Creato da cupidobruno il 23/03/2008

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Napoli. IL PESCE D’APRILE AGLI AVVOCATI – di Pasquale D’Aiuto, avvocato

Post n°35 pubblicato il 02 Aprile 2020 da cupidobruno
 
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Ditemi che è soltanto un pesce d’aprile. Vi prego, ditemelo e convincetemi. Perché quest’oggi assisto, attonito, alla corsa caotica, a colpi di click, da parte di migliaia e migliaia di persone che hanno conseguito un diploma, una laurea in Giurisprudenza, hanno svolto pratica forense ed ottenuto un’ardua abilitazione, all’accaparramento dell’obolo di € 600,00 (pure, inizialmente non previsto!) graziosamente concesso con il c.d. Decreto Cura Italia (D.L. n. 18 del 17.3.2020, così come integrato con Decreto del 28.3.2020 dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e delle Finanze). Parlo degli Avvocati, categoria professionale liberale e nobile, esistente da quando è in piedi una società che si possa dire civile, attori principali del sistema Giustizia come i Magistrati, baluardo per la tutela e l’implementazione dei diritti. Parlo di esseri umani che hanno puntato le proprie fiches su un corso di studi polivalente, per trovare il proprio posto nel circuito produttivo e rendersi utili al mondo. Però, evidentemente, nella nazione sbagliata. Gente che, in paesi seri, dovrebbe nutrire serene prospettive di medio-lungo periodo e che, al contrario, in questo surreale posto che è l’Italia – ma per prudenza, in base alla mia personale esperienza, preferisco limitarmi al meridione d’Italia, che è anche Roma, per intenderci – spera di buscarsi qualcosa dallo Stato, quando e se arriverà, perché avrà fornito dimostrazione alla propria previdenza privata di aver passato anni difficili, di non aver affatto ingranato con la professione o, addirittura, di non aver più una partita iva. Ma questo è meno del breve periodo: questo è campare alla giornata. Sì, perché vi sfido: più a monte, provate a raccontarmi che, in fondo, questo Paese non abbia poi convinto noi Avvocati che la nostra quintessenza fosse proprio quella del campare alla giornata. Raccontatemelo ma poi, un attimo dopo, motivatelo con ragioni solide, perché io farò fatica a starvi dietro. Perché io credo sia proprio così: noi siamo una categoria da distruggere, i paria della società. Noi siamo residuali. E lo saremmo anche se parlassimo, oggi, non di seicento ma di seimila o sessantamila euro per ciascun Avvocato, perché l’unico “bonus” che potrà salvare il fondamentale comparto della Giustizia dovrà consistere in un’autentica rivoluzione concettuale, a partire dal nostro ruolo. La verità è che ormai siamo abituati a concepire la nostra professione come una gara ad ostacoli o, per restare in tema, come un’emergenza continua, un po’ come il virus di questi tempi. Noi siamo continuamente in quarantena, questa è la verità. Noi siamo reclusi – sì, da sempre e non solo in questi giorni – a causa di barriere politiche, sistemiche, ideologiche ma concretissime. E lo siamo a partire da corsi di studio affollati, aperti a chiunque – anche a coloro che non sanno cosa fare della propria vita dopo il diploma – e, spesso, senza uno sbocco preciso; poi, da pratiche forensi disorganiche, molto spesso povere di contenuti, cronicamente legate alle solite materie divenute una sorta di ammortizzatore sociale (penso alla r.c.a.), con compensi da fame o senza alcuna forma di corrispettivo. Pratiche che, assai spesso, non si concludono mai veramente e sfociano in collaborazioni atipiche non regolamentate, generando