio e aveva una lunga barba bianca. "Oh tu, nanerottolo, imparerai presto che cos'è la pelle d'oca perché‚ devi morire." - "Non così in fretta!" egli rispose. "Per morire devo esserci anch'io." L'uomo disse: "Ti prenderò!" - "Piano, non darti tante arie; sono forte quanto te, e forse anche di più." - "Lo vedremo," disse il vecchio, "se sei forte più di me, ti lascerò andare; vieni, proviamo." Attraverso passaggi oscuri, lo condusse a una fucina, prese un'accetta e con un colpo sbatté‚ a terra un'incudine. "So fare di meglio," disse il giovane e andò all'altra incudine; il vecchio gli si mise accanto per vedere, con la barba bianca penzoloni. Il giovane afferrò allora l'accetta, con un colpo spaccò l'incudine e vi serrò dentro la barba del vecchio. "Ora ti ho in pugno!" disse il ragazzo. "Adesso tocca a te morire." Afferrò una sbarra di ferro e percosse il vecchio fino a che questi si mise a piagnucolare e lo pregò di smettere: gli avrebbe dato dei grossi tesori. Il giovane estrasse allora l'accetta e lasciò libero il vecchio che lo ricondusse al castello e gli mostrò in una cantina tre casse colme d'oro. "Di quest'oro," disse, "una parte è dei poveri, l'altra del re, la terza è tua." In quel momento suonò mezzanotte e lo spirito scomparve, sicché‚ il giovane si trovò al buio. "Me la caverò ugualmente," disse; a tastoni trovò il cammino che lo condusse alla sua stanza, dove si addormentò accanto al fuoco. Il mattino dopo venne il re e disse: "Ora avrai imparato che cos'è la pelle d'oca!" - "No," rispose, "che roba è questa? E' stato qui mio cugino morto ed è venuto un vecchio barbuto che mi ha mostrato molto denaro là sotto, ma che cosa sia la pelle d'oca non me l'ha insegnato nessuno." Il re disse: "Hai sciolto l'incantesimo del castello e sposerai mia figlia." - "Tutto questo va benissimo, ma io continuo a non sapere che cos'è la pelle d'oca." L'oro fu portato su e si celebrarono le nozze, ma il giovane re, per quanto amasse la sua sposa e fosse felice con lei, diceva sempre: "Se mi venisse la pelle d'oca! Se mi venisse la pelle d'oca!" La sposa finì coll'infastidirsi. Allora la sua cameriera disse: "Ci penserò io: imparerà che cos'è la pelle d'oca!" Uscì e fece riempire un secchio di ghiozzi. Di notte, mentre il giovane re dormiva, sua moglie gli tolse la coperta e gli rovesciò addosso il secchio pieno di acqua gelata con i ghiozzi, cosicché‚ i pesciolini gli guizzarono intorno. Allora egli si svegliò e gridò: "Ah, che pelle d'oca, che pelle d'oca, moglie mia! Sì, ora so cos'è la pelle d'oca."
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Post n°846 pubblicato il 23 Agosto 2014 da giramondo595
Rosabianca e rosarossa C'era una volta una povera vedova, che viveva sola nella sua capannuccia, e davanti alla capanna c'era un giardino con due piccoli rosai; l'uno portava rose bianche, l'altro rose rosse. E la donna aveva due bambine, che somigliavano ai due rosai: l'una si chiamava Rosabianca, l'altra Rosarossa. - Non ci separeremo mai! - rispondeva Rosarossa: Rosabianca e Rosarossa tenevan così' pulita la capannuccia della madre, che era una gioia vederla. D'estate Rosarossa sbrigava faccende di casa e ogni mattina, prima che la mamma si svegliasse le metteva vicino al letto un mazzo di fiori, con due rose dei due alberelli. D'inverno Rosabianca accendeva il fuoco e appendeva paìolo; il paiolo era d'ottone, ma brillava come oro, tant'era lustro. La sera, quando nevicava, la mamma diceva: L'orso disse: - Bambine, scuotetemi un po' di neve dalla pelliccia! - - Lasciatemi vivere, bambine! O Rosabianca, e tu, Rosarossa, al pretendente scavi la fossa. Quando fu tempo di dormire e le bimbe andarono a letto, la madre disse all'orso; - Dove vuoi andare? - disse Rosarossa: - non vuoi mica gettarti in acqua? - Cosa fate lì, a bocca aperta- strillò il nano, e la sua faccia color della cenere diventò paonazza dalla collera. Rosabianca sposò il principe, e Rosarossa suo fratello, e si spartirono quei gran tesori che il nano aveva ammassato nella sua caverna. La vecchia madre visse ancora molti anni presso le figlie, tranquilla e felice. Ma portò con sé i due rosai, che davanti alla sua finestra davano ogni anno le più belle rose, bianche e rosse.
