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Grazie Valeria.
Grazie a nome dei partigiani dell'ANPI e grazie da parte della sezione giovani dell'ANPI di Collegno.
Cara Valeria sei la dimostrazione che i valori sani della nostra società sono vivi e che grazie a te e ai giovani come te la speranza che questi non muoiano mai è una certezza non solo una speranza.
Grazie a te e ai tuoi genitori che hanno saputo ragionare con te sui principi di giustizia, di solidarietà.
Ora spazio al tuo elaborato che ha colpito soprattutto i cuori di tutti noi.
Discorso in onore del 25 aprile
Il nostro mondo ha attraversato numerosi problemi e difficoltà nel corso del XIX secolo; infatti si sono abbattute sui popoli due guerre mondiali e si sono sviluppati regimi dittatoriali e totalitari come il fascismo, il nazismo, lo stalinismo.
Questi eventi drammatici hanno portato morte, distruzione, dolore e tanto altro che la mia generazione, forse, non riesce neppure ad immaginare. La storia narrata dei libri è però spesso un elenco di battaglie, sovvertimenti, cause-effetto che trascurano la dimensione più umana dei protagonisti. Quest'anno però la mia classe ha avuto modo di approfondire una parte storica, quale è la Resistenza, a noi abbastanza vicina, che ci spiega, attraverso il passato, il nostro presente. Grazie al Comune di Collegno e all'ANPI, attraverso il concorso “Fascismo e antifascismo? Per me pari non sono”, libro scritto dal senatore Luciano Manzi, abbiamo scoperto il lato umano, i pensieri e le sensazioni degli uomini che hanno rischiato la propria vita, e a volte quella dei propri familiari, per debellare i soprusi del fascismo.
Questi uomini sono i partigiani che hanno lottato per un ideale nobile quale è la libertà.
In classe abbiamo letto il libro del sen. Manzi e sulla base di fatti documentati, di esperienze dirette e di testimonianze ci siamo creati una nostra opinione su quella che è stata la Resistenza. La Resistenza è stato un movimento di opposizione che ebbe inizio dopo l'8 settembre 1943, quando molti militari e civili italiani decisero di diventare partigiani per combattere per onorevoli ideali: un'Italia libera dai tedeschi, un'Italia di nuovo democratica, dopo un ventennio di oppressione e di silenzio. Il 22 aprile, in concomitanza con le celebrazioni per la festa di Liberazione, la mia classe si è recata a Cernobbio, sempre sostenuta dal Comune di Collegno e dall'ANPI, per conoscere un'altra realtà troppo spesso dimenticata: quella degli internati militari italiani, che ridotti a schiavi, dopo l'armistizio, lavoravano per la Germania in condizioni disumane. Agli internati militari sopravvissuti non è mai stato riconosciuto alcun indennizzo dalla Germania, che anzi li denuncia per violazione della loro sovranità. Un'altra tragedia caduta nel silenzio.
Oggi festeggiamo il 25 Aprile: la Liberazione, le scuole e le fabbriche sono chiuse, ma dietro a questa piccola vacanza c'è molto di più: c'è la lotta di tutti coloro che non vollero continuare a combattere dalla parte sbagliata, ci sono tutti coloro che dopo un lungo periodo di discussione, di scontro, di progetti, portarono l'Italia a tornare ad esprimersi senza censure e ad edificare un paese nuovo, dove la DEMOCRAZIA fosse un valore irrinunciabile e la COSTITUZIONE che ne seguì una garanzia di uguaglianza per tutti. Ecco perché io sono d'accordo con il sen. Manzi quando scrive “La Resistenza non fu guerra civile, ma consapevole battaglia di popolo per la libertà”.
È quindi importante celebrare il 25 Aprile non solo oggi, ma tutti i giorni e ricordare che è grazie ai partigiani che oggi possiamo criticare, dissentire, parlare senza essere perseguitati, tutti abbiamo e continuiamo a beneficiare della Liberazione.
Noi giovani abbiamo però, il compito di non chiudere gli occhi davanti ai soprusi, all'intolleranza, all'intorpidimento delle coscienze, ma di continuare a vigilare perché la democrazia, la sovranità del popolo non sia mai più sottomessa da alcuno e la LIBERTA' sia un valore riconosciuto come inestimabile e prezioso per ciascuno. Personalmente sono contenta di essere qui e di conoscere tutto questo.