migliaia di professionisti poveri, timorosi di spiccare il salto e prendere ad essere realmente autonomi – realmente professionisti! – e bisognosi, quasi fisiologicamente, di conforto, controllo, rilettura, assenso da parte di un dominus. Una demolizione psicologica, prima che economica. E poi, penso all’esame d’abilitazione che (e mi perdonino i commissari seri e preparati che ho incontrato nella mia vita), continua a sembrare un terno al lotto. Con i testi nascosti negli zaini, gli smartphone, la speranza di un aiuto esterno, quando basterebbe pretendere l’impegno degli aspiranti Avvocati, consentire loro l’utilizzo dei codici commentati con la Giurisprudenza ed impedire realmente l’adozione di trucchetti da ragazzini – che costituiscono illeciti penali, a ben vedere. Forse, prima ancora, la facoltà di Giurisprudenza dovrebbe tornare a fare selezione (a partire dal numero chiuso) o, almeno, a indirizzare verso una prospettiva, come la libera professione o i concorsi. Poi penso alle udienze, che quasi sempre sono affollatissime perdite di tempo e che sovente vantano l’unico beneficio di incoraggiare la socialità e di sostenere l’economia dei bar nei pressi degli Uffici Giudiziari, a suon di caffè e chiacchiere ai tavolini. Quali udienze? Ma noi Avvocati le conosciamo bene: innanzitutto, quelle di mero rinvio (perché il Giudice non è riuscito ad emettere un provvedimento, perché mancano i testimoni, perché una notifica è andata storta e chi più ne ha, più ne metta); poi, l’udienza che segue quella di comparizione delle parti nel caso (leggasi: sempre) di richiesta della concessione dei termini c.d. istruttori; quella di conferimento dell’incarico al Consulente Tecnico d’Ufficio, che presta giuramento; quella di precisazione delle conclusioni, spesso reiterata per ragioni, sovente, oscure (o, forse, ben chiare)… si accettano suggerimenti. Parlo da civilista, naturalmente: tutto tempo che potrebbe essere dedicato allo studio, al tempo libero. Alla famiglia. Poi, penso agli importi ingenti che dobbiamo destinare, sin dall’iscrizione all’albo, anche senza un reddito effettivo ed in modo affatto proporzionato e scalare, alla nostra previdenza sociale, pur gravata da tutte le sue ben note incongruenze. Ma non è solo questo: è molto, molto di più. Questa elemosina di 600 euro assume le vesti di una beffa, contentino inaccettabile ed odioso per una vita (professionale ma non solo) di assurdità conclamate. Penso, ad esempio, al fatto che un soggetto, se non ha un reddito “regolare”, può intentare una causa civile senza rischiare concretamente nulla – lasciando a bocca asciutta la controparte e l’Avvocato avversario, oltre che, molto probabilmente, anche il proprio (dura, spiegarlo ai non addetti ai lavori; vero?). Penso alle società che scompaiono (anzi: che divengono inattive), lasciando capitale e patrimonio azzerati ma tanti debiti, nei confronti dei fornitori quanto degli Avvocati e dei professionisti in genere. Penso alle procedure concorsuali inutili; alle esecuzioni mobiliari in cui le case private sono sempre chiuse, in cui addosso, il debitore, non ha nemmeno un orologio oppure in cassa non c’è mai un euro da pignorare; a quelle immobiliari che durano un’eternità e costringono chi le ponga in essere ad esborsi enormi che, spesso, non vedranno rimborso; ai pignoramenti presso terzi (quando possibile) ove sovente non v’è nulla o quasi da ricavare perché il terzo non c’è più o perché il suo debito è poco o nulla; ai ricorsi per decreto ingiuntivo che potrebbero essere sostituiti da ingiunzioni qualificate degli Avvocati; a