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« Messaggio #139Messaggio #141 »

divertimento obbligatorio!!!

Post n°140 pubblicato il 17 Novembre 2006 da amya
Foto di amya

un sms ricevuto ieri:   "Ciao stase ci sei anche tu dal Kri?! Max mi ha detto che anche voi a capodanno siete a MI vero?! volevamo riassumere le idee  (ti riporto la tua memo della fotocam Grazie) facci sapere L."

?!?????  ohhhhh ?! ma per favoreeee.... voglio dire passi per le luci e i vari addobbi natalizi piuttosto che gli assurdi scaffali interi ed espositori promozione nel bel mezzo del reparto ortaggi in esselunga pieni zeppi di cartaregalo e centritavola tendenza .. già dai primi di novembre (anzi ormai a partire praticamente da nemmeno un'ora dopo la scadenza delle zucche e dei festoni a scheletro di halloween!!!)  ma chiedermi di presentarmi a una sorta di briefing stabilito sul "Capodanno: must Divertirsi!"  nooooo Lorenzo... spiacente ma va veramente oltre le mie possibilità, capacità , tolleranze (chiamatele un pò come volete, insomma.) e dovresti saperlo...

Posso capire se si stesse organizzando un viaggio .. o qualcosa magari di logisticamente impegnativo ma dato che già dalle premesse non è di questo che si tratta .... daccapo: Ma per favore! Noàààh!

Ovviamente a quella fantastica serata dal kri non ci si è certo presentati (ohh un piccolo improvviso malanno di stagione! èhèh) ma quell' atroce sms mi ha dato uno spunto per ....


