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Perché tifare Unità Popolare e non invece il KKE?

Post n°943 pubblicato il 17 Settembre 2015 da VoceProletaria

Un sassolino nello stagno.

Unità Popolare vs KKE. 

Perché i miei compagni tifano il primo? Perché continuano a snobbare il secondo?

  Dopo le recenti giravolte di Tzipras ed il suo definitivo smascheramento, ovvero il preciso svelamento di ciò che significa realmente socialdemocrazia, si è costituita Unità Popolare. 

  Fattore sicuramente positivo e salutare, almeno da un punto di vista istituzionale/parlamentare, e che ha ri-acceso le speranze e le attese frustrate dei compagni soprattutto esterni alla Grecia.  Ma da un punto di vista prospettico e orientato in senso di reale rottura, quindi anticapitalista e rivoluzionario (ammesso che sia lecito e consentito almeno l’uso di quest’ultimo termine tra noi “residui nostalgici del novecento”…), cosa cambia…? 

  Appaiono tantissimi, in Italia, i neo tifosi di Unità Popolare presenti nel PRC, nonostante le stupide reiterazioni di sostegno di Ferrero al suo idealmente omologo Tzipras e Syriza.

  A questi compagni, miei sodali fin dal mio ingresso in PRC ed anche prima, intendo rivolgermi, proprio perché avverto elementi di analisi che, contrariamente al rigore che ho sempre loro riconosciuto, mi pare siano superficiali e poggiati su un piano neo-parlamentarista che, seppure trova (relativa) giustificazione in ambito italiano, non trovo affatto coerente in ambito internazionale, tanto più nello specifico greco.

  In Italia, è noto lo stato dell’arte delle forze (partiti, organizzazioni, movimenti, etc…) che si richiamano anche blandamente ad ideali progressisti (che  a dire “marxisti”  sembra fin troppo…), sicché l’orizzonte parlamentare, anche per chi dice di snobbarlo, è pur sempre il suo convitato di pietra. Anzi, più che pensiero immanente e/o presenza ingombrante e fastidiosa,  resta il vero e proprio sogno nel cassetto. Al di fuori di quell’orizzonte parrebbe non esserci più vita. 

  Evvabbé, questo è il dato attuale italiano (e in larga parte anche europeo) dal quale pare impossibile evitare una discussione ed un’azione che aspiri a recuperare un minimo di respiro politico. La giustificazione (relativa, ribadisco…) ad ipotesi sempre e solo elettoralistiche è direttamente proporzionale alla debolezza dei soggetti. Che poi quest’ultima sia effetto di quella determinata strategia, la dovrebbe dire lunga da un pezzo… 

  Si invocano i radicamenti nei movimenti, nel mondo del lavoro, nella scuola, etc… ma la realtà è quasi sempre ben diversa, ed anche quando queste virtù sono realmente agite il ragionamento “di scopo”  finisce sempre lì, alle più vicine scadenze elettorali, siano di quartiere che regionali o europee.  Intendiamoci, nulla di male in tutto ciò, anzi… ma l’orizzonte non va mai oltre. 

  Vedo, insomma, una incapacità ormai strutturata e strutturale persino ad immaginare non dico la Rivoluzione Proletaria, ma la stessa transizione socialista tanto spesso invocata.. 

  Già nello scrivere queste parole immagino più di un sorriso sarcastico tra chi leggerà… Tant’è…

  La difficoltà italiana nell’ipotizzare un immaginario collettivo “altro”, però, non dovrebbe indurre a “gufare”  anche laddove questa impotenza non c’è ed, anzi, la situazione politica – oggettiva e soggettiva – è decisamente più avanzata e si presta a molte ipotesi anche ben differenti.

  Un conto è valutare, criticare ed anche dissentire da posizioni discutibili, come ad esempio ha recentemente fatto il Partito Comunista Portoghese nei confronti del KKE (peraltro sodali nello stesso gruppo parlamentare europeo), altro è snobbare con noncuranza e tanta supponenza pratiche, azioni e pensieri che neanche si conoscono e spesso neanche si vogliono conoscere per partito preso.

  Questa è la cosa più cretina che imputo a compagni a me molto vicini e che stimo per mille altri motivi.


  In Grecia, infatti, una pratica reale, ed un radicamento sociale dei comunisti è una precisa e già consolidata realtà.

  Strutture di massa, presenza capillare e soprattutto “di classe”  con una forte centralità dei lavoratori (a guida operaia) tramite il combattivo sindacato PAME, l’amministrazione di numerosissimi comuni non sono mere enunciazioni di principio o inani desideri, bensì il frutto di un lavoro costruito su precise direttive e su una teoria marxista-leninista ortodossa.

  Il KKE è un partito molto ben presente dentro e fuori dalle istituzioni ma, a differenza degli altri partiti della sinistra greca, agisce tangenzialmente la sfera istituzionale, ovvero la presenza in un parlamento borghese, e non la vive come il centro dell’attività.

  Si potrà obiettare dell’eccessivo dogmatismo, dell’intransigente applicazione di pratiche e concetti novecenteschi e tutto lo sciocchezzaio di commenti che puntualmente accompagna il KKE, ma i loro obiettivi e le forme per conseguirli sono espliciti e dichiarati e, nonostante gli sfottò e gli anatemi della nostrana “sinistra”, riescono comunque ad essere presenti in Parlamento.

  Tuttavia, secondo gli analisti de noantri, tutto ciò non è evidentemente sufficiente a garantire un cambio di passo neanche dopo l’evidente fallimento del loro ex beniamino Tzipras e la loro Syriza.

  Il nuovo stendardo è ora Unità Popolare. 

  Perché, mi chiedo. Cosa hanno questi fuoriusciti, novelli Paoli fulminati sulla via di Atene…? Hanno truppe? Hanno strutture? Qual è il loro radicamento, e dove, in quali settori…? 

