Dietrofront dei consi-glieri alleati del Carroccio: rinviata in commissione la proposta di legge per indire un referendum consultivo
di Andrea Accorsi
L’inciucio dei palazzi romani rimanda la resa dei conti sull’indipendenza del Veneto. Il Consiglio regionale ha discusso ieri la proposta di legge per indire un referendum consultivo che misuri la volontà dei veneti di costituirsi in Stato autonomo e sovrano. La Lega Nord e i sostenitori del referendum speravano di arrivare a votare la proposta, ma in serata questa è stata rinviata in commissione.
Decisivo in questa direzione il voto dei consiglieri del Pdl (con l’unica eccezione di Remo Sernagiotto), che si sono uniti a quelli di Pd, Idv e Udc. Risultato: il provvedimento è stato rinviato in commissione con 29 voti favorevoli, 25 contrari e 1 astenuto. E sì che l’ex presidente della Regione Giancarlo Galan aveva spronato con un tweet i colleghi del Pdl in Consiglio «ad avere più coraggio e votare il referendum».
«Ecco dimostrato quanto conta Galan nel Pdl» commenta con amarezza un consigliere leghista. Deluso anche il Governatore Luca Zaia, per il quale comunque la partita è tutt’altro che conclusa. In apertura di dibattito dell’assemblea regionale, Zaia ha addirittura indicato come data utile per indire il referendum le prossime elezioni europee, nel 2014, sottolineando come «i presupposti per votarlo ci sono tutti: la convinzione, la volontà popolare e la legittimità giuridica».
Il Governatore del Veneto aveva poi invitato i consiglieri a non rinviare il voto, ricordando che «il parere non è vincolante e non è nemmeno definitivo». Il voto, infatti, si riferiva alla possibilità di indire il referendum, non di celebrarlo: per questo, ha spiegato Zaia, «non impegna nessun consigliere, non è prodromo neppure ad un eventuale scioglimento dell’assemblea o della giunta, come qualcuno teme. Ma impedire l’autodeterminazione - ha proseguito - è come impedire la libertà del singolo, e questa è invece la sublimazione della democrazia». E a una domanda dei giornalisti sulle fibrillazioni del governo centrale, Zaia ha risposto: «Il governo dovrebbe essere in fibrillazione perché il Veneto sta per votare una proposta di referendum per l’indipendenza. Penso che questo sia il vero dato concreto e politico, quello di un territorio che non ce la fa più».
Ma a Palazzo Ferro-Fini sembrano essersi ricostituite le larghe intese che sostengono il governo romano. L’opposizione al referendum non è una novità a sinistra: ancora ieri il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Lucio Tiozzo, si era detto contrario a ulteriori rinvii del voto sul progetto di legge per l’indizione del referendum, precisando: «Chiaramente esprimeremo il nostro voto contrario». La sorpresa è arrivata dagli alleati del Carroccio, ovvero dal Pdl: ancora in mattinata molti consiglieri si erano detti favorevoli al referendum, salvo poi mutare parere dopo una riunione del gruppo. Il timore, per i fautori dell’indipendenza, è che in commissione salti fuori qualche appiglio legislativo che impedisca alla proposta di legge di approdare in Consiglio.
«Noi votiamo per l’indipendenza» hanno sgomberato ogni dubbio i consiglieri del Carroccio con uno striscione esposto sulla facciata di Palazzo Ferro Fini. «La Lega non può che confermare quanto porta avanti da sempre - spiegano Federico Caner e Paolo Tosato, capogruppo e vicecapogruppo del Carroccio -. La scelta peggiore non è che qualche partito voti contro il referendum, ma che il testo sia rinviato in commissione. I cittadini ci chiedono di decidere, la democrazia ce lo chiede. Per quanto ci riguarda, noi siamo per l’autodeterminazione dei popoli e vogliamo l’indizione di questo referendum consultivo, che peraltro riteniamo legittimo perché ad ammetterlo è il diritto internazionale cui si rifà l’ordinamento giuridico italiano secondo l’art.10 della Costituzione». Mentre l’assessore Franco Manzato ricorda che al Consiglio regionale si chiedeva di esprimere «un indirizzo politico, non giuridico. I dubbi espressi da alcuni consiglieri sulla legittimità costituzionale sono fuori luogo. Ad ogni modo - conclude Manzato - l’identità di un popolo non verrà meno con questi atti formali».
