Capitolo 5

Post n°15 pubblicato il 19 Agosto 2005 da antislamico
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Sharia

In Iran, il codice penale Islamico prevede la morte mediante lapidazione per le adultere e per alcuni altri reati. Il codice penale stabilisce che "per la lapidazione, le pietre non dovrebbero essere tanto grosse da uccidere il condannato al primo o secondo colpo, né tanto piccole da non poter esser definite vere e proprie pietre". Nel corso del 1989, almeno 24 delle 40 persone che sarebbero state lapidate erano donne, giustiziate per reati quali l'adulterio e la prostituzione.

In Pakistan, a causa dei decreti Hudood, che sono stati promulgati nel 1979, molte donne rischiano punizioni crudeli. Il crimine detto "zina" - rapporti sessuali extraconiugali volontari- può essere punito con la pubblica flagellazione e la lapidazione. Entro la fine del 1990, benché fossero stati condannati alla lapidazione sia uomini che donne, non era stata eseguita alcuna sentenza. Rischiano l'accusa di "zina" le donne che sono state violentate, che denuncino o meno l'aggressione subita. Se rimane incinta a seguito di uno stupro non denunciato, una donna può essere accusata di "zina". Quando però una donna denuncia uno stupro, l'onere della prova grava su di lei. Parecchie donne pakistane hanno accusato degli uomini di violenza carnale, ma non sono riuscite a provarlo in tribunale. Sono stati assolti degli imputati, mentre le querelanti sono state accusate "zina". Nel 1988, in una stazione di polizia a Lahore, sarebbero state violentate dai poliziotti due donne trattenute con l'accusa di "zina". In seguito a un'inchiesta ufficiale sul caso, l'Alta Corte di Lahore ha appurato che le due donne erano state stuprate e torturate, e che le accuse mosse contro di loro erano false. Le autorità non hanno però arrestato i poliziotti che sarebbero stati coinvolti negli stupri, e, nel marzo del 1990, non erano ancora state ritirate le accuse di "zina" formulate nei confronti delle due donne.(...) In Iran vengono puniti con la flagellazione reati quali il non portare il velo o il non rispettare altre norme sull'abbigliamento. Le autorità imporrebbero questa punizione in maniera incoerente; in alcune occasioni delle donne sarebbero state frustate sulla pubblica via senza la minima formalità legale.

(tratto da "Rapporto sulle violazioni dei diritti umani delle donne", Amnesty International 1991).

NB: nel mondo vi sono più di quaranta paesi che sanciscono la legge musulmana come legge di Stato. Dunque questi sono solo dei piccoli esempi di oppressione femminile in paesi ove vige la Sharìa.

 

 
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Capitolo 5

Post n°14 pubblicato il 18 Agosto 2005 da antislamico
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Facciamo un riepilogo dei capitoli precedenti e vediamo quali miti abbiamo sfatato!

La lotta contro la sharia non è niente di meno che la lotta in difesa dei diritti universali dell'uomo, un concetto nato in Occidente e negato dall'Islam. Benvenuti nel blog delle verità scomode, politicamente scorrette. Dove non si ha paura di scrivere che il profeta Maometto - la cui vita " fa dottrina" per ogni buon musulmano - era un conquistatore tagliateste.   

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Mito numero uno: Maometto non era un un gandhi o un sant'uomo  in salsa araba, non predicò pace e tolleranza. Il profeta lottò in battaglia, conquistò, gettò i nemici a pezzi nelle fosse comuni, stabilì che i prigionieri potessero essere uccisi o fatti schiavi, condannò a morte per i secoli a venire coloro che avrebbero abbandonato la " vera religione". Quanto al Corano, contiene « oltre un centinaio di versetti » in cui esorta i fedeli a combattere i miscredenti ( una sura da imparare a memoria: « Uccidete gli idolatri ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati » 9: 5). Laddove l'Islam invoca la pace è la pace della sottomissione ad Allah per tutte le genti, e le citazioni dei teorici musulmani, anche contemporanei, sono lì a ricordarcelo.