                                                                                una stanza per sempre

 Visto che è l'ultimo dell'anno prendo la stanza grande, quella da otto dollari. Ma sembra più piccola di prima; e seduto alla finestra, mentre guardo la pioggia e la città, capisco che l'attesa mi divora di nuovo. Non dovrei mai arrivare in queste piccole cittadine sul fiume finchè il mio rimorchiatore non è ormeggiato, invece arrivo sempre presto, aspetto, osservo la gente per strada. Là fuori le lampade a vapore guizzano violacee, fanno rimbalzare la luce sul marciapiede, distorcono i colori di ogni cosa. Poche persone avanzano sotto il piovischio, ma non si fermano a guardare le vetrine dei negozi da poco.
Lontano, oltre le strade, tra gli edifici vedo i tratti neri del fiume, ricoperti di brina con questa pioggia nebbiosa. Ma sul fiume è sempre lo stesso. Domani comincia un altro mese sul fiume, poi un mese a terra. solo le storie che raccontiamo cambieranno, avvolgeranno altri tempi e altri nomi. Ma ci sarà lo stesso equipaggio sul Delmar, gli stessi lavori per diciotto ore al giorno, e presto non ci saranno più storie. Per ora, aspetto, osservo il vento che sferza la pioggia sui vetri e annebbia le vetrine.
Accendo la piastra per farmi il caffè, cerco sul giornale qualcosa da fare, ma stasera non c'è il wrestling nè la boxe e persino il bowling è chiuso per l'ultimo dell'anno. Potrei forse andare in un bar sulla PrimaStrada, prendermi una sbronza colossale, ma non se domani devo dare la caccia ai topi e camminare su e giù sulle tavole d'acciaio tutte umide. Meglio comprare una bottiglia, ubriacarmi e mettermi presto sotto le coperte, meglio non pensare a uscire.
Butto giù il caffè troppo in fretta, mi brucio la lingua. Non va mai niente per il verso giusto. Mi sa che è l'ultimo dell'anno che mi porta male, è un inizio, d'accordo, solo che ripenso alle feste che facevamo in marina, al casino che abbiamo fatto l'anno in cui stava per finire il servizio , e mi fa sentire da schifo stare seduto qui a pensare alle feste e al lavoro e all'anno appena nato e a quello vecchio. voglio portare il culo fuori di qui, sono stato qui dentro troppo tempo.
Mi metto la giacca e il berretto da marinaio, poi mi fermo sulla porta e mi accendo una sigaretta. Il corridoio e la tromba della scale sono tutti illuminati per tenere lontani puttane e barboni. La porta dall'altra parte del corridoio si apre e la drag queen sbircia fuori, mi lancia un'occhiata: "Buon anno". Chiude piano la porta e io levo le tende, do un calcio alla porta, macchio la vernice con le mie suole di gomma. Lo sento là dentro che ride di me, ride perchè sono solo. Sento le sue risate per tutto il tempo che scendo le scale. Ha ragione. ho bisogno di una donna, ma non di una puttanella. Ho bisogno del dopo, di quello che una puttana non può mai darti. Quando arrivo nella hall piena di donne grasse e vecchi, penso che questa è l'unica casa che ho. Forse ho preso questa stanza per sempre; potrei anche non aver bisogno di andare da un'altra parte dopo stanotte.
Sto sotto la tettoia, fumo, guardo indietro verso la hall quei vecchi disgraziati. Penso che nella mia famiglia adottiva tutti erano vecchi e la maggior parte di loro è morta a quest'ora. Forse è meglio che siano morti o potrei anche tornare indietro, visitarli e metterli in difficoltà. Non mi porterei dietro nessun sussidio adesso, e sono troppo grande per essere preso a frustate.
Butto la sigaretta, la guardo saltellare nell'acqua di scolo attraverso la grata del tombino. Probabilmente sarà nel Mississipi prima del Delmar. Deprimermi in giro per questi paesei per nove mesi mi ha fatto diventare strambo; a forza di camminare su è giù sulle chiatte e assicurare gru nell'acqua alta sono finito qui con il resto di questi disgraziati. Adesso la  bocca mi brucia per il caffè e non ho nemmeno voglia di sbronzarmi. Cammino per strada, guardo la gente che passa, e penso che persino le puttane nei loro cappotti lunghi di vinile camminano come se avessero qualche posto dove andare. Penso che mi sto buttando abbastanza giù se queste vecchie troie cominciano a non sembrarmi tanto male.
Cammino finchè non vedo un barbone che entra in un vicolo tra due edifici. Ha preso una bella sbronza, è mezzo andato. Mi fermo a guardare questo vecchio alcolizzato che prova ad aprire i suoi giornali per farsi un letto, ma la brezza nel vicolo continua a sparpagliarli i fogli tutt'intorno. E' buffo osservare questo rifiuto che corre dietro ai giornali, coi suoi vecchi stecchini che quasi si piegano sotto di lui. Le missioni non lo lasceranno entrare perchè è sbronzo e così questo vecchio alcolizzato stanotte deve dare la caccia a i suoi fogli. Tra poco tutto quello sforzo gli farà vomitare l'anima e io rimango in piedi, faccio una smorfia e aspetto che accada; ma la mia smorfia svanisce quando la vedo in piedi nela vano di una porta.
