Un po' di noi...

Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

I NOSTRI LIBRI

- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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I LIBRI DI DANIELA

- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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MILÀN COL CAPÈLL IN MAN

Post n°1784 pubblicato il 31 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Deprimente rapporto dei centri di ascolto Caritas della Diocesi: nella capitale economica sempre più poveri e disoccupati

di Andrea Accorsi

Povera Milano. Nella capitale economica del Paese sono sempre di più i cittadini che chiedono aiuto ai centri di ascolto della Caritas per problemi economici e di sussistenza. Dal 2008, inizio della crisi economica, al 2013 sono aumentati in media del 4 per cento all’anno e sull’intero periodo del 23,5%.
I dati sono contenuti nel 13° Rapporto sulle povertà nella Diocesi di Milano. Il rapporto riunisce i dati raccolti nel 2013 da un campione di 58 centri di ascolto della Diocesi a cui si sono rivolte lo scorso anno, almeno per una volta, 15.603 persone (5,8% rispetto al 2012). Se prima della crisi del 2008 gli italiani richiedenti aiuto erano un quarto degli utenti, nel 2013 sono diventati un terzo. È dunque in calo il numero di stranieri che si rivolgono ai centri di ascolto, pari al 68,4% del totale. In particolare sono diminuite le donne immigrate, che faticano a trovare lavoro nell’assistenza familiare e domestica.
Il 57,9% delle persone che si sono rivolte ai centri e ai servizi Caritas della Diocesi di Milano lo hanno fatto per segnalare bisogni legati all’occupazione, il 53% al reddito e il 14,9% all’abitazione. Dal 2008 al 2013 il bisogno di reddito ha fatto registrare un tasso di incremento medio annuo del +5,2%. Non riuscendo a trovare un nuovo impiego, le persone si rivolgono alla Caritas per un aiuto nell’affrontare le spese come bollette e affitti.
In cinque anni il numero di chi ha chiesto sussidi economici è più che raddoppiato, da 1.099 persone a 2.566. del 2013. «È un elemento significativo, connesso all’aumento di problemi di reddito» spiega Elisabetta Larovere, responsabile dell’Osservatorio povertà e risorse della Caritas Ambrosiana. Per il direttore della Caritas ambrosiana, don Roberto Davanzo, «assistiamo ad un incancrenimento dello stato di bisogno delle famiglie, nel senso che le famiglie in difficoltà non ne vengono fuori velocemente come succedeva negli anni passati».
Per quanto riguarda il lavoro, secondo il rapporto chi lo ha perso non lo ha ritrovato: dal 2008 al 2013 la presenza dei disoccupati di lungo periodo (chi ha perso il lavoro da più di un anno) è aumentata del 74,4% per cento. Nello stesso arco di tempo sono aumentati del 44,8% gli assistiti di lungo corso, persone che non riescono a uscire dal circuito di assistenza.
La fascia d’età più a rischio di povertà cronica è quella tra i 55 e i 65 anni, ovvero di coloro che sono ancora giovani per prendere una pensione e meno favorite per trovare un nuovo lavoro. Di fatto, “esodati a vita”. Sebbene rappresentino ancora l’11% del totale, hanno fatto registrare l’aumento maggiore dal 2008 al 2013 con un +29,3%.
In aumento, anche, le richieste di beni materiali e servizi, dal 36,2 per cento del 2012 al 37,4% del 2013 e soprattutto di sostegno personale, dal 6,2% al 28,2%. Un dato in controtendenza, invece, le richieste concernenti il lavoro, che passano dal 47 al 42,2%: prevalgono sentimenti di sfiducia, rassegnazione e frustrazione che portano chi versa in condizioni di indigenza a smettere di cercare lavoro.
«I centri servizi Caritas non ce la fanno a rispondere a tutte le richieste e il mercato non è in grado di assorbire le eccedenze di disoccupazione - sottolinea Larovere -. Quindi tentano di sostenere gli utenti con aiuti materiali che, in genere, sono collocati all’interno di progetti di accompagnamento».
Il rapporto non lascia spazio ad equivoci. Sei anni consecutivi di crisi economica stanno sfibrando il tessuto sociale del Paese, con buona pace delle politiche adottate dai governi. Questa Italia rischia di far diventare cronica la povertà anche per fasce d’età ritenute intoccabili. Sempre più cittadini sono nella spirale della disoccupazione e il sistema non riassorbe lavoratori.

dalla Padania del 31.10.14

 
 
 

Patto Stato-mafia, maxi-trasferta per interrogare NAPOLITANO

Post n°1783 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Sala del Quirinale trasformata in un’aula di giustizia per un giorno alla presenza di quaranta fra magistrati, avvocati e accompagnatori vari. Salvini: «Un enorme spreco di tempo e denaro». E il Codacons chiede il conto per la collettività