Mito numero due:
ebrei e cristiani hanno vissuto bene sotto la dominazione ottomana. È quello che sostiene pure l'Organizzazione delle nazioni unite nei suoi seminari, ma è anch'essa una balla. Quando convivenza pacifica si è avuta, è perché ebrei e cristiani hanno accettato, loro malgrado, il ruolo di cittadini di serie B. Pagando la jiza, la tassa imposta a tutti i non musulmani, e firmando trattati umilianti in cui acconsentivano, tra le tante cose, a dare un tetto e cibo per tre giorni agli islamici che si fossero presentati in chiesa « come ospiti » . Oltre, s'intende, a non costruire nuove chiese, a non leggere la Torah e il Vangelo a voce alta e a subire le altre restrizioni alla libertà di culto valide tutt'ora in grandissima parte dell'Islam.

Mito numero tre:
l'Islam rispetta le donne, anzi le onora. Corano alla mano, è vero il contrario: « L'uomo ha autorità sulle donne perché Dio ha fatto l'uno superiore all'altra » ( 4: 34). Lo stesso Corano stabilisce che la testimonianza di una donna vale metà di quella di un uomo, così come mezza è la parte di eredità che le spetta rispetto al figlio maschio. Il libro sacro stabilisce anche il diritto alla poligamia maschile e la possibilità per gli uomini di fare sesso con le schiave.
E fu il profeta a stabilire il principio per cui non esiste stupro senza la testimonianza diretta di quattro uomini.

Quarto mito: il Corano vieta di uccidere. Non è così, giacché il comandamento (« Il credente non deve uccidere il credente, se non per errore », 4: 92) vale, appunto, solo se la vittima è islamica; nulla di simile nel Corano protegge la vita dei "miscredenti". Quanto all'uccisione di donne e bambini di altre religioni, secondo la legge islamica vale il principio per cui essa è vietata «a meno che essi non stiano combattendo contro i musulmani» . Il che, oggi, autorizza le stragi di civili da parte dei kamikaze.

Ultimo mito: i cosidetti fondamentalisti non sono una piccola minoranza che  si è impossessata del potere e che impone la feroce dittatura islamica, ma sono l'islam! 

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Capitolo 5

Post n°13 pubblicato il 18 Agosto 2005 da antislamico
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Iran: impiccata una ragazza di 16 anni, Atefe Rajabi, colpevole di amare il suo ragazzo
( Valentina Piattelli )

Sul  sito della resistenza iraniana contro il regime dei Mullah è comparsa la traduzione dal persiano (a cura di "Khorshid") del resoconto dell'uccisione di una ragazza di 16 anni, Atefe Rajabi, impiccata per essere stata sorpresa in intimità con il proprio ragazzo.

Ve ne riproponiamo alcuni estratti:

"
Sabato 15 agosto una ragazza di 16 anni, Atefe Rajabi, figlia di Ghassem Rajabi, è stata giustiziata nella città di Neka, nella provincia di Mazandaran, per “atti incompatibili con la castità”. [...]
Anche se dal certificato di nascita risultava avesse 16 anni, la corte locale ha falsificato i documenti dichiarando che ne aveva 22.

Tre mesi fa, durante il processo, la ragazza era arrabbiatissima ed ha insultato il giudice, Haji Reza, che è anche capo della magistratura della città. Per protesta si è tolta il velo e cha cominciato a togliersi alcuni vestiti. Questo atto ha reso il giudice furente, tanto che ha voluto giudicarla personalmente e poi metterle personalmente la corda al collo ad Atefe Rajabi e dare personalmente il segnale al boia.

Nonostante secondo la legge della Repubblica Islamica, al presenza dell’avvocato difensore sia obbligatoria, anche se l’imputato non può permetterselo, Atefe Rajabi ha subito tutto il processo da sola, senza avvocato difensore. Suo padre in lacrime era andato per la città chiedendo soldi alla gente per poterlo pagare, ma senza successo.

La ragazza è stata sepolta il giorno stesso dell’esecuzione, anche se poco dopo è stata dissotterrata a scopo di rubarle i pochi averi che le erano rimasti addosso. Un furto misterioso di cui non si ha spiegazione.

Il compagno della ragazza, arrestato insieme a lei, è stato condannato a 100 frustrate e in seguito rilasciato.”

Fonte: Giornale svedese VG

Data:16.10.2004

 

A Marivan città del kurdistan iraniano è stato uccisa con lapidazione Jila Izàdi la bambina tredicenne violentata dal proprio fratello dopo avere partorito i suoi figli in carcere. Gli sforzi di organizzazioni internazionali, Amnesty International non hanno potuto salvare la bambina vittima di violenza carnale da lapidazione e la lagge barbarica della sharià in vigore nella Repubblica Islamica teonazista iraniana.