  A giudicare dai sondaggi pre-elettorali, peraltro, stenteranno a raggiungere il quorum per la presenza parlamentare seppure intercetteranno un voto d’opinione finalmente emergente. 

  Per inciso, il KKE è invece dato in crescita…

  E dato che la “cifra parlamentare”  occupa tanto – troppo – spazio nei ragionamenti dei compagni, perché a fronte di questi numeri si continua imperterriti a “tifare”  UP e non il KKE…?

  E se Unità Popolare dovesse comunque riuscire nell’impresa elettorale quali sarebbero i suoi possibili margini di azione politica in assenza dei “requisiti”  sopra interrogati?

  Con numeri così risicati e senza una qualsiasi struttura di sostegno popolare, come pensa di far vivere i suoi propositi proclamati dalla tribuna del Palazzo…?

  Hanno gli strumenti teorici, la volontà di immaginare modelli alternativi al Capitalismo ed alla sua crisi? A me non pare…

  O non ci sarà, molto più prosaicamente, una riproposizione – sicuramente più coerente e radicale, no lo metto in dubbio - del rifiuto del debito e del memorandum, ma sempre e comunque all’interno della gabbia di compatibilità europea e Nato? Lo stesso Varoufakis, anche se esterno a UP ma comunque considerato lo stratega economico di questi, ammette esplicitamente di volersi contenere entro questi confini.

  Personalmente non mi stupirei affatto di un rapido ripiego di Unità Popolare a “sinistra di un centro-sinistra”  in salsa zaziki, anche perché il solo esercizio della tribuna non paga. 

  Escluso un approccio “frontista”  di UP col KKE, non mi stupirei di sentir dire che l’ingresso di UP in un eventuale esecutivo di Tzipras servirebbe  a “bilanciare” altre forze di centrodestra comunque necessarie a comporre una maggioranza governativa altrimenti impossibile.

  E’ anche possibile, anzi più che probabile, che ciò non avvenga (ed è quanto mi auguro, ovviamente) data la loro irrilevanza numerica, ma questo non esclude, anzi amplifica, i problemi che presto si troverebbe.a dover affrontare.

  In sintesi, una “alleanza”  post elettorale di Unità Popolare, o comunque un suo tentativo in tal senso, con Syriza.è comunque un passaggio che non escluderei affatto.

  La socialdemocrazia, anche nella sua veste più radicale, oggi non ha altri margini che il puro e semplice politicismo. Gli strumenti per la rottura dei vincoli e della crisi del Capitale sono ancora innanzitutto in una teoria realmente rivoluzionaria. L’agire è conseguenza.

  In conclusione, poiché credo che le nostre prese di posizione in Italia, i nostri appelli e “sostegni”  a questa o quella forza valgano meno di una riflessione accademica e, quando non portano sfiga, equivalgano a puro onanismo politico, e considerato dunque il nostro possibile “apporto” (sic!) né più né meno che “tifo”, chiedo almeno perché si debba tifare Unità Popolare e non KKE. 

RSVP.

Virginio Pilò


 

 
 
 

Ballottaggio. Chi ha vinto e chi ha perso.

Post n°942 pubblicato il 03 Luglio 2015 da VoceProletaria

Ballottaggio Unibo. Chi ha vinto e chi ha perso.
Emerge la parte offesa dei sei anni di rettorato Dionigi.

   Carissimi,
voglio inviarvi le mie ultime considerazioni dopo il voto finale per l’elezione che ha visto emergere il nuovo Rettore dell’Università di Bologna, Francesco Ubertini.
   Non per vanità, ma solo per economicità di spazio e di parole, mi avvarrò dell’ausilio dell’intervista che ha pubblicato il Corriere di Bologna e che riporto qui in allegato.
   Ciò mi consente di dettagliare alcuni aspetti che nel pur fedele, ma comunque succinto articolo non compaiono.
   Il grafico del voto disaggregato, del primo turno così come del ballottaggio, mostra e dimostra quanto avevo già ipotizzato e comunicato in precedenza basandomi su personali indagini di clima, ragionamenti politici, ma anche consultazioni con compagni docenti esperti in materia statistica. In poche parole, un mix di fiuto  politico unito ad evoluzioni e proiezioni numeriche provenienti dalle recenti elezioni RSU e poi di Senato e Consulta del Personale TA. Che dire… una conferma dopo l’altra a testimonianza di una corretta impostazione politica.

Il baronato, ancora una volta…
   Se c’è un vero segno di continuità e di caparbia conservazione nel voto universitario, esso si rintraccia ancora una volta nel voto della componente docente.     Se oggi fosse ancora in vigore l’apartheid del personale TA e degli studenti avrebbe vinto Fiorentini.
   Il gradimento di Fiorentini è infatti maggiore e maggioritario tra docenti e ricercatori, mentre minor appeal lo esercita sul personale TA e quasi per niente tra gli studenti, neanche tra quelli dello Student Office (CL, per intenderci) considerati a lui più vicini.
   In ciò io vi leggo un elemento politico di continuità ideologica, oltre che di quella gestionale. Mi si perdoni l’espressione “populista”, ma mi pare proprio l’ideologia dell’appartenenza alla “casta”  baronale.
   Insomma, l’ancien regime, ancora una volta…
   Invece, seppure sottodimensionati con una grottesca “pesatura”  del loro voto, gli studenti, ma soprattutto il personale tecnico amministrativo si rivelano come l’elemento decisivo per la vittoria di Ubertini.