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Post n°845 pubblicato il 22 Agosto 2014 da giramondo595
Continua il nostro curioso tour. Oggi andremo alla scoperta di Scansorosciate in provincia di Bergamo. Dalla Puglia siamo giunti in Lombardia. Scanzorosciate (Scans in dialetto bergamasco) è un comune italiano di 10.018 abitanti della provincia di Bergamo, in Lombardia. Situato sulle prime propaggini collinari delle Alpi Orobie, dista 7 km dal capoluogo orobico. Nato nel 1927 in seguito alla fusione dei comuni di Scanzo e Rosciate, comprende sul proprio territorio cinque frazioni, legate ognuna ad una diversa parrocchia: Scanzo (Parrocchia di San Pietro e Paolo); Rosciate (Parrocchia di Santa Maria Assunta); San Pantaleone con Negrone, Piazzolo e Celinate (Parrocchia di San Pantaleone e San Nicola); Tribulina con Niccoloni (Parrocchia di San Giovanni nei Boschi) e Gavarno Vescovado (Parrocchia Santissima Trinità). CENNI STORICI
PARROCCHIA DI SAN PIETRO APOSTOLO IN SCANZO PARROCCHIA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN ROSCIATE PARROCCHIA DI SAN PANTALEONE IN VALBONA DI NEGRONE PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI DEI BOSCHI ALLA TRIBULINA PARROCCHIA DELLA SS.TRINITA' IN GAVARNO VESCOVADO (CASTELLO) Il Monte Bastia è una zona di produzione del Moscato di Scanzo. Il lavoro dell'uomo ha sottratto alla collina piuttosto impervia dei fazzoletti di terra dove si producono uve dalle rese basse e vini molto aromatici. Si sale a livello del rondò di Scanzo imboccando la stradina asfaltata che sale tra i vigneti e dove si possono incontrare tre aziende agricole che producono il Moscato di Scanzo. Nei pressi della cascina "Berlendesa" si può parcheggiare l'automobile e salire per una ripida scaletta costruita dagli Alpini con travi di ferrovia. In pochi minuti si raggiunge la cappella degli alpini e da lì si può godere il panorama della pianura sottostante e del paese. L'area è attrezzata per pic-nic (inaugurati nel 2004, dall'Amministrazione Alborghetti, le cucine e i servizi igienici). Nelle domeniche primaverili ed estive funziona anche il servizio "Ristoro" a cura della A.N.A. di Scanzorosciate. IL MOSCATO DI SCANZO
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Post n°844 pubblicato il 21 Agosto 2014 da giramondo595
Leggete cosa è accaduto a Roma qualche giorno fa, e scrivete la vostra Colosseo: incidono il loro nome su un pilastro, denunciati due turisti
Considerazione finale: Io non conosco le consuetudini olandesi in fatto di tutela del patrimonio artistico, pertanto posso supporre che nella tollerante Olanda, lo siano anche in questo..cioè che ogni cittadino possa liberamente vandalizzare qualsiasi monumento della propria nazione. Ma posso assicurare per esperienza diretta che nella civilissima Germania, basta che un turista che entra nelle chiese oltrepassi la famosa transenna solo per osservare meglio un dipinto o qualche particolare è subito mal visto, ed allontanato dalla chiesa in malo modo. Pertanto mi chiedo cosa sia saltato nella testolina di questa turista, una persona abituata a delle regole rigide per pensare di compiere inpunemente un simile gesto. Permettemi di gridare a squarcia gola VERGOGNA a questi pseudo turisti e di ringraziare i custodi dell' anfiteatro flavio |
Post n°843 pubblicato il 20 Agosto 2014 da giramondo595
Amici animali Interventi legislativi successivi, fino alla legge 20 luglio 2004 n. 189 ed alla Ordinanza del 27 agosto 2004 del Ministero della Salute, hanno concretizzato una puntuale disciplina concernente il divieto di maltrattamento degli animali ed il loro impiego in combattimenti clandestini od in competizioni non autorizzate, nonché la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività di alcune razze canine, mentre l'art. 727 del codice penale, anch'esso mutato da tali interventi legislativi, ora si occupa dell'abbandono di animali e della inadeguata detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura. Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle nascite. Interventi legislativi successivi, fino alla legge 20 luglio 2004 n. 189 ed alla Ordinanza del 27 agosto 2004 del Ministero della Salute, hanno concretizzato una puntuale disciplina concernente il divieto di maltrattamento degli animali ed il loro impiego in combattimenti clandestini od in competizioni non autorizzate, nonché la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività di alcune razze canine, mentre l'art. 727 del codice penale, anch'esso mutato da tali interventi legislativi, ora si occupa dell'abbandono di animali e della inadeguata detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura. Potete effettuare la limitazione di cucciolate indesiderate solo tramite pratiche veterinarie di contenimento delle nascite. trascorsi due o tre giorni dalla scomparsa, dovete presentarvi al Servizio Veterinario della vostra A.S.L. per compilare un modulo in cui saranno indicati i dati relativi all'animale: tatuaggio, breve descrizione dell'animale e data della scomparsa; Il 3 marzo 2009 è stata presentata in conferenza stampa la nuova Ordinanza, del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, per la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani. Il provvedimento entra in vigore il giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e avrà efficacia per 24 mesi a decorrere da quella data. Per conoscere i dettagli dell'Ordinanza, è possibile consultare la pagina dedicata del Ministero della Salute. |