 
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Capitolo 5

Post n°12 pubblicato il 18 Agosto 2005 da antislamico
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Una precisasione e un consiglio

Allora mi sono accorto nei commenti che molte persone commettono un errore madornale!  Non dovete interpretare  la cultura islamica con gli schemi e la storia della cultura occidentale! La cultura occidentale e quella islamica sono  completamente diverse e hanno una storia ed una evoluzione diverse! Questo paragone non lo dovete fare, pena il non capire nulla dell’islam!

Facciamo un esempio. Sarà ormai chiaro a tutti che nell’islam non c’è la libertà di religione e di pensiero! Un mussulmano nasce mussulmano e deve vivere e morire mussulmano. Non ha possibilità di cambiare credo pena la morte! Seguendo tale logica è vietato il matrimonio di un non mussulmano con una mussulmana, mentre è permesso a un mussulmano di sposare una non mussulmana ( in tal modo con il matrimonio si fa proselitismo).  E il mussulmano deve fare proselitismo in quanto la religione islamica dichiara la sua sovranità su tutti i popoli! Adesso leggendo queste parole subito verranno in mente eventi del nostro passato e sarà inevitabile fare confronti e paragoni! Ma non dovete farli! Perché dovete capire che mentre per noi sono appunto eventi del passato per un mussulmano questa è la sua realtà, la quotidianità in cui nasce, vive e muore!  Dovete quindi capire questo concetto fondamentale:  per noi è il passato, per loro è vita, realtà, storia e mentalità  del  presente!  Solo in questo modo potete capire che significa essere mussulmano! Insomma dimenticate di essere italiani, e immaginate di essere nati in Arabia Saudita, non avete alle spalle l’illuminismo, la rivoluzione francese, la riforma e la controriforma , e neanche il nazismo , il fascismo o il comunismo, ecc…! Tutto questo non fa parte della vostra storia! Alle spalle avete ben altra storia!  Questo è l’unico modo per capire l’islam!  Vi prego di seguire il mio consiglio altrimenti questo blog sarà solo un pretesto per parlare dell’occidente e non un modo per comprendere l’islam.

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Capitolo 5

Post n°11 pubblicato il 17 Agosto 2005 da antislamico
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La libertà religiosa

La nostra Costituzione e soprattutto la nostra cultura riconoscono le libertà personali e fra di esse la libertà religiosa è senza altro la prima sia da un punto di vista storico che logico.
Molti concludono quindi che qualsiasi visione religiosa debba essere rispettata e garantita nel sistema della nostre libertà. Ma in realtà questa affermazione è veramente fondata? Esaminiamo brevemente la questione.
Facciamo un caso puramente teorico: se una religione imponesse sacrifici umani (ce ne furono molte nel passato) una tale prescrizione non potrebbe certo essere permessa in Italia , nessuno ne dubita. Perchè ? Perché sarebbe in contrasto con le nostre leggi. Infatti ogni libertà comprese quelle religiose è ammessa solo se non in contrasto con le nostre leggi e quindi soprattutto con la Costituzione che è la nostra legge fondamentale. Noi non possiamo e soprattutto NON dobbiamo permettere e tollerare pratiche che ledano i principi della nostra costituzione, della nostra cultura civile. 
Non possiamo certamente ammettere la poligamia anche se l’lslam  lo prevede. Se la shari’ah ( legge islamica) proibisce che una donna mussulmana possa sposare un non mussulmano ( viene pero ammesso il contrario) o se proibisce la conversione del mussulmano ad altra religione (“niddah” che sarebbe passibile di pena di morte ) bisogna ben chiarire che principi del genere non possono valere nel nostro paese in cui ciascuno è libero di sposare chi vuole o seguire la religione che crede senza per questo sentirsi minacciato. In questa prospettiva andrebbe valutato anche l’uso del velo islamico. Se si ravvisasse che esso è uno strumento di discriminazione verso la donna  esso dovrebbe essere bandito e non solo nelle scuole.
Occorrerebbe innovare in campo legislativo per prevedere chiaramente comportamenti del genere come reato: le mutilazioni femminili attualmente non costituiscono chiaramente un reato perché essendo ignoti nelle nostre tradizioni non è previsto il caso specifico.
Ancora più efficacemente bisognerebbe, nel concedere il permesso di soggiorno nel nostro paese, valutare attentamente tutti quegli atteggiamenti in contrasto con la nostra civiltà e nel caso che si accertasse la volontà di non abbandonali, negare, senza esitazioni il permesso di soggiorno. Noi non dobbiamo pensare agli immigrati come degli stranieri che si trovano occasionalmente nel nostro territorio che possano quindi vivere seguendole loro regole di vite. Gli immigrati fanno parte della nostra società: sono solo temporaneamente degli stranieri ma nel breve volgere di pochi anni essi anche giuridicamente diverranno cittadini italiani come è giusto e doveroso che avvenga. Occorre allora che gli attuali immigranti siano posti chiaramente di fonte alla chiara ed inequivocabile condizione che per entrare nella nostra società debbano accettare i nostri principi fondamentali. Fra di essi vi è anche e soprattutto la libertà religiosa ma solo nell’ambito e nei limiti dei principi generali della nostra civiltà.