GRAZIE PARTIGIANI!!!
Solitario Valeria
Classe 3^A
S.M.S. “A. Frank”
Collegno (To)
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Cosa si può raccontare di una visita ad Auschwitz-Birkenau?
Niente, perché non ci sono le parole per farlo. Anche i numeri, che hanno il vantaggio di essere di per sé neutri, non posso essere pronunciati, perché la loro grandezza supera la capacità di elaborazione.
Che non si possa dire nulla lo si capisce anche dal silenzio dei visitatori. In silenzio decine e decine di persone si aggirano per le stanze di quella brutta caserma che è Auschwitz e per i sentieri tracciati tra i prati di Birkenau. Si sentono solo le voci delle guide che fanno il loro lavoro.
Per il resto, silenzio.
Se non fosse per l’inevitabile scricchiolio della ghiaia si direbbe che la gente cammini in punta di piedi.
Ad Auschwitz e a Birkenau non si paga il biglietto per entrare, perché sono considerati una sorta di cimitero. Ma il passare attraverso il ben noto portone di Birkenau, accesso della linea ferroviaria che portava i deportati da tutta Europa a morire in quell’angolo di Polonia, non dà la sensazione di varcare la soglia di un cimitero, bensì di passare attraverso ad una delle bocche dell’inferno. Un’enorme bocca, spalancata per inghiottire senza speranza le vittime di un elaborato e scientificamente pensato e realizzato progetto di morte, di cancellazione dalla storia, una volta per tutte, di intere fette d’umanità, che fossero ebrei, handicappati, zingari, testimoni di Geova, oppositori politici o semplicemente eccedenze umane, che toglievano spazio vitale ad un popolo in espansione, destinato a dominare per mille anni il mondo.
Follia? No, è troppo semplice liquidare il problema facendo ricorso alla categoria della follia: la follia è una patologia, e nessuno sceglie di essere malato e se lo è non è certo una colpa.
Auschwitz-Birkenau sono, invece, il trionfo di una ragione perversa ma lucida, che sa programmare, gestire, stabilire tempi e modalità, calcolare costi e ricavi, fissare le necessità di organico, di smaltimento dei rifiuti e di trovare in tutto questo una logica e un fondamento teorico.
E’ questo il vero orrore di Auschwitz-Birkenau. E’ questo che distingue lo sterminio praticato a Auschwitz- Birkenau, e in molte altre strutture simili, dalle innumerevoli stragi di cui è costellata la storia dell’umanità.
“Anche se te lo raccontassi, non ci crederesti” dicevano i sopravvissuti.
Ed era vero. Molti ascoltando le storie dei deportati che, dopo aver oltrepassato la bocca dell’inferno, erano stati così fortunati da poterla nuovamente attraversare per uscire liberi dal campo, non ci credevano, non potevano crederci, non ci riuscivano perché una sana ragione si ribella e si blocca davanti al racconto di quei fatti, che negano la ragione stessa.
Quanto è successo può ripetersi? Sì, anche se per motivi e con modalità diverse. E si potrà ripetere se verrà a mancare un forte senso di giustizia, di fratellanza, di vigilanza politica e soprattutto se verrà a mancare la forza di ricordare, lasciando spazio a chi vuole rimuovere la memoria o negare (che è poi la stessa cosa) l’esistenza di una vicenda che non può essere minimizzata o ridotta a puro fatto contingente, legato ad un periodo della Storia.
Il dovere di ricordare e far ricordare spetta a tutti. E’ una responsabilità dalla quale non ci si può sottrarre, non per alimentare inutile odio, ma per il rispetto dovuto a coloro che sono morti e per il rispetto che dobbiamo a noi stessi, se vorremmo ancora avere il diritto in futuro di definirci uomini e donne.
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Il giorno 11 aprile 2009, l’Associazione “Girovagando" di Collegno, nel quadro delle iniziative sociali, ha organizzato una visita ai campi di sterminio di Auschwitz-Birckenau. In quell’occasione, a nome della Città di Collegno, dell’ANPI sez. di Collegno e dell’Associazione Girovagando, è stata deposta ai piedi dell’urna che contiene le ceneri raccolte nei forni crematori di Auschwitz una targa, offerta dell’Amministrazione Comunale, riportante questa scritta:
" Rispetto e deferenza verso chi, oppositore politico, ebreo, omosessuale, zingaro o semplice civile fu vittima della ferocia nazi-fascista perché noi uomini liberi non si abbia a permettere mai più una simile tragedia.”
