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Dopo il 15 Ottobre a Roma

Post n°598 pubblicato il 23 Gennaio 2012 da VoceProletaria

Dopo il 15 Ottobre a Roma

di Virginio Pilò,  18.10.2011

        Care colleghe, cari colleghi,
niente paura, il titolo in oggetto non vuole affatto alludere ad una cronaca dei fatti del 15 Ottobre a Roma. Pure avendovi preso parte, preferiamo lasciare ad altri i racconti, necessariamente più che "soggettivi", delle tante e diverse esperienze di quella giornata. 
        In particolare preferiamo rifuggire dalla stucchevole e ormai retorica discussione violenza/nonviolenza che, così come descritta e rilanciata dai media (non a caso, di "regime"), non aiuta a comprendere alcunché e, soprattutto, non aiuta in concreto nessuno sviluppo possibile. Uno sviluppo che noi, invece, riteniamo non solo possibile, ma quanto mai necessario, tanto più dopo il 15 ottobre.
        Preferiamo proporvi dunque un ragionamento, seppure di parte, ai tanti commenti "giornalistici"  che, siamo sicuri, vi avranno già stufato.
       
Rabbia popolare e "infiltrati". Tra miti e leggende metropolitane.
         Diciamo subito che siamo consapevoli che i tanto temuti "black bloc"  e simili sono per lo più giovani incazzati, sulla cui cultura o incultura politica si può tranquillamente opinare, ma non per questo si possono "arruolare"  tout court tra gli "infiltrati", categoria ben diversa di "provocatori"  e con fini altrettanto ben diversi. 
        Vero è che le annunciate intenzioni di "lasciare il segno"  della rabbia in una manifestazione che, fin da subito, si annunciava tanto gigantesca quanto difficilmente controllabile, lasciavano aperte mille occasioni anche a quegli "organi"  di intelligence che miravano allo svilimento della manifestazione.
        La mancanza, poi, di un servizio d'ordine interno rendeva di fatto "attraversabile"  la manifestazione ed utilizzabile in mille maniere diverse.  Ci può stare, dunque, che in tale contesto si possano inserire "agenti estranei"  accanto agli stessi "incazzati", ma da qui a riprendere la tesi complottista in cui tutti quelli vestiti di nero fossero "infiltrati"  ce ne passa. In allegato inviamo un contributo che, per quanto minimo, ha modo di sbeffeggiare tale tesi.

15 Ottobre, un parto difficile.
        La manifestazione, per quanto contrattata e "costruita"  fino all'ultimo giorno, con tanto di ordine degli spezzoni e di interventi, è letteralmente sfuggita di mano al comitato promotore che raggruppava un'infinità di soggetti politici, sindacali, associativi, e tanti comitati di lotta. Un puzzle di soggettività, anche piuttosto conflittuali al loro interno, che ha stentato fino all'ultimo a trovare una "quadra"  condivisa su obiettivi e forme di rappresentazione.  
        Le alchimie compositive, rivelatesi fin dall'inizio difficili, tra chi intendeva presentare - qui ed ora - il conto di oltre vent'anni di politiche (concertative) che hanno ridotto diritti, salari e sicurezze sociali,  e chi voleva invece intendeva "piegare"  la manifestazione a fini prossimamente elettorali (su tutti, la volata a Vendola tirata da Uniti per l'Alternativa di Casarini & Co.) accanto ai moderati di ogni stagione,  sono rimaste materia di discussione - e di "organizzazione" - di pochi "generali senza truppe", per di più autonominatisi.
        Soggetti, in definitiva, che per quanto critici rispetto alla scollatura dimostrata dai politici che occupano il Parlamento, riproponevano gli stessi schemi dimostrandosi altrettanto ciechi nell'assemblare un momento che tale doveva essere, ovvero UN (e non IL solo) MOMENTO di costruzione di un fronte ampio e popolare, e non come rappresentazione autoreferenziale né tanto meno una "presa del Palazzo d'Inverno"  come si era venuta a rappresentare agli occhi di alcuni.  Avrebbe dovuto e potuto essere un Momento importante, appunto, e non l'EVENTO.
        La dialettica schiacciata su questi due poli che ha informato il lungo e snervante lavorio di composizione di tante anime di movimento è stata infine spezzata da soggetti realmente "autonomi"  ed insofferenti a qualunque forma (quando anche "riconosciuta") di rappresentanza. Anche quella di "movimento"...

La "violenza"  della piazza. Bene? Male? Dipende dalla prospettiva.
        In quella rottura si può cogliere un elemento di vitale "rottura degli schemi", quanto anche di una impossibile o comunque difficilissima capacità di prospettiva politica di reale cambiamento.
         L'esperienza e la Storia ci riportano infiniti episodi di rivolte spontanee (o anche organizzate) che, per quanto generose e "popolari", non hanno poi avuto la capacità di utilizzare la forza di quelle lotte per un cambiamento reale. Tante rivolte sono rimaste tali e non sono diventate rivoluzioni.
        La rivolta, in poche parole, quando non è indirizzata e gestita da alcuna linea politica, tale rimane, ovvero, nel più "tranquillizzante"  dei casi, momento di sfogo del tutto "fisiologico"  in qualunque sistema di potere e del tutto sterile ai fini di un qualsiasi rivolgimento. Nel peggiore dei casi, poi, si può trasformare addirittura nel suo esatto contrario, ovvero in momento utile per svolte reazionarie, così come spesso accaduto in passato, e con esiti che hanno insanguinato le stesse pagine della Storia.

