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Setoseallegorie

BLOG DI SILVIA DE ANGELIS

Messaggi di Gennaio 2014

IL CAMALEONTE

Post n°991 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da das.silvia

                       

 

Nel soppalco umido

della lingua calda

avanzano parole imbronciate

Faticano a farsi strada

nella piana precisa di complicazioni

Ma ecco nel gemmare

d’ossessioni positive…

la proposta d’un camaleonte taciturno

chiuso in fondo

Modella imperfezioni

e nudità malvestite di vita

rese abili nella circostanza

divenuta improrogabile esibizione


 Silvia De Angelis tutti i diritti riservati


 

 

 
 
 

VANITA' FEMMINILE TRUCCHI DELL'ANTICA ROMA

Post n°990 pubblicato il 30 Gennaio 2014 da das.silvia

“La bellezza è l’eternità che si mira in uno specchio”. A questa massima si ispirano le donne dell’antica Roma, nella speranza di rincorrere una bellezza senza tempo. D’altra parte le matrone hanno tutti i mezzi per ambire alla perfezione; se poi la natura non le ha ben provviste dei suoi doni, possono darsi da fare per crearseli.

Celebre è l’ammonimento dell’autore latino Plinio il Vecchio, che con la frase “che d’ispidi peli pungenti non fossero mai coperte le loro gambe”, esorta le giovani fanciulle a prendersi cura della loro persona. Il comandamento a cui tutte devono sottostare, è che nulla di superfluo deve trovarsi sotto le ascelle o sulle gambe di una donna che ha amore per il proprio aspetto.

Precetto assai spassoso visto che, come ci racconta Seneca, i Romani curano al minimo l’igiene personale quotidiana: si lavano solo braccia e gambe e dedicano al proprio corpo un bagno completo ogni 9 giorni!

E' noto che l'igiene quotidiana non sia una priorità per gli antichi ma, ahimè, neanche il sapone è conosciuto!!! Si dà notizia che Giulio Cesare lo importa a Roma solo dopo la conquista della Gallia (e probabilmente i romani ancora ringraziano per questo!!!).

Le pratiche della toeletta femminile non si risolvono con il solo lavaggio “quasi quotidiano”, ma continuano con terribili, e chissà se fruttuose, torture estetiche: dalla depilazione, al trucco, alla cura dentaria e per finire all’acconciatura; tutto è lecito pur di apparire splendide ed impeccabili!

La stanza delle signore è una specie di sala chirurgica dove una schiera di schiave opera il giornaliero restauro. Le nostre antiche e raffinate matrone conoscono già la pratica della depilazione; per togliere l’antiestetica peluria si adoperano composti di pece, resina, cere e sostanze caustiche disciolte nell’olio. Neppure ad un sorriso smagliante è lecito rinunciare e per la pulizia dei denti si usa un “dentifricium” a base di soda e bicarbonato di sodio. C’era persino chi – terribile a dirsi – confida nel potere smacchiante dell’orina!!!

Per la serie “non buttiamo via nulla”, altri rimedi raccapriccianti sono in uso prima del trucco: a detta degli antichi visagisti, le maschere di bellezza più efficaci sono quelle ottenute con i composti organici! Vi si trovavano intrugli formati da corna di cervi, escrementi di volatili, sterco ed urina di vitelli, di mucche, di tori, di asini e di pecore; tutti ingredienti che vanno sapientemente amalgamati ad olio, grasso d’oca, succo di basilico, semi di origano, zolfo, miele e qualsiasi altra sorta di diavoleria. (WEB)

 
 
 

P R E T E S T I

Post n°989 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da das.silvia

Gocce d'incredulità
insinuano tacito mordente
nei tuoi bisbigli sussurrati
(dolci tentazioni in un circuire fragile cuore)

Mani stanche di effondere nel loro congiungersi
aridi granelli di polvere
accentuano angolosità su labbra adirate

Filamenti d'anima vacillanti
scivolano su dita di luna appese a soffici silenzi
sgorgano simbolici rituali d'amore
nella notte che scolpisce spregiudicati pretesti
(in sordina s'accendono capricciose provocazioni)


Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                          

 

 
 
 

