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Post n°1181 pubblicato il 19 Gennaio 2022 da acer.250
Secondo uno studio condotto da due ricercatori statunitensi, David Robertson della Princeton University e Peter Doshi dell’Università del Maryland, l’uscita dalla pandemia di coronavirus sarà un processo che «avverrà gradualmente e in modo non uniforme». Dunque la tanto sperata immunità di gregge non ci sarà. Il report è stato pubblicato sul British Medical Journal, e la tesi è stata raggiunta dopo aver analizzato quanto accaduto nel 1918 con l’influenza spagnola, nel 1957 con l’asiatica e nel 1968 con l’influenza di Hong Kong. Un confronto, che ha proiettato i due analisti proprio su cosa sarà quando le ondate dei contagi saranno un ricordo. «La fine della pandemia – hanno precisato gli studiosi – è più una questione di esperienza vissuta, quindi è più un fenomeno sociologico che biologico». Nello specifico, quelle come quella in atto, cioè le pandemie virali respiratorie, «semplicemente non finiscono in un modo tale da essere visualizzate su un pannello. Lungi dall’essere una fine drammatica, le pandemie svaniscono gradualmente mentre la società si adatta a convivere con il nuovo agente patogeno e la vita sociale torna alla normalità». I due ricercatori hanno voluto sottolineare come la pandemia sarà finita «quando spegneremo i nostri schermi e decideremo che altre questioni meritano ancora una volta la nostra attenzione. A differenza del suo inizio, la fine della pandemia non sarà trasmessa». Rispetto alle pandemie precedenti, sottolineano Robertson e Doshi, Covid-19 ha prodotto «un’interruzione senza precedenti della vita sociale» ed è «unica».
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Post n°1180 pubblicato il 17 Gennaio 2022 da acer.250
No caro Speranza, questa non è e non diventerà mai la nostra normalità! Ci rivolgiamo a lei perché le sue parole pronunciate durante l’ultimo Question Time alla Camera fanno saltare sulla sedia tutti coloro che non hanno alcuna intenzione di accettare che lo stato di emergenza diventi la "conditio sine qua non" della nostra esistenza. Andiamo per ordine. Mercoledi 12 Gennaio, il Ministro che di speranza ha conservato solo il cognome, ha annunciato che in tale data erano già stati scaricati 194 milioni lasciapassare sanitari per vivere. «La strategia del governo continuerà a puntare in maniera molto significativa sul green pass, e questi numeri dimostrano quanto questo strumento sia pienamente dentro gli ambiti e la consuetudine dei nostri cittadini». Parole che non lasciano alcuna dubbia interpretazione, quelle pronunciate con toni trionfalistici dal ministro della Salute, dimostrando l’intenzione di non modificare di una virgola una linea di contrasto al Covid-19 che di fatto fa acqua da tutte le parti. Continua inesorabile la narrazione pandemicamente corretta per cui questo lasciapassare verde è indispensabile, quando, di fatto, si è dimostrato uno strumento assolutamente inutile per lo scopo dichiarato da chi lo ha messo in campo, ovvero quello di bloccare la diffusione dei contagi, ma perfettamente adatto per esercitare il controllo politico sui cittadini. Se per gli altri paesi europei il concetto di normalità è imprescindibile da quello di libertà individuale, Speranza e la compagine compiacente, vuole convincere gli italiani che è comprimendo sempre di più quelle stesse libertà che potremo riavere una vita normale. Mai più attuale fu il famoso bipensiero orwelliano, ovvero la capacità di accogliere simultaneamente nella propria mente due opinioni tra loro contrastanti, accettandole entrambe. Parlare di normalità associandola a libertà compresse è un ossimoro. Il Times, ha citato le dichiarazioni di Sajjd Javid, segretario di stato per la salute e gli affari sociali del Regno Unito, il quale si è dichiarato pronto a liquidare il passaporto vaccinale all’inglese entro il 26 gennaio. Il certificato verde, nella terra di Sua Maestà la regina Elisabetta, serviva a poco e niente: utile solo per accedere ad attività ludiche,non è mai stato necessario per vivere, o lavorare. Ma cosa ha portato Londra a mandare in soffitta questo orpello burocratico? Semplice: un bagno di realtà. Stanno ipotizzando di abbandonare anche l’indicazione allo smart working. Resterebbe solo l’obbligo di mascherine per i luoghi al chiuso, visto che all’aperto in Gran Bretagna non è mai stata obbligatoria. Un allentamento che arriva alla luce dei «segnali incoraggianti»: contagi in diminuzione, giù anche i ricoveri con l’ondata scatenata dalla variante Omicron che secondo diversi scienziati ha raggiunto il suo picco e iniziato la discesa. Una visione ottimistica, un faro di luce laddove i nostri governanti continuano a vedere solo buio
tratto da : Il Tempo |
Post n°1179 pubblicato il 26 Dicembre 2021 da acer.250
Il periodo delle feste, in realtà può essere tanto triste e difficile per moltissime persone. Il contrasto tra le lucine degli addobbi fuori e la solitudine che molti avvertono nella propria vita, può essere così forte, da diventare insopportabile. Contrariamente a quanto si pensi, il Natale è un momento complicato per molte persone. Gli obblighi familiari e sociali aumentano e non sempre è facile gestirli. un saluto da Acer |
Post n°1178 pubblicato il 12 Dicembre 2020 da acer.250