Post n°842 pubblicato il 19 Agosto 2014 da giramondo595
Qualche mese fa, in televisione e sui giornali un noto gruppo di assicurazioni, cita alcune località italiane..dal nome in apparenza strano e che tutto farebbe pensare, tranne al nome di un centro abitato. Il primo è Salve in provincia di lecce Salve è una città italiana di 4.707 abitanti della provincia di Lecce in Puglia. Situato nel versante ionico del basso Salento, a 61 km dal capoluogo provinciale, comprende anche la frazione di Ruggiano e le marine di Pescoluse, Torre Pali, Posto Vecchio e Lido Marini. Il litorale di Salve è dal 2009 BaIl territorio del comune di Salve, che si estende per 32,8 km², è situato nel basso Salento lungo la costa ionica del Capo di Leuca. Il centro abitato sorge sui modesti rilievi delle Serre Salentine a 130 m s.l.m.; il territorio comunale è compreso tra gli 0 e i 165 m s.l.m. Confina a nord con i comuni di Presicce e Alessano, a sud e ad est con il comune di Morciano di Leuca, a sud con il Mare Ionio, a ovest con il comune di Ugento. I primi insediamenti umani nel territorio di Salve risalgono a circa 60.000 anni fa. Lo testimoniano i rinvenimenti di raschiatoi, limace, punte e frammenti ossei di Grotta Montani. Il villaggio messapico della "Chiusa" presso la Masseria del Fano, oggetto di una campagna di scavi da parte di un'equipe di archeologi australiani dell'Università di Sydney, fu abitato dal 1440 a.C. al 470 a.C., mentre quello protoappenninico di Spigolizzi, situato nei pressi delle masserie "Spigolizzi" e "Profichi" risale al periodo del Bronzo Medio (XVI-XV sec. a.C.). La citta' di Salve fu fondata, secondo la leggenda, dal centurione romano Salvius nel 267 a.C. Successivamente si ingrandi' in seguito alla distruzione di due antichi casali che sorgevano nelle immediate vicinanze. Organo Olgiati-Mauro In uno scenario di luci e colori, tra altari di stile barocco, sotto le volte decorate con pregevoli stucchi settecenteshi, campeggia nella Chiesa Parrocchiale di Salve il monumentale storico organo, costruito nel 1628 e restaurato nel 1978 con la consulenza tecnico-artistica del M° Prof. Luigi Celeghin, titolare della cattedra d'Organo al Conservatorio "S. Cecilia" di Roma. La paternità di questo strumento si deduce da una scritta incisa a mano con stilo sulla canna maggiore di facciata: "1628 - Giovane Batista Olgiati di Como con Tomaso Mauro di Muro". L'Organo, di sicura ispirazione lombarda ed in particolare antegnatiana (divisione in 5 scomparti della facciata, con la collocazione in alto dei cosiddetti "organetti morti") ha compiuto 385 anni di vita, senza aver subito sostanziali modifiche. Dall'esame di alcune canne è stato possibile dedurre anche un tipo di temperamento in vigore nel '600. Questo gioiello d'arte organaria, risultato tra i 4 più importanti d'Europa, tra i più antichi d'Italia, e sicuramente il più antico di Puglia, che per oltre tre secoli e mezzo ha sostenuto il canto di tante generazioni di salvesi ed ha varcato i confini della Chiesa e della Città di Salve dacchè nelle varie stagioni concertistiche ha visto alternarsi alla sua tastiera numerosi organisti, anche di fama internazionale, rimane a testimonianza di un'arte e di una cultura che era e deve essere, nella sua più schietta autenticità, orgoglio di noi tutti. IL TESORETTO DI SALVE La MASSERRIA DI SANTU LASI la Masseria di Santu Lasi è stata di recente dichiarata "bene di interesse culturale particolarmente importante", trattandosi - come si legge nel decreto ministeriale di vincolo - "di una delle masserie fortificate dell'Estremo Capo di Leuca che testimonia, attraverso le sue stratificazioni architettoniche, le diverse vicende dell'utilizzo di un territorio produttivo sottoposto, per secoli, ai rischi di aggressioni e invasioni dal mare, ma che ha conosciuto, anche, un'altrettanto costante resistenza da parte degli uomini che l'hanno abitata". La masseria e la cappella, insieme al paesaggio rurale circostante fatto di "forme, colori, prospettive, oliveti, pajare e muri a secco", occupano una porzione di territorio dove un tempo sorgeva l'antico casale di San Biagio e costituiscono per la nostra comunità - e non solo - un bene prezioso che merita di essere tutelato e valorizzato.
