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un graditissimo regalo di Martina

-by

 

Premio 10 e lode

ringrazio con tanto affetto per il premio

con la seguente motivazione assegnatomi da

 donne e.... 

Al blog "TANTO PER ESSERCI"  di una persona speciale.

http://blog.libero.it/ashla/

 

PREMIO Award Brillante

donatomi dalla cara amica Silvana

del blog : SGATTAIOLANDO

 
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Messaggi del 27/07/2012

Cambiano le abitudini degli italiani

Post n°938 pubblicato il 27 Luglio 2012 da acer.250
 
Tag: consumi

     Più dei due terzi dei consumatori globali riconosce di aver cambiato le proprie abitudini di spesa nel tentativo di risparmiare. La metà degli intervistati, con una tendenza in aumento, afferma di voler risparmiare, e di questi un terzo sostiene di non volere spendere per vacanze o ferie in modo da mettere da parte il denaro che servirebbe per partire. In ogni caso, a livello globale, nel secondo trimestre dell’anno la fiducia dei consumatori è in flessione. La fotografia dei consumatori globali è scattata dall’indagine Nielsen su 56 mercati. In Italia la fiducia dei consumatori è in calo costante.Le preoccupazioni principali si rincorrono in tutto il mondo: sono l’economia e la sicurezza del posto di lavoro.

La fiducia dei consumatori si è ridotta in 26 mercati, mentre è aumentata in 23 e rimasta invariata nei rimanenti 7. Complessivamente, nel secondo trimestre del 2012 la fiducia dei consumatori a livello globale è scesa a quota 91 calando di 3 punti rispetto al primo trimestre dell’anno, ma salendo di 2 rispetto allo stesso periodo del 2011. “Nel secondo trimestre, – spiega Nielsen – la fiducia dei consumatori è calata a causa di eventi globali quali il peggioramento della crisi nell’Eurozona e il rallentamento del tasso di crescita di Cina e India con il relativo impatto negativo sia sui mercati finanziari che sul ‘sentiment’ dei consumatori in molte parti del mondo, che hanno reagito riducendo le proprie intenzioni di spesa e consumo”.

Gli intervistati riconoscono di aver modificato le proprie abitudini di spesa per risparmiare, mentre diminuiscono le “spese discrezionali” e aumenta la ricerca di risparmio. Più di due terzi (67%) degli intervistati globali, rileva Nielsen, afferma di aver cambiato le proprie abitudini di spesa rispetto allo stesso periodo dello scorso anno nel tentativo di risparmiare. Tra le tre principali risposte a livello globale, il 51% dei consumatori intervistati dice di spendere meno per abbigliamento nuovo, il 48% ha ridotto le occasioni di svago fuori casa e il 47% afferma di cercare di risparmiare su elettricità e gas.

Le principali preoccupazioni rimangono per tutti la congiuntura economica e la sicurezza del posto di lavoro: il 16% degli intervistati indica la situazione economica come preoccupazione numero uno, il 14% dichiara di essere preoccupato per il proprio posto di lavoro e il 10% si preoccupa di trovare il giusto equilibrio tra vita professionale e vita personale.

La ricerca evidenzia che calano spese e risparmi previsti, diminuisce la propensione a fare acquisti di nuova tecnologia come pure quella per il tempo libero fuori casa. Il 23% dei consumatori globali online si dichiara pronto a spendere per acquistare prodotti di nuova tecnologia, in calo di 5 punti rispetto al primo trimestre di quest’anno, e di un punto rispetto al secondo trimestre del 2011. Il 28% di tutti gli intervistati dichiara che spenderebbe per l’entertainment fuori casa, in calo di 4 punti rispetto al primo trimestre di quest’anno. In questo trimestre, il 50% degli intervistati, (rispetto al 47% del primo trimestre di quest’anno e al 45% del secondo trimestre del 2011) afferma di voler risparmiare, e il 33% di loro (rispetto al 32% dell’anno precedente e al 36% del primo trimestre) afferma di non voler spendere per vacanze o ferie, e di voler risparmiare quel denaro.