di Andrea Accorsi

Per una mattina la sala del Bronzino, al Quirinale, si è trasformata in un’aula di giustizia. È durata circa tre ore e mezza, comprensive di una breve pausa, la deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia intavolata dopo la stagione stragista messa in atto da Cosa nostra nel 1993.
Per interrogare Napolitano sono saliti sul Colle «in quaranta fra magistrati, avvocati e compagnia» rileva Matteo Salvini, che commenta: «Solo a me pare una follia, un enorme spreco di tempo e denaro?». A condividere le perplessità del Segretario federale è il Codacons, che chiede di conoscere i costi sostenuti dalla collettività per la singolare trasferta. Che, comunque la si voglia vedere, segna una pagina nera per le nostre massime istituzioni nazionali, anche agli occhi del mondo.
I magistrati giunti a Roma per ascoltare il Capo dello Stato, che all’epoca dei fatti era presidente della Camera, sono il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene. Fra gli avvocati delle sette parti civili e dei dieci imputati (non ammessi dalla Corte a partecipare direttamente o in videoconferenza alla testimonianza del Capo dello Stato) ha varcato la soglia del Quirinale anche Luca Cianferoni, legale del “boss dei boss” Totò Riina. Una quarantina le domande dei magistrati per il presidente della Repubblica.
Napolitano «ci ha dato un importante contributo per la ricerca della verità. Siamo molto, molto soddisfatti - ha raccontato Teresi uscendo dal Quirinale -. Abbiamo incassato un risultato straordinario dal punto di vista processuale perché Napolitano ha detto che subito dopo le stragi di Roma, Firenze e Milano del ’93 tutte le più alte istituzioni, dal presidente della Repubblica al presidente del Consiglio hanno capito che era la prosecuzione del piano stragista di Cosa nostra che tendeva a ottenere un aut aut: o si ottenevano benefici di natura penitenziaria per l’organizzazione, o ci sarebbero state finalità destabilizzanti. Questo per noi è il cuore del processo. E questo è arrivato dalla viva voce del Capo dello Stato».
Il procuratore aggiunto di Palermo ha poi detto che «abbiamo potuto porre tutte le domande previste e il Capo dello Stato non si è mai opposto. Non si è mai sottratto ad alcuna domanda». E alla domanda se i magistrati siano pentiti di avere chiamato a deporre il Capo dello Stato, dopo le polemiche dei giorni scorsi, Teresi ha replicato: «Al contrario, siamo convinti che la testimonianza ci abbia dato ragione sulla necessità di sentirlo. Lo abbiamo sentito su fatti importantissimi a cui solo lui poteva rispondere».
L’avvocato Ettore Barcellona, che rappresenta il centro Pio La Torre, ha sottolineato come nel corso dell’audizione «non si è mai usato il termine “trattativa” e nessuno ha fatto domande specifiche su di essa». Secondo quanto riferito dall’avvocato Giovanni Airò Farulla, legale del Comune di Palermo, il presidente «ha riferito di non aver mai saputo niente, all’epoca dei fatti, di un accordo» tra apparati dello Stato e Cosa nostra per fermare le stragi mafiose. Per il legale il Capo dello Stato «ha risposto ma non a tutte le domande».
Rispondendo all’avvocato Massimo Krogh, che con Nicoletta Piergentili difende l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino (del quale non si sarebbe mai parlato ieri), Napolitano ha affermato che il «vivo timore» di essere usato come «utile scriba per indicibili accordi» tra l’89 e il ’93 espresso dall’ex consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio «era una mera ipotesi priva di basi oggettive». D’Ambrosio si era confidato in quei termini in una lettera scritta al Capo dello Stato il 18 luglio 2012, poco prima della sua morte. Proprio su questo i pm Di Matteo, Tartaglia e Del Bene hanno voluto sentire Napolitano: se e cosa venne a sapere delle preoccupazioni del suo consigliere giuridico, ma soprattutto di quegli «indicibili accordi» cui D’Ambrosio faceva riferimento.
Per l’avvocato di Riina, Cianferoni, Napolitano durante l’udienza «è stato un po’ “difeso” dalla Corte. Il dibattimento - ha aggiunto - è stato gestito in maniera molto cauta. L’udienza a mio avviso è stata interessante al 51 per cento. La mia idea? Se resta viva un po’ di gente - ha rimarcato il legale del superboss - questa vicenda del ’93 alla fine darà molte sorprese...».

dalla "Padania" del 29.10.14

 
 
 

«Una valanga di tasse e tagli a senso unico»

Post n°1782 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

L'assessore lombardo Garavaglia: ecco la verità sulla tabella allegata alla Legge di stabilità, Renzi non sa di cosa parla

di A. A.

Sacrifici solo per gli Enti locali e nessun taglio dei ministeri. Ma anche una valanga di nuove tasse in arrivo nei prossimi anni. È quanto evidenzia l’assessore all’Economia e Bilancio della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia (nella foto) dall’esame dell’allegato alla Legge di Stabilità.
Secondo Garavaglia, che è anche coordinatore degli assessori al Bilancio in Conferenza delle Regioni, «dalla tabella allegata alla Legge di stabilità che riporta le coperture finanziarie, risulta chiaro come Renzi non sappia di che cosa stia parlando. Mentre finora ha raccontato di manovra espansiva coperta da tagli di spesa, noi semplicemente leggiamo questo: i 31 miliardi di spesa aggiuntiva del 2015 sono coperti per 5,7 miliardi da riduzione di spesa, tutta in capo agli Enti locali (4 miliardi le Regioni, 1 miliardo le Province, il resto i Comuni). Quindi - sottolinea Garavaglia - lo Stato e i ministeri non riducono di un euro la spesa. Quindici miliardi sono maggiori entrate, cioè tasse in più, 10 miliardi l’aumento del deficit cioè del buco entrate-uscite».
Il Coordinatore degli assessori regionali al Bilancio trae quindi due considerazioni: «La prima, che lo Stato continua a sprecare e non taglia niente, neanche un euro: tutto è in capo agli Enti locali. La seconda, molto preoccupante, è che le maggiori entrate e quindi le nuove tasse per 15 miliardi diventano addirittura 31 nel 2016. Altro che manovra espansiva. Questo è quanto si legge dai numeri, che non sono parole».

dalla Padania del 26.10.14

 
 
 

BORGHI AQUILINI: «La lettera Ue? Un penoso GIOCO DELLE PARTI»

Post n°1781 pubblicato il 25 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Non pensate a una contrapposizione tra Italia ed Europa: quella in corso è una pantomima ridicola e già vista, che finirà con l’aumento dell’Iva giustificato con il solito “ce lo chiede l’Europa”

di Andrea Accorsi

Professor Borghi Aquilini, che cosa ci dobbiamo aspettare dopo la lettera della Ue all’Italia sulla legge di stabilità («vìola gli impegni richiesti»)?

«Stiamo assistendo a un penoso gioco delle parti: che a nessuno venga in testa che ci sia una contrapposizione tra Italia ed Europa. È una pantomima ridicola, peraltro già vista, che finirà con il solito “ce lo chiede l’Europa”. E con quello che era già stato messo nero su bianco, ossia l’aumento dell’Iva, come chiesto più volte dalla Ue. Renzi e tutti gli altri governi recenti hanno trovato questa simpatica scusa per qualsiasi idiozia, senza porsi il problema se fosse utile. È stato così con la manovra di Monti e quando Letta ha alzato per la prima volta l’Iva, zitto zitto, al 22%, mentre faceva finta di fare un rimpasto di governo. E adesso Renzi, mentre racconta degli 80 euro da regalare ai tifosi della Sambenedettese o a quelli che hanno il cognome palindromo, ha già in mente l’aumento dell’Iva fino al 25,5%. Ovviamente si tutelerà dalle prevedibili rimostranze dicendo che ce lo chiede l’Europa. Bisogna far vedere bene l’unità d’intenti di questi tre soggetti».

È per questo che Barroso si è indispettito per la pubblicazione della lettera sul sito del Mef («è stata una decisione unilaterale, la Commissione non era favorevole»)?

«Certo, meno se ne parla meglio è. In un mondo antidemocratico come quello dell’Europa, in teoria le cose dovrebbero essere solo presentate quando ormai è troppo tardi. La lettera della Bce alla Spagna, ad esempio, nessuno l’ha mai vista».

Ha ragione Forza Italia nel sostenere che alla luce della lettera dell’Ue all’Italia, la legge di stabilità va riscritta?

