Creato da: andrea_firenze il 15/06/2013
...

Area personale

 

Ultime visite al Blog

daunfiorediletta.castellianonimo.sabinoCuore.Nudoarturo.saittaBacio_Notturnozucchima1958Nues.sninolove2lesaminatorelumil_0lunadargent0DifettoDiReciprocitaandrea_firenze
 

Ultimi commenti

Citazioni nei Blog Amici: 15
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 
« con lo scatto del pesce ...rumino i gesti di vita »

questo è un canto che dura quanto tu resisti

Post n°157 pubblicato il 05 Febbraio 2014 da andrea_firenze
 

questo è un canto che dura quanto tu resisti perché quell'amore pungente come un riccio e scostante, che ancora miete pensieri, non si è levigato nel tempo, come speravo, ad un dissapore dolce d'irrimediabilità. In notti morbide e profonde come fili di lana c'è adesso in più una soglia dove prima ogni contorno, ogni cima d'albero, ogni filo di tetto era semplicemente una persistenza nel mio cuore molle di terriccio. Le punte che spingevano forte sulla pelle sono rimaste ma la stretta si è allentata ed il dolore ha confuso arma e ferita; lo steccato su cui sbattevo le corna e gli zoccoli, che mi imprigionava e allo stesso tempo mi proteggeva, si è aperto in spazi senza direzioni; e la matassa fanciullesca di esperienza e strade, che abbiamo condiviso, si è sciolta ed ha allentato la tensione e dimenticato le sue ragioni, anche se i segni sono rimasti, come sulle braccia graffiate di una zuffa di bambini. E ancora il tempo insiste ogni passo nella direzione dell'assenza e continuamente svela il tuo crescere primitivo e ne fa nostalgia. In fin dei conti la vita è una serra che frena e attutisce i vecchi deliri e protegge ogni parola che si sprigiona e pronuncia da una intermittenza a schiudersi spegnendola in un vuoto di forze che oscilla. In ognuna di esse l'espressione ce la mettevi tu, che eri l'accensione di un pensiero e di un corpo che sarebbero stati altro. Ti ho amato di più prima, ti amo di più adesso, se ti penso dopo questo corpo, perché ho la speranza che non sia incessante l'immaginazione dell'atto carnale ma persista la dolcezza labile e provvisoria in esso, sfumato e mascherato dal ricordo. Infondo la capacità di immaginare e le possibilità sono nella coerenza della trasformazione all'infinito della materia e riguardano ogni cosa dal più breve evento, all'oggetto semplice, al tempo, che aderisce in essa alla dilatazione di un'onda. Sulla materia e sulle altre vite la storia avanza in strati d'urlo, e trasfigura le esistenze, e disperde ogni cosa che diverga e, alla fine, la cimenta in circuito. Se solo potessi ucciderei tutti i ricordi di questa vita come fossero i figli di Niobe, e farei in modo di renderli raggiungibili come rocce e che ogni volto, ogni incontro, ogni evento accaduto sotto la volta d'ogni volta fosse sempre giovane e recente come una lucciola, non le distingui d'estate sui prati, in una umanità che, se la pensi, nel complesso non invecchia, come i fiumi. Mi chiedo se sia davvero una fortuna essere stati liberi di camminare, senza argini, o se sia una benedizione possedere occhi che al massimo del vigore non precipitino nel buio da una cateratta, e che si faccia giorno: è sicuro che il tratto di una direzione non tracci di fatto solo l'inizio della fine? Riporto sangria e nacchere da Barcellona, cicale di porcellana e sapone da Marsiglia, souvenir che non ho acquistato per te ma che metto in valigia con l'idea che ogni oggetto sia lo stato imperituro dell'idolo che rappresenta: qualcosa di assolutamente fortuito ma così capace di macchiarti la pelle da personalizzare un contesto. E fisso nella memoria un ammonimento per i giorni che verranno: che il cuore affronti inerme ogni istante come l'aria un uccello appena nato che si lanci dal nido, e che non metta penne e non sviluppi la capacità di volare poiché ogni cosa che viene donata trasfigura una morte. Volerei adesso, se si potesse non offendere, se fosse concesso di venire a mani vuote e non pretendere niente, se questo volesse dire interrompere per un po' l'oggi ed avere la possibilità di sbirciare in quelle vite che avremmo potuto essere e che sentiamo parallele in ogni cosa vissuta come con l'orecchio poggiato sulla pancia di un feto. Ma solo alla notte, intrisa di latte, lucida e fredda come una foglia di palma, dal buio di quella soglia, il cuore sussulta, ed il suono colpisce forte, e prima o poi rimbalza, piano e forte, una voce su un io isolato, cinto di simboli, immobilizzato come una formica in una goccia d'acqua: pioggia sono i tuoi semplici capelli, sul viso, intrecciati dal vento; come rami delicati, luccicanti sotto il peso della neve, i tuoi occhi abbassati; e l'immaginazione è la stessa del ricordo, passato, di una sensazione: un mare di bambù improvviso fra le canne e, in mezzo, i giochi sporchi, colpevoli di sperma di bambini che spiavano, a sera, le macchie di cacca sulla faccia della luna. Ed ogni volta è ancora come allora: si ama spezzandosi, tu eri l'onda ed io sono la roccia.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/andreafirenze/trackback.php?msg=12639684

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963