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MORTADELLA ANDATA A MALE

Post n°225 pubblicato il 25 Gennaio 2008 da varese.cittanuova
 

Siamo già nel dopo-Prodi, anche se non ce ne siamo accorti. Anzi i movimenti di Palazzo, che anticipano il rito di fine-corsa di questo pomeriggio, mostrano che nuovi attori (si fa per dire) provano a condizionare la regia del Quirinale sulla crisi. Che è già aperta e che ha ridotto Prodi ad una sorta di Frankenstein politico, un “mostro” che si mantiene in vita persino contro la volontà dei suoi inventori, con la minaccia di lasciare senza poltrona (e senza pensione) decine di senatori di prima nomina…

Tra gli attori di questo grande remake il ruolo principe spetta a Massimo D’Alema fautore della legge elettorale tedesca e tessitore di trame per un governo del Presidente che nasca con un unico punto all’ordine del giorno: la riscrittura della legge elettorale con qualche ritocco di contorno.

Solo che D’Alema si muove con impaccio fino a quando “Frankenstein-Prodi” si aggira nel Palazzo ed è per questo che assieme ai vertici istituzionali – tutti fortemente contrari al ritorno alle urne – ha sperato e lavorato perché il premier uscisse di scena con minor danno possibile. Evitando cioè lo spettacolo del clamoroso fallimento al Senato.

Veltroni non è avvantaggiato da questa manovra ma costretto all’immobilismo perché non può apparire come colui che toglie la corrente al governo. Sul centrodestra Casini sembra rifiutare l’offerta lusinghiera che D’Alema e compagni fanno circolare per il dopo-Prodi e che sposa la sua legge elettorale preferita. Non può permettersi di restare isolato perché nessuno, per ora, è in grado di scongiurare quello che Berlusconi chiede a gran voce con la maggioranza degli italiani: votare subito. Nessuno fino ad oggi può escluderlo, però è certo che molti ci provano e non solo nel centrosinistra!

Qualunque epilogo assuma la giornata odierna ci troviamo di fronte ad un nuovo film. La stagione di Prodi e dell’Unione si è definitivamente chiusa dal punto di vista politico.

Tuttavia sarà più difficile di quanto i vertici istituzionali vogliono far credere, rimettere in piedi un governo da queste macerie. O meglio: lo si potrebbe fare a patto che il centrodestra e Berlusconi non debbano pagare un prezzo spropositato. Dare manforte a qualcosa che allontana il voto in tempi imprecisati perché imprecisabili divora quel consenso che in questi due anni abbiamo faticosamente conquistato. E, in gran parte, riconquistato.

A ben vedere la trama del nuovo film che vorrebbe imporci questa sinistra a pezzi, punta a indebolire chi oggi appare vincente su tutta la linea.

Forza Italia e Silvio Berlusconi, gli unici a potersi permettere (quasi) indifferentemente scenari diversi: elezioni con Prodi o senza; referendum e successive elezioni; nuova legge elettorale sul modello della prima (si badi bene, prima) bozza Bianco e voto.


(4)

Prodi/Comunque vada, è sfiduciato

Quella che dovrebbe concludersi stasera col voto del Senato è una delle pagine più oscure della storia della Repubblica, un esempio barocco di politica politicante sempre più lontana dal comune sentire della gente che non ne può più.

Il protagonista, Romano Prodi, ha l'aria di voler restare in campo fino all'ultimo minuto di recupero, e di procurarsi magari anche l'opportunità dei tempi supplementari per avvelenare nel modo più subdolo possibile il-dopo-se-stesso. Cosa che praticamente è già in atto dal momento in cui Mastella è uscito dalla maggioranza.

Prodi le sta tentando tutte: sulla tolda del suo personale Titanic non suona il pianoforte e non balla, ma offre - con i soldi dello Stato - posti, prebende e nomine a tutti, da Dini a Mastella, da Fisichella a Bordon fino ai presunti malpancisti dell'opposizione che non vedono di buon occhio le elezioni anticipate. E' proprio la notte della Repubblica, se è vero com'è vero che è in atto uno scontro senza precedenti tra Quirinale e Palazzo Chigi, e se Bossi rispolvera l'ipotesi di rivoluzione in armi.

Ieri Napolitano ha chiesto con insistenza al premier di rinunciare a cercare il voto di fiducia al Senato. Gli ha detto che così potrà avere un eventuale reincarico per un mandato esplorativo che la sfiducia di Palazzo Madama gli renderebbe invece molto più difficile conferire. Prodi però non ha mollato. “Mai un Capo dello Stato - ha detto un presidente emerito della Repubblica - ha trattato così un presidente del consiglio prima d’ora”. Ma il Professore non si fida, è convinto che una volta rassegnate le dimissioni per lui finisca la partita e che il mandato esplorativo per fare la legge elettorale e portare il Paese al voto si tramuterebbe in una trappola mortale. No, Prodi vuole che sia piuttosto il Parlamento a sfiduciarlo, e consuma le sue ultime ore in un frenetico lavorìo per recuperare i voti mancanti che, se fosse Berlusconi a farlo, si tramuterebbe subito in un avviso di garanzia per tentata corruzione.

Ma Prodi, soprattutto, non si fida di Veltroni. Nel Pd si ritiene che un risultato negativo a Palazzo Madama chiuderebbe la strada a qualsiasi altra ipotesi e in particolare a quella di un governo tecnico per varare le riforme istituzionali”.

Parole che hanno fatto infuriare Prodi, che si sente stretto in una tenaglia da Veltroni e Napolitano e ora ha al vaglio una serie di soluzioni che hanno tutte l'unico obiettivo di trascinare con sé nel disastro Veltroni e il Pd. E dopo il voto di stasera al Senato prenderà forza il partito del "governo tedesco" a cui stanno lavorando, alle spalle di Veltroni, sia D'Alema che Marini.

Una gigantomachia, come l'ha definita Rutelli, o un indegno mercato che dovrebbe sancire la fine di un'esperienza di governo fallimentare.

 
 
 
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