«No, credo che in ogni caso andrà avanti così com’è. Dobbiamo tenere sempre a mente che con le attuali regole, in un ambiente economico chiuso come quello che ci è stato disegnato addosso, la grande mistificazione nascosta dietro questa finanziaria è che, a fronte di regalìe permanenti, come gli 80 euro per qualcuno, ci sono voci una tantum, a cominciare dal deficit. Supponiamo, per assurdo, che i tagli alle Regioni possano essere fatti, cosa di cui dubito fortemente senza sacrificare i servizi sanitari. Ebbene, la parte di copertura è piccola. La voce più grande è la copertura del deficit. Ed è una voce di quest’anno, non strutturale, mentre i tagli alle Regioni sarebbero perenni. Ci stanno dicendo che l’Italia si è impegnata a ridurre il deficit, quindi è un surplus, non un deficit».

Secondo Eurostat, nel secondo trimestre del 2014 il debito pubblico italiano si è attestato al 133,8% del Pil, il rapporto più alto fra i Paesi della Ue. Quindi i nostri conti vanno sempre peggio?

«Bisogna dire che partivamo da un rapporto più alto di altri Paesi, che quindi lo hanno incrementato di più, anche alcuni di quelli descritti come un modello. In ogni caso, non poteva che finire così. Era nei numeri. In una situazione di stagnazione economica, se si aumentano le tasse o si tagliano le spese, il Pil scende, quindi aumenta il rapporto del debito».

Si parla solo di flessibilità o rigore: il futuro della nostra economia sta davvero tutto in questo dubbio amletico sul modo di applicare le regole europee sul patto di stabilità?

«Abbiamo detto tante volte che non è con la flessibilità o sfondando i parametri che risolviamo il problema. Se andiamo al 5% del rapporto debito/Pil, non diventiamo più competitivi domani. Lo sanno bene i francesi, i quali hanno detto serenamente che sforeranno, ma non è che ciò facendo la loro economia di base o la loro competitività migliora. Significa che i cittadini stanno un pochettino meglio, ma il problema è solo rimandato e si ripresenterà. Anche la Spagna farà crescere il deficit: bene, dopo che avrà finito di sforare, saranno pari al punto di prima».

E allora che cosa bisogna fare?

«Se la questione è recuperare la differenza di competitività, occorre un riaggiustamento interno che non è dato da una maggiore o minore spesa o deficit, ma che si può fare in tre modi: intervenire sul tasso di cambio, la cosa più logica e migliore, ma che non si può fare con l’euro; tagliare i salari, dove tutto sommato stanno puntando, svalutando il lavoro, e allora avanti con la recessione, il debito sale e così via; rivedere i trasferimenti interni: la Germania ci paghi come la Lombardia paga la Calabria. Bene, provino a chiederlo. A me questa soluzione non piace, ma sarebbe un modo per provare a tirare avanti. Una Lombardia sgravata dai trasferimenti al Sud e che tenesse le tasse sul suo territorio potrebbe detassare fortemente il lavoro. Ma se chiedessimo alla Germania di pagare il Meridione, ovviamente ci farebbero gesti che in confronto il dito medio di Cattelan in Piazza degli Affari diventerebbe piccolo. Tutto il resto sono solo palliativi».

dalla "Padania" del 24.10.14

 
 
 

Nella sua GIOCONDA Leonardo cercava LA MADRE PERDUTA

Post n°1780 pubblicato il 25 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Un film esplora i retroscena storici che portarono il genio vinciano a lavorare su quella che resta la sua opera più nota e controversa

di Daniela Ferro

Il seducente sorriso della Gioconda torna a far parlare di sé. Questa volta dallo schermo cinematografico. Dimentichiamo però Dan Brown e le improbabili avventure vissute da Robert Langdon con il pretesto di svelare pseudomisteri insiti nelle tele del genio vinciano.
The Mona Lisa Myth è un film documentario sui retroscena che portarono Leonardo a lavorare su quella che resta la sua tela più nota e controversa. Un magnete che attira a sé, ogni giorno, centinaia di turisti nella sua sala, al Louvre. A vestire i panni di Leonardo, nella pellicola voluta e diretta da Jean Pierre Isbouts, autore e docente universitario, è Alessandro Demcenko (nella foto, nei panni di Leonardo da Vinci nel film), attore italiano, con venature russe nel nome e nel sangue.
«Il progetto di questo film nasce dal ritrovamento di una copia della Monna Lisa nel caveau di una banca in Svizzera - spiega Demcenko -. Una copia che si è poi rivelata autentica, realizzata per mano dello stesso Leonardo». E qui il mistero si infittisce. Se una Gioconda è un rebus, due sono un enigma. Perché due tele? Perché lei, Monna Lisa? Perché questo ritratto così sfuggente?
La chiave di lettura scelta dal regista californiano per riproporre la storia è invitante, e muove dal genio, eclettico e vulcanico, di Leonardo che si è costruito a partire da un’infanzia segnata dalla precoce scomparsa della madre. Su costei, la storia non tace nessun particolare al riguardo. Leonardo fu il frutto di un amore clandestino tra il notaio Piero da Vinci e una serva, Caterina. Ciò nonostante, fu accolto di buon grado nella casa del notaio, e amato da lui e da Albiera, la donna presa in sposa dopo la nascita dello stesso Leonardo. Albiera morì giovane. E Leonardo si trovò senza madre. Né biologica, né adottiva.
«L’infanzia di Leonardo, segnata in modo così incisivo dall’assenza della figura materna, ha suscitato nel genio, il più grande in Italia, una vera e propria ossessione per la genesi, per la maternità, per le donne in gravidanza o puerpere», racconta Alessandro Demcenko. Senza scomodare la psicoanalisi freudiana, resta un dato oggettivo il fatto che, fra altri soggetti presi in esame nella sua carriera di artista e scienziato, Leonardo si occupò di studi di anatomia anche su donne gravide. Alla ricerca di risposte sul mistero - siamo nel Quattrocento - di una vita che viene al mondo dal corpo di una donna.
Monna Lisa, al secolo Lisa Gherardini, aveva partorito da poco, quando Leonardo assunse l’incarico di ritrarla dal marito, Francesco del Giocondo. Pienezza e fulgida vitalità: questo dovette trovare Leonardo nel viso e nel corpo di quella donna. Ed è l’empatia con questa ossessione per la figura materna ciò che ha impegnato Demcenko nell’interpretazione del “suo” Leonardo.
Quando vedremo Leonardo all’opera nel suo laboratorio? L’attore preannuncia a breve un’uscita della pellicola anche in Italia. «Mi auguro che il film possa fornire spunti di riflessione - precisa Demcenko -. L’Italia, che ha dato i natali a geni come Leonardo da Vinci appunto, adesso è schiava di una potenza che agisce per il suo mero tornaconto privato e non esita a schierarsi, a suo detrimento, contro Putin. L’Italia pagherà il prezzo di questa scelta, e sarà il naufragio». Chissà se Monna Lisa continuerà a sorridere.

dalla Padania del 9.10.14

 
 
 

Bruxelles bacchetta l’Italia «Ha deviato dagli obiettivi» Renzi: rimedierò in 24 ore

Post n°1779 pubblicato il 24 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Barroso si arrabbia per la divulgazione della missiva, il premier ribatte: pubblicherò tutti i vostri conti

di A. A.