Da ormai nove mesi l’umanità si trova a condividere un avversario più volte definito subdolo e, più o meno unita, cerca di trovare una soluzione facendo fronte comune, cosa che già di per se è una rarità, visto che l’unità di intenti trova spazio quasi soltanto nella cinematografia, quando l’equipe di turno composta da scienziati di tutto il mondo cerca di sconfiggere il nemico alieno. Il virus di cui parliamo, così piccolo ma così dannoso, è ancora bel lungi dall’essere pienamente compreso: ci dicono che potrebbe subire mutazioni nel tempo, che potrebbero esserci più varianti, cosicché un unico vaccino potrebbe non essere sufficiente, poi ci dicono che è clinicamente morto, ma dopo poco ci accorgiamo che così non è. Sembra quasi di dover interpretare il linguaggio di una specie aliena. A tal proposito, e tornando anche al parallelismo con lo spirito cinematografico, mi viene in mente un film di pochi anni fa, Arrival, in cui dopo che alcune astronavi dalla forma del Burj Al Arab (l’albergo di Dubai a forma di vela per capirci) arrivano sulla terra, una linguista viene contattata dall’esercito per scoprire se gli extraterrestri possono rappresentare una minaccia per l’umanità. Ecco, credo che cercare di capire il funzionamento del virus è un po’ come voler provare a comprendere il linguaggio di una specie aliena; e anche se nel film la professoressa Banks in qualche modo ci riesce, gli esiti non sempre sono così scontati. In alcuni casi allora, forse più che cercare di capire, cosa che di per sé svela un certo peccato di presunzione poiché si da per scontato a priori di essere in grado di farlo, basterebbe provare a farsi capire, assumendo che la popolazione aliena sia dotata di mezzi più avanzati per farlo. Ma allora dovremmo farci capire dal virus? Beh, in un certo senso credo. Per farlo innanzitutto occorre mettersi a nudo, abbattere i muri che ci separano dall’esterno, ma soprattutto essere sinceri, specialmente con noi stessi. Il virus esiste, e lo percepiamo ormai quotidianamente; vanno quindi messe al bando tutte le forme di negazionismo, più o meno esplicite. Inoltre occorre evitare di cadere nella trappola del “predicare bene e razzolare male” o , peggio ancora, sostenere un giorno una cosa e il giorno dopo l’opposto. La confusione in un contesto come quello che stiamo vivendo non aiuta, servono ricette certe, anche se provvisorie. E in attesa di un vaccino che possa venirci in soccorso, le poche ricette che abbiamo a disposizione sono il distanziamento e l’uso della mascherina, quello corretto e responsabile però. Rispettiamole, come se non ci fosse un domani! Anzi, se no non ci sarà affatto. Ho detto all’inizio che sono trascorsi quasi nove mesi dall’esplosione del contagio. Chissà che il nono mese non ci porti qualche buona notizia! |
Post n°1177 pubblicato il 14 Agosto 2020 da acer.250
Il virus? Non esiste? I 35mila morti? Persone anziane con molte patologie pregresse. In Italia cresce il partito dei negazionisti, un movimento trasversale che abbraccia tanto chi propaganda teorie complottiste, tanto chi all’esistenza del SARS-COV-2 ci crede anche, ma ne minimizza pericolosamente i rischi. Proprio per ricordare agli italiani cos’è e cosa può provocare il coronavirus, i volontari della Protezione Civile dell’E.R.A. di Taranto hanno postato qualche tempo fa un messaggio che è un po’ un pugno nello stomaco per chi mette la testa sotto la sabbia per non vedere. Un post dedicato alla “ventilazione artificale”, un’espressione neutra che anche sui giornali abbiamo letto più volte. “Da buoni ‘seminatori di panico e allarmisti’ come spesso veniamo etichettati” i volontari della protezione civile spiegano cosa significa dover ricorrere alla ventilazione perché, si legge nel post, “un sacco di gente che non ha idea di cosa si tratti”.“Non è una maschera di ossigeno messa in bocca mentre stai sdraiato a pensare alla tua vita”. “La ventilazione invasiva per il COVID-19 – si legge -, è un'intubazione fatta sotto anestesia generale e consiste nel rimanere 2 settimane senza muoversi, spesso a testa in giù (decubitus ventrale) con un tubo sepolto in bocca fino alla trachea che ti permette di respirare al ritmo della macchina a cui è collegato.Non puoi parlare, mangiare o fare niente in modo naturale”. E poi, proseguono i volontari, “il fastidio e il dolore che provoca hanno bisogno della somministrazione di sedativi e antidolorifici per garantire la tolleranza al tubo per tutto il tempo in cui il paziente ha bisogno del macchinario, tutto questo durante un coma artificiale”. Un trattamento invasivo e doloroso che può lasciare dei segni anche nei pazienti più giovani. “In 20 giorni di questo ‘trattamento morbido’ in un giovane paziente la perdita di massa muscolare è del 40 % e la riabilitazione sarà da 4/6 mesi, associato a trauma della bocca o anche delle corde vocali”. “Questo – si legge ancora - se il tempo di ricovero non è troppo lungo e il tubo deve essere tolto per fare una tracheotomia.Ecco perché le persone anziane o già fragili non ce la fanno”. Il post, pubblicato a fine luglio ma rimasto a lungo virale su facebook, ha ricevuto centinaia di condivisioni. Scorrendo i commenti purtroppo ci si rende conto che il messaggio non è arrivato sempre a destinazione. Proprio per questo post di questo tenore sono oggi più necessari che mai. “Continueremo ad ‘allarmarvi’ – spiegano dalla Protezione Civile - fino a quando la gente si renderà conto che questa ‘sceneggiata’ ci è costata finora 35.000 morti e che il virus è ancora in mezzo a noi”. |
Inviato da: maresogno67
il 23/01/2022 alle 18:25
Inviato da: acer.250
il 27/12/2021 alle 18:12
Inviato da: amistad.siempre
il 27/12/2021 alle 10:34
Inviato da: motto59
il 25/12/2020 alle 23:34
Inviato da: saggezzaindiana
il 18/09/2020 alle 22:52