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«TRADITORI, VERGOGNA»
La rabbia del popolo per lo sgarro a San Marco
di A. A.
Arrabbiati, ma tutt’altro che rassegnati. Il voltafaccia dei partiti romani alla volontà popolare non affossa le speranze degli attivisti di Indipendenza Veneta e Plebiscito 2013 che ieri si attendevano ben altro pronunciamento del Consiglio regionale.
Il rinvio del referendum per l’indipendenza del Veneto è stato accolto con fischi e urla dai manifestanti, che sotto le bandiere del Leone di San Marco avevano accompagnato e commentato con applausi e slogan l’intero svolgimento del dibattito dall’altra sponda del Canal Grande e nello spazio di Palazzo Ferro-Fini riservato al pubblico. «Vergogna», «buffoni», «traditori» le espressioni più ricorrenti scandite al termine dell’assemblea.
Ben visibile dal piazzale della Salute, dove i manifestanti si sono concentrati dopo aver sfilato a centinaia nelle calli dalla stazione di Santa Lucia, lo striscione esposto dai consigliere della Lega Nord. Fra i manifestanti anche Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato.
«Il Consiglio regionale - aveva premesso Bitonci - inizia la discussione per decidere se i veneti avranno diritto o meno a un plebiscito per l’indipendenza e l’autodeterminazione come in Scozia o come vorrebbero anche i catalani. La Lega Nord voterà compatta insieme alle altre componenti autonomiste, l’ostacolo potrebbe arrivare da tutti quei partiti nazionali che non accettano che un popolo che ha una propria lingua, cultura e tradizione millenaria possa decidere del proprio futuro». Visto come sono andate le cose, il capogruppo si è rivelato buon profeta. Ma non per questo getta la spugna. Anzi.
«La Lega Nord al Senato - ha annunciato Bitonci - ha presentato un disegno di legge costituzionale per riconoscere al popolo veneto il diritto all’autodeterminazione. Un passaggio che riteniamo obbligato ancor più dopo la massiccia presenza alla marcia che c’è stata a Venezia per chiedere il referendum».
«Nella nostra proposta - prosegue il capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama - prevediamo che le norme siano stabilite con una legge del Consiglio regionale veneto non sottoposta a nessun controllo da parte dello Stato, neanche in sede di Corte Costituzionale. Il popolo veneto è una realtà storica millenaria, viva e attuale già giuridicamente organizzata in modo sovrano, in un preciso ambito territoriale ove ancor oggi si parla la stessa lingua, si valorizzano le stesse tradizioni, le stesse abitudini collettive, si difendono gli alti valori della comunità familiare, della nazione, dell’attaccamento al lavoro e alla solidarietà, della legalità e della giustizia nella libertà. L'autodeterminazione dei popoli è un diritto da difendere e a volte, come per il Veneto, una necessità. Vorrei solo ricordare - conclude Bitonci - che anche Papa Giovanni Paolo II nel suo discorso per i cinquant’anni dell’Onu difese questo diritto come massima espressione di libertà e rispetto nei confronti dei popoli, della loro storia e cultura».
In occasione del voto di ieri i deputati veneti della Lega Nord Matteo Bragantini, Emanuele Prataviera, Roberto Caon, Filippo Busin e Marco Marcolin hanno indossato alla Camera una maglietta con il leone di San Marco.
dalla "Padania" del 18.9.13
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