tutti quei contratti che sarebbero facilmente, e con competenza, stipulabili senza l’assistenza di altri professionisti – le compravendite immobiliari, per esempio ma sovvengono alla mente anche i c.d. passaggi di proprietà dei veicoli – e, più in generale, allo scandalo della negazione, pressocché assoluta e davvero incomprensibile, della facoltà di autenticare le sottoscrizioni! Penso alla patologica mancanza di meritocrazia. Agli incarichi milionari concessi in base a graziose discendenze e giuste amicizie. Ai mandati professionali da parte degli enti pubblici che vanno sempre agli stessi. Penso all’incredibile assenza di qualsiasi riferimento alla figura dell’Avvocato nella nostra Costituzione! E poi, ritorno con la mente al dileggio generale nei confronti della categoria: gli Avvocati rubano, perdono tempo, provocano la prescrizione, sono incompetenti, godono nel ritardare le decisioni, sono degli azzeccagarbugli, raccontano fandonie, si arricchiscono sfruttando i clienti, si vendono all’avversario… chiunque può, a chiunque è concesso gettarci fango addosso, impunemente. La vulgata è che noi siamo cattivi. Sui social, in strada, persino nelle dichiarazioni (anche molto recenti) di qualche… illuminato ed autorevole giurista. Non aiuta, bisogna dirlo, la politica adottata da più d’un ministro della Giustizia oppure l’insipienza di qualche soggetto capitato, per puro caso, all’apice del nostro settore. Gli Avvocati sono carne da macello, spara addosso al leguleio, dagli all’untore. So bene che, in qualche caso, il dileggio è meritato. Penso ai colleghi (minuscola voluta) che offrono pubblicamente la propria attività (minuscola voluta) gratis o quasi – con ciò, violando il principio di lecita concorrenza – o che, per esempio, incoraggiano azioni nei confronti dei medici che agiscono nell’estrema difficoltà di questi tempi grigi. Ma siamo 250.000 e passa (troppi, troppi)! Per la stragrande maggioranza perbene, coraggiosi, preparati, in buona fede. Penso al sorriso, alla bravura ed alla disponibilità dei Colleghi che vedo quasi ogni giorno (Antonietta, Gianluca, Roberto, Alessio, Elio per fare qualche nome, perché non siamo numeri!) e, più in generale, alla correttezza, alla serietà, al fair play di quelli che incontro sulla mia strada, innanzi alle eccezioni ed alle strenue argomentazioni, alla loro capacità di scorgere la cesura tra la difesa del Cliente ed i rapporti personali. Quanto è difficile, tutto questo! Quanto è difficile e miracoloso comprendere che l’inderogabilità del mandato difensivo ed il rispetto reciproco possano coesistere – anzi, considerare la prima una parte fondamentale del secondo. In definitiva e senza dilungarmi oltre, ecco perché vorrei tanto che questa storia dei 600 euro fosse un pesce d’aprile: perché, qui, bisogna rifondare la Giustizia, non elargire oboli. Perché non esiste alcuna programmazione rispettabile e seria delle vite di centinaia di migliaia di Legali; perché chi deve non adotta riguardo per le loro anime, le loro aspirazioni, le loro famiglie ed ora, di fronte all’ultimo atto di un’emergenza continua, frutto di scelte scellerate e di prassi assurde che solo in minima parte qui sono state citate, non si può più tacere. Perché non c’è merito, cultura, cura. Perché si deve, prima di tutto, riabilitare la professione dell’Avvocato. Perché noi siamo senza futuro e lo eravamo ben prima di questa emergenza mondiale. Il teatro è finito e quest’ultima farsa ha disvelato il trucco. Oggi, primo di aprile, abbiamo patito lo scherzo più atroce. Speriamo sia l’ultimo. Avv. Pasquale D’Aiuto.