CITTA' E CITTADELLE DELLA TRANSILVANIA

Post n°988 pubblicato il 28 Gennaio 2014 da das.silvia

La Transilvania è una regione storica che occupa la parte occidentale e centrale della Romania. A partire dal XII secolo, i Sassoni, coloni di origine germanica, si insediarono in questa regione dalle dolci e fertili colline e ampi boschi. Qui vi fondarono sette importanti città: Klausenburg (Cluj Napoca), Herrmannstadt (Sibiu), Kronstadt (Brasov), Schässburg (Sighisoara), Mediasch (Medias), Mühlbach (Sebes) e Bistritz (Bistrita). Per questo la regione fu denominata Siebenbürgen, “sette borghi”.
Cluj Napoca: è la capitale storica della Transilvania e un centro universitario di prestigio con una lunga tradizione. Da sempre crocevia di commerci e di culture, vanta alcuni edifici di pregio come il settecentesco Palazzo Banffy ed una farmacia-museo del Cinquecento. Notevoli anche il monumento equestre a Mattia Corvino e soprattutto la Cattedrale di san Michele con torre neogotica.
Sibiu: nel 2007 il titolo di Capitale Europea della Cultura ha suggellato l’importanza della città, considerata una delle più belle città della Romania, ricca di musei e monumenti. La città presenta uno stile architettonico unico con graziose stradine e piazze che fanno da cornice a importanti edifici. Tra i luoghi d’interesse spicca il Museo Bruckenthal che custodisce vari tesori d’arte e una ricca biblioteca. Nei dintorni di Sibiu vi sono altre mete di richiamo: il villaggio di Sibiel con un piccolo museo di icone, il borgo di Sebes e Alba Julia, uno dei centri di potere della Dacia romana.
Sighisoara: grazie alle sue mura medievali perfettamente conservate, questa cittadina è uno dei tesori architettonici della Romania. Sighisoara deve la sua fama anche al principe valacco Vlad Tepes, meglio conosciuto come il Conte Dracula, che qui nacque nel 1431. Da visitare la cosiddetta Casa di Dracula e la scalinata coperta che sale alla Chiesa sulla Collina.
Brasov: sia la posizione che il bel centro storico raccolto attorno alla Piazza Sfatului fanno di Brasov una delle principali attrazioni della Transilvania. Da particolare interesse la Chiesa Nera, i bastioni, la cittadella, diversi edifici del Quattrocento e Cinquecento e la Cattedrale ortodossa di San Nicola. Sui monti circostanti, si trova Poiana Brasov, attrezzata e vivace stazione sciistica. A 28 km da Brasov si trova il Castello di Bran, descritto nel libro del Conte Dracula.
Cittadelle Sassoni: tra Brasov, Sighisoara e Sibiu si trovano un centinaio di piccoli villaggi con chiese fortificate. Per difendersi dalle frequenti incursioni e dalle razzie dei turchi, gli abitanti sassoni della Transilvania erano soliti costruire delle chiese fortificate, erigendole normalmente su un’altura posta al centro degli abitati. Oggi ne restano circa cento: sono piccole meraviglie di arte medievale che hanno conservato le denominazioni tedesche che solo gli anziani utilizzano ancora. Particolarmente imponente è il complesso fortificato che sorge nella cittadina di Biertan, nell’attuale distretto di Sibiu, con tre cinte di mura turrite, collegate l’una all’altra da camminamenti, diverse torri e una chiesa. Oltre a Biertan, sono Patrimonio dell’Umanità anche le chiese fortificate di Calnic, Prejmer, Darjiu, Saschiz e Valea Vilor. I più bei villaggi rurali sono senz’altro Soars (l’antica Scharosch) e  Viscri (originariamente Weisskirch).(WEB)

                       

 
 
 

ER PRETE

Post n°987 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da das.silvia

Drento ‘na sfirza

de nenie lamentose

fa ‘n’gioco de drittaggine

er prete

mentre vo’ fa sembrà

co’ l’atteggiamento asai devoto

de sta’ vicino ar rumore der Signore

Cor cervello da tutt’artra parte

se croggiola n‘ a liturgia dommenicale

mentre fa er conto a ‘a rovescia

pe’ fasse ‘na bevuta de quer vino

che dicheno ch’ è santo

Ma nun finnisce qui

appena s’avvicina er chierichetto

co’ due natiche disinvorte

je se struscia addosso

perché a furia de sta lontano d ‘e femmine

je s’è puro arivortato er sesso

e cià n’debbole pe’ quelli comme lui

IL PRETE

In una serie di preghiere monotone

fa il dritto il prete

mentre vuol far sembrare

con un atteggiamento assai devoto

di stare vicino al mondo del Signore

Col cervello altrove

s’investe della liturgia domenicale

mentre fa il conto alla rovescia

per bere il vino

che dicono sia santo

Ma non finisce qui

Appena si avvicina il chierichetto

con un fare disinvolto

si struscia addosso a lui

perché a furia di stare lontano dalle donne

è diventato omosessuale


Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                       

 