E' solo una ragazzina, quattordici, quindici anni, ma mi guarda come se sapesse quello che sto pensando, che cosa sto aspettando di vedere con questo vecchio ubriacone, e continua a guardarmi come se fosse l'ira di Dio o roba del genere. Mi fanno male gli occhi a guardarla di sbieco dall'altra parte della strada mentre tengo la faccia girata verso il barbone, ma la guardo lo stesso. Posso dire già adesso che non è una puttana. Ha piuttosto l'aria di una ragazzina che una volta aveva una casa, dei jeans, un vero impermiabile, un telo di plastica sulla testa. Ed è anche troppo giovane per questa città: la legge non tollera pollastrelle in questo posto. Mi sa che probabilmente è scappata di casa e il tipo non è facile da inquadrare. Le passo davanti, non le presto attenzione, poi mi infilo in un negozio di ciambelle.
Prince Albert è seduto al bancone e parla da solo, passandosi le dita arrugginite tra i capelli e la barba. La sua pelle è giallognola perchè si è cauterizzato il cervello con un sistema a quaranta volt a bordo del Cramer. Ho sentito dire che era un bravo guardafili, ma adesso è soltanto un invalido, è sporco e puzza come qualsiasi avvinazzato per strada.
Mangio la mia frittella, bevo a sorsi il caffè e guardo fuori dalla finestra. Il traffico si infittisce, le feste stanno cominciando. Quella ragazza passa, guarda nella vetrina del negozio verso di me come se conoscesse esattamente il momento in cui una sbandata mi farà cadere tra due chiatte. Mi fa venire i brividi e lascio il mio caffè, voglio un goccio e poi un sonnellino, ma quando esco lei è lontana in fondo alla strada, diretta verso i bar squallidi sulla PrimaStrada. La pioggia si gonfia e ulula, sferzando scrosci d'acqua lungo i marciapiedi. La seguo finchè non si mette nel vano di un'altra porta. Il mio cappello è fradicio e l'acqua cominica a corrermi giù per il collo e il viso, ma vado verso l'entrata dove sta lei e la guardo in piedi sotto la pioggia.
Dice: "Mi vuoi comprare?".
Rimango là per un pezzo cercando di capire se è una truffatrice. "Hai una stanza?" chiedo.
Scuote la testa, guarda dall'altra parte della strada, poi su e giù.
"Useremo la mia, ma voglio qualcosa da bere."
"Va bene, conosco un posto che ne vende" dice lei.
"Conosco un posto migliore." Lo conosco questo trucco. Non ho intenzione di farmi fregare i soldi dal suo magnaccia. Ma mi infastidisce, non riesco a capire che tipo di magnaccia non prenderebbe una stanza. Se lavora da sola non durerà più di due giorni tra gli sbirri e i magnaccia.
Camminiamo per la strada fino a uno spaccio. E' bello stare con qualcuno, ma lei sembra troppo seria, come se pensasse all'apsetto economico della faccenda. Compro una bottiglia di JackDaniel's, provo a scherzare. "Jack e io ci conosciamo da tanto" dico, ma si comporta come se non mi sentisse.
Quando entriamo nella hall dell'hotel, due vecchi smettono di parlare per guardarci. Mi sa che lei li fa arrapare e sono contento che questa gentaglia ci stia degnando di attenzione. Sulla porta, ci metto un pò per aprire la serratura e spero che la drag faccia capolino, ma è andata a farsi inculare. Entriamo e prendo un asciugamani per asciugarci, faccio il caffè per il whisky.
"Carino qui" dice lei.
"Si. Lo disinfestano regolarmente."
Per la prima volta sorride e penso che dovrebbe essere fuori a giocare a boccette o qualcosa del genere.
"Non ci so fare molto" dice. "I primi tipi mi hanno fatto abbastanza male, così ho sempre un pò paura."
"E' perchè non sei tagliata per questo mestiere."
"No, è che ho bisogno di un posto. Devo smettere di andare in giro, sai?"
"Si." Nella finestra vedo i nostri fantasmi contro la luce scura del vetro. Mi mette un braccio attorno e penso che forse non siamo mai riusciti a mettere da parte l'aspetto economico della faccenda.
"E perchè saresti venuto da me?" dice lei.
"Mi guardavi in modo buffo, come se vedessi che mi stava per succedere qualcosa di terribile."
Ride. " Bè, no. Ti stavo studiando."
"Si. Sono solo un pò nervoso stasera. Faccio il secondo su un rimorchiatore. E' pericoloso."
"Che cosa fa il secondo?"
"Tutto quello che il capitano o il primo non fanno. Non è una gran vita."
"E allora perchè non molli?"
"C'è di peggio. Mollare non è una soluzione."