 
 
 

"Another Marilyn" di Bianca Fasano

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Napoli. A più di cinquantacinque anni dalla morte Marilyn Monroe, Bianca Fasano riscrive gli ultimi tre giorni di vita dell’attrice, dimostrando l’omisuicidio con l’ebook : “Another Marilyn”. Dedicato. La Monroe nel magma bollente degli anni dei Kennedy. Accademia dei Parmenidei. Un mare di pubblicazioni, sia precedenti al suo inserimento nel “pool” di StreetLib (ha pubblicato con molti editori di prestigio, prima di lanciarsi negli ebook e nei cartacei di StreetLib Write, il tool di authoring che le ha consentito di creare le sue molte nuove pubblicazioni, in libri digitali già validati nei formati: ePub2, ePub3, mobi e PDF divenuti, quindi, anche cartacei.. Dal lavoro cui sta lavorando al momento: “Le grafie dell’amore e dell’odio ed altri metodi di comprensione dell’essere umano”, stanno nascendo delle “spin off”(ricordiamo “Tre interviste impossibili” e “Lo sbobinatore e il piccolo chiller” sulle orme di Ted Bundy), di cui, ultima, questa sua immersione nella vita di una attrice morta da oltre sessantacinque anni, in modo misterioso, che non si è fatta mai dimenticare. Il libro è stato:-“Dedicato a Norma Jean, che non riuscì mai a divenire Marilyn MonroeL’autrice lo descrive:- “Questo mio “singolo” è dedicato ad un personaggio che mi è particolarmente caro: Marilyn Monroe. Un’attrice che è passata nel mondo della celluloide in un lasso di tempo brevissimo, lasciando un profondissimo segno. “- La Fasano aggiunge sul tema:-“E’ stato il periodo del mio “Il tempo degli eroi”, un libro che per me ha significato molto.Tra il 1962 ed il1963 io ero una ragazzina “molto adulta”, che viveva un’epoca in cui i retroscena dei fatti, pur eclatanti, non erano tanto visibili. La grande attrice Marilyn Monroe, con il suo splendido sorriso, muore tragicamente a Los Angeles, il 5 agosto 1962. John Fitzgerald Kennedy pochi mesi dopo: a Dallas, il 22 novembre del 1963. Fa il trio, l’uccisione di Bob Kennedy a Los Angeles il 6 giugno 1968. Se è vero che alle spalle del “suicidio” della Monroe, c’era la volontà dei Kennedy, la morte di quella giovane donna che li aveva amati entrambi, certamente non portò loro fortuna.”- Non si è mai potuto (o voluto), accertare la vera ingerenza del clan Kennedy nella misteriosa morte di una donna “che sapeva troppo”, il cui “libretto rosso di appunti”, fu fatto sparire nella notte tra il quattro ed il cinque agosto del 1962. La Fasano ha fatto più volte comprendere, anche nel passato, di non avere mai creduto al suicidio, avendo trattato l’argomento nel suo “Il tempo degli eroi”, scritto già nel 1997, laddove, per svolgere le sue indagini dovette lavorare su testi in americano o inglese, poco diffusi. Non era il tempo di google, che nasce ufficialmente il 27 settembre 1998. Tornando ad “Another Marilyn, l’autrice precisa di essere partita dallo studio grafologico sulla scrittura di Norma Jean, che l’ha indotta a ritornare sulle ricerche riferite a quello che viene considerato “un suicidio molto sospetto.” Nel suo lavoro attuale, anche con il metodo di una “intervista impossibile”, compone il tassello delle ultime ore dell’attrice americana, inserendovi, come in un puzzle, le parti del passato che spiegano, appunto, quegli ultimi tre giorni di agosto. Ha anche rivisitato l’autopsia effettuata da Thomas Noguchi, uno dei vicecoroner della Contea di Los Angeles che gli fu affidata dal coroner Curphey. Iniziata alle 10.30 del 5 agosto 1962 (della durata di cinque ore.), constatò che la temperatura corporea del corpo fosse di 32° e anche da questo dedusse come la Monroe si fosse suicidata (o fosse stata suicidata), tra le 20 di sabato quattro agosto e le 01 di domenica cinque agosto. Nel suo lavoro Bianca Fasano ha appurato come “mancasse la volontà suicidaria”, mentre invece fosse stato accertato che vi fu un fortuito quando misterioso viavai da e per la villa nel tempo (inspiegabile?), prima che qualcuno si decidesse a chiamare la polizia. Sostiene, anche, che i presenti fossero alla ricerca del già noto “diario rosso”, su cui (per consiglio del suo psichiatra, dott. Ralph Greenson, cui era stata indirizzata dalla sua analista di New York, Marianne Kris), Malilyn appuntava tutto, comprese le sue sensazioni, per di più a scopo terapeutico. Secondo la convinzione di molti, c'erano annotazioni sulle conversazioni con i fratelli Kennedy, sulla Baia dei Porci, Fidel Castro (e il potenziale assassinio di), la Mafia e Jimmy Hoffa. Prendeva appunti su tutto, altresì perché voleva "rimanere informata" su entrambi i fratelli, con cui aveva avuto, in periodi differenti, una storia sentimentale. La ricerca puntuale e precisa della Fasano appare molto forte sotto il profilo psicologico per lo studio a carattere grafologico che l’autrice ha effettuato sulla grafia di quella che lei suggerisce:- “Norma Jeane Baker Mortenson, che non è mai riuscita a diventare Marilyn Monroe”. Angelo Buonarroti.

 
 
 

LA BAMBINA CHE LEGGEVA.

Post n°33 pubblicato il 02 Dicembre 2019 da cupidobruno
 
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“QUANDO SI AMA, SE SI AMA DAVVERO SI DOVREBBE CONTINUARE AD AMARE, ANCHE SE SI SCOPRE CHE L’ESSERE AMATO È DIFFERENTE DA CIÒ CHE SI CREDEVA.”-

Racconto di Bianca Fasano.