 
 
 

MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA MANIE D'OGGI

Post n°986 pubblicato il 25 Gennaio 2014 da das.silvia

 Molte volte mi capita di ascoltare discorsi inerenti a quanto sia esplosa negli ultimi anni questa sorta di “mania” o “moda” di ricorrere a ritocchi estetici o a veri e propri interventi chirurgici mirati a plasmare, modellare e modificare le forme del nostro corpo.
Effettivamente potrebbe sembrare qualcosa di estremamente moderno, una delle ultime novità che la sofisticazione della società in cui viviamo ci propone, ma ne siamo davvero certi? Siamo davvero convinti che l’essere umano abbia convissuto pacificamente per millenni con la propria immagine, e solo negli ultimi venti’ anni si sia accorto di avere l’esigenza di plasmare la propria fisionomia?
Bhè andando a cercare alcune notizie inerenti alla nostra evoluzione pare che le cose non stiano proprio in questi termini.
Iscrizioni rupestri risalenti all’inizio dell evoluzione dell’ homo sapiens mostrano come l’uomo abbia iniziato, fin dalle origini della sua evoluzione a utilizzare pigmenti per adornare il proprio corpo con colori sgargianti, probabilmente durante rituali e cerimonie.
Sicuramente più significative sono le manipolazioni effettuate da alcune tribù che addirittura modificano, attraverso tecniche particolari che si protraggono per tutta la durata della vita dell individuo, la forma anatomica di intere parti corporee, esempi?

La adaung della Birmania le cui donne hanno un lungo collo grazie all’uso di anelli, il bendaggio dei piedi effettuato sulle donne cinesi, la fasciatura del cranio effettuata in Egitto in epoca faraonica, tecniche queste che hanno indotto una vera e proprio modificazione anatomica delle parti ossee, modificando, a volta in modo grottesco, l’aspetto del corpo.

Che dire poi dell’arte del piercing e del tatuaggio, che affondano le proprie origini in tempi antichissimi.
Siamo dunque da sempre, fin dalle origini più recondite della nostra evoluzione, alle prese con ornamenti e manipolazioni dell aspetto del nostro corpo.
Perché? Quale sarà mai la ragione per cui si spendono tante energie e sforzi per aderire a uno stereotipo di bellezza, o semplicemente per modificare il proprio aspetto?
Sicuramente attraverso il nostro aspetto fisico esprimiamo la nostra personalità, il controllo sulla nostra immagine corporea ci dà potere, ci dà forza e consapevolezza di noi stessi, ci dà sicurezza nell interfacciarci con gli altri, affermiamo ciò che siamo. La forma è anche sostanza, non solo apparire, ma essere attraverso il proprio aspetto.

Storicamente l’aspetto più importante era sicuramente l’appartenenza: gruppi, classi, corporazioni, status sociali…. si portava sul proprio corpo il segno distintivo di una casta. Non deve apparire strano tutto questo, negli animali il maschio dominante sfoggia la livrea più appariscente, non è dunque questo il segno più primitivo per “distinguersi dal branco”? l’ essere al di fuori dagli schemi convenzionali, essere appariscenti, stupire per armonia e colori è intrinseco nella natura di tutti gli esseri viventi, ed è la molla della spinta evoluzionistica, trovare nuove strade per evolvere la specie.
Siamo dunque ancora certi di essere davvero innovativi noi del 21 esimo secolo, con la nostra medicina e chirurgia estetica? O forse dovremmo accettare il fatto che il concetto di “bello” sia scritto nel nostro DNA da millenni, e che questo da sempre abbia spinto l’uomo nella ricerca, nell’ispirazione e nella cura di se.

 (web)

 
 
 

AMARCORD

Post n°985 pubblicato il 24 Gennaio 2014 da das.silvia

E' stato bello incontrarti Lady Juliette e il tuo raffinato blog,

in cui tantissimi autori come me, si sono sbizzarriti nello

scrivere saggi e poesie sui temi e sulle immagini che tu,

dolce Simona, hai proposto, per far scatenare la

nostra fantasia creativa.

