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Un blog creato da danko1075 il 03/07/2009

DANKO TREKKER'S BLOG

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J.J. Abrams parla di Star Trek 2

Post n°168 pubblicato il 31 Gennaio 2011 da danko1075
 

In una nuova intervista, J.J. Abrams spiega perché non ha ancora deciso se dirigerà o meno Star Trek 2, e inoltre rivela che il full trailer di Super 8 arriverà a marzo...

jj abrams

In una lunga intervista a Collider, J.J. Abrams ha parlato del sequel di Star Trek e del suo nuovo film, Super 8.

Per quanto riguarda Star Trek 2, il regista non ha ancora deciso se dirigerà o meno il film (la cui uscita è fissata per l'estate dell'anno prossimo), semplicemente perché non ha ancora avuto in mano uno script, nonostante tutti noi sapessimo che la consegna era stata fissata per il mese scorso:

<<: Il punto è che non voglio dirigere un film finché non ho letto la sceneggiatura. E' difficile decidere di dirigere qualcosa senza aver letto nemmeno una pagina dello script. Non sto dicendo che non mi fido degli sceneggiatori, che sono fantastici. Damon Lindelof, Roberto Orci e Alex Kurtzman sono straordinari. La mia speranza è che finiscano rapidamente lo script, che sia splendido e che faremo un sequel di Star Trek eccitante e divertente. :>>

Lo script, comunque, dovrebbe essere in arrivo in modo da permettergli di prendere una decisione definitiva entro marzo. E proprio a marzo arriverà il full trailer di Super 8, il suo nuovo film fantascientifico prodotto con Steven Spielberg e in uscita a giugno negli Stati Uniti.

Star Trek 2 uscirà il 29 giugno 2012.

fonte: http://www.badtaste.it

 
 
 

In casa come sull'Enterprise

Post n°167 pubblicato il 08 Dicembre 2010 da danko1075
 

La porta della camera da letto come Star Trek, grazie all'aria compressa e a un microcontroller PIC

Se ogni volta che entrate in camera desiderate in realtà salire sull’Enterprise, allora dovete convincere chi vive con voi della necessità di mettere in piedi un’imminente ristrutturazione fai-da-te.

Vi serviranno aria compressa e un microcontroller PIC perchè la favolosa porta scorrevole funzioni a dovere, aprendosi quando dovete passare e chiudendosi subito dopo, assumendo poi l’aspetto di una comune porta di legno.

Il suo ideatore si è ispirato proprio a Star Trek e all’Enterprise e bisogna dire che il risultato da lui ottenuto è davvero sorprendente. Chi se la sentirebbe di emularlo? Sul suo blog tutte le istruzioni, le immagini e i video esplicativi per costruire una porta come questa. Buona fortuna!

...L'unica cosa che non ho capito è cosa succede se và via la luce....emoticon                         star trek emoticon    

 

 
 
 

Paul Davies: L'uomo del Primo Contatto

Post n°166 pubblicato il 29 Novembre 2010 da danko1075
 

radiotelescopio
“Non sanno che noi siamo qui”, ecco perché gli alieni non ci stanno cercando. Se un giorno busseranno alle porte del pianeta Terra, Paul Davies però è pronto ad accoglierli.
paul davies
 