Michela aveva tanti anni e la sua memoria faticava ad andare molto indietro nel tempo, all’età dell’infanzia. Pure, quando si trattava di ricordare le ore trascorse a casa della nonna Michela, il ricordo esplodeva con lampi e bagliori, facendole rivivere tanti momenti trascorsi in quei luoghi. Non perché fossero stati particolarmente, felici: anzi. In effetti, per lei bambina non lo erano stati. I genitori, che all’epoca dovevano essere piuttosto giovani, vi si recavano per giocare a carte (briscola? Tressette? Poker? Non lo sapeva), con gli zii Andreina e Roberto e con i nonni. Non le riusciva di fissare in immagini che un vago sentore di sigarette (qualcuno fumava), la luce che batteva, tonda, su di un tavolo, l’ombra intorno ad essa e i giocatori silenziosi ed attenti. Intanto la casa era attorno a lei, di circa cinque anni. Che cosa può attirare una bimba di quell’età? Forse voi, passato quel tempo, avete perso il ricordo delle sensazioni misteriose, mistiche, leggendarie, magiche, che si possono provare da piccoli. In un mondo dove è ancora permesso l’ingresso alla Befana, a Babbo Natale e a tanti altri esseri fantastici, una casa antica come quella dei nonni poteva rappresentare un maniero. Così, la Michelina, crescendo, di sera in sera, pur protestando di avere sonno (andava da un genitore all’altro per dirlo e veniva rimandata come una palla dall’uno all’altro con un: - “Chiedi a papà, chiedi a mamma”-), finiva per andare in esplorazione. Di cose, da ogni parte, sia nel buio delle stanze vuote che alla luce di modiche lampadine giallastre, ve ne erano. Tra le tante cose che l’appassionavano c’era un autopiano che suonava da solo. Quando si fece un po’ più grande le spiegarono che c’erano, all’interno, dei rulli traforati (glieli fecero anche vedere), che inviavano i comandi alla tastiera del pianoforte e in tal modo venivano eseguiti in automaticamente le musiche che il tracciato traforato conteneva. Tuttavia continuò a sembrarle tutto un po’ misterioso. Sapeva che in quelle stanze antiche la mamma aveva conosciuto il papà, che abitava qualche piano più sotto, figlio di medico ed orfano di padre. Che il papà aveva un enorme ciuffo di capelli neri e lei lo chiamava “ala di corvo”. Tutto ciò sorprendeva un pochino Michelina più adulta, visto che suo padre, al momento, di capelli ne aveva davvero pochi. Ciò non toglieva che (si vedeva benissimo), per la mamma il suo innamorato restava sempre bellissimo. Il giovinotto con cui aveva ballato al suono, appunto, della pianola magica. Lei, da piccola, aveva un amore fra quelle mura: si trattava di una bambina di bronzo che leggeva da un grosso libro, non raggiungibile dalle sue mani, al culmine di un piedistallo in legno bruno ritorto, che si trovava nell’angolo buio del soggiorno. -“Mamma, chi è quella bambina?”- -“Non lo so.”- -“Cosa sta facendo?”- -“Non vedi? Legge!”- -“Cosa legge così attentamente?”- -“Non lo so, Michela. Forse un libro di scuola, oppure un libro di favole. Non si capisce.”- -“E’ una cosa bella leggere?”- -“Sì, molto bella. “- -“Potrò leggere anch’io un giorno?”- -“Certo: a breve andrai a scuola ed apprenderai a leggere. “- -“Libri, come quella bambina?”- -“Tutto ciò che vorrai leggere. “- -“Anche quello che legge lei? Sembra così interessata! Deve essere proprio bello!”