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Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

I NOSTRI LIBRI

- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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I LIBRI DI DANIELA

- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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Post n°1744 pubblicato il 23 Settembre 2014 da accorsiferro
 

Oneto: «L’esito del voto in Scozia era del tutto prevedibile considerata la potenza di fuoco mediatica della controparte. La strada da seguire resta quella democratica della creazione del consenso»

di Andrea Accorsi

Gilberto Oneto, come giudica l’esito del voto in Scozia? Era prevedibile?

«Un famoso libro (Il Libretto rosso di Mao Tse-tung, nda) ci ricorda che “la rivoluzione non è un pranzo di gala”. Neppure la secessione è un the con i pasticcini. Insomma non è roba facile, e trovare quasi la metà dei membri di una comunità che prende una decisione del genere senza la sollecitazione di qualche evento drammatico è miracoloso. Quindi, per quanto doloroso, si deve dire che sì, la cosa era del tutto prevedibile e probabile. Secondo la Legge di Murphy, se una cosa potrebbe andare storta, andrà storta. Se poi è anche difficile che vada diritta...».

Perché ha perso il sì?

«Per tutto quello che si è detto, cui si deve aggiungere la potenza di fuoco mediatica degli avversari, che si sono attaccati a tutto, senza escludere menzogne, minacce e ricatti. Staccarsi (proprio come divorziare) è una scelta psicologicamente difficile e non tutti hanno il coraggio e il vigore di farlo. In questo senso è illuminante la differenza antropologica tra i sostenitori delle due fazioni: da una parte gente tranquilla, timorosa e mediamente più anziana; dall’altra tipi baldanzosi, giovani ed entusiasti. I fautori del no hanno fatto qualche sobria festicciola: pensiamo a quale allegra baldoria avrebbe scatenato la vittoria dei sì. Insomma, ci vuole coraggio e non tutti ce l’hanno. Vengono in mente le parole di Braveheart: “Agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui sul campo, ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà?”».

Che cosa cambia ora nel cammino verso l’autodeterminazione dei popoli?

«La cosa ci toglie un po’ di facile entusiasmo, ma ribadisce che quella della libertà non può che essere una strada democratica e civile da perseguire tramite l’acquisizione del consenso della gente. Ora la Scozia è comunque più libera e - nessuna paura! - l’appetito viene mangiando, e la libertà è un delizioso manicaretto».

Il voto scozzese rafforza l’Europa?

«Questa Europa di burocrati, banchieri, statalisti, parassiti e massoni non può andare lontano perché verrà soffocata dagli escrementi che essa stessa produce: miseria, insicurezza, instabilità, ingiustizie... Prima del voto scozzese, Cameron aveva tuonato che la secessione sarebbe stata per sempre. Un po’ rincuorato, dopo il voto ha detto che anche l’unione sarà per sempre, ma sa benissimo che non è vero: ha solo rimandato il problema di qualche tempo. Se l’Europa avesse la dignità morale e culturale di un grande impero, saprebbe accogliere tutti i suoi popoli liberi. Ma è solo una prigione, e nessuna prigione resta in piedi per troppo tempo».

Quali prospettive si aprono per il prossimo voto in Catalogna e per le Regioni padane che aspirano all’indipendenza?

«Tutti devono capire che la libertà si ottiene solo convincendo la gente che “si può fare”, che l’indipendenza è comunque un vantaggio, moltiplicato dai fattori economici, dallo sfruttamento fiscale e dall’oppressione culturale. In Catalogna l’hanno capito da tempo e vanno diritti per questa strada. Che cosa succederà? Vedremo. Noi padani abbiamo perso tempo, abbiamo cambiato obiettivi, ci siamo divisi in conventicole litigiose. E, soprattutto, non abbiamo tenacemente battuto la strada della creazione del consenso mediante la diffusione di idee e di informazione. Prendiamo esempio dagli altri: abbiamo argomenti anche più concreti. Soprattutto abbiamo un avversario più subdolo e rodomontesco, ma sgangherato».

dalla Padania del 21.9.14

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