La situazione italiana evidenzia un calo costante della fiducia dei consumatori ormai da sei trimestri e ancora in flessione nel secondo trimestre del 2012.  “L’attuale congiuntura e il ritardo nell’attuazione di misure in grado di accelerare lo sviluppo economico continuano a impattare il livello di fiducia dei consumatori – dichiara Roberto Pedretti, Managing Director, Nielsen Italia – Tutti gli indicatori principali sono peggiorati nell’ultima tornata della survey: virtualmente il 98% degli italiani pensa che il Paese sia in recessione e uno su quattro dichiara di non avere denaro rimanente dopo aver coperto le spese essenziali. La sicurezza del posto di lavoro rimane la maggiore preoccupazione per i prossimi 6 mesi e aumenta il livello di apprensione per l’istruzione dei figli e per il crescente costo della benzina

 
 
 

eredità digitale ... cosa fare ?

Post n°937 pubblicato il 27 Luglio 2012 da acer.250
 

     A chi lascio in eredità il lavoro che ho sul pc e i soldi sul mio conto corrente online? Quando non ci sarò più, come faranno i miei eredi ad avere accesso alle password delle email e a tutti i file conservati in pc, hard disk esterni, cloud, online? L’identità digitale è fatta anche di un insieme di rapporti che hanno una rilevanza patrimoniale e vanno in eredità. Di eredità digitale ci parla  Ugo Bechini, Componente della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale del Notariato.

Le dinamiche che possono innescarsi sono complicate. Un esempio tipico è quello del conto corrente online: un conto è condividere con qualcuno le password per accedervi, un conto è essere proprietario del denaro che vi è depositato. Avere accesso a una risorsa non significa esserne proprietari. Se poi gli eredi vogliono recuperare le password del provider di posta elettronica del caro estinto, rischiano di dover andare in tribunale negli Stati Uniti, perché gran parte dei servizi online sono basati all’estero. Per questo è bene decidere in vita a chi lasciare password e chiavi di accesso. In caso contrario, i problemi che possono sorgere non sono affatto irrilevanti e la legge non provvederà per noi.

Quando si parla di identità digitale, bisogna chiarire che da un lato ci sono tutte le tracce lasciate su internet attraverso i social network, dall’altra ci sono “l’insieme dei rapporti a rilevanza giuridica, anche patrimoniale, che si intrattengono su internet, ad esempio facendo degli acquisti, aprendo un conto online, depositando su dei cloud materiale provvisto di un valore economico intrinseco”, spiega Bechini. Quando si parla di eredità, dunque, “parliamo di eredità di beni che hanno un valore economico tangibile. Pensiamo ad esempio al conto online. Per i social network, si parla invece di esigenze di riservatezza, di decoro e di opportunità di informazioni che comunque il defunto aveva inteso rendere pubbliche nella cerchia degli amici o comunque diffuso in vita. Altro è sapere cosa accade dei beni di interesse patrimoniale che sono raggiungibili e sono custoditi online”.

La questione riguarda conti correnti, documenti di lavoro, progetti che vanno recuperati o dati in eredità. Spiega l’esperto del Notariato: “Un giornalista può avere materiale preparato per un cliente. Un fotografo può avere un servizio che gli è stato commissionato. Un avvocato può avere nelle risorse online materiale sottoposto per un parere. Un esperto di tecnologia antincendio potrebbe avere il progetto di un edificio che gli è stato sottoposto per un’opinione. Tutti questi materiali appartengono a qualcuno. Il servizio del giornalista può essere della testata se è un lavoratore dipendente, degli eredi se è freelance. Uno dei messaggi importanti che trasmettiamo è questo: avere accesso online a una determinata risorsa non vuol dire essere proprietario dei beni accessibili”.