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Post n°841 pubblicato il 18 Agosto 2014 da giramondo595
Tredici anni a Roma moriva Renato Carosone. Questo recital, un evento che solo il web può realizzare, è un doveroso tributo al grande artista napoletano, che, con le sue memorabili canzoni resterà sempre vivo nei nostri cuori e nei nostri ricordi. Renato Carosone nasce a Napoli il 3 gennaio 1920, primo di altri due fratelli, Olga e Ottavio. Inizia prestissimo a studiare musica per volontà del padre. L'11 maggio 1935 suona il pianoforte nel teatrino dell'Opera dei Pupi di Giuseppe Perna; in seguito lavora presso la casa editrice E. A. Mario come "ripassatore", insegnando cioè le nuove canzoni ai cantanti, e nel 1937 si diploma in pianoforte presso il Conservatorio di San Pietro a Majella. Viene scritturato da una compagnia di arte varia, con cui si imbarca per l'Africa Orientale Italiana; quando la compagnia si scioglie, Carosone rimane tra Massaua e Addis Abeba per nove anni, prestando servizio militare durante la seconda guerra mondiale sul fronte della Somalia Italiana. Suona in varie formazioni, conosce la futura moglie Lita, veneta, sposata a Massaua, che gli darà il figlio Pino, e nel 1946 torna in Italia, a Napoli. Contro le aspettative del padre Antonio, impresario al Teatro Mercadante, si trasferisce a Roma ottenendo una buona notorietà nell'ambiente musicale. La sua prima memorabile canzone è O sarracino 'O sarracino (IT:Il saraceno) fu scritta nel 1958 da Renato Carosone (musica) e Nisa, pseudonimo di Nicola Salerno (parole). Con il termine saraceno si utilizzava indicare i mussulmani provenienti dall'oriente, o più in generale gli arabi. Inizialmente l'idea del brano era proprio quella di uno sbarco di un affascinante uomo orientale di colore desiderato da tutte le donne.[2] In seguito gli autori del brano preferirono che il protagonista della canzone fosse semplicemente napoletano, lasciando il nome di sarracino più come parodia, che come effettiva provenienza geografica.[2] Tuttavia le influenze orientali rimasero nella melodia di 'O sarracino, che rimase negli anni uno dei più celebri brani di Carosone. La seconda è Caravan Petrol Introdotta dal consueto parlato di Gegè Di Giacomo ("Canta Napoli, Napoli petrolifera...") la canzone sul lato B del disco affronta, con la consueta ironia, il tema della ricerca del petrolio, effettuata dal protagonista della canzone, un napoletano, nei dintorni di Napoli, ovviamente senza trovare nulla perché "ca 'o petrolio nun ce sta"... Musicalmente Caravan petrol è una delle prime canzoni che mescola sonorità arabe con la tradizione musicale occidentale. Tra le numerose cover della canzone è da ricordare quella in versione ska incisa dai Casino Royale nell'album Jungle Jubilee con il titolo opportunamente mutato in Skaravan petrol; un'altra cover è stata realizzata nel 2001 da Massimo Ranieri per il suo album Oggi o dimane. La canzone ispirerà il film Caravan petrol di Mario Amendola. Nel 2006 il reality show italiano La fattoria sceglie la canzone come sigla del programma ma cambia una parte del ritornello: pascià, pascià, pascià, invece dell'originale Allah, Allah, Allah. Il motivo ufficiale fu che il programma era incentrato sulla figura del "pascià" (uno dei personaggi della trasmissione) e anche per rispetto verso l'Islam, ma all'epoca alcuni giornali parlarono di censura del testo di Carosone per paura di ritorsioni da parte di estremisti islamici (come era già avvenuto diversi anni prima nel programma Quelli della Notte per la parodia di uno sceicco arabo da parte di Andy Luotto). Il 28 ottobre 1949 fonda il Trio Carosone insieme all'olandese Peter Van Wood - poi autore di Tre numeri al lotto assieme a Fiorenzo Fiorentini (1949) e Via Montenapoleone (1953) - e al fantasista napoletano Gegè Di Giacomo.I tre, con Carosone al pianoforte, Di Giacomo alla batteria e Van Wood alla chitarra elettrica, inaugurano lo Shaker Club di Napoli, frequentato dai militari americani e dai nuovi ricchi degli "anni del benessere". Quando nel 1952 l'olandese Van Wood lascia il trio per trasferirsi in America, Carosone e Gegè ricostituiscono il gruppo, che diventa dapprima un quartetto con il chitarrista Franco Cerri, il cantante contrabbassista Claudio Bernardini e il sassofonista Riccardo Rauchi; Cerri viene poi sostituito da Alberto Pizzigoni e Bernardini da Piero Giorgetti. La terza canzone è tu vo fa l' americano
La canzone fu scritta nel 1956 da Carosone per la parte musicale e da Nisa per il testo. Il compositore combinò musica swing e jazz al pianoforte, realizzando un boogie woogie in un solo quarto d'ora dopo aver letto il testo di Salerno. Carosone fu immediatamente sicuro che il brano avrebbe ottenuto un grande successo, e infatti, una volta pubblicata dalla casa discografica Pathé su 45 giri (GQ 2032) nel 1956 e su EP l'anno successivo (GQ 534), raggiunse il successo internazionale ed è tuttora la canzone più nota del cantautore. Lo stesso Carosone scrisse che le sue canzoni "erano profondamente basate sul sogno americano, interpretando il jazz e i suoi derivati come il simbolo di un'America ricca e prosperosa, ma mantenendo sempre lo stile della canzone napoletana, utilizzandola anche come parodia dei suoi usi". Nella puntata di TV7 andata in onda il 4 settembre 2011 Renzo Arbore ricordava che lui e un ristretto numero di amici giravano per i quartieri di Napoli abitati dagli americani indossando jeans giocando a fare gli americani e che proprio a ragazzi come loro Carosone s'ispirò nella composizione della canzone. Tale idea, però, contraddice ciò che lo stesso Carosone aveva scritto, nel 2000, nella sua autobiografia Un americano a Napoli: Quelli che credono di sapere tutto di se sostengono che l'idea per Tu vuo' fa' l'americano mi isa venuta vedendo passeggiare per via Toledo un giovanissimo Renzo Arbore, appena iscrittosi all'università partenopea. È vero che lo showman fu tra i primi a frequentare la Nato, a propagandare il virus del jazz prima e del rock poi e a indossare i blue-jeans. Ma le date non coincidono: il brano è del '56 e in quell'anno Renzo, bocciato in terza liceo, era ancora a Foggia. A Napoli sarebbe arrivato solo nel '57. |