Il risarcimento delle “parti offese”.
   Fin dal primo turno si può notare la diversa distribuzione del voto “ponderato”, ovvero dei TA e degli studenti.
   Qui di seguito le estrapolazioni dalla “ponderazione”  in votanti in carne ed ossa.
   Fiorentini è apprezzato da 561 TA e da 32 studenti elettori; Braga da 139 TA e 6 studenti elettori; Ubertini da 874 TA e 41 studenti; Sobrero da 333 TA e 107 studenti.
   Il tesoretto dei voti ponderati dei due esclusi Sobrero e Braga, come prevedibile ed in coerenza col loro programma, viene indirizzato in larga parte ad Ubertini, ma con diversa composizione.
   Gli studenti elettori diminuiscono tra il primo turno ed il ballottaggio e solo una piccola parte di loro si indirizza su Fiorentini, mentre il grosso di essi premia decisamente Ubertini.
   Il personale TA, invece, aumenta il numero di votanti ed al ballottaggio arriva a sfiorare la quota di 2.000 elettori, per un “peso”  di 359 voti, esattamente quello che era previsto da chi è più “introdotto ai lavori”.
   Sono questi ultimi, più di chiunque altro, a determinare la vittoria dell’outsider e sconfiggere il “favorito dai pronostici e dall’establishement”.
   La vittoria inaspettata dai media e dallo staff di Fiorentini è una sorta di nemesi per i sei anni di gestione Dionigi/Colpani/Fiorentini in cui gli studenti ed il personale TA “proletario” sono state, o si sono sentite, vittime sacrificali di una brutta riforma Gelmini declinata in maniera ancor più brutale di quanto previsto dalla stessa ministra.

Analisi sociologica del voto TA.
   Qui propongo una mia personalissima lettura del nostro voto.
   Sono convinto che esso sia ben distinguibile, soprattutto per censo e in misura più ridotta per ideologia.  Un terzo degli elettori TA coincidono quasi esattamente al numero complessivo di categorie EP e D che godono di Posizione Organizzativa (e relative indennità). Questi, infatti, assommano a circa 600 e rotti in tutto l’Ateneo. A questi si possono aggiungere vari “sottopancia”, ovvero personale che per vicinanza e/o comunanza di ufficio o anche di idee, subisce un forte condizionamento ideologico da parte dell’apparato dirigente in primo luogo.    Sono quelli, in poche parole, che pur essendo proletari di fatto si sentono diversi da questi per  la “cultura” che condividono col  loro capo. In tutto assommano dunque 716 elettori.
   Essi vengono oggi rappresentati da una sigla sindacale “di base” che, tradendo la sua stessa identità e ragione sociale, e seguendo i peggiori esempi di trasformismo politico, si è messa al servizio del padrone.    Brutto epilogo di una storia pur ricca di lotte e di speranze.
   Nonostante le indicazioni di questi novelli ascari ed i loro comunicati ricchi di fango, ben due terzi del personale TA si sono comunque correttamente riconosciuti antitetici agli interessi  del candidato della continuità ed ai suoi interessati sostenitori.
   Per dirla in termini forse oggi desueti, il personale TA ha manifestato in larga misura la sua ritrovata “coscienza di classe”.
   La parte proletaria del personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, cel, ovvero quella parte caratterizzata da bassi salari, quella che percepisce e subisce le continue vessazioni ed umiliazioni, la parte che resta impotente di fronte alle incomprensibili “riorganizzazioni”, la parte che è costretta sempre a mobilitarsi per applicare anche i “normali”  diritti, insomma… la parte che NON ha avuto nulla da guadagnare ma solo da perdere in sei anni di rettorato Dionigi, non le ha mandate a dire.
   Ha scelto di cambiare. Radicalmente e direttamente.

Politici mancati e politicisti frustrati.
   Mi ero precedentemente avventurato su un piano politico avanzando alcune considerazioni sul futuro del Comune di Bologna e le future elezioni del Sindaco in relazione agli esiti del voto rettorale. Ebbene, i pronostici sono stati rispettati.
   Dionigi, già dopo il primo turno infruttuoso per il suo delfino, era stato declassato da candidato unico del PD a Sindaco a semplice competitore alle primarie; dopo l’esito definitivamente infausto è del tutto derubricato dall’agenda politica e le sue ambizioni sono praticamente tramontate.
   A meno di improbabili ritorni di fiamma, il sindaco in pectore rientra nei ranghi accademici.

   Gli inediti scherani che si erano messi a servizio del supposto “favorito”, ovvero i sindacalisti “di base” (ma non troppo…), lungi dall’aver ottenuto il successo sperato e le relative e probabili ricompense promesse, dovranno ora affrontare vari problemi, interni ed esterni. Il loro salto della quaglia, infatti, induce a più di una reazione.
   Dalla disdetta della tessera, alle defezioni dai ruoli di rappresentanza, alla critica serrata – più che comprensibile – dei componenti interni, il problema più immediato per i leader del sindacato in oggetto sarà il recupero di una credibilità perduta nel giro di pochi comunicati.
   Questi si distinguevano, fino a pochi giorni fa, per le accuse che rivolgevano a tutti gli altri sindacati in ateneo di “complicità con l’Amministrazione”. Sic!
                                       Il bue che chiamava cornuto l’asino…
   I lavoratori non tesserati, ma che pure si identificavano in essi e li votavano, oggi sanno che dietro tutte le loro accuse, arringhe, denunce etc… si nascondeva la voce del padrone.
   Tanta demagogia, tanto populismo sono oggi almeno svelati.
   Tanta sicumera e tanta dabbenaggine, però…
   In normali contesti sindacali o politici, certe dimissioni sarebbero d’obbligo.
Qui chissà…

Bologna,  03.07.2015                                     p. Proletaria Vox – Virginio Pilò

 

Intervista di Mara Pitari a Virginio Pilò pubblicata giovedì 2 luglio dal Corriere di Bologna.