Ti giungano, cara Simona, tanti pensieri positivi e l'augurio

di rileggerti al più presto e di ritrovarti fra noi....

Incertezza d'epoca

Nella bufera dei tartari
fatti umanità
si distillano parole di carne
e sortilegi abbagliati d’ambiguo
in un cammino mai soffice
ove esche oblique
e soffi aritmici
rendano desueto il nesso di pensieri
smaltati di perplessità
e ferraginose soglie
sdoppiate d’identità certe

Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                        

 

 
 
 

ARRIVA LA BANDA LARGA

Post n°984 pubblicato il 23 Gennaio 2014 da das.silvia

La banda larga sta per raggiungere anche la Luna. In questi giorni è previsto il lancio di LADEE, uan sonda della NASA capace di trasmettere verso la Terra un segnale laser molto speciale. Il laser può trasportare informazioni alla velocità di 622 Megabit al secondo, in poche parole può trasmettere una quantità di informazioni sei volte superiore a quelle trasmesse dalle classiche comunicazioni radio. Per questo si può parlare di un vero e proprio passaggio dalle trasmissioni lente alle trasmissioni in banda larga. Il passo successivo sarà dotare tutte le sonde di questo nuovo sistema di comunicazione. Così le future missioni spaziali ci potranno inviare video in alta risoluzione, immagini mai viste prima oltre a una quantità di dati ancora più precisi e numerosi. E c’è chi già pensa che con tutti quei dati sarà possibile realizzare, in pochi secondi con i computer a terra, una ricostruzione virtuale in tre dimensioni della regione nella quale è scesa la sonda.

ATMOSFERA UMIDA PER GJ 1214 b
GJ 1214 b è uno dei tanti pianeti extrasolari ad oggi conosciuti: orbita intorno alla propria stella a 40 anni luce dalla Terra e lo si conosce già da un po’, da 2009 anno in cui fu scoperto. Ci sono tuttavia alcune interessanti novità che lo riguardano, frutto di osservazioni effettuate da un gruppo di astronomi giapponesi utilizzando il telescopio Subaru, alle Hawaii. Classificato come “super Terra”, perché supera il nostro pianeta sia per massa che per dimensioni senza tuttavia raggiungere le proporzioni di Urano o Nettuno, è avvolto da una atmosfera sulla cui composizione il gruppo di astronomi ha scelto di indagare, effettuando osservazioni con uno speciale filtro blu. Quando il pianeta passa davanti alla propria stella, ne eclissa la radiazione luminosa ma una piccola percentuale di essa passa attraverso lo strato atmosferico, rivelando preziose informazioni. A seconda che la luce, dopo aver attraversato lo strato gassoso, risulti più o meno arrossata, è possibile capire se abbia incontrato una maggiore quantità di idrogeno che devia in varie direzioni la componente blu, oppure una ricca presenza di vapore acqueo, che non produce lo stesso effetto. La conclusione è che nell’atmosfera di GJ 1214 b prevale quest’ultimo, vapore d’acqua. L’atmosfera rende quindi il pianeta senz’altro interessante, ma per il momento non è possibile trarre altre conclusioni, del resto rimane ancora da stabilire se questo mondo sia più simile a una “grande Terra” o a un “piccolo Urano”! (WEB)

                           

 
 
 

MAI SI CAMBIA

Post n°983 pubblicato il 22 Gennaio 2014 da das.silvia

Densa

e abbocata lieve

l’impronta

nel verde della vita

si tempra di policromie accentuate

Nel vespro attardato

trabocca oltre misura

l’effetto peculiare

di quel vizio

tutelato come baluardo

d’una nota speciale

che nulla ha di musicità

se non la stonatura

di far male

Silvia De angelis tutti i diritti riservati

                            

 
 
 