La legge di stabilità non convince Bruxelles. Arriva a metà mattinata l’attesa lettera Ue firmata dal commissario europeo e vice presidente dell’esecutivo, Jyrki Katainen. Nel mirino, lo scostamento dagli obiettivi di bilancio 2015 che l’Italia ha fissato con la manovra, su cui i vertici dell’Unione vogliono vederci chiaro.
Non è una bocciatura, almeno per ora. Il tono della missiva - pubblicata sul suo sito dal ministero dell’Economia e della Finanza in nome della trasparenza anche se «strettamente confidenziale» - è dialogante. Ma i rilievi sono perentori e prevedono tempi strettissimi di risposta.
«L’Italia prevede una significativa deviazione dal richiesto percorso di aggiustamento strutturale verso gli obiettivi di medio termine nel 2015» si legge nella missiva (nella foto) recapitata al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. «La modifica prevista al bilancio strutturale per il 2015 sarebbe anche inferiore a quanto richiesto per assicurare il rispetto della regola transitoria sul debito, aggiunge, e violerebbe gli impegni «richiesti dal braccio preventivo del Patto di Stabilità e crescita».
Katainen sollecita «informazioni sulle ragioni del mancato rispetto da parte del Patto di Stabilità per il 2015» oltre a spiegazioni su come «l’Italia possa assicurare il pieno rispetto degli obblighi nelle politiche di bilancio previsti per il 2015 dal Patto di Stabilità e crescita».
I chiarimenti, dice nero su bianco la lettera, devono arrivare entro oggi, per poter tenere conto del punto di vista dell’Italia «nell’ulteriore procedura». Richiesta che il governo italiano ha accettato senza battere ciglio: «Risponderemo alla richiesta di chiarimento entro il 24», assicura a stretto giro di posta il Mef, coinvolto nella polemica sollevata dal presidente dell’esecutivo Ue, José Manuel Barroso, al suo ultimo vertice a Bruxelles, per la pubblicazione on line della missiva. «È stata una decisione unilaterale - sottolinea Barroso -. La Commissione non era favorevole, perché stiamo continuando le consultazioni informali, tecniche, sulla legge di stabilità e pensiamo sia meglio avere un contesto di fiducia».
È il bollettino di Bankitalia a fornire un “assist” al governo per la temporanea deviazione dalla strada degli obiettivi di bilancio: «Il ritardo del pareggio è motivato, ora occorre usarlo per la crescita» dice in sintesi Palazzo Koch. «Rispetto alle previsioni a legislazione vigente, l’indebitamento netto del 2015 viene accresciuto di 0,7 punti percentuali del prodotto, al 2,9%. Data l’eccezionale durata e profondità della recessione, le scelte del governo appaiono motivate» spiega il report, che però ammonisce: «Un più graduale processo di riequilibrio può aiutare a evitare una spirale recessiva della domanda; si giustifica se i margini di manovra che ne derivano saranno utilizzati efficacemente per rilanciare la crescita dell’economia e innalzare il potenziale di sviluppo nel medio e lungo termine».
Arrivando al vertice Ue a Bruxelles, il presidente del Consiglio ha rilevato come «rispetto al merito della discussione non mi pare che ci siano grandi problemi. Stiamo discutendo di 1-2 miliardi di differenza. Possiamo metterli anche domani mattina». Renzi, semmai, si è detto «stupito che il presidente Barroso si sia sorpreso, nel senso che la lettera è stata anticipata qui». E ha rincarato: «Penso che sia finito in questo Palazzo il tempo delle lettere segrete. Pubblicheremo non solo la lettera, ma tutti i dati economici e quanto si spende in questi Palazzi».
Per il vicepresidente dei senatori leghisti, Stefano Candiani, «dopo la tirata d’orecchie per la fantasia con la quale imbroglia i conti, Renzi punta i piedi e si mostra per il bamboccione carognetta che è. Minaccia l’Europa di pubblicare i costi dell’Europarlamento. Noi della Lega li chiediamo da tempo. E continueremo quindi a pressarlo per la pubblicazione delle spese inutili e faraoniche di Bruxelles, Strasburgo, di Palazzo Chigi e del Quirinale. Per una volta, passi dalle parole ai fatti».

dalla Padania del 24.10.14

 
 
 

SALVINI e LE PEN al lavoro per RICOSTRUIRE L’EUROPA Le altre opposizioni rincorrono

Post n°1778 pubblicato il 23 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Il resto degli euroscettici è alle prese con alchimie da Prima Repubblica per formare un gruppo all’Europarlamento