Post n°840 pubblicato il 17 Agosto 2014 da giramondo595
Alcuni anni fa a Freudenstadt, nel sud della Germania, ci fu chi avanzò la proposta di sostituire i normali parchimetri con modelli ispirati alla tradizione locale, e dunque forniti di un orologio a cucù che suonasse allo scadere del tempo della sosta. Malgrado molti trovassero suggestiva l'idea, rimasero in uso i vecchi parchimetri. I primi rasoi di sicurezza per signora con lametta usa e getta furono messi in commercio negli USA intorno al 1915. Austin, la capitale del Texas, ricevette tale nome nel 1839, per rendere omaggio a Stephen Austin (1793-1836), ritenuto il padre della Repubblica del Texas; prima la città si chiamava Waterloo. Un'inchiesta ha rivelato che ben il 66% degli uomini britannici destinano almeno 8 ore alla settimana a faccende domestiche un tempo considerate solo femminili, come pulizie, bucati e cucina. La percentuale di donne che vi si dedicano per un tempo analogo si ferma al 62%.
Nel corso del suo lungo regno, Elisabetta II d'Inghilterra ha ricevuto anche numerosi regali bizzarri o inadeguati al suo rango: tra essi, alcuni giaguari e bradipi dal Brasile, castori neri dal Canada, un bosco di aceri, degli ananas, delle uova, una scatola di gusci di lumaca e una confezione con sette chili di gamberetti.
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Post n°839 pubblicato il 16 Agosto 2014 da giramondo595
Durante le vacanze, per rilassarsi qualcuno sceglie la montagna o di andare a visitare i parchi naturali per questo ho pensato di condividere questi suggerimenti offerti dal ClubAlpino italiano di Gualdo Tadino, il parco dell' Adamello e dall' associazione agriturismo e bed&breakfast
Le seguenti 10 regole vogliono richiamare l'attenzione su alcuni comportamenti sbagliati che si vedono frequentemente in montagna e dare un aiuto per evitarli, al fine di garantire delle escursioni in tutta sicurezza nelle nostre montagne. 1 Pianificate la vostra gita a tavolino: 2 Informatevi bene sulle previsioni del tempo: 3 Valutate oggettivamente la vostra forma fisica e scegliete un'escursione adeguata. 4 Scegliete una velocità di marcia moderata e regolare. 5 Bevete abbondantemente! 6 Scegliete l'attrezzatura adeguata 7 Mettete dell'abbigliamento leggero e funzionale
9 Rispettate la natura 10 Seguite sempre i sentieri indicati. Alcune Regole da Seguire
10 regole per rispettare il Parco Rispetta i fiori e le piante: i loro colori ed i loro profumi sono lì anche per chi passerà dopo di te.
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Post n°838 pubblicato il 15 Agosto 2014 da giramondo595
Ospite d' onore Trilussa La fretta Se stà a fà sera e nantra giornata de lavoro se n'è annata:
Lo specchio Ogni vorta che vado dar barbiere,
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Post n°837 pubblicato il 15 Agosto 2014 da giramondo595
La maestra chiede a Pierino: "che lettera viene dopo la A?" e Pierino: "tutte le altre, signora maestra!". Pierino durante la lezione va in bagno e dopo quando rientra la maestra gli dice: "conta fino a 10" allora Pierino dice: "1,2,3,4,5,6,7,9,10" e la maestra dice: "Pierino e l'otto?" e lui: "uhh l'ho scaricato nel bagno!". Il giorno dopo la Befana Pierino si aggira per i giardini trascinando un trenino quando vede un giardiniere al lavoro: "Signore, signore, guarda che bel trenino mi ha portato la Befana! E a te cosa ha portato la Befana?". Il giardiniere sorride e prosegue nel suolavoro, ma Pierino imperterrito ricomincia: "Signore, signore, guarda che bel trenino mi ha portato la Befana... e a te cosa ha portato la Befana?". E così per parecchie volte fino a quando il giardiniere stanco e incazzato risponde: "La Befana mi ha portato un cazzo così!!!". Pierino spalanca gli occhioni sorpreso e dice: "Perché tu al caminetto... invece della calza ci hai appeso il culo?" Pierino dice ad un suo amico: "mio padre conosce 4 lingue" l'altro risponde: "mio padre ne conosce 1000 lingue e più" Pierino controbatte: "ma come è possibile?" e l'altro: "fa il medico e ogni persona che entra gli fa vedere la lingua". La maestra dice ai suoi alunni: "a casa verbalizzate sul quaderno il testo di pagina 44 che riguarda gli animali". Pierino sta giocando con un amico e ad un tratto si ferma e dice: "lo hai fatto il test di ammissione di matematica?" e l'amico risponde: "no, era veramente super difficile, infatti ho lasciato il foglio completamente bianco" e Pierino: "oh mio dio, oh mio dio, super mio dio!" e l'amico: "che succede?" e Pierino: "anche io ho lasciato il foglio bianco, la professoressa penserà che ho copiato!". La maestra dice a Pierino: "Pierino che cosa è il numero 6?" e Pierino risponde: "è il numero 9 che sta facendo una capriola al contrario". Pierino un giorno va a scuola e la professoressa gli dice che domani vuole che gli pargli dei canali televisivi. Pierino va a casa e accende la tv e sente: "vaffanculooo", cambia canale e: "superman,superman", cambia canale e: "io ci vado con passeggino chicco", cambia canale e sente: "rinascerooo".