SENTIMENTI E RISENTIMENTI

Post n°982 pubblicato il 21 Gennaio 2014 da das.silvia

Proviamo un sentimento verso un "oggetto" (persona, cosa o situazione) quando questo ci appare gradito e desiderato, o l’esatto contrario. Stiamo parlando, ad esempio, dell’amore e dell’odio. Ogni sentimento ha un’aspirazione: possedere, toccare, manipolare oppure allontanare, distruggere. Le aspirazioni deluse danno luogo ad un risentimento.
I sentimenti e i risentimenti sostengono le relazioni, con una differenza. I primi spingono ad agire, i secondi alla passività.
L’amore e l’odio sono sentimenti che rendono attivi per conquistare e mantenere oppure sconfiggere e annullare. Hanno in comune il relativo risentimento che chiamiamo rancore.
Come può avvenire che l’amore o l’odio si trasformino in rancore?
Accade quando le aspirazioni che attivavano il sentimento non trovano riscontro coerente in tutte le manifestazioni dell’altro. Cosa che ricorre con una certa facilità proprio perché quest’ultimo è "altro" rispetto alle aspirazioni suddette, che sono invece "tutt’uno" col titolare del sentimento.
Nessuno appare più colpevole di chi non condivide le nostre aspirazioni, pertanto il risentimento, che nasce da questa delusione, fatalmente assume una forma incriminante.
I rancorosi restano attaccati, non vanno per la loro strada, sono passivi e ostacolanti, a volte deperiscono fisicamente.
Cosa si può fare per evitare questo rischio di... deperire?
La soluzione non è né facile né spontanea: occorre imparare a dare minore importanza ai propri desideri "progressi" e maggiore a quanto di gradito troviamo nell’altro. Chi riesce soffre meno e gioisce di più, quindi difficilmente se ne pente.
Cosa fare invece per gestire una persona risentita?
Se il risentimento è un suo stato d’animo abituale e preferito, c’è poco da fare: meglio ignorare e frequentare persone diverse. Se invece non è così grave, si può provare con un sorriso in più.(WEB)

                           

 
 
 

SCREZI NEL VENTO

Post n°981 pubblicato il 19 Gennaio 2014 da das.silvia

Nell’eccedenza di merletti

che discostavi come velo di nebbia

scivolavo

sospirando

su sillabe rosse  di primule

sipario mordente

d’una leggiadria d’amore

quasi sfuggente la ragione…

Quel senno trafelato d’attimi eterni

 s’è dileguato

sciogliendo i suoi teneri nodi

in smorfie controsenso…

che del senso odoroso

hanno perso  spasmodica essenza

Si dissolvono in un’overdose di stanchezza

lusinghe

e dolci rese d’un rango vezzoso

nel veicolare d’un tempo

che disorienti screzi confusi nel vento


Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                


 

 
 
 

LA GIOIA

Post n°980 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da das.silvia

Le emozioni ci spingono ad agire per soddisfare i nostri bisogni e desideri. La rabbia ci fornisce la forza per difendere i nostri interessi; la paura dona velocità alla fuga da seri pericoli, o c’induce a chiedere aiuto per fronteggiarli. Infine il dolore e la tristezza ricordano che il vuoto lasciato da chi abbiamo amato chiede di essere riempito.
Queste emozioni sono importanti ed essenziali, ma non si può affermare che siano esattamente piacevoli.
Ora, invece, prendiamo in considerazione un’esperienza dichiaratamente godibile: la gioia.
Quest’emozione va considerata – a mio avviso – distinta dallo stato di soddisfazione, che si prova quando un bisogno o un desiderio sono stati soddisfatti.
La gioia sollecita, infatti, nuove azioni piuttosto che prendere atto di quelle già compiute con successo. Attiva la mente ed il corpo per "andare avanti". Si prova quando un evento, a lungo ricercato o improvviso, risulta favorevole alla realizzazione di un obiettivo importante o di un sogno. Grande è la gioia di colui che consegue una laurea e pensa alla possibilità di una brillante carriera in una vita adulta ed indipendente. Ricevere un’eredità che moltiplichi le nostre possibilità economiche, incontrare uno sguardo che prometta piacevoli disponibilità future o scoprire in un libro risposte ad antichi interrogativi suscita quell’emozione che può darci l’energia e la voglia di cogliere le opportunità che si presentino.
La gioia si accompagna naturalmente al desiderio di condividere con le persone vicine le buone novità: "Sai mi sposo", "ho un nuovo lavoro", "ho vinto alla lotteria".
Ciò è molto importante poiché, se la gioia ci spinge ad andare avanti, è opportuno comunicare agli altri il nostro desiderio di portarli con noi piuttosto che lasciarli indietro.
La preoccupazione per azioni malvagie di altri spinti da invidia o competitività, induce molti a tenere la gioia dentro di sé trovando più prudente mostrarsi indifferenti, scontenti o preoccupati.
Alcune persone, forse in attesa di essere compensate con una gioia futura più grande, accettano quei messaggi della nostra cultura che colpevolizzano il piacere e la gioia mentre si sforzano di nasconderla anche a se stessi.
Per accedere pienamente alla gioia, occorre accettare che la propria crescita può lasciare momentaneamente indietro altri mentre quella altrui può farci sentire in svantaggio. Se la gioia punteggia la crescita di una persona, questa ha maggiori possibilità di autorizzarsi a viverla assumendo la convinzione che valorizzare la propria esperienza e cogliere le opportunità è meglio che rimpiangere ciò che avremmo potuto fare per noi stessi e per gli altri. Coloro che si orientano in questo modo di solito hanno gran fascino e riescono a suscitare, attraverso i loro autentici inviti alla condivisione della propria gioia, più ammirazione che invidia.
E i buontemponi che ridono sempre? Meglio diffidare. A questo mondo non mi sembra che ci sia sempre da ridere. Lo sanno bene i confidenti e gli psicoterapeuti che si prendono cura, per amicizia o per mestiere, della depressione nascosta di queste maschere dell’allegria.