Un conto è l’accesso alle risorse online, un conto sapere di chi sono e a chi andranno. Spiega Bechini: “L’esempio più importante è quello del conto online: in una coppia non sposata e senza figli, anche se un partner ha lasciato all’altro le password e tutti gli strumenti per accedere al conto corrente, questo non vuol dire che alla sua morte la giacenza sul conto corrente passi al partner. Anzi passerà ai fratelli, ai genitori o persino ai cugini, in qualche caso, ma non al partner, a meno che non ci sia un testamento. Un conto sono le password e le chiavette che consentono l’accesso alla risorsa, altra questione è sapere di chi è quella risorsa”.

Cosa si fa, dunque? Una delle soluzioni più semplici è affidare le password a una persona di fiducia, per far sì che questa possa avere accesso alle risorse online. Le risorse stesse però, se hanno interesse patrimoniali, andranno agli eredi. Si chiama mandato post mortem. Spiega Bechini: “Il primo livello da considerare è l’opportunità di lasciare la password a qualcuno. Noi sconsigliamo che sia il partner, perché in caso di separazione o tensione nella coppia queste si possono trasformare in armi micidiali, ma si tratta di una scelta personale. Così si consente l’accesso alle risorse. Dopodiché le risorse vanno attribuite e fatte pervenire dalla persona di fiducia a chi ne ha diritto. E la persona che ne ha diritto può essere la più varia – spiega Bechini – Abbiamo fatto l’esempio del professionista che ha nei dischi online del materiale che non è suo: va restituito a chi ne ha diritto, in qualche caso al cliente o al datore di lavoro. I denari dovranno pervenire a chi ne ha diritto secondo le normali regole”.

Non si parla di “testamento digitale”, che non è espressione corretta. “Tecnicamente si parla di mandato post mortem, cioè individuare una persona che abbia l’incarico di accedere ai conti dopo la morte e di fare ciò che la persona gli aveva chiesto sulle questioni non di interesse patrimoniali, per esempio cancellare determinata posta. Per questioni di interesse patrimoniale, invece, bisogna rispettare i diritti patrimoniali che i soggetti hanno su questi beni”, spiega Bechini. Per il mandato post mortem non serve il notaio. Può essere addirittura verbale, anche se è meglio farlo per iscritto a tutela del mandatario stesso, cui si dà l’incarico, ad esempio, di distruggere una parte dei dati o di consegnarli a qualcuno. “Il limite – spiega l’esponente del Notariato – è che queste operazione non possono portare come loro effetto la sottrazione di una risorsa patrimoniale agli aventi diritto. Io non posso dire al mio amico: ‘se muoio, prendi i soldi dal mio conto corrente e dalli a una determinata persona’, perché il mandato post mortem non può riguardare l’allocazione e la destinazione di beni che hanno un valore patrimoniale. Non si possono bypassare le regole sull’eredità”.

Detto questo, l’operazione è opportuna perché il quadro giuridico è incerto. “Non contate sul fatto che la legge provvederà per voi”, avvertono i notai nel loro decalogo, e hanno un motivo per farlo: si rischiano costosi contenziosi internazionali anche solo per recuperare le password delle proprie email. Il perché lo illustra Bechini: “Il fatto che non esistano leggi specifiche è probabilmente il problema minore. Il problema più importante è che gran parte dei servizi online che usiamo quotidianamente, da Facebook a Gmail a Yahoo, sono basati all’estero e sono regolati da leggi locali. Ad esempio tutti i servizi della galassia Google sono sottoposti alle leggi della California, e la giurisdizione esclusiva è quella dei giudici della contea di Santa Clara. Questo significa che ogni contenzioso che possa attivarsi relativamente a queste risorse sarà sottoposto alla legge californiana e portato alla cognizione di un giudice americano. In sostanza: devo prendermi un avvocato in America che faccia causa davanti a un tribunale americano, con costi assolutamente di altro ordine di grandezza rispetto a quelli italiani. Non affidiamoci alla legge. Se muoio senza lasciare le mie password di Gmail, il tentativo dei miei eredi di avere le password per accedere alla mia posta sarà un tentativo difficilissimo, molto costoso e complicato. Non pensiamo che la legge ci tolga le castagne dal fuoco. Molto più semplice è provvedere col mandato post mortem”.