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Post n°836 pubblicato il 13 Agosto 2014 da giramondo595
Secondo messaggio dedicato alla mia regione, in particolare nella zona dove abito. Questa volta vi racconterò la storia di una festa patrocinata dai marinai in onore della Madonna, molto sentita. E' la festa della madonna di Portosalvo.
nell'anno 1906, durante una tremenda tempesta il capitano di lungo corso Rocco Caminiti, assistendo, impotente, alla violenza dei marosi che minacciavano di far perire la sua nave con l'intero equipaggio, si rivolse in preghiera alla Madonna di Porto Salvo, della quale era molto devoto, chiedendole aiuto e facendo voto che se si fosse salvato avrebbe costruito una chiesa, promovendo ogni anno festeggiamenti in suo onore». In quell'epoca Soverato Marina era un borgo marinaro, abitato da molte famiglie di pescatori, gente che viveva sul mare e del mare, con il quale doveva spesso misurarsi. Fra questa popolazione si è subito radicata la devozione alla Madonna e la tradizione della festa, con la processione in mare che annualmente si è ripetuta nella seconda domenica di agosto, e con l'impegno della famiglia Caminiti, fino alla morte del senatore Filippo, figlio del fondatore, avvenuta nel 1955. Dopo alcuni anni, per iniziativa di un gruppo di pescatori, con l'appoggio della famiglia Caminiti, è stata ripresa la tradizione della festa con la processione in mare, che si celebra ogni anno. In questa foto si nota una immagine d' epoca si nota la costruzione della Chiesetta La Madonnina è la protettrice dei pescatori, di coloro che si alzano durante la notte e si avventurano nel mare, sfidando le onde con le loro modeste barche, nella speranza di tirare le reti pieni di pesci. L'immobile ha subito un notevole restauro per il centenario del 2006. La chiesetta venne realizzata da Rocco Caminiti e presto divenne meta di pellegrinaggi non solo da parte di fedeli, ma anche di appassionati d'arte, infatti, è ornata da tre grandi affreschi di tipo murales realizzati con colori acrilici dai maestri Mario Linizzati e Chazanfari ed altri. Il murales che orna la facciata, opera di Pinizzotto, rappresenta un gruppo di pescatori al lavoro nella spiaggia. Alle loro spalle si vede il sole che sorge, che simboleggia la vita, la speranza. L'autore spiegò a suo tempo che il dipinto rappresentava il riscatto morale dell'uomo. L'artista iraniana, Chazanfari, dipinse sul lato destro della chiesetta una Madonna che sorge dalle acque del mare. Il terzo murales sul retro, eseguito da De Pasquale, raffigura due pescatori che trasportano con grande entusiasmo un pesce spada, simbolo di ricca pesca. Si tratta di una festa unica nel suo genere che coinvolge il mare e la terra, in cui l'animazione dei lidi che costeggiano il suo percorso rappresenta ingrediente indispensabile per la sua buona riuscita. La processione delle barche che solca le acque antistanti la cittadina jonica continua ad esercitare il suo fascino anno dopo anno. |
Post n°835 pubblicato il 10 Agosto 2014 da giramondo595
Questo messaggio ed i successivi sono dedicati alla mia regione. il loro contenuto consiste in piccole curiosità sui monumenti,i modi di dire e via dicendo.. Lo scoprirete solo leggendo. Se vi anticipo tutto che gusto c'è.. La Pietà di A. Gagini la Pietà di Antonello Gagini è collocata nella chiesa arcipretale l'Addolorata di Soverato Superiore, una scultura in marmo bianco con la Vergine avente in grembo il Cristo morto. La scultura, datata 1521 , è opera dell'artista siciliano Antonello Gagini, appartenente alla famiglia di artisti originari di Bissone nel Canton Ticino; unitamente ad un bassorilievo detto "L'uomo dei dolori"dello stesso artista e proveniente dal Convento della Pietà di Petrizzi, rappresentano la fase evolutiva dell'arte dello scultore siciliano, improntata a forme rinascimentali. Il gruppo marmoreo, collocato nella navata destra della Chiesa, proviene dall'antico convento agostiniano di Santa Maria della Pietà di Petrizzi, sorto in aperta campagna, lontano dall'abitato, l'imponente edificio, sarebbe stato fondato, secondo Domenico Martire, nel 1454, e venne inseguito più volte rimaneggiato nell'impianto architettonico generale, in quanto venne danneggiato a causa delle scorribande dei pirati saraceni e degli effetti provocati da calamità naturali. In questa stessa struttura nel 1510, il Beato Francesco da Zumpano, dell'ordine degli agostiniani Riformati, fondò il convento di Santa Maria della Pietà. La realizzazione dell'opera è una leggenda incantevole, secondo la fantasia popolare, ma che trova riscontro nell'opera "Della Calabria Illustrata" di Padre Giovanni Fiore da Cropani(1622-1683), il quale a proposito di padre Zumpano, e degli avvenimenti che portarono alla collocazione dell'immagine