L'impiegato: «Per noi è stato un referendum sui 6 anni passati»

«Una vittoria di stile». Così è la riuscita di Francesco Ubertini alle elezioni dell'Alma Mater secondo Virginio Pilò, tecnico amministrativo del dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali, dove lavora dal 2007.
Il voto degli amministrativi, new entry di queste elezioni, ha fatto la differenza. 
Perchè vi siete schierati dalla parte di Ubertini?
«Sul voto — risponde Pilò — hanno po pesato i sei anni di gestione di Dionigi di cui Fiorentini è stato l'uomo forte. Nonostante i tentativi di prendere le distanze all'ultimo momento, non è risultato credibile».
E' stato un voto anti-Dionigi?
«Si, un referendum sulla vecchia gestione. Eravamo avviliti da sei anni in cui la riforma Gelmini è stata interpretata nel modo più estremo».
Vi aspettavate questo risultato?
«Noi eravamo consapevoli che saremmo stati l'ago della bilancia. Sapevamo l'importanza di arrivare al ballottaggio».
Eravate compatti?
«No, a livello collettivo c'era una pluralità  di voci. Nessuna organizzazione o struttura all'inizio si è schierata compattamente con uno o l'altro dei candidati. Ma dopo il primo turno lo scenario è stato abbastanza chiaro: il personale che aveva votato per Sobrero e per Braga aveva le stesse aspettative di chi aveva appoggiato Ubertini, quelle di un cambiamento. Era chiaro dove sarebbero confluiti i voti degli esclusi».
Fiorentini ha comunque perso per una manciata di voti. E se invece avesse vinto?
«Sarebbe stato come ratificare il vecchio politicismo. Se fino al primo turno hanno giocato tutti con estremo fair play, al secondo tempo la partita è stata percorsa da notevoli falli. Per questo quella di Ubertini è stata anche una vittoria di stile».
Quali i passi falsi?
«Ubertini è stato attaccato pesantemente dal momento in cui è andato al ballottaggio con una campagna a tratti anche diffamatoria da cui trapelava il nervosismo dello staff di Fiorentini ma anche un modo basso di fare comunicazione. Tutto questo ha orientato una parte di voto, consolidando la convinzione che era necessario cambiare».
Cosa dovrebbe fare il nuovo rettore?
«La riforma dello statuto, con all'interno un maggior peso del personale, la stabilizzazione dei precari e una revisione della macchina amministrativa che in questi sei anni è diventata verticistica e confusa».

 

 
 
 

Ballottaggio per il Rettorato Unibo.

Post n°941 pubblicato il 25 Giugno 2015 da VoceProletaria

Ballottaggio per il Rettorato Unibo.
Rinnovamento vs. conservazione.

…superare le Colonne d’Ercole
o restare al caldo riparo dell’inferno qui ed ora…?

Fatti non foste per vivere come bruti
ma per seguire virtute e conoscenza


   Non credo di possedere capacità divinatorie, ma posso tranquillamente affermare che il risultato uscito dalle urne del primo turno di votazioni per il Rettorato dell’Università di Bologna non mi sorprende per niente, anzi… conferma le stime che con alcuni compagni avevo condiviso.  Era infatti un risultato prevedibile e previsto, ma non da tutti.
   Le distanze tra i due contendenti al ballottaggio, ed i loro numeri assoluti si distanziano davvero di poco da quanto, tra pochi, pronosticato.
   Semmai, il dato forse più imprevisto è stata la cifra raggiunta da Fiorentini, oltre i mille-e-rotti che invece gli si attribuivano, ma non poi di molto.
   Merito di un larvato ed ambiguo endorsement svelatosi all’ultima ora da parte di una sigla sindacale che, sic!, si è sempre presentata come la rappresentazione “senza macchia & senza paura”  davanti ai colleghi TA.
   Ma si sa, i patti col diavolo li fanno sempre i più “puri”  o quelli che, almeno, così appaiono.
   Eppure, lo scarto “aggiuntivo”  di questo patto non supera comunque la cifra di circa 120 o 130 voti “pesati”. Troppo pochi, dunque, per garantire la vittoria auspicata al primo turno del  favorito  alla successione in nome della continuità.
   Con buona pace di tutta la stampa amica (praticamente tutta quella locale), degli amici del giaguaro di cui sopra, e di tutto l’establishement più stretto che aveva scommesso fin da subito su una blitz-krieg, il vero sconfitto di questo primo turno appare proprio lui, il Prorettore Fiorentini.

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
   Ma questo è motivo di stupore per certuni, non per me.
I ragionamenti numerici, si sa, sono validi se valide sono le premesse politiche, e proprio quest’ultime sembrano dare maggior ragione a chi, come lo scrivente, aveva sviluppato un’articolazione più prettamente “politica”  sui destini dell’Università in relazione al suo territorio, nonché su una indagine di clima che restituiva un’aspettativa fortissima di cambiamento trasversale tra tutte le componenti della comunità accademica.
   Infine, last but not least, il desiderio di protagonismo del personale Tecnico Amministrativo e bibliotecario che, per la prima volta, poteva finalmente esercitare la forza del suo voto, per quanto “pesato”  al 18%,. afferma chiaramente una bocciatura della linea Dionigi che prova a perpetuarsi.
   Nessuna sorpresa, dunque, nel pronosticare persino il numero dei votanti, in particolare della componente TA: stimavo 2.000 votanti TA e ne sono andati 1.950…!
Una percentuale ben superiore alle recenti tornate elettorali di RSU, Senato e Consulta, a testimonianza di quanto detto qui sopra.