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Capitolo 4

Post n°10 pubblicato il 16 Agosto 2005 da antislamico
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Islam e diritti umani

Una delle differenze che caratterizza la visione dell´islàm e quella dell´Occidente è senz´altro il tema dei diritti umani.

Il quadro generale

Il documento conclusivo della Conferenza mondiale sui diritti dell´uomo, organizzata dalle Nazioni Unite a Vienna nel giugno 1993, ribadisce il valore universale dei diritti previsti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell´uomo del 1948 e dalle successive Convenzioni internazionali. Anche il segretario generale dell´ONU Kofi Annan, partecipando nel novembre 1997 a Teheran alla riunione dell´Organizzazione della Conferenza Islamica, organismo internazionale al quale aderiscono gli Stati musulmani, affermò che non ha senso parlare di diritti islamici dell´uomo, perché i diritti umani in quanto tali non possono che essere universali. Queste prese di posizione sono tese a contrastare le posizioni contrarie assunte da alcuni Stati asiatici e da molti Stati musulmani.

Infatti nella Conferenza regionale sui diritti dell´uomo organizzata dagli Stati asiatici nel marzo 1993, in vista di quella generale di Vienna, fu riaffermato il carattere "occidentale" dei diritti umani espressi nelle Dichiarazioni internazionali, opponendo ad essi i "valori asiatici" come valori propri delle culture dell´Asia, le quali sarebbero strutturate secondo una diversa gerarchia etica e una diversa visione del rapporto tra individuo e comunità, tra diritti individuali e doveri verso la comunità. Sul piano politico questa posizione è utilizzata da alcuni Governi, soprattutto del Sud-est asiatico, per giustificare prassi politiche e legislative in contrasto con la Dichiarazione universale dei diritti dell´uomo. Il ricorso alla differenza culturale viene utilizzato soprattutto per giustificare la preminenza nella scala gerarchica del "diritto allo sviluppo" della propria società rispetto ai diritti civili, politici e sociali dei singoli individui. A Vienna tale posizione fu assunta anche da alcuni Stati musulmani e africani, tanto che il ministro saudita degli Affari esteri affermò che, per i musulmani, i diritti umani possono essere desunti soltanto dalla shari´a (legge islamica).

Questi fatti mostrano che si è andata sviluppando una politicizzazione dei diritti umani, considerati da alcuni Paesi non occidentali come una nuova modalità di espressione dell´imperialismo occidentale. "Facendo pressione sugli altri Stati perché applichino i diritti umani al loro interno, l´Occidente tenterebbe di imporre loro il proprio modello politico, sociale ed economico, rallentando fra l´altro lo sviluppo economico di tali Paesi  tramite l´imposizione di standard di diritti civili, sociali e politici per gli individui, che implicano più alti costi  e mantenendo quindi il proprio predominio internazionale. Osservatori locali sostengono però che la rivendicazione delle proprie specificità culturali da parte dei Governi non occidentali sarebbe in primo luogo strumentale a giustificare il mantenimento di prassi politiche autoritarie e di prassi legislative non congruenti con i diritti dell´uomo nei diversi settori per motivi di pura convenienza politica ed economica delle classi al potere".