In gran segreto. Cosmologo e astrobiologo inglese, nonché professore all’Arizona State University, è l’uomo scelto per guidare il team di scienziati, avvocati e filosofi che gestirà il primo contatto.
Si chiama Post-Detection Science and Technology Taskgroup ed è finanziato, come gran parte delle attività di Seti (Search for extraterrestrial intelligence), da uno che agli alieni ci crede da sempre: il cofondatore (miliardario) di Microsoft Paul Allen, che ha fornito pure i 25 milioni di dollari per l’Allen Telescope Array in California. Da tre anni i paraboloidi del mega radiotelescopio puntano verso gli “altri mondi” del cosmo per  captare un segnale elettromagnetico. L’universo, per ora, tace.
Davies spiega con pazienza (e un po’ di insofferenza)  il mistero di questo silenzio lungo millenni: "La civiltà più vicina, presumibilmente, è a non meno di un migliaio di anni luce da noi, così adesso loro vedrebbero la Terra come era mille anni fa, nel 1010, ben prima che inventassimo i radiotelescopi. Gli alieni potrebbero iniziare a trasmettere segnali radio verso di noi quando riceveranno i nostri, ossia tra circa 900 anni. Poi, ce ne vorrebbero altri 1000 perché la loro risposta arrivi". Un’eternità. Che per Davies possiamo colmare iniziando a scandagliare, oltre all’universo, il nostro stesso pianeta e ciò che lo circonda più da vicino. Sì, perché il cosmologo sembra davvero convinto che l’“invasione”, seppur pacifica, sia già iniziata. Bisogna cercare segnali di un’esistenza aliena, presente o passata: "Discariche nucleari, tracce di ingegneria mineraria nel sistema solare, “messaggi in bottiglia” sotto forma di informazioni digitali cifrate all’interno del Dna di organismi terrestri e via dicendo". Magari, poi, dimostrare che la vita non è un incidente casuale e raro, che anche sulla Terra può essere avvenuta più di una genesi. E’ la tesi ultima, e forse più affascinante, di Davies. L’esistenza di una “biosfera ombra” sul nostro pianeta. Nascosta, segreta, magari microscopica, comunque ancora tutta da scoprire.
L’autore di The Eerie Silence (Il silenzio inquietante) ne parlerà al Festival di Genova il 31 ottobre.
Aspettando un segnale. Un bisbiglio sulle onde radio, un messaggio inviato dai laser. Nulla, il cosmo resta silenzioso. Dai mondi vicini e lontani, finora, non è arrivato niente che possa interessare gli scienziati del Progetto Seti (Search for extraterrestrial intelligence) che da mezzo secolo scandagliano l'universo alla ricerca di un ago nel pagliaio. Senza neppure sapere se l'ago esiste. Un silenzio che non demoralizza il cosmologo e astrobiologo inglese Paul Davies, professore all'Arizona State University e direttore del Post-Detecion Science and Technology Taskgroup, il gruppo scelto di scienziati, giornalisti, avvocati e filosofi che un giorno, chissà, darà il benvenuto al primo alieno. Professore, ma se gli alieni esistono perchè si nascondono e non comunicano con noi? "Perchè non sanno che noi siamo qui. La civiltà più vicina, presumibilmente, è a non meno di un migliaio di anni luce da noi, così adesso loro vedrebbero la Terra come era mille anni fa, nel 1010, ben prima che inventassimo i radiotelescopi. Gli alieni non avrebbero alcuna ragione di trasmettere segnali verso di noi, adesso. Potrebbero iniziare a farlo quando e se riceveranno i nostri primi segnali radio, ossia tra circa 900 anni. Poi, ce ne vorrebbero altri 1.000 perchè la loro risposta arrivasse qui". Autore di un libro che si chiama, guarda un pò, The Eerie Silence (il silenzio inquietante, pubblicato in Usa da Houghton Mifflin Harcourt), Davies ammette che i governi, compreso quello di Obama, non sono interessati alle sue ricerche. Ma c'è un mecenate, il cofondatore di Microsoft Paul Allen, che non fa mancare le risorse necessarie. Per esempio, i 25 milioni di dollari per la costruzione dell'Allen Telescope Array, entrato in funzione tre anni fa: un radiotelescopio multiplo interferometrico, situato in un campo della California, frutto di una collaborazione tra il Seti e l'Università di Berkeley, che dovrebbe captare i segnali di E.T. con le sue decine di parabolodi. Tiene sotto osservazione migliaia di stelle, troverà qualcosa, finalmente? "Finora Seti non ha scoperto alcun messaggioradio, anche se alcune brevi raffiche di onde, che si ripetono periodicamente nel tempo, potrebbero anche arrivare da radiofari alieni. E' utile continuare la ricerca, in fondo è appena iniziata. Ma penso che dovremmo ampliarla oltre i segnali elettromagnetici e includere qualsiasi traccia di tecnologia aliena nello spazio o intorno a noi, sulla Terra".