- A questo punto, però la madre, perdeva la pazienza. Aveva tentato di farle capire che non sapeva cosa leggesse quella bimba, però lei si ostinava a credere che in qualche modo si potesse scoprire. Così, incantata, restava dieci minuti, a volte (un’eternità per una bambina di circa cinque anni), a fissare dal basso, la bella bimba con i riccioli ed il volto color oro bronzato, che si appoggiava alla manina destra, grassottella, tenendo con la sinistra il libro aperto su cui fissava lo sguardo. Gli anni volarono. Lei crebbe. Imparò a leggere e a scrivere. A otto anni scriveva poesie sul suo quaderno “a righi” con la copertina nera. Più in là prese a leggere tutto ciò che le capitava a tiro. Morì la nonna, si ammalò il nonno, le serate di gioco terminarono e capitò sempre più raramente che lei posasse lo sguardo sul volto di bimba studiosa. Le restò nell’animo, silenziosa immagine, anche quando proprio tutto quel mondo venne spazzato via dal cambiamento di casa della zia, che vendette la pianola, però dovette portare con sé la bambina di bronzo, benché lei, per anni, non ebbe modo più di vederla: forse era in qualcuno degli armadi della nuova casa senza ricordi. Anche quella casa venne abbandonata (venduta), morto lo zio, la zia andò ad abitare, sola ed anziana, in un altro appartamento dove la bimba in bronzo ricomparve, si direbbe all’improvviso, sul suo solito piedistallo in legno scuro. La ritrovò come si ritrova un pezzo di se stessa, però neanche ne parlò con la zia. Ancora anni che fuggono, tempi veloci trascorsi lontano dalla sua terra d’origine, marito, figli, cose belle accadute e cose meno belle. Da fanciulla, era divenuta donna, aveva conosciuto l’amore che, purtroppo, l’aveva dapprima illusa, poi anche delusa, come spesso accade. Tempo dopo ritornò alla sua città e riprese a vedere la zia e la sua casa e la bimba, che, sul suo piedistallo, continuava la sua eterna lettura. Desiderata? Sì, doveva ammetterlo: quella statua in bronzo della bambina l’aveva sempre desiderata. Avrebbe voluto farla sua, anche se non l’aveva mai chiesta. Infine la zia era morta. C’era stata una divisione ereditaria dei beni più rilevanti e perfino una giornata memorabile (per la riunione di molti dei nipoti, anche lontani), in cui si era deciso di dividere gli oggetti della casa, perché ognuno portasse con sé un ricordo. Non si trattava di cose davvero importanti: vasi, bronzetti di varie misure, oggetti di vario tipo. Con molta semplicità si era dato un numero a quelle suppellettili, applicandoli su di esse, dividendole approssimativamente per valore, grandezza, estetica, utilità. C’erano (quasi) tutti loro, quelli che potevano essere considerati “gli eredi”. Fu una specie di tombola e ciascuno scelse un numero, poi due, poi tre, finché in concreto, pressoché tutti gli oggetti di casa trovarono un “nuovo padrone”. Alla fine della giornata, affettuosa, familiare, Michela si rese conto che non le era toccata in sorte la bambina di bronzo. Pensò fosse destino. Però, fatto strano, chi l’aveva guadagnata in sorte non l’aveva portata con sé. Restò stupita. La vide lì, abbandonata sul tavolo, col suo numero attaccato alla base, che continuava, comunque, a leggere il suo libro, con il bel volto appoggiato alla mano. Le si avvicinò incuriosita nel vederla così vicina e, finalmente, a portata di mano. La sollevò: leggera, la vide nell’interno:candida, come un’anima fanciulla. La bambina di bronzo era di gesso. Comprese perché non l’avessero presa: cosa vale una bambina di gesso? Le carezzò il volto leggermente e capì come fosse stato il suo zio artista a renderla del colore del bronzo. Si spiegò perché non avesse una base in marmo. Tuttavia, questo non diminuì il suo amore per lei. Non importava quanto valesse. Così restò un po’ a pensare a sua madre, che aveva sposato ala di corvo ed aveva amato il suo uomo senza capelli. Evidentemente per lei non contavano, davvero, così come non contava per lei, Michelina, che la bambina non fosse di solido bronzo, Forse l’amore dovrebbe essere questo. Restare inalterato nel tempo, anche quando l’essere che amiamo si rivela di una sostanza differente da quella che ci aveva fatto innamorare. Forse, dovrebbe essere così. Bianca Fasano