Si è trattato di un piccolo gesto, promosso dall’ ANPI Giovani di Collegno, accolto con entusiasmo dagli organizzatori e dall’Amministrazione Comunale, e vissuto con emozione dai partecipanti alla visita. Una semplice testimonianza che è anche un impegno a non dimenticare e a lavorare perché nessuno, mai più e in nessun luogo della terra, debba avere in sorte, come tanti anni fa cantava Guccini, di “passare per il camino”.
Alcune foto che il gruppo di amici ha scattato sul posto; Clicca qui
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NO ALLA PROVOCAZIONE NAZIFASCISTA!
L’ANPI SOLIDALE CON MILANO
MEDAGLIA D’ORO DELLA RESISTENZA
La Segreteria Nazionale dell’ANPI denuncia come provocatorio, vergognoso e inaccettabile il raduno internazionale nazifascista promosso da “Forza Nuova” a Milano per il 5 aprile.
Esso costituisce una intollerabile offesa alla Città di Milano, Medaglia d’Oro della Resistenza e capitale della Guerra di Liberazione che sarà celebrata ancora una volta il 25 aprile, e che pose fine alla dittatura fascista ed alla occupazione straniera nazista, aprendo al Paese la stagione della libertà e della democrazia.
La Segreteria Nazionale dell’ANPI chiede al governo ed al ministro degli Interni di vietare il raduno nazifascista in applicazione delle leggi dello Stato nel rispetto doveroso dei valori dell’antifascismo e dei principi e delle norme costituzionali di libertà, democrazia, diritti umani e serena convivenza civile, misconosciuti e contrastati da “Forza Nuova” con fomentazioni di odio, razzismo e violenza contro persone, simboli e luoghi della memoria della Resistenza.
La Segreteria Nazionale dell’ANPI si rivolge a tutti i suoi Comitati provinciali e regionali, ai singoli cittadini, alle associazioni democratiche, alle forze politiche antifasciste, ai Sindacati e Istituzioni dello Stato affinché in ogni parte del Paese si susciti lo sdegno e la protesta contro il raduno nazifascista e con adeguate iniziative e manifestazioni popolari sia celebrato il 25 aprile a memoria di quanti, civili e militari, donne e uomini dettero la loro vita o combatterono per una Italia libera, democratica e repubblicana.
Roma, 27 marzo 2009
(comunicato stampa)
La Segreteria nazionale dell'ANPI
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Comunicato Stampa ANPI Nazionale
Apprendiamo dal quotidiano “La Repubblica” di oggi che a Massa sono sorte le SSS (soccorso-sicurezza-sociale) su iniziativa della Destra di Francesco Storace, con la contrarietà del Sindaco. Questo ultimo episodio induce l’ANPI ad esprimere ferma opposizione e a richiamare tutti alla necessaria saggezza.
L’utilizzo di privati cittadini organizzati in “ronde” per mantenere l’ordine pubblico nelle nostre strade è un fatto gravissimo. Aldilà delle dichiarate buone intenzioni, è evidente che tale provvedimento può dare adito a scontri sociali di difficile contenimento.
Nelle nazioni democratiche a garantire ordine e sicurezza sono le forze di polizia e laddove sono carenti vanno potenziate. Questa forma di vigilanza “fai da te” fa passare nel Paese il messaggio che chiunque può sentirsi autorizzato a procurarsi giustizia, mettendo a repentaglio la propria incolumità oltre a quella dei presunti criminali. Tutto ciò è inconcepibile in uno Stato di diritto.
Non apriamo le porte ad eventuali nostalgie del passato.
11/03/2009
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“Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione."
Pietro Calamandrei
Recitava Cicerone che la “[Historia] magistra vitae”, locuzione con la quale si intendeva dare alla storia un ruolo sociale importante: la storia come ammaestramento e come ammonimento per regolarci per l’avvenire.
La memoria storica è imperitura, non morirà e difficilmente vari revisionismi potranno cambiare il giudizio che la storia stessa diede al secolo appena conclusosi.