di Andrea Accorsi

Un’Europa da rifare. Primo passo: rivedere gli accordi di Schengen alla luce dell’emergenza Ebola. In attesa di regolamentare gli ingressi di extracomunitari, cancellare l’euro e rimettere l’attuale carrozzone lobbistico-bancario di Bruxelles nella direzione giusta. Ovvero, un’Europa libera fatta di popoli liberi.
Il passo lo muoverà oggi al Parlamento europeo Matteo Salvini insieme ai leader del Front National francese, Marine Le Pen, del Vlaams Belang fiammingo, Gerolf Annemans  e dell’Fpo austriaco, Harald Vilimsky. In una conferenza stampa congiunta a Strasburgo, illustreranno le contromisure da adottare per limitare il contagio del virus Ebola nel Vecchio Continente. Ma la proposta saliente è già stata anticipata da Salvini alla grande manifestazione di sabato a Milano: sospendere subito il trattato di Schengen.
Una proposta dirompente, concreta e urgente, che stride in maniera terribile con le alchimie in atto da parte di altri euroscettici per ricostruire un gruppo nell’Europarlamento, e con l’affannosa rincorsa delle proposte leghiste da parte di alcuni politici nostrani.
Giusto ieri il presidente di seduta della plenaria dell’Europarlamento, Ryszard Czarnecki, ha annunciato in via ufficiale la costituzione del nuovo gruppo politico di cui fanno parte gli eurodeputati del Movimento 5 stelle e l’Ukip britannico di Nigel Farage. Unica novità del gruppo, l’ingresso del partito di estrema destra polacco Knp, decisivo per raggiungere la soglia minima di sette nazionalità rappresentate, dopo l’uscita dell’ecologista lettone Iveta Grigule. Alchimie politiche che ricordano certi metodi tutti italiani da Prima Repubblica per formare un’alleanza di governo, agganciando questo o quel “cespuglio” per poi dipendere da ogni suo malumore e capriccio.
Il Knp è visto come la peste da Marine Le Pen, che come già fatto in passato ha escluso con forza qualsiasi ipotesi di alleanza con gli eurodeputati di quel partito. «La questione del Knp è stata già regolata a giugno - ha detto la leader del Fn a margine della plenaria a Strasburgo -. Li abbiamo rifiutati perché non abbiamo gli stessi valori».
I valori sui quali la Le Pen trova invece terreno comune con la Lega sono in primis la lotta alla moneta unica e all’immigrazione incontrollata, oltre alla riscrittura delle rigide regole comunitarie sui bilanci nazionali. Su quest’ultimo punto, Roberto Maroni ha ipotizzato l’uscita dell’Italia dalla Ue, se Bruxelles non derogherà dai vincoli imposti ai Paesi membri. «Bruxelles deve consentire all’Italia una certa flessibilità fiscale, altrimenti noi dovremmo uscire dal-l’Unione europea, perché non avrebbe senso restarvi contro il nostro interesse» ha detto il Governatore della Regione Lombardia in un’intervista alla Cnbc.
Anche nel dettare la linea da seguire in Europa, la Lega si fa rincorrere da altri movimenti di opposizione, grillini in testa. Il leader dei pentastellati, sempre più in affanno di fronte alla costante erosione di consensi sia all’interno del suo movimento sia nell’elettorato, è tornato, pensate un po’, a invocare l’uscita dell’Italia dall’euro.
«Gli interessi sul debito pubblico stanno ammazzando il Paese e smantellando lo stato sociale - è l’analisi di Beppe Grillo  in un post sul suo blog -. Negli ultimi trent’anni l’Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi sul debito, una mostruosità. I miliardi che lo Stato destina al pagamento degli interessi sul debito - scrive ancora il leader dei Cinque stelle - sono sottratti ai servizi primari dei cittadini: pensioni, sanità, ammortizzatori sociali, istruzione, risorse per le Pmi».
Di qui la proposta di «ridenominare il debito pubblico in una nuova moneta associata al valore della nostra economia. Le Pmi italiane potranno tornare nuovamente competitive e l’occupazione in crescita e gli investitori stranieri finanzieranno comunque il nostro debito che sarà sostenibile e onorabile. Fuori dall’euro c’è salvezza, ma il tempo è scaduto. Riprendiamoci la sovranità monetaria e usciamo dall’incubo del fallimento per default», conclude Grillo. Chissà se sull’euro avrà la coerenza che non ha dimostrato sull’immigrazione.
Già, l’immigrazione. Per i Cinque stelle, si conferma motivo di schizofrenia politica. Secondo il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (non proprio l’ultimo degli esponenti M5s), il tema dell’immigrazione «non è appannaggio né di destra né di sinistra in un’Italia in cui in un anno è arrivato l’equivalente di immigrati degli abitanti del Molise. Vengono da Paesi in cui abbiamo epidemie di malattie e abbiamo anche un problema di sicurezza perché ci sono tante informative che testimoniano che su quei barconi, oltre alla maggioranza che sono disperati, arrivano anche membri dell’Isis, di Al Qaeda, di cellule terroristiche». Fin qui, ancora una volta, il discorso è una fotocopia di quelli fatti da sempre dalla Lega. Ma, subito dopo, Di Maio si affretta a negare ogni possibile avvicinamento al Carroccio. «La Lega - sostiene - ha strumentalizzato questi temi, quindi non fanno parte del novero delle forze politiche che noi prendiamo in considerazione per alleanze».
Insomma, quello dei grillini rimane, al solito, un pourparler. Ai fatti, provvede qualcun altro. A riprova che un’altra Europa è davvero possibile. Basta volerla.

dalla "Padania" del 22.10.14

 
 
 

Governo, Domenica in... spot Renzi e Padoan fanno a gara a chi spara più PROMESSE

Post n°1777 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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L’esecutivo conferma la sua dimensione televisiva: parla bene davanti alle telecamere per strappare applausi, mentre nasconde fallimenti e disastri come i tagli lineari agli Enti locali

di Andrea Accorsi

Uno si è fissato con gli 80 euro. E dopo averli infilati nelle tasche degli italiani (ma non tutti), senza peraltro produrre alcun effetto sul calo dei consumi, ora promette di regalarli ad ogni futuro genitore. Come se 80 euro in più al mese cambiassero la vita. E, soprattutto, convincessero a mettere al mondo un figlio.
L’altro, per non essere da meno, prevede di creare 800 mila posti di lavoro. Ci fu chi ne promise un milione, e ha fatto la fine che ha fatto. Ora la sparata mira appena più in basso. Sarà la crisi, o la prudenza? Il tempo, supremo giudice, dirà se le promesse saranno mantenute. Quello che si può notare fin d’ora è la dimensione televisiva dell’attuale governo, che alle proposte di legge e ai dibattiti in Parlamento preferisce gli spot nei salotti televisivi. Segno dei tempi. E di una strategia precisa: comparire, apparire, propalare il più possibile, badando a stare sempre sotto i riflettori e davanti alle telecamere. Per strappare applausi in studio e punti di share nelle case, pronti a tradursi in consensi.
Fin qui, la strategia di Renzi & C. ha funzionato benissimo. Premier e ministri sono stabilmente in vetta nelle simpatie dell’elettorato. Disposto a farsi abbindolare attraverso il piccolo schermo, e a ricordare più facilmente le scintillanti promesse catodiche, che gli opachi fallimenti nascosti sotto il tappeto dai media.
Ogni maledetta domenica, titolava quel film. Nell’ultima, ad aprire l’antologia delle facili promesse è stato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a In mezz’ora su Raitre. «Potrebbero essere 800 mila posti di lavoro a partire dal 2015 per tre anni» ha tradotto in numeri le misure per la ripresa dell’occupazione. Non passano tre ore che Matteo Renzi pareggia il conto, anzi lo raddoppia, con un tocco di classe tipico del suo repertorio. Ospite a Domenica live sull’altro canale (stavolta il primo) della sempre ossequiosa Tv di Stato, il capo del governo è colto da un attacco di annuncite: dal 1° gennaio «gli 80 euro andranno anche a tutte le mamme, o i papà, per i primi tre anni di vita» del loro figlio. Ad ascoltarlo erano in 2,7 milioni.
Di tutto questo bendidio, però, nella legge di stabilità non c’è traccia. Padoan, nella stessa sede tv, ha detto che la legge è pronta, «siamo agli ultimi dettagli», e che ieri mattina sarebbe stata presentata al Quirinale. Secondo voi, ieri c’è andata sul Colle? No. Ma se anche venissero mantenute le ultime, roboanti promesse dell’esecutivo, non bisogna dimenticare che per reperire le risorse necessarie sono stati saccheggiati Comuni e Regioni. In pratica, una partita di giro. O il gioco delle tre carte, come osserva il candidato alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, Alan Fabbri. «Perché è inutile il bonus bebè se poi i genitori dovranno pagare il doppio i nidi a causa dei tagli lineari del governo».
Per Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega al Senato, «altro che 80 euro alle mamme, Renzi deve trovare 55 miliardi per il fiscal compact. È il solito parolaio. Promesse senza contenuti». Ma c’è anche un altro risvolto. «Gli 80 euro promessi per le neomamme sono l’ennesima marchetta a favore degli extracomunitari - teme l’on. Roberto Caon -. La gran parte di quelle risorse andrà infatti a finire nelle tasche di tutti quei cittadini stranieri che, in controtendenza rispetto al trend delle coppie italiane, avranno un figlio entro l’anno prossimo». Sulla stessa linea il sen. Nunziante Consiglio: «I nostri soldi andranno a finire nei Paesi africani per mantenere le famiglie d’origine».