Tertium non datur.
   Adesso il quadro si è schiarito e si tratta di scegliere tra due opzioni così riassumibili:
il rinnovamento contro  la continuità.
   Da una parte Ubertini, critico dell’attuale gestione fin da tempi non sospetti; dall’altra Fiorentini, l’uomo forte della squadra di Dionigi e suo ideale prosecutore.
   I due candidati usciti dalla competizione, Sobrero e Braga, hanno già dichiarato la loro convergenza sul candidato del rinnovamento Ubertini, in coerenza con il loro approccio elettorale all’insegna di una genuina  volontà di cambiamento.
   La speranza di un  cambio di passo sembra consolidarsi.

   Sulla carta, dunque, il risultato finale parrebbe già scritto; in realtà il numero di non votanti al primo turno potrebbe ancora riservare sorprese.
    Per questo è importante che in tanti, ancora - ed anche in più di prima - si vada a votare per il ballottaggio e si voti con la testa.
   Per questo auspico una ancor più massiccia partecipazione al voto del personale Tecnico Amministrativo.

   Dal canto mio ho già scelto: novello Ulisse, proverò ancora una volta a solcare i perigliosi mari ed avventurarmi oltre le Colonne d’Ercole.
   Ciò che già conosco non mi piaceva sei anni fa e tanto meno mi piace adesso.
   Alla condizione certa di continua prostrazione ed umiliazione di lavoratore di Unibo che quotidianamente condivido con migliaia di colleghe e colleghi, so preferire anche l’ignoto.
   …ma in questo caso, ignoto non è.

Cambiamo insieme!

Bologna,  25.06.2015                                                                        Virginio Pilò

 

 
 
 

Università & Comune di Bologna, total game.

Post n°940 pubblicato il 20 Giugno 2015 da VoceProletaria

Università & Comune di Bologna, total game.
Le mani sulla città.

Lettera aperta
ai miei colleghi, compagni, amici e conoscenti dell’Università di Bologna

   Carissimi,
siamo ormai alle votazioni del futuro rettore del nostro ateneo e, dopo una lunga sequela di incontri assembleari o per gruppi più ristretti con i quattro candidati alla carica, mi sono deciso a mettere per iscritto alcune considerazioni che, proprio per la natura di quegli incontri, difficilmente possono essere altrimenti valutate.
   Le assemblee, soprattutto quelle gestite in nome e per conto del personale TA, hanno infatti avuto l’effetto di accomunare le inizialmente diverse posizioni dei quattro.
   Naturalmente in ciò si riscontra e si incassa un dato immediatamente positivo, ovvero l’accoglimento ideale delle istanze ad essi presentate.  Il peso del voto finalmente conquistato, per quanto limitato, si fa subito sentire ed apprezzare.
   L’aspetto paradossalmente negativo, invece, è dato proprio da questa neo-omogeneità che non permette di distinguere chi, tra i quattro, sia meritevole di fiducia e chi no.
   Non intendo, quindi, soffermarmi neanche per un momento sulla qualità delle risposte date dai candidati, né sull’efficacia delle loro esposizioni, e nemmeno dei loro curricula, peraltro tutti di elevate e dimostrate capacità: sarebbero elementi, per quanto di percezione soggettiva, comunque insufficienti a definire i loro profili.
   Provo allora ad uscire dai confini dialettici fin qui esperiti e dalle mura accademiche e mi accingo a saggiare un terreno più “politico”, che coinvolge certamente l’Università ma non solo essa.
   Per poterlo fare occorre tuttavia una doverosa premessa, ovvero un bilancio, seppure tratteggiato e riassunto a grandi linee, dei sei anni di mandato svolti da Dionigi.
   L’esigenza, più che un giudizio sul passato, è dettata dal suo possibile futuro politico, forse a capo della Città.
   Dionigi è probabilmente il Rettore dell’Università di Bologna che passerà alla Storia come il più autoritario in assoluto in epoca di “democrazia”.
F   orse bisognerà risalire ai tempi oscuri del ventennio, allorquando il Ministro (fascista) nominava il Rettore, per un giusto raffronto con lo scempio scientemente perpetrato delle regole di convivenza della comunità universitaria.
   Le condanne PENALI di sei studenti attivisti che hanno avuto il torto di solidarizzare con le sacrosante ragioni di lavoratori in sciopero di una cooperativa al servizio dell’ateneo, seppure emesse dalla magistratura, sono interamente ascrivibili ad una policy di Dionigi che non prevede neanche il diritto di dissenso, tanto da averlo persino statuito in un pessimo Codice Etico di cui, non a caso, si chiede la revisione.
Dionigi desidera, la magistratura sentenzia.
   Il mandato di Dionigi, in effetti, si aprì all’insegna di uno smodato entusiasmo per la Riforma Gelmini. Dionigi non solo rifiutò di farsi portavoce delle richieste da parte docente di pur blandi emendamenti, tutt’altro, fu promotore di una lettura ancor più elitaria e pregiudicante l’intero sistema universitario nazionale. Il suo stendardo era Aquis, ovvero il raggruppamento della ventina di atenei autonominatosi “di eccellenza”, che invocava una politica premiale per questi, a scapito ovviamente degli altri atenei. Il suo coronamento di questa visione fu infine l’adozione di uno Statuto di Ateneo che supera la stessa Legge Gelmini in termini di verticismo ed autoritarismo.
   Le scelte, infine, di deleghe importanti alla sua squadra di Prorettori ed alti dirigenti definiscono compiutamente il quadro qui appena tratteggiato. Il Direttore Generale, già condannato per danno erariale prima di arrivare ad Unibo, ha svolto il suo compito in piena
coerenza con l’input trasmesso dal Rettore Dionigi, inaugurando nei fatti una politica alla Marchionne: pieno disprezzo delle istanze del personale tecnico amministrativo ed altrettanta arroganza nei confronti delle legittime rappresentanze sindacali. L’invenzione di un neonato organo “rappresentativo”  del personale TA, la Consulta, sarà poi l’occasione per creare una sorta di sindacato giallo (tutte figure apicali, ovvero EP) molto vicino ai desiderata dello stesso Rettore e del Direttore Generale, e scavalcare anche le corrette relazioni sindacali.
   La politica di esternalizzazioni, furbescamente rubricata sotto la voce di “acquisizione di servizi”, con paghe da fame agli operatori e lauti guadagni ai gestori di questi, è stato un altro tratto distintivo del totale disinteresse dell’ateneo per le sorti dei lavoratori in nome di un conclamato aziendalismo che sempre più pervade le stesse residue garanzie dei diretti dipendenti dell’Università di Bologna.
   Questa è, in estrema sintesi, la cifra di lettura dei sei anni passati da Dionigi a capo dell’Università di Bologna.