UN MESSAGGIO CIFRATO NEL GENOMA
I radiotelescopi e i ricevitori ottici hanno puntato, fino a ora, verso qualche migliaio di stelle che stanno entro un raggio di 100 anni luce da noi. Ancora molto resta da fare se si pensa che solo la nostra galassia comprende 400 miliardi di stelle disseminate in uno spazio di 100.000 anni luce e nell'universo ci somo miliardi di altre galassie.
Magari gli alieni usano tecnologie o mezzi di segnalazione differenti dai nostri - "ma se vogliono attirare l'attenzione farebbero bene a utilizzare i nostri mezzi" - eppure più importante del messaggio, per Davies, è trovare dei segni chiari della loro esistenza, presente o passata: "Discariche nucleari sulla Terra o sulla Luna, attrezzatura abbandonata su qualche pianeta, tracce di ingegneria mineraria nel sistema solare, messaggi in bottiglia (tra virgolette) sotto forma di informazioni digitali cifrate all'interno del Dna di organismi terrestri, tracce di biotecnologie o nanomacchine antiche di 100 milioni di anni, sfere di Dyson (il fisico John Dyson ha teorizzato che una civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata possa circondare la propria stella con strutture artificiali in grando di produrre energia, ndr "Sette")...".
Qualsiasi anomalia che rompe l'omogeneità e la regolarità dell'universo, o più semplicemente del sistema solare o della Terra, potrebbe far accendere il campanello d'allarme nell'ufficio di Davies: qualcosa di mancante dove invece dovrebbe esserci, o qualcosa in più che lì, in quel posto, proprio non dovrebbe starci. Negli anni Sessanta, l'astronomo Frank Drake, fondatore di Seti, fece due calcoli matematici e stabilì che nella galassia potrebbero esserci 10mila civiltà intelligenti. Finora non n'è scoperta mezza. Ma l'incognita è ancora più a monte. "Non abbiamo alcuna idea se l'origine della vita è un meraviglioso incidente casuale che è avvenuto solo una volta nell'universo o se la vita esplode ovunque vi siano condizioni simili alla Terra. Per dimostrare che la vita non è un incidente casuale e raro, basterebbe trovare un tipo completamente differente di vita sulla Terra". Se c'è stata più di una genesi sulla Terra, è la tesi di Davies, perchè non in altre parti dell'universo. Da qui è partita la sua ricerca di una "biosfera ombra" sul nostro pianeta.
Oggi dice di aver scoperto "un sacco di cose eccitanti", ma ancora non ne vuole parlare. "Forse lo farò al Festival di Genova", insinua. In sostanza, suggerisce che ci può essere vita aliena intelligente anche qui sulla Terra, sotto forma di bizzarri microrganismi, magari con messaggi cifrati nel genoma. Fa spallucce, invece, davanti alla scoperta di Gliese 581g, un pianeta a 20 anni luce da noi che potrebbe ospitare la vita - "la giusta taglia e la giusta distanza dal suo sole", ha esultato Paul Butler, astronomo alla Carnegie Institution di Washington - perchè, sostiene invece Davies, "non mi esalta la scoperta di un altro pianeta abitabile: innanzitutto abitabile non significa abitato e nessuno sa se la vita, in sè, evolve sempre verso l'intelligenza. La probabilità potrebbe essere estremamente ridotta". A Hollywood l'alieno ha assunto le forme più disparate, da E.T. ad Avatar. Lei come lo immagina? "Come un'intelligenza post-biologica, forse una quintelligence, un'intelligenza quantistica". Ossia, dimenticatevi omini verdi, oggetti volanti, mostri dalle mille teste. Se là fuori c'è qualcun altro, che pensa come o meglio di noi, potrebbe essere pura energia, una mente perfetta. Che magari non ha neppure voglia di venire a contatto con dei primitivi come gli umani.
Se invece gli alieni busseranno alle porte della Terra, se manderanno finalmente un segnale rivelando che non siamo soli, cosa succederà? 
Fondamentale, è evitare il panico o l'isteria. Come avvenne durante la memorabile trasmissione radio del 30 ottobre 1938, con cui il ventitreenne Orson Welles, interpretando La guerra dei mondi di H.G.Wells, fece credere a mezza America che i marziani avevano invaso la Terra.
IL TYCOON DEI MEDIA TRANSGALATTICI
Paul Davies l'ha messo in chiaro da tempo. Se un segnale dovesse arrivare, sotto qualsiasi forma, non divulgherà nè al pubblico nè ai governi - Nazioni Unite comprese - da qualche angolo dell'universo è partito. Un segreto da custodire per evitare che gli umani, in ordine sparso, si mettano a comunicare con gli alieni. Lo farà soltanto lui, unico tycoon dei media transgalattici. Secondo voi, siamo in mani sicure?
Articolo scritto da Sara Gandolfi e apparso sul settimanale "Sette" (Corriere della Sera) n°43 del 28 ottobre 2010