"Forse no."

Mi mette la mano sul collo per eccitarmi: vuole che le sorrida, vuole piacermi. "Perchè non molli tu e smetti di fare la puttana? Non fa per te. Ti meriti di meglio."
"E' carino che la pensi così" dice lei.
La guardo, penso che cosa potrebbe essere se avesse un'opportunità o due. Ma non le avrà qui. Nessuno qui ha un'opportunità. Potrei dirle dei mei genitori adottivi, delle signore dell'ufficio del sussidio e della maniera in cui mi hanno guardato quando mi hanno messo su un pullman diretto in un''altra città, ma non avrebbe senso per lei. Spengo la luce, ci svestiamo, ci mettiamo a letto.
Il buio è la cosa migliore. Non c'è viso, non ci sono parole, c'è solo pelle calda, qualcosa di vicino e di dolce, qualcosa in cui perdersi. Ma quando la prendo, so che cos'ho, il corpo di una ragazzina che non si muoverà nè per abitudine nè per piacere, una bambina che gioca a fare la puttana, e mi sento orribile vicino a lei, a causa di lei. Mi forzo su di lei come con tutte le altre. So che le sto facendo male, ma non fiaterà. Lei geme eil mio corpo si inarca in uno spasmo poi, subito dopo, lei si rannicchia lontano da me e la tocco. E' inerte.
Dico: "Potresti stare qui per questo mese. Voglio dire, se vuoi, potrei pagare io l'affitto e tu potresti trovarti un lavoro vero e pagarmi dopo".
Rimane ferma là.
"Forse potresi lavorare in città da Sears o da Penney."
"Perchè non chiudi quella fottuta bocca?" Salta fuori dal letto. "Pagami e basta, okay?"
Mi alzo, metto la mano suoi pantaloni, tiro fuori un biglietto da venti e glielo do. Non guarda la banconota, ma afferra il cappotto, corre fuori dalla porta.
Mi siedo sul letto, accendo una sigaretta e mi si accappona la pelle a pensare a cosa potrebbe succedere a quella ragazza; poi mi dico che è stata solo una perdita di tempo e di denaro. Ripenso a quando a scuola facevo la corte a Jane. I suoi genitori ci avevano lasciati soli nel salotto, ma il suo barboncino continuava a scoparmi la gamba. Stavamo cercando di parlare e il suo cane continuava a scoparmi la gamba. Penso che mi piacerebbe avere una macchina e tornare indietro a cercare quel cane, ma è sempre lo stesso, una perdita di tempo e denaro.
Schiaccio il mozzicone, mi sdraio sul letto con la luce accesa e penso a PrinceAlbert con le briciole di frittelle nella barba e le chiazze di caffè sulla camicia. Penso che ce ne devono essere almeno dieci come lui in ogni città da qui fino al delta e che il rischio di finire così è abbastanza basso. Qualcosa va storto, ci si aggrappa al cavo sbagliato, si fa un movimento stupido alle chiuse del canale. Ma se niente va storto, allora si sgobba per un mese, per un mese ci si ferma e se si è fortunati si può vivere in questo modo per il resto dei propri giorni.
Mi vesto e torno fuori. Sta ancora piovendo e il marciapiede freddo brilla di ghiaccio nuovo. Tra gli edifici i barboni stanno dormendo nell'immondizia che hanno accumulato e penso che a qualche pazzo in California che taglia le gole degli avvinazzati, ma non riesco a capire che cosa ci ricava. I barboni sono come Prince Albert, sono stati sfortunati, è gente che è andata in rovina.
Giro sulla PrimaStrada, passo lentamente davAnti alle bettole affollate una in fila all'altra, guardo dietro ai vetri tutte quelle persone fortunate che fanno festa per l'ultimo dell'anno. Poi la vedo seduta a un tavolo vicino alla porta di servizio. Entro, prendo uno sgabello al bancone, ordino un whisky, liscio. La nuvola di fumo è densa, ma vedo il suo riflesso nello specchio dietro il bancone. Dal modo in cui le cade la bocca vedo che è abbastanza ubriaca. Non credo che sappia che non sarà certo una sbornia a tirarla fuori di lì.
Mi guardo attorno. Tutte queste persone sono uscite dalle loro tane perchè per loro non ci sono feste a cui andare. Sono sconociuti che giocano a biliardo o a flipper, mentre si fanno un goccetto. Tutto l'anno stringono i denti, pompano petrolio e servono ai tavoli e scopano puttane o provocano gay, e non gli piace niente di tutto questo, ma sanno che la loro fortuna è averlo.
La cerco nello specchio ma se n'è andata. L'avrei vista se fosse uscita dal davanti, così vado alla porta di sevizio per cercarla. E' seduta sotto la pioggia contro il muro di un palazzo, svenuta dal freddo. Quando la scuoto, vedo che si è tagliata i polsi fino al tendine, ma la pioggia fredda ha fatto coagulare il sangue, cosi' quando la muovo ne cola fuori solo un pò. Torno dentro.
"C'è una ragazza sul retro che ha cercato di uccidersi."
Quattro ragazzi del bar corrono verso di lei, la portano dentro. Il barista afferra la cornetta. Mi dice: "La conosci?".
Dico: "No, sono solo uscito a prendere un pò d'aria." Esco.
Il barista urla:"Ehi, amico, gli sbirri vorranno vederti. ehi amico...".
Cammino per la strada pensando che la merda va sempre a fondo alla fine e che queste città scaricano la loro merda nel fiume per spingerla verso il delta. Poi penso a quella ragazza seduta nel vicolo, seduta nella sua stessa pozza. Non sono arrivato così in basso.
Mi fermo davanti alla stazione dei pullman, guardo dentro le persone che aspettano e penso a tutti i posti in cui stanno per andare. Ma so che non riusciranno a scappare o che non sarà una sbornia che li tirerà fuori di lì, o che non sarà la morte a liberarli da tutto. E' sempre lì, basta che guardi qualcuno e ti danno un'occhiata come se fossero l'ira di Dio. Mi giro verso il molo, cammino per vedere se magari il Delmar è arrivato in anticipo.


 
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