Per fortuna, molte persone, seguendo un positivo evolversi della nostra cultura, mi sembra stiano imparando a gioire schiettamente delle nuove opportunità. Sta a noi scegliere di essere fra queste.(WEB)
                      
 
 
 

SENSIBILE CREAZIONE

Post n°979 pubblicato il 17 Gennaio 2014 da das.silvia

In punta di penna

sfilettano rivoli di parole

intinte in amniotici alfabeti

solleticanti  frastuoni di sguardi

e inflorescenze d’emozione

Quel fiato s’appassiona

ad attingere

grappoli di luna dallo stagno

ove sogni sminuzzano essenze di vita,

vaporose allegorie, mantice d’amore

Si colma d’intenso aroma d’anice

ove passi oscillanti

infrangono il silenzio

risonante d’un lieve sibilo di spume di mare


Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                  

 

 

 
 
 

SIMBOLI DELLA CIVILTA' KUSHANA

Post n°978 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da das.silvia

La civiltà kushana, sapiente intreccio di cultura greca, iranica e indiana, agli albori della nostra era ha dato visibilità al buddhismo e alla sua vocazione ecumenica; questo soprattutto grazie alla sua arte, usualmente nota come “arte del Gandhara”.Provenienti dalle steppe centroasiatiche, i Guishuang, cioè I Kushana, una delle cinque tribù degli Yuezhi, un’ampia federazione di genti indoeuropee che parlava una lingua iranica, il Tocario, invasero la Battriana greca, cioè le attuali regioni ai confini di Iran e Afghanistan. Dal I al II secolo d.C., i sovrani kushana arriveranno a controllare un vasto regno esteso dalla Battriana al bacino del Gange e oltre. Un grande impero, un mosaico di genti, lingue e religioni in cui convissero iranismo, buddhismo, ellenismo e induismo. L'impero kushana fu probabilmente l'unico esempio di tolleranza religiosa, da parte di un potere che condivise con i suoi sudditi una molteplicità culturale, soprattutto religiosa. All’interno di questo variegato intreccio etnico e linguistico l’arte si pone come elemento di unificazione. È proprio sotto i kushana che prende forma la prima iconografia “canonica” del Buddha. Ma il Buddha non è il solo elemento unificante dell’arte gandharica: dèi greci, induisti, iranici e anche egizi (Arpocrate) si compendiano in figurazioni nuove e complesse.
Queste rappresentazioni, mediate attraverso il contatto prima con il mondo romano e poi con Bisanzio, contaminano il medioevo romanico. Così i fiori di loto, sacri al Bodhisattva Avalokiteśvara seduto con un bocciolo di loto in mano (Padmapaṇi), sono forse all’origine di tanti fregi e girali delle chiese romaniche . Col tempo si trasformeranno nelle “rose” dei portali di ordini gerosolimitani e templari . Ancora i leoni in torsione e i felini contorti di capitelli e colonne hanno una chiara ascendenza gandharica   e prima iranica.(WEB)

                    

 
 
 

SUSSULTO MISTERIOSO

Post n°977 pubblicato il 15 Gennaio 2014 da das.silvia

Tessiture incolte di liberi pensieri
nel simbolo del tempo
Ingoia riverberi di vissuto
che attendono il planare d'un sussulto incognito
nella mossa del tendine pronto a inarcarsi

E' lì che inizia il sogno
in uno slancio prolungato d'artifici
mordono battiti nell'anima indomata
ove più vibra la proiezione d'una curva
nella linea discontinua
Traccia l'esiguo d'una foglia d'autunno
soggiacente ad un lieve dondolìo
nell'esito caduco agile a far suo...