 
 
 

L'AUTO DEL FUTURO RESPIRERA'

Post n°165 pubblicato il 24 Novembre 2010 da danko1075
 

bio mercedes

Si chiama Biome e nasce grazie all'estro creativo dei Designer Mercedes. Cos'ha di particolare? Beh, look a parte, sportivo come poche altre Concept Car in circolazione, quella che abbiamo visto in occasione di quest'edizione del Salone Internazionale dell'Auto di Los Angeles, nasconde anche molto altro: è biologicamente perfetta!  Vi spiego il perché.

bio mercedes

Partiamo dal peso per arrivare a capire molto altro. La bilancia dice che Mercedes Biome Concept pesa solo 394 Kg. In pratica, se mai dovesse in un prossimo futuro essere prodotta in serie, sarebbe una delle vetture sportive più leggere al mondo. Il merito? Il materiale con cui è stata assemblata la sinuosa carrozzeria: leggerissima BioFibra. Una sostanza vegetale ottenuta da piante modificate geneticamente dal costruttore di Stoccarda.

bio mercedes

Ogni auto ha poi bisogno di un carburante per potersi muovere e anche in questo la Mercedes Biome Concept ci lascia a bocca aperta. I tedeschi della Stella d'Argento lo chiamano BioNectar 4534 e la sua formazione ha più del cinematografico che della realtà. Frutto della bioingegneria, questo carburante naturale emergerebbe dalla fotosintesi naturale generata da alberi a cui sarebbero impiantati gli speciali ricettori by Mercedes. Scopriamo allora dove la Biome potrebbe fare rifornimento.

bio mercedes

Dove farà rifornimento? Ovunque e da nessuna parte! Scusate la poesia, ma di fatto la risposta è questa. La Biome come detto si muoverebbe grazie al BioNectar, prodotto dalla fotosintesi di piante modificate geneticamente dalla stessa Casa. Detto questo, agli ingegneri Mercedes è bastato assemblare la vettura proprio con quelle piante per far sì che la costante presenza del sole garantisca sempre il movimento.

bio mercedes

La Mercedes Biome quindi non solo non produrrebbe inquinamento, ma farebbe ancora di più: genererebbe ossigeno! Abbiamo parlato della carrozzeria composta da biofibre, le quali, grazie al sole produrrebbero autonomamente il carburante necessario a circolare. Questa è quindi un'autentica fotosintesi e incredibilmente quel che ne risulterebbe sarebbe una fonte di ossigeno proveniente da ogni vettura.

.....lascio a Voi dedurre che cosa vorrebbe dire per il nostro pianeta ad oggi malato e carente sempre più di aria pulita!