 
 
 

La giornalista Bianca Fasano si diploma in criminologia

Post n°32 pubblicato il 20 Luglio 2013 da cupidobruno
 
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La giornalista Bianca Fasano si diploma in criminologia.

 

Brillante affermazione della scrittrice e giornalista Bianca Fasano, sociologa, che ha conseguito, iscrivendosi al corso di formazione in criminologia :"Il contributo dell'interdisciplinarità nell'analisi dei fenomeni criminali",il diploma di competenza in criminologia, presentando la relazione finale in grafologia dal titolo “Dove cerca il grafologo”, con il massimo dei voti e la lode.  Il corso, realizzato dalla Associazione Interdisciplinare di Psicologia e Diritto, “PSICOGIURIDICO”, si è svolto In collaborazione con: Polibio - Centro Studi Giuridico e col Patrocinio di “CralAvvocati”, “Andip - Associazione Nazionale Difesa Privacy”, “Foro News” ed è stato destinato a quanti, con i presupposti previsti dalla legge sotto il profilo degli studi pregressi,intendessero specializzarsi in Criminologia, avendo come obiettivi quelli di fornire le conoscenze specifiche della criminologia, del diritto, della psicologia, della medicina legale e delle tecniche d’indagine, evidenziando

l’importanza dell’interdisciplinarità tra le materie. Al termine i partecipanti sono stati posti in grado di leggere ed interpretare i diversi aspetti della devianza e di

comprendere le evoluzioni della criminalità come fenomeno individuale ed associativo. Gli sbocchi professionali: Consulente esperto presso il settore penitenziario (Art. 80 Ord. Pen.); Esperto presso il Tribunale di Sorveglianza; Esperto presso il Tribunale per i Minorenni (Art. 9 D.P.R. 22.9.98, N. 448); Componente privato del Tribunale per i Minorenni (Art. 2 R.D.L. 20

Esperto dei centri per la Giustizia Minorile (Art. 8 D.L. 28.8.89, n. 272); Collaboratore ausiliario della Polizia Giudiziari comma C.P.P.); Consulente libero professionista.

Le motivazioni che hanno spinto la prof.ssa Bianca Fasano a parteciparvi sono prima di tutto di origine culturale, essendo stata ella stessa coinvolta, come giornalista (lavorando in numerose testate giornalistiche), nei fatti di cronaca nera. Oltre a tutto, come ci ha spiegato, lei ritiene sia un dovere insindacabile di chi tratta argomenti di differente struttura cognitiva quello di allargare al massimo il potenziale delle proprie conoscenza, attraverso il lifelong learning, nei vari campi che riguardano il giornalismo oggi. Aggiunge che ama anche scrivere thriller, per cui è suo parere che la conoscenza reale di quanto appartiene al vasto settore sotto cui vengono racchiuse le specializzazioni afferenti al termine “Criminologia”, le potranno risultare utili, sia per l’ambito del lavoro di scrittrice che quello giornalistico. Non esclude, in futuro, la possibilità di esprimere il proprio parere in trasmissioni televisive che trattino argomenti correlati, cui in passato, invitata, ha ritenuto di non partecipare, non percependosi come abbastanza preparata nel merito. Occorre rimarcare che il corso attestante la competenza in criminologia, vede la presenza in aula di numerose personalità attinenti alle varie lezioni proposte ed a disposizione degli allievi del corso stesso, tra cui: Dott. Michele Iaselli - V. Dirigente Ministero Difesa - Presidente Ass. Nazionale Difesa Privacy - Docente a contratto c/o Università Federico II° e Luiss; Dott. Antonio Varriale - Medico incaricato carcere di Poggioreale - Medico Sias carcere di S. Maria Capua Vetere - Già Medico Ser.t. Cp Secondigliano; Dott. Raffaele Luciano - Esperto in criminologia clinica e psicopatologia forense.

Dott. Francesco Di Ruberto - Primo Dirigente della Polizia di Stato - Questore Vicario di Lucca - Già Capo Sezione Omicidi;

Dott. Gabriele Scialdone - Psicologo - Esperto in Psicodiagnostica - Socio Rorschach International Society; Dott. Valentina Desiderio - Psicologa - Psicoterapeuta - Esperta in Psicodiagnostica - Già Docente a contr. sec. Università;

Avv. Marcella Bucciero - Avvocato Penalista - Specializzata in diritto e procedura penale - Foro di Napoli;

Dott. Amalia Carrano - Consulente Grafologo - Perito Grafico - Consulente in ambito clinico (psicologico e psichiatrico);