   Il giudizio finale sul mandato di Dionigi, naturalmente, è pessimo. Non è un caso che, in occasione delle elezioni, ed approfittando del fatto che il personale TA potrà FINALMENTE votare anch’esso, venga stilato un documento che chiede una profonda revisione dello Statuto e della politica fin qui agita.
   Il documento, presentato dall’Intersindacale nelle assemblee di cui sopra, è ora diventato la pietra angolare su cui esprimeremo il voto ai quattro candidati.
Su questo documento, appunto, tutti e quattro i candidati hanno fatto convergenza rendendo indistinguibili ai più le loro differenze, tanto che agli occhi profani appaiono tutti rivoluzionari, anche coloro che finora, e senza alcuna presa di distanza reale, continuano a far parte della squadra di governo del Rettore.

La Squadra.
   La definizione della squadra di prorettori, almeno fino al più recente passato, avviene in parte prima che il Rettore venga eletto, ovvero poco prima del ballottaggio, quando gli esclusi possono trovare convenienza nell’accordarsi col candidato ritenuto più forte. In questo momento c’è chi, in cambio di un prorettorato, indica ai suoi precedenti elettori di votare tizio oppure caio. E’ questa, per quanto opinabile e forse anche esecrabile, la prassi.
   Anche la squadra di Dionigi, in parte appunto, vede questa genesi.
   In questa squadra crescono, si fanno le ossa ed emergono figure importanti, al punto che due tra queste, il Prorettore alla Didattica, Fiorentini, ed il Prorettore alla Ricerca, Braga (ex sfidante di Dionigi al Rettorato nel 2009), si sentono in grado di proporsi come futuri Rettori
   Nella squadra, tuttavia, non mancava nemmeno un altro tra gli attuali quattro candidati, Sobrero, autorevole membro della Giunta di Ateneo fino al 2011, data di morte della stessa per sopravvenuto nuovo ordinamento statutario. Candidatosi come membro interno del primo CdA di Unibo post riforma dello Statuto, e pur selezionato dall’apposito Comitato di Selezione, non venne poi nominato dal Senato Accademico.
   Sobrero, dunque, è lontano dagli organi istituzionali da più di quattro anni, ma non per sua esplicita volontà; i due Prorettori, pur sollecitati ad un gesto di garbo istituzionale nel momento delle loro candidature, sono invece ancora al loro posto con pieno esercizioo di poteri. Tutti e tre invocano il “profondo cambiamento”.
   La mia considerazione, da vetero comunista, è che se la Rivoluzione avviene tra i notabili del Palazzo, in politica almeno, generalmente si chiama colpo di stato.
   Nell’Università di Bologna, essi, la chiamano “rinnovamento”.  Sarà…

Fuori squadra.
   Rilevo, nel contesto, che le uniche dimissioni sono state quelle di Ubertini dal Senato Accademico. Per quanto non sia così pregnante il potere di gestione (sic!) di un singolo componente del Senato, ha almeno avuto il buon gusto di adottare la prassi che viene richiesta anche in ambito politico a fronte di determinate candidature.
   Gemma più unica che rara in Unibo.

Il partitone, i poteri forti…
   Non è un mistero che Dionigi, prima che diventasse Rettore, fosse stato per 14 anni consecutivi consigliere comunale Pci-Pds-Ds (oggi Pd) e che abbia sfruttato ampiamente il relativo endorsement per la presa di Palazzo Poggi. E’ altrettanto evidente che il partitone, seppure oggi in affanno, è lo stesso che intende gestire la cosa pubblica in termini sempre più manageriali e privatistici ed in modo che si traducano in un potere più diffuso e capillare.
   Disegni di legge, francamente ributtanti, come “La Buona Scuola”, declinata in “Buona Università” nel nostro specifico, che pure sono stati annunciati da Matteo Renzi all’inaugurazione dell’ultimo Anno Accademico, trovano nel nostro ateneo, ancora una volta, pronta ed entusiasta accoglienza da parte del nostro attuale Rettore Dionigi.
   Va da sé che, in tale contesto, l’applicazione dell’altra schifezza renziana, il Jobs Act, è un correlato di particolare importanza.
   Questa è la cifra di lettura politica per il futuro che attende l’Università, ma non solo essa, bensì l’intera cosa pubblica, con il Comune di Bologna in primis, nelle intenzioni del Partito Democratico dei Poteri Forti.