dalla Padania del 21.10.14

 
 
 

A che servono 80 euro quando un ASILO ne costa 300 al mese?

Post n°1776 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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Salvini smonta l’ultima trovata renziana: «È un insulto, in Francia i nidi sono gratuiti fino ai 3 anni per tutti. Ignorata la nostra proposta di legge presentata alla Camera lo scorso marzo»

di A. A.

Tutti i media di regime celebrano l’ultima sparata dello show-man di Palazzo Chigi, solo la Lega coglie la reale portata della proposta. «Renzi promette 80 euro alle nuove mamme dal 2015. Una presa per il culo, un insulto - va giù duro Matteo Salvini -. Renzi ignora che in Francia aiutano le famiglie sul serio, con asili nido gratuiti fino ai 3 anni per tutti». Ma c’è dell’altro. «In Italia - ricorda Salvini - il nido costa in media 300 euro al mese a famiglia»: dunque la nuova mancetta del governo servirebbe a ben poco. E ancora: «Renzi ignora la proposta di legge presentata lo scorso marzo alla Camera dalla Lega, che prevede gli asili nido o il servizio di baby-sitter gratuito per le famiglie: costo, 300 milioni di euro che si troverebbero tassando i soldi rimandati a casa dagli immigrati. Altro che 80 euro - tira le somme il Segretario federale -, per far nascere nuovi bimbi ne servono di più! Ma Renzi, che rifiuta ogni confronto e preferisce i monologhi dalla D’Urso, le difficoltà delle normali famiglie italiane non le conosce».
Poi il Segretario la butta sull’ironia: «Partecipa anche tu al grande concorso! A chi prometterà domani gli 80 euro Sbirulino Renzi? A chi sta perdendo i capelli? A chi ha pestato una cacca di cane? A chi si chiama Filippo? A chi va a funghi? Avete suggerimenti per il genio di Firenze?».
Salvini ricorda anche che mentre il segretario Pd e capo del governo promette 80 euro di bonus bebè dal 2015, il vice-segretario Pd Deborah Serracchiani, presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, lo scorso luglio ha tolto i 1.000 euro dello stesso bonus. «Cosa dicono le mamme del Friuli-Venezia Giulia? Ma segretario e vice-segretario si conoscono?».
Dal web arriva infine la frecciata di Roberto Maroni. «Il bonus alle neo mamme - ricorda - l’avevo inventato io da ministro del Welfare dieci anni fa: allora tutti a dire che era uno scempio, oggi tutti ad applaudire Renzi».

dalla "Padania" del 21.10.14

 
 
 

EBOLA e ISIS i nuovi INCUBI per la salute e per la sicurezza

Post n°1775 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

di A. A.

Gli ultimi pericoli in ordine di tempo legati all’immigrazione incontrollata nel nostro Paese si chiamano Isis e Ebola. All’impatto del fenomeno sulla società, l’economia e la cultura, si aggiungono i gravi rischi sul piano della sicurezza e della salute.
Le autorità di governo assicurano che è tutto sotto controllo. Peccato che, come hanno rivelato alcuni sindacati di polizia, i controlli sanitari dei clandestini soccorsi e presi a bordo dalle navi impegnate nell’operazione Mare Nostrum consistano in un sommario esame esterno della durata di pochi minuti, senza alcuna analisi di laboratorio. E peccato che una malattia pericolosissima e dall’elevata mortalità qual è il virus dell’Ebola abbia un tempo di incubazione molto lungo, che può arrivare fino a tre settimane. Questo significa che una persona all’apparenza sana potrebbe in realtà essere stata contagiata dal virus, ma passerebbero diversi giorni prima che ne manifesti i sintomi.
Fra i Paesi di provenienza degli immigrati irregolari vi sono anche quelli investiti dall’epidemia e cioè Guinea, Liberia, Nigeria, Senegal e Sierra Leone. Secondo i dati di settembre dell’Organizzazione mondiale della sanità, «l’epidemia di Ebola in Africa occidentale è ancora in crescita» ed è «improbabile» che le cifre sui contagi e i decessi riflettano la situazione reale.
Altro capitolo inquietante, le infiltrazioni di terroristi. Non è un mistero che la gran parte dei migranti che attraversano il Mediterraneo negli ultimi mesi provengono da zone ad alto rischio, quali il Nord Africa e il Medio Oriente. Per un paradosso, mentre in Siria, Iraq e Afghanistan le nostre forze armate partecipano a missioni internazionali contro le basi del terrorismo islamico internazionale, le stesse forze (con la Marina) accompagnano sul nostro territorio migliaia di immigrati sprovvisti di documenti tramite Mare Nostrum.
Nelle scorse settimane fra i sedicenti profughi siriani è sbarcato da un barcone un terrorista palestinese, che come molti altri ha subito fatto perdere le sue tracce. La polizia ha fatto in tempo a interrogarlo e a sequestragli il cellulare, nel quale teneva sue fotografie in mimetica e con un Kalashnikov. Di fatto, nessuno può verificare con certezza l’identità, la provenienza e soprattutto la fedina penale delle migliaia di clandestini che entrano ogni mese nel nostro Paese.

dalla "Padania" del 19.10.14

 
 
 

Immigrati: siamo in piena crisi, ma ne manteniamo sempre di più

Post n°1774 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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Prefetti sempre a caccia di posti dove metterli, welfare spremuto per garantire ogni tipo di assistenza: nonostante la recessione, le spese per l’accoglienza continuano a salire

di A. A.