Detto questo, rimane poi quella identità digitale non patrimoniale fatta delle proprie tracce e delle proprie rappresentazioni online. Queste però, spiega Bechini, portano minori problemi e hanno a che fare soprattutto col diritto all’oblio. “Sull’aspetto non patrimoniale penso che i problemi giuridici siano più circoscritti perché stiamo parlando di materiali che sono stati messi volontariamente in Rete – argomenta l’esperto del Notariato – Si può porre, ma indipendentemente dalla morte, anzi soprattutto in vita, il problema del diritto all’oblio, quest’ultimo ancora abbastanza irrisolto”.

 

 
 
 

Anonymous (due?) contro i pedofili

Post n°936 pubblicato il 27 Luglio 2012 da acer.250

 

     Si chiama #OpPedoChat ed è il nuovo fronte di lotta digitale contro la pedo-pornografia condotto dal gruppo Anonymous. L’annuncio è stato dato attraverso il canale ufficiale di Youtube ed è stato accompagnato dalla promessa di rendere pubblici indirizzi Ip e e-mail legati a siti e forum incriminati,  nonostante alcuni dettagli la formula Anonymous ha seguito il consueto copione: una breve sigla introduttiva con il saluto ai “cittadini del mondo” e la presentazione “Noi siamo ” a cui è seguito un breve comunicato condotto dall’ormai celebre maschera di Guy Fawkes. Il cospiratore che tentò di assassinare Re Giacomo I e tutti i membri del Parlamento inglese è diventato il simbolo del più celebre film “V per Vendetta” e logo del gruppo di hacker responsabile dei maggiori attacchi informatici degli ultimi anni. Dopo le operazioni contro i politici, il Vaticano, l’aiuto a Wikileakes e le numerose azioni più o meno dimostrative il gruppo si scaglia nuovamente contro la pedofilia, primo episodio nell’ottobre dello scorso anno con l’OpDarkNet in cui vennero oscurati numerosi blog e siti pedo-pornografici e pubblicati oltre 1500 nomi di persone coinvolte a vario titolo in quel mercato.

Nel video dell’#OpPedoChat una voce tranquilla e a tratti quasi delirante spiega: “Recentemente è venuto alla nostra attenzione che c’è stata un’ondata di siti web dedicati ai pedofili per chat e condivisione di fotografie. Anonymous ha lo scopo di diminuire se non di eliminare questa piaga da internet. Per il bene dei nostri seguaci, per il bene dell’umanità, e per la nostra soddisfazione personale potremo espellere da internet e distruggere sistematicamente tutte queste piattaforme che continuano ad operare. Anonymous riconosce questo obiettivo come un impegno serio e non si aspetta che venga completato in tempi brevi. Fazioni di Anonymous provenienti da tutto il mondo sono coinvolte in sotto-operazioni, le informazioni sui pedofili vengono raccolte e diffuse. Anonymous ha il dovere di esporre questi siti pedofili per chi e per cosa realmente sono”.