8 settembre 1943. Una data spartiacque della storia politica italiana.
Gli stessi luoghi simbolo del ventennio fascista, ora sono simbolo di libertà, di democrazia conquistata con il sangue di molta gente comune, unita da una sola parola, da un solo concetto che mosse il loro spirito: Liberazione.
Liberazione da una condizione di sudditanza, da una guerra che minò le coscienze degli italiani, rendendoli schiavi, incatenati da una gerarchia alleata al nazismo, di cui condivise soprattutto le leggi razziali, considerando la diversità delle razze, riconoscendola e legittimandola anche in Italia.
Fu ben altra cosa la lotta di liberazione condotta dai partigiani: era rappresentanza più generale della società che esigeva libertà di pensiero, libertà di parola, quell’insieme di libertà che in ogni tempo fanno da preambolo alla semplice dignità dell’essere umano. Diritti riconosciuti come inviolabili, indisponibili, inalienabili.
Equiparare coloro che difesero i valori su cui verrà costruita la Carta Costituzionale da coloro che difesero un regime razziale, è opera di revisionismo storico. La società tutta, in tutte le sue articolazioni, in tutte le sue sfaccettature, proprio come la trasversalità del movimento partigiano, deve difendere i valori etici e morali, prima che sociali, politici e civili, rintracciabili sulle montagne, dove i partigiani diedero la vita affinchè noi attualmente possiamo liberamente criticare in modo costruttivo, contrapporci, essere in disaccordo (senza rischiare il confino piuttosto che la galera) con tutto ciò che riteniamo non in linea con il nostro pensiero, formatosi naturalmente sui libri di testo e in modo plurale, non indotto.
Sembra quasi un gesto di giustizia sociale riconoscere agli ex – combattenti un contributo monetario, ma ciò che sottende a questa argomentazione subdola è una legittimazione di principio a combattenti che non riconobbero la democrazia, la libertà e i valori a essi connessi come valori fondanti la Carta Costituzionale.
La memoria storica dovrà essere sempre difesa da inutili revisionismi, ed è compito della società perpetuarla nel tempo, portandola come esempio alle nuove generazioni di infinito coraggio, altruismo e sacrificio.
La caduta del regime, la fuga di Mussolini, la fine di Mussolini, le montagne, i sentieri i campi di concentramento, le donne e gli uomini: se si potesse dare concretezza alla Costituzione, questi sono i luoghi e le persone a cui riferirsi. Il crollo e la fuga del fascismo giunto al capolinea a Milano significavano la reazione al fascismo da parte della società.
Si possono mai e in ogni tempo equiparare i soldati repubblichini, che combattevano e difendevano un regime dittatoriale, negazionista di qualsiasi libertà, che formulò e approvò le leggi discriminatorie, che pretendevano di controllare la società in ogni suo aspetto, che fecero dei campi di concentramento uno strumento di annullamento morale dell’essere umano in quanto tale, che combattevano contro la democrazia e la libertà, ai partigiani, che combattevano per i principi di libertà, di eguaglianza, di libertà di pensiero, di partecipazione democratica, di manifestare il proprio dissenso?
Evidentemente i fini erano diversi.
Essendoci la possibilità di scrivere queste righe di critica ad un regime, il merito va sicuramente ai partigiani.
Se ci si può riunire dando vita ad associazioni culturali, circoli, partiti con le relative sezioni e con i relativi colori politici, evidentemente il merito è loro.
Se un partito politico come l’MSI prima, AN poi, che ha chiari riferimenti politici di un certo colore, il cui fondatore e segretario, Almirante, fu caporedattore del quotidiano fascista “Il Tevere” nel 1943, firmatario nel 1938 del “Manifesto della razza” e collaboratore come segretario di redazione della rivista “La difesa della razza”, può liberamente presentarsi alle elezioni periodiche( sottolineo periodiche), concorrere alle elezioni per poter governare in modo democratico questo paese, può sedersi liberamente nelle istituzioni di rappresentanza ed esprimere il proprio dissenso, il merito di tutto ciò a che è attribuibile?
Sezione A.N.P.I. Giovani Collegno
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Inviato da: SatanRapesAmerica
il 25/08/2010 alle 20:12