Rivolta e  Rivoluzione. Estetica versus politica.
        La rivolta della rabbia espressa il 15 Ottobre a Roma è, purtroppo, più simile alle riot londinesi di questa estate, più che alle manifestazioni di popolo che, ad esempio, si stanno susseguendo negli ultimi anni in Grecia.  Le manifestazioni e gli incendi appiccati dalle classi sottoproletarie e suburbane inglesi, pur avendo l'identica matrice di condizione economica dettata dalle politiche del Capitale, sono infatti ben lungi dal rappresentare un reale pericolo per il sistema, in quanto prive di "testa"  politica, ovvero di idea di rivolgimento. Sono rivolte che paradossalmente (ma neanche troppo)  "aiutano"  il sistema a consolidarsi tramite un "giustificato"  ricorso a misure ancor più repressive.   
        Le manifestazioni in Grecia, invece, parlano un altro linguaggio, che non è più "solo"  degli incazzati della prima ora, ma è già linguaggio di popolo. Laddove si vede il "buon padre di famiglia"  che si scontra con la polizia, oppure corre ad occupare fisicamente un ministero per impedire lo svolgimento di un summit di padroni del mondo, là si vede già la prospettiva di un cambiamento possibile poiché già in atto tra le masse.  
         Ma in Grecia la consapevolezza dell'affamamento che si perpetra ai danni di un'intera popolazione non è il frutto della "sola"  oggettività della crisi.  Affatto.  In Grecia, soprattutto (ma non solo) negli ultimi anni, c'è stato un gran lavoro "pedagogico"  svolto dal KKE e dal PAME, ovvero dal più ortodosso dei partiti comunisti in Europa, e da un forte e riconosciuto "sindacato di classe". 
         La "soggettività"  politica in Grecia esiste e organizza ed indica la strada da seguire nella lotta contro il Capitale. Se vincerà o perderà dipende da molti fattori, ma gli elementi fondamentali,  affinché la lotta si possa sviluppare con possibilità di vittoria per il popolo, ci sono  tutti.
        Eppure l'estetica delle riot oggi è molto più presente nei "movimenti"  in Italia di quanto non lo sia invece una coscienza politica di classe e... rivoluzionaria. Appaga, ma non "costruisce".

In Italia come siamo messi?  Come in Grecia, come in Gran Bretagna, come in Islanda, o in Argentina, o non saremo piuttosto ancora all'anno zero?
         Chi dovrebbe rappresentare e "contenere"  la rabbia esplosa ieri a Roma?  Vendola?  Suvvia, amico com'è di certi poteri forti, oltre certe "narrazioni"  consolatorie ha ben poco da offrire a precari e disoccupati. Bersani?  Lui, il più indefesso esegeta degli ordini di BCE, UE e NATO?  La Camusso?  Proprio lei che, a differenza di FIOM e de "La CGIL che Vogliamo", nemmeno ha voluto venire a Roma...?
        Chi può indirizzare e dare un senso, se non proprio compiutamente "rivoluzionario", quanto meno di riappropriazione collettiva dei beni comuni?  Chi, i micro sindacati che si autonominano "veri rappresentanti conflittuali"  ma al primo soffio di vento si lasciano affascinare dall'estetica della rivolta immediata e dimenticano la prospettiva storica...?
        Al momento, e con siffatte premesse, il minimo che potesse capitare il 15 Ottobre era proprio il libero sfogo degli incazzati accanto alla pacifica espressione degli "indignati", proprio perché mancava - e continua a mancare! - un "soggetto" di riferimento.     Ci sono tanti "complementi"  e tanti "predicati verbali" in giro che, tuttavia, stentano a comporre una vera "proposizione".
        Il punto sta proprio qui. La mancanza di un soggetto politico credibile ed accettato, se non da tutti, almeno dai più.

        Da queste pagine virtuali, chi ci legge lo sa bene, abbiamo continuato - e continueremo a farlo - ad insistere sulla costruzione di due strumenti necessari ed ineliminabili per le sorti dei lavoratori: il Partito ed il Sindacato di Classe!    Senza quegli strumenti non c'è alcuna possibilità e nessuna "occasione", per quanto di massa,  che garantisca un rivolgimento sociale favorevole ai lavoratori ed ai "diseredati"  della terra. 

        Sulla scia di questo ragionamento rinviamo alla lettura dell'intervento di Giovanni Iozzoli, delegato RSU della FIOM, sul blog http://blog.libero.it/VoceProletaria/ a cui volentieri ci associamo, e ne approfittiamo per salutare e sostenere con simpatia e solidarietà


gli operai della FIAT e dell'indotto che scenderanno in sciopero, il prossimo Venerdì 21 ottobre con la FIOM.
La lotta non si arresta!

Un saluto.           p. Proletaria Vox - Virginio Pilò

 
 
 
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