L´islàm e i diritti umani

Il dibattito sui diritti umani e sulla specificità culturale islamica presenta caratteristiche proprie. Infatti già nel 1948 l´Arabia Saudita non firmò la Dichiarazione universale dei diritti dell´uomo, ritenendola per molti aspetti in contrasto con l´islàm. Anche l´Egitto e altri Paesi arabi espressero riserve riguardo agli articoli relativi alla libertà di religione e di coscienza e alla libertà di matrimonio indipendentemente dall´appartenenza religiosa, sulla base del fatto che erano in contrasto con la shari´a. Infatti, a causa della necessità, nei Paesi islamici, della stretta congruenza della prassi giuridica e politica con il dato religioso, sorgono alcuni interrogativi circa l´accettazione piena dei diritti umani.

Una domanda cruciale riguarda il fondamento del diritto: nelle Dichiarazioni internazionali il fondamento del diritto è rappresentato dall´uomo, dotato di prerogative e diritti che derivano dal suo stesso essere uomo; nel diritto musulmano il fondamento del diritto è Dio, nel senso che Dio è soggetto ultimo dei diritti, cui corrispondono doveri da parte dell´uomo, e nel senso che la volontà di Dio, espressa nel Corano e nella sunna, determina diritti e doveri reciproci tra gli uomini. Nella visione islamica l´uomo ha certamente una grande dignità, che la dottrina islamica esprime con il concetto di hal_fa (l´uomo come luogotenente o vicereggente di Dio sulla terra). Tale dignità gli è conferita da Dio, che ne stabilisce l´estensione, le prerogative e le regole. Nella visione islamica quindi la volontà di Dio riguardo all´uomo si esprime nel Corano e nella sunna, e da queste due fonti principali viene poi ulteriormente specificata nella shari´a, il corpus del diritto islamico attraverso il quale il volere divino trova concreta applicazione nell´ordine sociale e che quindi è superiore a qualsiasi altra legge.

I contrasti diventano allora difficilmente superabili quando alle esigenze dei diritti universali dell´uomo si oppongono le prescrizioni divine considerate immutabili. Fra l´altro i contrasti, a livello di diritti specifici, sono inevitabili perché i diritti universali dell´uomo si rifanno ai due concetti fondamentali dell´uguaglianza di tutti gli esseri umani e della loro uguale libertà, mentre il diritto musulmano classico si articola invece sulla base di tre fondamentali relazioni di disuguaglianza: tra uomo e donna, tra musulmano e non musulmano, tra libero e schiavo. Quest´ultimo punto è oggi generalmente considerato superato dai giuristi e dagli intellettuali musulmani; essi infatti lo prendono spesso in considerazione nei loro scritti sui diritti umani per mostrare come l´islàm, legiferando sulla schiavitù, abbia migliorato la condizione degli schiavi e abbia aperto la strada al superamento dell´istituto schiavistico. È interessante poi notare che, in questo caso, viene applicata in modo generale una lettura "finalistica" dei testi dottrinali e giuridici: l´intenzione ultima del legislatore sarebbe cioè quella di abolire la schiavitù attraverso un itinerario giuridico e sociale progressivo. Oggi quindi nessuno sosterrebbe che bisogna mantenere l´istituto della schiavitù perché lo prevede la shari´a. Rimangono aperti invece i problemi causati dalla disuguaglianza tra uomo e donna e da quella tra musulmano e non musulmano, così come è ancora aperto il problema di fondo: se cioè il soggetto pieno dei diritti sia l´uomo inteso come essere umano o come musulmano.

Il dibattito tra i musulmani

Nel dibattito esistente nel mondo musulmano a proposito dei diritti umani è possibile distinguere, a grandi linee, tre posizioni: quella conservatrice, quella pragmatica e quella riformista.

La tendenza conservatrice

Essa mantiene la propria fedeltà di fondo alla visione islamica tradizionale del diritto ed è quindi critica riguardo ai diritti umani delle Dichiarazioni internazionali, ai quali oppone i diritti dell´uomo nell´islàm, i quali, a partire dagli anni Ottanta, sono affermati in apposite Dichiarazioni islamiche. "L´elaborazione di queste Dichiarazioni è significativa per due motivi: da un lato mostra l´influenza che il dibattito internazionale sui diritti dell´uomo ha avuto in ambito musulmano, tanto da far emergere l´esigenza di codificare in qualche modo i diritti dell´uomo; d´altro lato mostra anche le difficoltà di aderire a diritti umani universalmente condivisi, perché l´ambiente culturale di riferimento in tali Dichiarazioni è esclusivamente quello musulmano". Di qui la difficoltà di accettare pienamente i diritti umani e di tradurli in concrete prassi giuridiche nelle società musulmane, poiché il loro carattere ugualitario li pone in contrasto con quanto previsto dalla shari´a.