Silvia De Angelis tutti i diritti riservati 

                    

 
 
 

AMORE E SOFFERENZA

Post n°976 pubblicato il 14 Gennaio 2014 da das.silvia

Siamo abituati a considerare l’amore un mistero. Ci accontentiamo di sapere ciò che appare ovvio mentre affidiamo ogni ulteriore conoscenza ai miti, fin troppo ingannevoli, della cultura romantica dell’ottocento. Persino gli esperti hanno disertato a lungo l’argomento, eppure i fatti amorosi rendono bella, o brutta, la nostra vita più di molti altri, perciò una riflessione appare appropriata.
Provare a chiarire il senso (la finalità) del sentimento amoroso non è cosa che si possa fare in poche righe, si può invece considerarne un aspetto e tentare di affermare qualcosa che... stia in piedi.
L’esperienza di psicoterapia, oltre quella personale, mi conferma un diffuso interesse circa la possibilità di contenere la sofferenza amorosa. E’ un aspetto che vale la pena di approfondire, in questo e in successivi articoli.
Ripensando alle storie d’amore che conosciamo, di solito, accanto alla felicità, troviamo dolorose rincorse di mete irraggiungibili e sordi, o furiosi, risentimenti.
La sofferenza amorosa è vecchia come la storia dell’uomo e non sembra siano state proposte finora cure veramente efficaci. Si può fare però qualcosa di più sul piano della… prevenzione.
In amore si soffre per un’attesa delusa.
Forse la porta d’ingresso del disagio è proprio la qualità delle aspettative.
Chi ama, e più ancora chi s’innamora, ha dei desideri. Non potrebbe essere altrimenti, poiché il gran coinvolgimento che accompagna queste vicende, è dato proprio dal fatto che sono in gioco nostre aspirazioni profonde.
Presentarsi all’appuntamento della partita amorosa prendendo troppo sul serio la possibilità di dare piena risposta a queste, pur legittime, aspirazioni può risultare un comportamento…a rischio. Non tanto perché questo mondo sia una valle di lacrime, o a causa della cattiveria e follia del partner, quanto poiché non abbiamo, forse, abbastanza riflettuto circa il tipo di partita che stiamo giocando.
Il "problema" è che la persona amata ha, anche lei, delle legittime aspettative mentre non è per niente detto che siano complementari alle nostre, o che lo siano nella misura capace di soddisfare in pieno i nostri desideri. Ammesso che continueremmo a sentirci innamorati se questi fossero completamente soddisfatti.
Complica le cose il fatto che non sempre i desideri sono vissuti con carattere di reciprocità: voglio che tu sia "tutta" mia; non desidero però essere proprio "tutto" tuo.
Diviene allora necessario giocare una partita. Come in tutte le partite sarebbe comico pensare che l’altro giocatore giochi per far vincere noi, anche se proprio questo sembra essere il sogno dell’innamorato. Il gioco interessa entrambi, ma ciascuno gioca per se.
Chi ama vede troppo spesso questo "essere altro" del partner come un insulto alla bellezza dell’amore e ne soffre, con rabbia o con dolore.
Per soffrire meno, bisogna quindi amare meno? Forse. Oppure correggere l’aspettativa che l’amore possa essere una cosa ci aiuti a prendere sonno…(WEB)

                        

 
 
 

POSSESSO

Post n°975 pubblicato il 13 Gennaio 2014 da das.silvia

E’ nella presunzione

di talun personaggio

l’aver possesso

d’altro mortale

che impagli fili di corda

nei suoi dintorni

Ne diviene focale ombra

e assiduo messaggero

per non sgretolare

l’assieme compatto

pensato inscindibile…

Mentre nel cammino

la terra coi suoi sobbalzi

sa mutare anche le impronte

soffiate da un vento costante


Silvia De Angelis tutti i diritti riservati

                           

