L’estate scorsa una nota rivista americana ha pubblicato una dettagliata classifica su “ i migliori luoghi dove vivere al mondo” e l’ex bel Paese è stato relegato oltre il ventesimo posto del ranking globale. Pessima figura per “o’ paese do sole” che evidentemente non gode più dei favori della critica mondiale. Poche luci e molte ombre quindi per l’Italia e la cosa dovrebbe ulteriormente preoccupare in quanto la citata classifica è stata effettuata sulla base di quattro indici fondamentali: istruzione, salute, dinamismo economico e qualità della vita. Proprio su quest’ultima voce così importante si deve constatare, purtroppo, che il nostro paese supera di poco la Spagna che però ci supera per palato e buona tavola. So che la cosa potrà far storcere il naso a molte persone ma la classifica impietosa dice proprio questo: il regno del buon cibo, che fino a poco tempo fa parlava solo italiano, ora parla sempre più in altre lingue ed in particolare lo spagnolo. Personalmente sono un grande estimatore della cucina italiana e del "mangiar bene" ed allora lasciate che mi lanci in una aperta perorazione del buon mangiare nostrano, frutto di un’arte e sapienza secolari, di una ricchezza di cibi pressoché sterminata grazie anche a contaminazioni di sapori tipicamente mediterranee. Se Napoleone si vantava di regnare su una nazione che possedeva 365 formaggi, uno al giorno, l’Italia ne possiede “solo” seicento per non parlare dei vitigni, delle sorgenti di acque minerali, della pasticceria, dei gelati, delle conserve, dell’ineguagliabile pane dalle mille forme fino all’altrettanto ineguagliabile pizza. Un trionfo quindi ma… Ma come tutti sanno nessun potere, su questa terra, può ritenersi perenne ed illimitato. La nostra meravigliosa pasta e l’altrettanto gustosa pizza trovano una concorrenza spietata nel grande mercato della cucina di strada e del cibo veloce.
Le ripetitività, anche di grandi piatti, se non è accompagnata dall’estro e dalla fantasia diventa solo cibo senza anima e senza storia. Se tutti fanno la stessa cosa, senza ricorrere alle infinità “possibilità” che hanno fatto grande la nostra cucina, rischiano di realizzare qualcosa di seriale buono solo per riempire lo stomaco ed oltretutto in maniera pesante ed oppressiva.
La buona tavola italiana dovrebbe diventare di nuovo un fiore all’occhiello di questo paese capace di imporsi sul panorama mondiale quale sinonimo di buon gusto e qualità. Insomma la cucina italiana deve riscoprire se stessa nelle sue infinite varietà, grazie anche alle inesauribili ricette regionali, frutto di una diversità che può diventare un formidabile strumento di unione, un vero
“pozzo dei miracoli” dal quale tirare fuori tutta la creatività e sapienza secolari nata all’ombra dei fornelli. La cucina italiana può e deve diventare uno dei simboli di una civiltà che accanto a Michelangelo e Dante Alighieri, e non c’è nulla di irriverente nel mio accostamento, ha saputo darci anche l’inimitabile gusto di una “margherita”, di una saporita parmigiana di melanzane o di un sartù (alla napoletana) di riso. E’ una questione di civiltà e, visti i tempi, sicuramente anche di economia e, dimenticavo: buon appetito…!!!
Inviato da: cassetta2
il 13/04/2021 alle 15:37
Inviato da: letizia_arcuri
il 29/09/2015 alle 08:24
Inviato da: ulisse2008v
il 08/06/2015 alle 16:07
Inviato da: ulisse2008v
il 08/06/2015 alle 16:06
Inviato da: pink_panther5
il 06/06/2015 alle 18:37