sacra nel convento agostiniano, Fiore da Cropani così scrive:" ....Volendo poi collocarvi un'immagine a rilevo di Maria con Figlio morto nelle braccia, e non avendo potuto trovare pietra a proposito di incavarla, passò in Messina, ove intendeva che da vascello, quale avea corso fortuna, n'era stata butata a mare una tale, molto acconcia al suo disegno. La richiede dal padrone, il quale non fu ritroso a concederla, supponendo l'impossibilità del frate per trarla dal fondo, ma appena egli, prostrato, ne supplicò il Cielo, che ad occhi veggenti da tutti fu veduta la pietra nuotar a gala, e porsi nel lido". Il racconto di Padre Fiore pur intriso di leggenda, contribuì a far accrescere intorno a questa scultura, un alone di mistero e arcane suggestioni miracolistiche. Così come l'episodio che narra di come la statua giunse presso la chiesa arcipretale di Soverato Superiore, anch'esso tra mito e leggenda popolare s'intreccia al vero storico. Questi racconti si diffusero nell'immaginario collettivo del Meridione, tramandatisi in seguito al terremoto del 1783; ma tralasciando i suggestivi racconti leggendari, in realtà i fatti storici che portarono la statua della Pietà all'attuale sito, ebbero inizio nel 1787, quando una contesa tra gli abitanti di soverato e quelli di Argusto sfociò in un aspro litigio, in merito al possesso della campana del soppresso convento agostiniano, la quale venne commissionata da un religioso di Soverato in sua devozione. La contesa si concluse nel 1801, con la rivendicazione da parte delle due popolazioni dell'intero convento, che per ironia di sorte fu poi confiscato dal comune di Petrizzi. Fu proprio in questo torno di tempo che il gruppo marmoreo giunse a Soverato e volendo attribuire alla leggenda un fondo di verità, la scultura venne trasportata da un carro trainato da buoi. In merito alla realizzazione del gruppo della Pietà, si posseggono notizie e documenti grazie al lavoro lungimirante del più autorevole studioso dell'Opus gaginianum ,Hanno Walter Kruft. L'opera venne commissionata da Giovanni Martino d'Aquino, discendente di San Tommaso, e del Beato Francesco da Zumpano, il 26 settembre 1520; il gruppo della Pietà assume particolare rilievo nella statuaria meridionale sia per i precisi intenti teologici e filosofici dei committenti sia per l'introduzione da parte dell'artista di elementi stilistici nuovi, frutto della conoscenza delle opere del Buonarroti, del Laurana e del Sansovino. La scultura è in marmo bianco carrarese, con residui di dipinti; le misure: altezza del basamento 22cm; altezza del gruppo 159cm; e in fondo alla composizione si trova l' iscrizione: "hoc opus Antoni Gagini panormitae MCCCCCXXI"(quest'opera di Antonio Gagini palermitano 1521). Sul basamento risiede a sinistra Giovanni Battista, a destra l'Arcangelo Michele, mentre la figura di San Tommaso occupa la centralità del bassorilievo, scolpito nell'atto di tenere una lezione ex cathedra sull'avverroismo e di schiacciare metaforicamente il filosofo islamico e con esso il suo pensiero. Il gruppo marmoreo è una competizione tardiva nell'opera del Gagini, con la Pietà di Michelangelo, che risale al 1493, la quale aveva avuto influsso notevole nel suo lavoro di giovinezza, tuttavia la Pietà del Gagini rappresenta una svolta di pagina dell'opera del Buonarroti. L'impegno del Gagini di opporre al lavoro di Michelangelo una soluzione propria è innegabile. Nell'espressione del volto ottiene un'intensità maestosa e soave allo stesso tempo, servendosi della sua cultura artistica superò se stesso nell'esecuzione della figura della Vergine, carica di intimo pathos nello sguardo, in cui si fondono dolore e compostezza insieme; il Gagini seppe infonderle la purezza e la dignità della Madre di Dio. La Pietà, gravemente danneggiata a causa del sisma del 1783, è stata restaurata presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Il restauro dell'Opificio ha, inoltre, reso un'immagine idealizzata della statua, forse non considerando dei volti, delle altre statue, scolpiti dal Gagini e forse condizionato dalla più famosa Pietà di Michelangelo, non ha certo contribuito a rendere la statua più aderente allo stile dello scultore siciliano. Al di là d'ogni critica, la Pietà del Gagini mantiene intatti i caratteri dell'opera d'arte del genio. Fruire, conoscere e contemplare tali sculture di grande pregio amplia gli orizzonti dell'uomo e ne infiamma l'anima e la induce a proiettarsi verso "l'alto". |
Post n°834 pubblicato il 09 Agosto 2014 da giramondo595
Omertà
Pierino e all'esame di quinta elementare, la maestra gli chiede:
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...Droga e alcool portano alla distruzione fisica e mentale!!! La vita e' troppo bella per essere distrutta dalle sostanze!!!!!! Vogliatevi bene !!!