 

 
 
 

I CANI PIU'PERICOLOSI : ROTTWEILER

Post n°974 pubblicato il 12 Gennaio 2014 da das.silvia

Rottweiler: al secondo posto di questa classifica negativa c'è il Rottweiler, che è stato responsabile di 39 decessi. Questa è una delle più antiche razze di pastori esistenti, ma, come la maggior parte delle razze antiche, il loro fisico richiede molto allenamento per tenersi in forma. I maschi adulti hanno più o meno le stesse dimensioni del pastore tedesco, anche se sono molto più pesanti, alcuni esemplari possono addirittura superare i 50 kg. Il loro temperamento è normalmente passivo ed attento, ma sono noti per essere inclini a sfoghi aggressivi.

                            

 
 
 

OLTRE LA PULSIONE D'AMORE

Post n°973 pubblicato il 11 Gennaio 2014 da das.silvia

Quel lembo di stoffa s’accartoccia  e s’appiattisce

sulla pelle che pulsa

Aderenti  alla bocca dell’anima

vibrazioni di carne fan gioco di vita

nella voglia annunciata di catturare

emozioni  celate nell’orma primitivad’istinto

Esca nella sua primordiale essenza

quell’energia vitale addensata

dietro  aride file di bambù

per approdare a fenomenali ingaggi

di cielo e mare ove attingere

anni di vento e impulsi di sole

per oltrepassare e vivere

oltre la linea d’un amplesso d’amore


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IL GATTO E I SUOI SIMBOLI

Post n°972 pubblicato il 09 Gennaio 2014 da das.silvia

Il saggio di Widmann che si articola su un registro interdisciplinare inizia con un ‘breve profilo identificativo’ che traccia la storia evolutiva del gatto dagli inizi, circa due milioni di anni fa, spaziando dalle leggende intorno all’origine del mondo che vedono leone e gatto creati rispettivamente da Sole e Luna e dunque fanno del gatto un leone piccolo, una belva in miniatura, alla divinazione del gatto in Egitto, dove era venerato come la dea Bastet, fino all’incontro con l’uomo. Il gatto è infine giunto a comodamente insediarsi nella casa dell’uomo e a convivere con lui, senza peraltro rinunciare alla sua abituale selvatichezza animale, assumendo così sul piano simbolico la figura di uno spiccato individualismo in contatto con il mondo inconscio e dei sogni. Infatti «animale utilitaristicamente inutile, il gatto dimostra la sua insostituibile utilità non sul piano fisico, ma su quello psichico. Per le sue proprietà istintuali e sensuali viene trasfigurato in immagine simbolica di affettività e per il suo aspetto, le sue dimensioni, la sua morbidezza, le sue fusa, le sue effusioni è oggetto di affezione concreta per un numero sempre crescente di persone»

Inevitabile dunque vedere il gatto come ‘un’imago magnificata di narcisismo’ e confrontarsi con la sua ‘autoreferenzialità al limite del narcisismo’, ‘introversione al limite dell’indifferenza’, ‘indipendenza al limite dell’insubordinazione’, ‘autosufficienza al limite del disadattamento’ da cui il loro fascino e potere di seduzione sull’uomo, pari a quello di alcune donne che, secondo Freud, evocano la magia di un’esistenza che si svolge su un piano di inaccessibile superiorità, come quello di alcune divinità, possiamo aggiungere, e che dunque è possibile solo adorare, sperando nel loro capriccioso favore. E poiché il gatto è immagine anche di introversione lo ritroviamo come amico del poeta, raffigurato silenziosamente acciambellato nello studio del filosofo e dello studioso, compagno di meditazione di monaci ed eremiti. «E’ immagine vivente del silenzio, ma non del vuoto; il suo è un silenzio denso, dove occhi che vedono sei volte più di quelli umani perlustrano le tenebre nella notte e penetrano il buio della coscienza, scrutano con lo sguardo trafittivo dell’intuizione ed esplorano alla luce lunare dell’immaginazione»  Ma molteplici sono le sfumature di questo stare silenziosamente accanto, tra cui, appunto un’autosufficienza al limite del disadattamento che evidenzia quindi un aspetto inquietante: ecco il gatto apparire come infedele, traditore, imbroglione, ladro.  (WEB)

                        

 
 
 

 

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