L’Università, non mera Accademia ma collettore politico di diversi interessi.
   E’ un dato di fatto che una grande realtà lavorativa, immobiliare e finanziaria come l’Università di Bologna è di per sé una grande realtà “politica”  nel senso più pieno del termine. Le sue politiche aziendali influiscono direttamente ed indirettamente su una grande massa di attori sociali, economici e… politici!
   Le relazioni tra Ateneo e questi ultimi non si limitano alla trasmissione della Conoscenza Rivelata. Non lo era dal momento della nascita dell’Università e non lo è tanto più oggi.
   Piazzare l’uomo della continuità di Dionigi a Palazzo Poggi è dunque condizione imprescindibile perché poi egli possa presentarsi a Palazzo D’Accursio.
   In soldoni, se Fiorentini, il suo principale collaboratore,  vince la corsa al rettorato Dionigi può presentarsi come il candidato unico del PD, ignorando le primarie, a Sindaco di Bologna.
   La vittoria di Fiorentini, il vero uomo forte della “squadra”,  sarebbe lo sfratto esecutivo di Merola, ancora strenuamente abbarbicato alla poltrona nonostante l’esplicito scaricamento da parte del suo partito, e il contestuale ingresso trionfale come uomo della provvidenza di Dionigi.
   Se la corsa di Fiorentini, invece, si fermasse… anche le attese di Dionigi e del suo principale sponsor PD sarebbero rimesse in discussione.
   Il partitone, ma anche i vari soggetti forti della città, lavorano alacremente per questo.
   Garantirsi la conduzione omogenea di Comune ed Università di Bologna significa avere il controllo politico, economico, finanziario ed immobiliare di almeno metà dell’intera e ancora ricca regione Emilia Romagna.  Un potere davvero vasto.
   Il mega spot pre-elettorale, la kermesse di ReUniOn, (pagata, sembra, circa mezzo milione…!!!), si conclude giusto il giorno prima del primo turno di elezioni rettorali.
   Chissà se sarà il viatico definitivo o l’ultima Caporetto per Dionigi e i suoi successori.

Bologna,  17.06.2015                                 p. Proletaria Vox - Virginio Pilò

Appendice.
Di seguito un approfondimento del profilo di Fiorentini in relazione  ad altri ambiti del territorio con il contributo di  pubblicazioni della stampa locale.

Edilizia.
   Dionigi è l’uomo che sta gestendo il progetto STAVECO in splendida solitudine e in un clima di surreale segretezza.

http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2012/30-agosto-2012/parte-operazione-staveco-sogno-grande-campus-2111618902966.shtml

   Se ne occupa il comitato che il Sindaco e il Rettore Ivano Dionigi hanno da poco costituito e che guideranno da qui in avanti. Nella task force siedono l’Assessore al Marketing Territoriale Matteo Lepore, quello all’Urbanistica Patrizia Gabellini e il Direttore Generale del Comune Giacomo Capuzzimati. I componenti dell’Ateneo, oltre a Dionigi, sono invece il Direttore Generale Giuseppe Colpani, il Prorettore all’Edilizia Emilio Ferrari e quello alla Didattica Gianluca Fiorentini.

Sanità.
   La coppia Dionigi-Fiorentini ha messo da tempo le mani sulla Sanità regionale. Si ricordi che la nomina di Sergio Venturi come Assessore alla Sanità della Giunta Bonaccini è stata salutata come una vittoria di Dionigi:

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/12/22/news/bonaccini_vara_la_giunta_e_si_gioca_la_carta_civica_per_curare_il_welfare-103479763/

 
 
 

Cofferati, at salùt!