In un Paese in piena recessione economica, l’ultima cosa che serve sono altre migliaia di sedicenti profughi nullatenenti da accogliere e mantenere. Eppure è proprio quello che sta succedendo in Italia. Alle prese con una media di 4-500 immigrati irregolari da sistemare ogni giorno (in attesa dei ricongiungimenti familiari, che ne ingrosseranno ancora di più le file), il governo si trova nella necessità di reperire sempre nuove risorse da destinare a vitto, alloggio, assistenza sanitaria e di ogni genere.
Dopo aver fatto appello agli Enti locali, che non avendo altri spazi a disposizione li hanno dirottati perfino in alberghi e bed&breakfast, le Prefetture hanno pensato di alloggiare gli extracomunitari negli appartamenti sfitti. Ma è allo studio dell’Anci e della Conferenza delle Regioni la proposta di convincere gli italiani a prenderseli in casa propria, dietro lo stesso compenso di 900 euro al mese pro capite garantito alle strutture alberghiere. Tutte soluzioni che dimostrano come non si sappia più dove metterli. Letteralmente.
Ma questo è ancora poco o nulla rispetto all’impatto che questi “ospiti” hanno e avranno per gli anni a venire sul nostro sistema assistenziale, in particolare su quello sanitario. Secondo la Fondazione Leone Moressa, fra i più validi centri di studi sull’economia della migrazione, la spesa pubblica per gli immigrati costa ogni anno ai cittadini italiani 12 miliardi di euro tra sanità (che rappresenta la spesa più consistente), assegni familiari, benefit e sostegni vari, fino alla scolarizzazione dei più giovani. Un costo sociale che va a pesare su un sistema di welfare messo in piedi con le risorse degli italiani.
Nella Penisola 6 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, che salgono a 10 milioni se si contano anche le persone in condizioni di povertà relativa. Eppure, per i nuovi arrivati continuiamo ad aprire la borsa. Secondo dati ufficiali, l’operazione Mare Nostrum costa in sola accoglienza 1 miliardo 277 milioni di euro. Per ogni immigrato clandestino che viene accolto lo Stato spende ogni giorno almeno 30 euro per le spese personali (pasti, vestiario, biancheria, medicine). Tanto per fare un confronto, gli assegni di invalidità garantiscono una rendita tra i 10 e i 22,50 euro al giorno, mentre l’indennità di accompagnamento è pari a 16 euro.
Ma agli immigrati viene dato anche un alloggio (per il quale, come detto, lo Stato spende 900 euro al mese pro capite), oltre a 600 euro di coperture assicurative che fanno lievitare il costo complessivo a carico dei cittadini fino a 2.400 euro a testa ogni mese. Non mancano, in alcuni casi, altri benefit come schede telefoniche.
I costi dell’assistenza sanitaria a quanti si registrano regolarmente hanno superato il miliardo e mezzo di euro all’anno, dieci volte la spesa per i ricoveri degli immigrati irregolari.
E non pensate di rimandarli a casa. Tra biglietti aerei e costi delle scorte di polizia, ogni rimpatrio forzato costa tra i 2.000 e i 25.000 euro. E il fatto che l’Unione europea copra il 75% del costo totale non è di grande consolazione.

dalla "Padania" del 19.10.14

 
 
 

MARE NOSTRUM: una missione costosa e FALLIMENTARE

Post n°1773 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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Nove milioni di euro al mese: ecco quanto spende lo Stato per dare un “passaggio” agli scafisti. Risultato: altri naufragi e arrivi quadruplicati  in un anno

di A. A.

Trecentomila euro al giorno. È quanto spende lo Stato italiano ogni giorno per dare un “passaggio” agli scafisti e al loro carico umano fino ai porti della Penisola. I dati sono stati resi noti a meno di un mese dal primo anniversario di Mare Nostrum dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e dal capo di Stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe De Giorgi.
Al di là dell’opportunità di una simile scelta, che ha rovesciato la politica di Roberto Maroni al Viminale, quando i barconi carichi di migranti venivano respinti e costretti a tornare ai porti di partenza, saltano all’occhio diversi elementi sconcertanti. A partire proprio dai costi dell’operazione, per la quale non a caso il governo da tempo sta battendo cassa (invano) in sede europea. Se poi l’operazione doveva servire a scongiurare i naufragi di massa che l’avevano innescata, il suo fallimento è evidente a fronte delle migliaia di morti e dispersi registrati per tutto il 2014.
Altro argomento accampato dai promotori dell’iniziativa, le centinaia di scafisti arrestati. Peccato che si facciano beffe del nostro sistema giudiziario, contando sul fatto di tornare subito liberi, e che solo da pochi giorni si parla di sequestrare i natanti da essi usati, anziché restituirli con tante scuse. Infine, è un fatto che Mare Nostrum abbia contribuito a incentivare le partenze dei clandestini verso il nostro Paese: in tutto il 2013 ne erano arrivati 43 mila, molti meno di quelli sbarcati quest’anno, prossimi ai 150 mila.

dalla "Padania" del 19.10.14

 
 
 

STOP MARE NOSTRUM

Post n°1772 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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di Andrea Accorsi