Dott. Vincenzo Esposito - Medico Legale - C.T.U. del Tribunale di Napoli e della Procura Militare della Repubblica di Napoli; Materie di studio:Tecniche d’indagine tradizionali; Le indagini tecnico-scientifiche: prospettive e limiti, con Esercitazione; Criminologia e criminalistica: aspetti generali; Elementi di diritto e procedura penale; L’utilizzo dei test di personalità in ambito forense: test di Rorscharch e test grafici; Grafologia clinica; Serial killer: analisi degli omicidi seriali, con successiva esercitazione “ criminal profiling”; Elementi di diritto penitenziario; Il servizio nuovi giunti e le conseguenze psicologiche della detenzione carceraria; Grafologia peritale e Consulenza tecnica d’ufficio e di parte: definizioni e ambiti. In un mondo come quello attuale, laddove la cronaca si veste troppo spesso di nero ed i giornalisti si occupano sovente di problematiche relative al campo della giustizia (non sempre realmente preparati in merito), appare quanto meno giustificata la conoscenza in ambito criminologico che ha voluto acquisire.

P. D.

 

 

 

 

 
 
 

Mediatore civile: un nuovo lavoro.

Post n°31 pubblicato il 08 Dicembre 2011 da cupidobruno
 
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Martedì 13 dicembre 2011, dalle ore 16:00 alle ore 19:00, presso il Palazzo di Giustizia di Salerno, Aula “M. Parrilli”, L’Associazione “Giorgio Ambrosoli Salerno – A.G.A.S.”,  con il patrocinio dell’Ordine degli avvocati di Salerno, terrà l’atteso incontro sul tema: “Mediazione Civile: Ratio, Applicazione e questioni di costituzionalità”, nell’ambito del quale saranno presentate, nell’ottica della materia trattata, le pubblicazioni “Il patto di famiglia” – “I contratti” – “I diritti reali” (ed. I libri della Leda, 2011) a cura di Angela Mendola, Cristina De Rose e Daniela Mendola.

Moderatore della serata sarà l’Avv. Pasquale D’Aiuto Professionista iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Salerno.Co-Fondatore e Segretario dell’Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno.

Dopo i saluti delle autorità intervenute, seguirà l’introduzione e la presentazione al tema dell’Avv. Cristina De Rose,  Professionista iscritta presso l’Ordine degli Avvocati di Cosenza e responsabile scientifico di “Concilia qui S.r.l.”. Farnno seguito le brillanti argomentazioni delle Dott.sse Angela Mendola, conciliatore specializzato e Daniela Mendola, conciliatore specializzato.

Molto attesi gli interventi dell’Avv. Prof. Marco Marinaro Professionista iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Salerno; docente universitario a contratto; arbitro della Camera di conciliazione ed arbitrato presso la Consob; mediatore professionista e del Dott. Mario Pagano Giudice presso il Tribunale civile di Salerno.

Viene denominata mediazione, l’attività, comunque definita, svolta da un terzo imparziale e indirizzata ad assistere due o più soggetti, sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d. mediazione compositiva), che nella enunciazione di una proposta per la deliberazione della controversia (c.d. mediazione propositiva). La mediazione è il dispositivo per addivenire alla conciliazione ed allo scopo di giungere a ciò, vi è il supporto degli organismi, ovvero enti pubblici o privati, abilitati a svolgere il procedimento di mediazione (senza l’autorità per imporre una soluzione), iscritti in un registro istituito con decreto del Ministro della Giustizia. La mediazione civile si assume il compito di deflazionare il sistema giudiziario italiano rispetto al sovraccaricato degli arretrati essendo questi a rischio di accumulare nuovi ritardi. E' con la finalità di evitare tali avvenimenti che ha preso vita il nuovo istituto della mediazione civile e commerciale, approvato con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Gazzetta Ufficiale 5 marzo 2010, n. 53) attuativo della riforma del processo civile (Legge 69/2009). trattasi di una innovazione che, quando giungerà a regime,  sarà indirizzata a trasformare la mappatura del processo civile. Allo scopo di portare lumi a questo importante argomento L’A.G.A.S. – Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno, pone all’attenzione del pubblico interessato alcune pubblicazioni inerenti l’argomento e le relazioni illustrative specifiche di autorità della materia.  Info: Avv. Pasquale D’Aiuto – pasqualedaiuto@hotmail.com

www.associazionegiorgioambrosolisalerno.it

La partecipazione all’incontro attribuirà n. 3 crediti formativi per gli Avvocati

 

 

 
 
 
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