E così è stato: a distanza di pochi minuti sono stati messi pubblicamente in rete indirizzi mail, nomi, cognomi, Ip delle connessioni di persone in qualche modo coinvolte in questi siti pedo-pornografici. La prima “vittima” illustre dell’operazione non si è fatta attendere e a distanza di poche ore un deputato belga del partito di estrema destra Vlaams Belang, è stato allontanato dal movimento per essere apparso in quell’elenco, pur sostenendo fin da subito la sua estraneità ai fatti. L’operazione ha suscitato da subito grande ammirazione dai fedelissimi del gruppo e da gran parte dell’opinione pubblica, qualche critica è invece arrivata in merito al metodo utilizzato: facendo in questo modo potrebbero infatti essere coinvolti titolari di abbonamenti di connessione, enti o privati non direttamente coinvolti ma solo colpevoli di aver dato in uso le postazioni a potenziali e sconosciuti pedofili. Una situazione simile si era già infatti creata all’interno dell’Operation Ore condotta dalla polizia britannica in cui vennero arrestate oltre 3700 persone colpevoli di aver utilizzato la loro carta di credito per l’acquisto di materiale o per l’accesso a certe sezioni di siti web. In questo caso però non vennero effettuati controlli in merito alle carte di credito sequestrate che per la maggior parte risultarono essere state rubate o clonate dai reali utilizzatori.

A questa situazione si aggiungono alcuni dettagli sulla forma del messaggio: nonostante la formula ricalchi quella già utilizzata in precedenza e il video sia stato caricato sul canale ufficiale del gruppo, qualcosa non convince. Il gruppo, solitamente molto attento ai dettagli, sbaglia infatti a scrivere Anonymous all’inizio del video, mettendo al posto Anonyomous con una “o” di troppo. Inoltre i dati sensibili sono stati pubblicati su PasteBin, negli ultimi tempi accusato di censura proprio da Anonymous al punto che il gruppo ha fondato il sito alternativo AnonPaste. Il tutto farebbe quindi pensare ad un gruppo secondario, facente sempre parte del canale ufficiale, ma in qualche modo slegato, soprattutto nei modi e nei toni, da quello responsabile dei principali attacchi nella storia del gruppo.

 

 
 
 

Informazioni Potenzialmente allarmanti: Agenzia di Intelligence Anonima

Post n°935 pubblicato il 27 Luglio 2012 da acer.250

 

     il denaro virtuale sempre più utilizzato per le compravendite online. Anche se tra Wikileaks e Il sodalizio tra il gruppo hacker di Anonymous e Wikileaks sembra essere arrivato al capolinea e gli hacktivist ora puntano tutto sul loro sito, “Par:AnoIA“. L’acronimo sta per Potentially Alarming Research: Anonymous Intelligence Agency, ovvero “Informazioni Potenzialmente allarmanti: Agenzia di Intelligence Anonima”. A creare tensioni tra gli attivisti e il sito creato da Julian Assange sono le diverse opinioni in merito ai metodi per trattare la diffusione dei leaks (fughe di notizie, ndr) sul web.

D’altra parte le filosofie che ispirano Wikileaks e Anonymous sono diverse fin dalle origini. In primo luogo perché i ragazzi di Assange hanno da sempre puntato sulla collaborazione di “talpe” interne a società e organizzazioni governative, mentre gli hacker recuperano il loro materiale attraverso la violazione di server e computer, pubblicando il materiale “grezzo” direttamente sui circuiti Torrent o su siti Internet. Ma anche lo stile nello “stare in campo” è ben differente: Anonymous può contare sulla clandestinità mentre Wikileaks, come dimostrato dalle vicende giudiziarie che hanno interessato il suo fondatore, è un bersaglio facile per le azioni giudiziarie. A monte dello strappo ci sarebbe l’insofferenza degli Anonymous nei confronti delle lungaggini a cui è sottoposta la pubblicazione dei dati sottratti su Internet. Da qui la decisione di affidarsi a Par:ANoIA. Il sito, inaugurato il marzo scorso, dovrebbe rappresentare il punto di accesso a tutti i dati “recuperati” dalla rete di Anonymous, che verranno pubblicati in un formato accessibile e di facile consultazione allo scopo di consentire una maggiore diffusione delle informazioni trafugate. Negli scorsi mesi, infatti, le imprese di Anonymous hanno trovato largo spazio nei media, ma il contenuto dei materiali pubblicati è stato quasi ignorato. Un membro di Anonymous ha spiegato il senso dell’operazione nel corso di una chat con un giornalista di Wired Usa: “Il motivo per cui le persone non si interessano alle informazioni pubblicate è che non sanno come utilizzarle. In pratica stiamo cercando di renderle accessibili a chiunque voglia farne qualcosa”.