Stop all’insensata operazione Mare Nostrum, ora riverniciata come Frontex Plus. La si guardi (e la si chiami) come si vuole, il risultato non cambia: finora l’impiego di decine di unità navali della Marina Militare è servito solo a far entrare in Italia 150.000 immigrati irregolari, fra i quali migliaia di minori non accompagnati. Al conto bisogna aggiungere gli immancabili ricongiungimenti familiari che seguiranno.
Come conferma il Viminale, la gran parte di queste persone è infatti destinata a restare in Italia. E molti di quelli che tentano di raggiungere altri Paesi europei (come Francia, Austria e Germania) ci vengono rimandati indietro dalle autorità di quei Paesi.
Per contro, solo pochissimi, qualche migliaio in tutto, dei sedicenti profughi provengono davvero da zone di guerra o sono perseguitati in patria, e hanno quindi ottenuto lo status di rifugiati politici. In tutto il 2013, la commissione nazionale per il diritto d’asilo ha concesso lo status di rifugiato solo a 3.078 persone su oltre 26.000 richiedenti. Altre 5.564 hanno ottenuto lo status subordinato di protezione sussidiaria e 5.750 la protezione umanitaria (non internazionale). Tutti gli altri hanno approfittato dell’opportunità di farsi soccorrere, caricare a bordo e accompagnare in tutta tranquillità nei porti della Penisola. Come ne hanno approfittato gli scafisti che per il “servizio” si fanno pagare dai clandestini migliaia di euro a testa.
Varata dopo il naufragio di una imbarcazione libica il 3 ottobre 2013 a poche miglia da Lampedusa costato quasi 400 vittime, l’operazione, del costo di 300.000 euro al giorno, non ha impedito altri naufragi e quindi altre morti. Le vittime solo dall’inizio dell’anno sarebbero 3.072, ma le stime sono per forza approssimative: chissà di quanti naufragi non si ha neppure notizia... Quel che è certo è che, incoraggiate dall’operazione, le partenze dal Nord Africa si sono moltiplicate: dai 43.000 clandestini sbarcati in tutto il 2013, nei primi dieci mesi di quest’anno si è già passati a più di 125.000. Fra di loro si teme l’arrivo di terroristi islamici e di portatori di malattie anche molto gravi come l’Ebola.
La prima conseguenza di questa invasione agevolata è il pesante impatto sul sistema di accoglienza e assistenza nazionale. Tanti arrivi pongono il problema di reperire ogni giorno centinaia di nuovi alloggi, per non parlare dei costi relativi a pasti, assistenza sanitaria e altri benefit dei quali si deve caricare un Paese che, è bene ricordarlo, è in piena recessione economica.
Insomma, mentre non c’è un solo motivo valido per proseguire questa politica, ve ne sono molti, gravi e fondati, per dire basta.

dalla "Padania" del 19.10.14

 
 
 

La Boldrini velata visita la moschea

Post n°1771 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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«Islamici le prime vittime del radicalismo»

di A. A.

Le prime vittime del radicalismo religioso? La gente e le comunità musulmane, insieme a tanti immigrati che approdano sulle nostre coste. Nello strabismo etnico e culturale che da sempre la contraddistingue, la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha ribadito il suo pensiero (unico, in tutti i sensi) al Centro di cultura islamica in Italia, presso la moschea di Roma, che ha visitato l’altro giorno.
Per la Boldrini, l’Isis rappresenta una minaccia per il mondo intero, sì, «ma soprattutto per il mondo musulmano, perché le prime vittime sono i musulmani, i civili, le persone che credono in questa religione e che vengono ammazzate dagli esaltati. Il mondo musulmano - ha proseguito - è colpito prima di tutti gli altri. Colpito in termini di vittime, ma anche colpito nella propria anima perché tutta questa violenza omicida viene fatta proprio nel nome dell’Islam».
L’imam mancata ha visitato la moschea romana coprendosi il capo con il velo d’ordinanza. Un segno di rispetto che ci attendiamo da lei anche per chi non è musulmano e non è immigrato, insomma per gli italiani e i cristiani, che poi sono la sua gente. Perché di Kyenge ce n’è bastata una.

dalla "Padania" del 19.10.14

 
 
 

Nozze gay, il sindaco Marino forza la mano ad ALFANO Altolà da Chiesa e prefetto

Post n°1770 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da accorsiferro
 
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Il primo cittadino di Roma trascrive nel registro comunale il matrimonio di sedici coppie omosessuali

di Andrea Accorsi

Braccio di ferro tra il sindaco di Roma e il ministro dell’Interno sulle nozze gay. Ignazio Marino ha trascritto nel registro comunale della Capitale il matrimonio di sedici coppie omosessuali. La prima trascrizione è stata quella della coppia composta da Marilena e Laura, che si sono sposate a Barcellona nel 2009 dopo essere state insieme per diciotto anni. «Oggi è un giorno speciale ma dobbiamo ancora fare tanta strada perché questo diventi semplicemente un giorno normale - ha detto il sindaco Marino -. La nostra Amministrazione crede fortemente che tutte le donne e tutti gli uomini siano creati uguali e abbiano gli stessi diritti, e allora, se ci pensiamo, quale diritto più importante c’è del diritto di poter dire alla propria compagna o al proprio compagno “ti amo” e di vedere riconosciuto quell’amore?».
La mossa di Marino non è piaciuta per nulla al ministro Angelino Alfano. «Ribadisco - sottolinea su Facebook il titolare del Viminale -: per l’attuale legge italiana, ciò non è possibile. La firma di Marino non può sostituire la legge. In pratica, il sindaco Marino ha fatto il proprio autografo a queste, peraltro rispettabilissime, coppie». Mentre il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha comunicato che inviterà immediatamente il sindaco a cancellare le trascrizioni. «Se non dovesse procedervi - sottolinea la prefettura - provvederà all’annullamento delle stesse secondo le prescrizioni di legge».
Insorgono il centrodestra, che ieri ha manifestato il suo disappunto davanti al Campidoglio, e la Chiesa. Per Angelo Zema, responsabile di Roma Sette, il settimanale della diocesi di Roma, quella di Marino è «una scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti» basato su una «mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico». Zema parla di scelte «illegittime» in un «contesto dal tono hollywoodiano» e «dal chiaro sapore demagogico».
Furibonda la Cei, che parla di «presunzione arbitraria, inaccettabile». La Conferenza dei vescovi, attraverso l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, condanna senza mezzi termini la decisione del sindaco capitolino che, afferma, «sorprende perché oltre a non essere in linea con il nostro sistema giuridico, suggerisce una equivalenza tra il matrimonio e altre forme che ad esso vengono impropriamente collegate. L’augurio è che il rispetto delle persone individuali sia sempre salvaguardato nelle loro legittime attese e nei loro bisogni, senza mai prevaricare il dato della famiglia».
Ma c’è già chi è pronto a seguire le orme di Marino. Come il sindaco di Pistoia, Samuele Bertinelli, che ha annunciato l’intenzione di trascrivere personalmente i matrimoni contratti all’estero di tutte le coppie omosessuali che ne faranno richiesta.

dalla Padania dl 19.10.14

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: accorsiferro
Data di creazione: 04/03/2006
 

IL FILM CHE ABBIAMO VISTO IERI SERA

Il Prof. Dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionato con la mutua**

Legenda:

** = merita
*   = non merita

 

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Andrea:

Kate Quinn

Fiori dalla cenere

(Nord)

 

I NOSTRI LIBRI PREFERITI

Anna Karenina di Lev Tolstoj

Assassinio sull'Orient-Express di Agatha Christie

Cime tempestose di Emily Bronte

Dieci piccoli indiani di Agatha Christie

Genealogia della morale di Friedrich Nietzsche

Guerra e pace di Lev Tolstoj

Illusioni perdute di Honoré de Balzac

Jane Eyre di Charlotte Brontë

Le affinità elettive di Johann W. Goethe

Madame Bovary di Gustave Flaubert

Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov

Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse

Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

 
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