Post n°938 pubblicato il 20 Gennaio 2015 da VoceProletaria

A se vdràn, Cofferati…
Lettera aperta al Sindaco di Bologna

Egregio Sindaco, nostro ex sodale,
con questa lettera aperta intendiamo esprimere a Lei, ed a Bologna in primis, le ragioni del nostro abbandono dalla Sua giunta, in maniera affatto esaustiva, ma anzi passionale e comunque più compiuta rispetto a quanto già detto col nostro precedente comunicato.
Lo spazio tiranno impedisce sicuramente una disamina dell’esperienza del PdCI nell’amministrazione cittadina degli ultimi quattro anni, sicché ci atterremo ad un giudizio generale appena tratteggiato ma dal quale, ne siamo certi, saprà ricavare, Lei e i cittadini di Bologna, i sicuri riferimenti a specifici episodi che hanno caratterizzato il Suo mandato.
Sindaco Cofferati, Lei oggi guida l’UNICO monocolore politico di tutta la provincia bolognese.  Lei è oggi, probabilmente,  il sindaco più solo di tutta l’Italia.
Nessuna forza di Sinistra è più presente nella Sua giunta, ed anche in Consiglio sono più quelle all’opposizione di quante invece non continuino a garantirLe la maggioranza.
Come si è reso possibile ciò?
Diciamo fin da subito che Bologna non ha mai visto, dal dopoguerra ad oggi, un clima così conflittuale, radicalizzato e polarizzato prima della Sua venuta in città.
Un clima sociale e poi anche politico che, anziché essere risanato da cinque anni di amministrazione di centrodestra, e per questo già avviato a pericolosi scivolamenti egoistici e reazionari, si è vieppiù avvitato in una pratica amministrativa del tutto estranea ed ostile ad un tessuto sociale che ha sempre dimostrato, invece, grandi capacità di riscatto e di progresso, anche nei momenti più duri e più bui.   Pensi che anche negli anni più tempestosi, quegli anni ’70 segnati da fortissime tensioni sociali, quando finanche i blindati hanno percorso le vie del centro, c’è sempre stata, da parte di chi governava Bologna, una ricerca di dialogo e di confronto con le parti antagoniste.
La Sua azione politica “aliena”, invece, ha inteso approfondire, anziché risolvere, le contraddizioni che una crisi globale di sistema stava innescando ed acuendo già da sé.
Oggi Bologna viene additata come esempio di “degrado”.
Ma si rende conto, anche lontanamente, della enorme sciocchezza che contiene questa affermazione? E, soprattutto, si rende conto che questo è il Suo peculiare risultato finale?
Lei ha inoculato prima una “percezione” quasi del tutto inedita per i cittadini, ed anche per i tanti fuorisede che vivono ed amano Bologna, di una realtà che NON c’era e NON C’E’ tuttora. La percezione è divenuta poi, grazie ad un sapiente, accorato ed interessato accompagnamento mediatico, la realtà virtuale in cui oggi ci troviamo. E a nulla valgono i paragoni, pur evidenti nella loro crudezza, con altre città queste sì alle prese con problemi davvero gravi, sommerse come sono da rifiuti, da vera criminalità padrona, da tassi di disoccupazione da terzo mondo, da violenze di ogni genere che (anche quando non denunciate) sono il segno tangibile di un vero degrado urbano, morale e sociale. In queste realtà, a Lei probabilmente ignote, taluni significanti come “sicurezza” e “legalità”  assumono ben altro significato di quanto non ne rivestano, in forma quasi caricaturale, oggi a Bologna.
Si rende conto che Lei ha CREATO questo “degrado” con la Sua politica muscolare fatta di sgomberi, di ordinanze “anti” tutto, di assurde proibizioni capaci solo di impedire le più schiette – e, fino a poco tempo fa, invidiate – forme di socialità urbane?  Per non parlare del Suo quasi totale disinteresse dimostrato verso il depauperamento produttivo che la città continua a subire…
Forse non sa che la storia di Bologna  è quella di una città marcatamente europea, tollerante, ospitale e capace di coinvolgere positivamente chiunque volesse eleggerla a propria dimora.
Bologna, per secoli, ha nutrito e si nutriva di un benefico flusso di persone - non solo studenti da “spennare”, non creda… - che contribuivano e contribuiscono a renderla ricca ed ambita dai più.     Nel  giro di soli quattro anni, i Suoi anni, è diventata – agli occhi del mondo - una periferia del terzo mondo.  Bel risultato…
E si che ci abbiamo provato a modificare le tendenze autoreferenziali che, fin da subito, hanno fatto capolino nel Suo personalissimo modo di intendere ed agire la politica.  Non potrà certo negare che, pur tra mille nostre sofferenze, non Le abbiamo mai fatto mancare il nostro appoggio, convinti come eravamo che una pur minima correzione di “stile” avrebbe fatto comprendere ai bolognesi la validità di un progetto di cambiamento certo necessario. Ma vede, la politica, anche quella più strettamente “amministrativa”, pretende ed esige una capacità di comunicazione con i cittadini “amministrati” pari, se non addirittura superiore, all’azione di governo.
Lei in questo ha clamorosamente fallito!
Anche i provvedimenti a nostro avviso più positivi (valga come ultimo esempio la pedonalizzazione dell’area universitaria) di questa amministrazione vengono oggi  vissuti e agiti tra mille contrasti e polemiche. E’ lo specchio di una radicalizzazione di interessi egoistici che prima d’ora non trovavano ragion d’essere, e né, tanto meno, sponde politiche che ne potessero trarre vantaggio. Ascriviamo alla Sua  estraneità culturale e politica, quindi alla sua incapacità ad una reale comunicazione (fatta quindi anche di “ascolto”, non sola “enunciazione”) con i bolognesi il “vero” degrado che oggi Bologna vive.
Ci creda, non ci è affatto estranea la politica anche “impopolare”, quando siamo convinti e consapevoli che questa, a conti fatti e dimostrabili, produca un avanzamento ed un progresso tangibili e “percepiti”. Da comunisti, le nostre partecipazioni sono sempre state proiettate a garantire un maggior benessere, una maggior distribuzione sociale, una maggior equità e solidarietà individuando in primis i lavoratori e le fasce meno abbienti. Per fare ciò ci siamo spesso alleati con settori politici che, pur non sposando le nostre stesse idee (né lo abbiamo mai preteso…), avevano un comune denominatore progressista, preziosa eredità di un passato Costituente in cui si rispecchiavano comuni valori, e,  seppure con sacrificate mediazioni, siamo riusciti a condividere anche delicati passaggi altrove ed altrimenti indigeribili.
Ma a tutto c’è un limite.
La Sua politica marziale è oggi in competizione con le più retrive amministrazioni leghiste e reazionarie d’Italia. Il culmine di questa dissennata dimostrazione di “carattere” è stato raggiunto dal rifiuto del Ministro degli Interni, Roberto Maroni (sic!), a concedere i manganelli e lo spray al peperoncino ai Vigili Urbani, così come Lei chiedeva, poiché considerati strumenti impropri per le funzioni di polizia municipale!
Non dubitiamo che presto, se non già subito, questa decisione venga rivista, incontrando i Suoi desiderata, ma proprio questi Suoi “successi” rendono ormai insostenibile una nostra condivisione alle Sue prospettive politiche e gestionali.
Da ultima, ma strettamente correlata a quanto su detto, la Sua dichiarata e reiterata ricerca di “autosufficienza” in vista delle prossime elezioni amministrative. Non ci interessa qui disquisire se sia “buono” o “cattivo” questo Suo atteggiamento, e ci limitiamo ad una semplice domanda: se è così negativa l’alleanza con le altre forze della Sinistra, perché non è stato fin da subito conseguente?  Se la Sinistra Le è d’impiccio, perché non se ne è liberato immediatamente?  O forse Le è utile a mantenere una  posticcia rappresentazione di unità svanita ormai da un pezzo?
Sindaco Cofferati, Lei ha distrutto l’Unione. Lei ha creato le condizioni di una barbarie mai vista prima a Bologna. Lei ha determinato – e determina tuttora – condizioni di arretramento politico, culturale  e sociale, e non si limita, ahinoi, alla sola Bologna…
Il nostro augurio, il nostro impegno è oggi teso a recuperare e ricostruire un clima politico che sappia ricongiungere TUTTE le forze progressiste per farle diventare il motore di un rinnovamento più che mai necessario.      Con Lei questo non è possibile!
Per queste, e tantissime altre ragioni che qui non trovano spazio, cordialmente Le diciamo:

Cofferati, at salùt!

Bologna,  11.06.08        Federazione PdCI - Bologna

 
 
 
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