(http://it.cars.yahoo.com)

 
 
 

NASA: ENTRO 100 ANNI LA PRIMA NAVE SPAZIALE DESTINATA ALL'ESPLORAZIONE

Se realizzata, sarà la prima astronave destinata ad atterrare su un pianeta dello spazio profondo.

enterprise

Una volta lanciata e percorsa una distanza significativa dalla Terra, non ne sapremo più nulla. La sua missione sarà fin dall’inizio quella di non tornare mai indietro.

Gli astronauti infatti sono destinati a diventare coloni.

IL PROGETTO – Simon Worden, il direttore del centro ricerche della Nasa di Ames negli Stati Uniti, ha reso noto nel corso di un seminario della Long Now Foundation tenutosi il 16 ottobre scorso a San Francisco, l’esistenza di un progetto, fino ad ora segreto, che vede collaborare insieme la stessa Nasa e la Darpa (la sigla sta per Defense Advanced Research Projects Agency), l’agenzia scientifica del Pentagono.

Il progetto si chiama 100-year Starship, ovvero l’astronave dei prossimi cento anni, questo sarebbe l’arco di tempo in cui la nave spaziale dovrebbe diventare realtà. Sarebbero già stati stanziati dei soldi per tracciare la fattibilità del progetto (100mila dollari da parte della Nasa e un milione di dollari da parte della Darpa) che prevederebbe la creazione di un nuovo tipo di propulsione per rendere possibile il viaggio interstellare. Una delle idee allo studio attualmente, prevederebbe lo sviluppo di una propulsione termica a microonde per permettere alla nave di lasciare il suolo terrestre.

Secondo l’idea accennata da Worden, la nave dovrebbe essere alleggerita al decollo del suo carburante che dovrebbe essere lanciato separatamente nello spazio per poi essere agganciato una volta fuori dall’orbita.

Ovviamente in caso di un viaggio estremamente lungo bisognerebbe pensare a un numero sufficiente di astronauti per dare continuità alle generazioni che si succederebbero sulla nave, oltre a fornire loro le possibilità di sopravvivere una volta raggiunto il pianeta prescelto. Il primo obiettivo concreto però ipotizzato da Worden e sicuramente prima del passo verso pianeti extrasolari, sarebbero le due lune di Marte, per cui si ipotizza anche una data, il 2030 circa.

Le parole di Worden hanno generato una vivace discussione nel mondo nell’informazione scientifica americana, soprattutto per il fatto che il direttore del centro ricerche della Nasa si è in seguito rifiutato di rispondere alle domande dei giornalisti che volevano approfondire il tema. Così, fatto insolito, la Darpa stessa ha emesso un comunicato stampa in cui spiega che il progetto 100-year Starship è più di un semplice progetto ingegneristico volto a fabbricare un nuovo tipo di nave spaziale. Per Paul Eremenko che è il coordinatore della Darpa per il progetto «100-year Starship è un progetto multidisciplinare che prevede innovazioni in una miriade di discipline come fisica, matematica, biologia, economia, psicologia, politica, sociologia, scienze culturali, ingegneria per permettere di avvicinare l’obiettivo dei viaggi spaziali di lunga portata, ma da cui trarrà beneficio l’intera umanità».

INTERROGATIVI – Del resto molti sono gli interrogativi che la notizia del progetto ha portato nella comunità scientifica e non solo. Al di là del superamento dei problemi di carattere ingegneristico e del reperimento dei fondi (per cui la stessa Darpa ha aperto alla collaborazione con i privati) non è chiaro come l’opinione pubblica prenderà l’idea del viaggio senza ritorno. Quest’ultimo infatti costituirebbe il segnale di un passaggio importante: quello dall’esplorazione alla colonizzazione dello spazio extraterrestre. E il punto fondamentale non diventerebbe più solo come raggiungere la meta extraterrestre, ma come riuscire a far sopravvivere l’umanità in un ambiente alieno. (http://lucamolteni.bloog.it)

 
 
 
 

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