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UN CALOROSO ABBRACCIO A TUTTI VOI
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CITAZIONI DI
Beata Madre Teresa di Calcutta
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l'oceano avrebbe una
goccia
in meno
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si dà
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Trova un minuto
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trova un minuto
per pregare,
trova un minuto
per ridere.
La peggiore malattia
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Le parole gentili
possono essere brevi
e facili da pronunciare
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GRAZIE AMICI QUESTI REGALI SONO PER VOI
Grazie Solic
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Grazie Trappolinax ( Wanda )
Grazie aumania_12 ( Alisia )
Grazie Trappolinax ( Wanda )
grazie STREGAPORFIDIA (Sonia)
questi splendidi regali,
li voglio
dedicare a
tutti voi amici
Aforismi
Edward Morgan Forster è stato uno scrittore
britannico,autore di racconti brevi,
di romanzi e saggi letterari.
Da alcuni suoi romanzi sono stati
tratti film di grande successo come:
Passaggio in India (1984, regia di David Lean)
Camera con vista (1986, regia di James Ivory),
Maurice(1987, regia di James Ivory)
e Casa Howard (1992, regia di James Ivory).
Se è facile raccontare la vita,
ben più difficile è viverla,
e siamo tutti dispostissimi a
chiamare in causa "i nervi",o qualsiasi
altra parola d'ordine che serva a
occultare i nostri desideri.
( Edward Morgan Forster )
Albert Einstein è stato un fisico
a soli 26 anni, ha mutato
il modello istituzionale di
interpretazione
del mondo fisico
E' più facile spezzare
un'atomo, che
un pregiudizio
( Albert Einstein )
GRAZIE PER I VOSTRI DONI
Carissimi amici,
grazie a tutti
per i vostri doni.
Questi sono solo
una piccolissima
rappresentanza
della vostra amicizia
ed affetto.
sono felicissimo di
ciò...bacioni
a tutti
Grazie agli amci Trappolinax e luce 1001 per
i bellissimi regali per il compleanno del mio blog
SAGGEZZA POPOLARE ANDREOLESE
Cu ava focu campau,cu ava pana moriu.
Chi ha del fuoco è vissuto,
chi ha pane è morto a causa del freddo
'A casa mbidìàta,o pòvara o malàta.
La casa ch'è oggetto d'invidia va
incontro a povertà o malattia.
A bbona lavandàra on manca petra.
Ad una brava lavandaia non manca
pietra (su cui lavare).
E cu' t'affìdi, ti nganni.
Sulla persona a cui presti
fiducia ti sbagli (facilmente).
Canta lu gaddru e si scòtula li pinni.
Il gallo canta e si scuote le piume.
(Si dice di persona che di un fatto
non vuole assumersi alcuna responsabilità
e "se ne lava le mani", come Pilato.
Per altri curiosi proverbi andreolesi:
http://www.andreolesi.com/dialetto/proverbi.htm
FRASI CELEBRI
Golda Meir, fu una donna politica
israeliana, quarto premier d'Israele
e prima donna a guidare il governo
del suo Paese.
La vecchiaia è come un aereo
che punta in una tempesta.
Una volta che sei a bordo non puoi
più fare niente
(Golda Meir)
Anton Pavlovič Čechov è stato uno
scrittore, drammaturgo e
medico russo.
Laureatosi in medicina,
scriveva novelle di notte.
L' intelligente
ama istruirsi,
lo stupido istruire.
( Anton Cecov )
Non sappiamo cosa può accaderci
in quello strano guazzabuglio che è la vita.
Possiamo però decidere quello che avviene
in noi, come affrontarlo, che uso farne...
ed è questo, in conclusione,
ciò che conta.
( Joseph Fortton )
Henry Ford è stato un imprenditore statunitense.
Fu uno dei fondatori della Ford Motor Company,
società produttrice di automobili, ancora oggi
una delle maggiori società del settore negli
USA e nel mondo.
Chiunque smetta di imparare è vecchio,
che abbia venti o ottant'anni.
Chiunque continua a imparare resta
giovane. La più grande cosa
nella vita è mantenere la
propria mente giovane.
( H. Ford )
Riflessioni sul Tempo ... Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. (Proverbio Africano); Il tempo è un grande maestro, ma sfortunatamente uccide tutti i suoi studenti. (Hector Berlioz); Una briciola d’oro non può comprare una briciola di tempo. (Proverbio Cinese); Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci sarà più. (Fëdor Dostoevskij)Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J Lennon )Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.(Charlie Chaplin) L'unica cura per l'acne giovanile è la vecchiaia.( Totò )Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due. ( Eduardo De Filippo )Chi vive troppo tempo in un luogo perfetto finisce per annoiarsi. (Paulo Coelho)
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