Le pubblicazioni sul sito sono cominciate solo da pochi giorni e il materiale, per adesso, è ancora poco: un database delle email sottratte a HBGary, società di sicurezza informatica che collabora col governo statunitense, le trascrizioni della celebre intercettazione telefonica fra Fbi e polizia inglese per combattere il gruppo di pirati informatici e altro materiale, tra cui le attività di controllo sul web da parte del governo australiano e le tecniche di disinformazione applicate nei forum Internet. L’homepage, però, contiene tutti gli strumenti per consentire ai visitatori di sfruttare i materiali pubblicati, a partire da un motore di ricerca per parole chiave a un indirizzo email dedicato alla stampa, in cui viene fornita anche la chiave pubblica per crittografare i messaggi. Non manca, infine, un collegamento attraverso il quale è possibile fare donazioni per sostenere il progetto. La valuta adottata è il bitcoin, gli hacktivist non è ancora divorzio, dai botta e risposta comparsi su Twitter negli ultimi giorni è evidente che i rapporti sono per lo meno tesi. Il team di Wikileaks, in un tweet di metà luglio, ha accusato Anonymous di “dilettantismo”, puntando il dito contro l’utilizzo di alcuni strumenti di comunicazione che metterebbero a rischio l’anonimato di chi procura il materiale pubblicato.

 
 
 

ho fatto ciò che ho pututo ...

Post n°934 pubblicato il 27 Luglio 2012 da acer.250

 

    Il piano era questo: via il Cavaliere impresentabile, dentro l’autorevole economista neoclassico (o liberista, per chi preferisce) che faccia una politica di destra e convinca i tedeschi che adesso si possono fidare e prestare la loro garanzia a copertura delle finanze europee. Solo che quel piano è fallito: dopo un paio di manovre, la riforma delle pensioni, quella del lavoro, la spending review e lo svuotamento e la messa in vendita delle municipalizzate che tanto danno fastidio alle multinazionali dei servizi, l’Italia si trova all’ingrosso nella palude in cui era a novembre, il Professore per primo, che sa benissimo che la situazione si risolve solo se Angela Merkel cambia atteggiamento (ma non può con le elezioni davanti), è scoraggiato e lo ha spiegato anche a Giorgio Napolitano, il regista del suo arrivo a Palazzo Chigi: “Il mio governo ha fatto tutto quello che poteva”, avrebbe detto il premier al capo dello Stato. Il risultato è che l’avventura dell’ex presidente della Bocconi alla guida dell’esecutivo volge al termine: riforma della legge elettorale e voto in autunno, nelle prime due settimane di novembre, sembra essere la decisione finale dei partiti. La prima conseguenza di questa scelta è già stata plasticamente definita negli incontri di ieri separati, tra Monti e i segretari di Pd e Pdl, Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano: i grandi provvedimenti del governo dei professori sono finiti, il ciclo di riforme si chiude con quei decreti che sono ancora in Parlamento (e sulla spending review, o meglio sui tagli a enti locali e sanità, bisognerà discutere parecchio, al massimo, ad agosto, ci sarà il tempo per tradurre in legge le proposte di Francesco Giavazzi sulla riduzione degli incentivi alle imprese o una (leggera) revisione delle agevolazioni e detrazioni fiscali. Il furore rigorista tedesco applicato da Monti all’Italia non ha sortito l’effetto politico sperato, ovvero l’ammorbidimento dei paesi nordici, ma quello tecnico prevedibile e certo, la recessione.

 
 
 
 
 

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