Ad esempio, nel Memorandum inviato dal Governo dell´Arabia Saudita nel 1970 in risposta a una richiesta ufficiale delle Nazioni Unite riguardante la situazione dei diritti umani nel Regno saudita, fra l´altro, si ribadisce il rifiuto ad ammettere il matrimonio della donna musulmana con il non musulmano, quello ad ammettere la possibilità per il musulmano di cambiare religione, cioè a riconoscere il diritto alla libertà di coscienza, e quello ad ammettere la liceità dei sindacati per i lavoratori. Dopo il Memorandum, nel mondo islamico iniziò una nutrita discussione sui diritti umani, che condusse, fra l´altro, alla Dichiarazione del Cairo dei diritti dell´uomo nell´islàm (agosto 1990), la quale avrebbe dovuto essere approvata dai capi di Stato dell´Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) nel dicembre 1991, cosa che invece non avvenne. La Dichiarazione perciò non è un testo di valore giuridico internazionale. D´altronde essa ha sempre la shari´a, interpretata in modo tradizionale, come criterio di riferimento per stabilire diritti e doveri.

In conclusione sembra emergere qualche voce isolata, soprattutto nei movimenti islamisti, che, a partire da problemi concreti come il diritto di cittadinanza egualitario per i non musulmani, considera non soddisfacenti le soluzioni tradizionali. "Se queste posizioni, per ora isolate, possono fare sorgere l´esigenza in ambito islamista di una più generale reinterpretazione della shari´a  , è però ancora dubbio, anche perché le correnti islamiste maggioritarie   non richiedono nuove interpretazioni dell´islam e della shari´a, bensì l´applicazione integrale di quest´ultima".

La tendenza pragmatica

Essa è rappresentata dalla prassi giuridica di alcuni Stati musulmani che hanno introdotto alcune innovazioni rispetto al diritto musulmano classico, manifestando così un progresso nella ricezione dei diritti umani all´interno della propria legislazione. È il caso, ad esempio, delle norme di diritto familiare introdotte nei Paesi dell´Africa del Nord, nelle quali si è cercato di tutelare la donna rispetto al matrimonio poligamico o rispetto al ripudio unilaterale da parte dell´uomo o riguardo alla libertà della donna nell´esprimere la sua volontà di contrarre matrimonio. La tutela varia da Paese a Paese: ad esempio, in Tunisia è stata introdotta la parità dei diritti e dei doveri dei coniugi nel matrimonio, con l´eccezione del diritto ereditario e del matrimonio tra membri di diverse religioni, ai quali si continuano ad applicare le norme della shari´a. Più limitate sono state le riforme in Algeria, nella quale è ammessa la clausola di monogamia al matrimonio, e, se essa viene infranta, la donna ha diritto di chiedere il divorzio; inoltre il ripudio, da parte dell´uomo, può essere dichiarato soltanto con sentenza del tribunale.

Anche nel caso dei non musulmani cittadini di uno Stato musulmano, in genere, si è superato il diritto classico, dichiarandone la cittadinanza egualitaria. Nessuno Stato musulmano però ha concesso parità di trattamento tra musulmani e membri di altre confessioni religiose nell´ambito del diritto di famiglia. Il limite della tendenza pragmatica in fondo sta nel fatto che essa non affronta criticamente la sfida culturale di una nuova interpretazione del diritto musulmano, per cui i suoi risultati possono essere messi in discussione, ad esempio, dai tentativi di reislamizzazione. In ogni caso la mancata approvazione da parte dei capi di Stato dell´OCI della Dichiarazione del Cairo dei diritti dell´uomo nell´islàm, la quale rimaneva strettamente legata alla shari´a interpretata tradizionalmente, è il segno che c´è una diversità di posizioni tra i Paesi islamici. Una conferma viene dalla Carta araba dei diritti dell´uomo, approvata dal Consiglio della Lega degli Stati Arabi il 15 settembre 1994. Essa è espressione diretta non dell´islàm, ma del nazionalismo arabo. Nel documento infatti, tranne che nel preambolo, non c´è alcun riferimento né all´islàm né alla shari´a. L´obiettivo del nazionalismo arabo, sorto a fine Ottocento ed entrato in crisi negli anni Settanta del Novecento, è stato la costruzione di un modello di Stato tendenzialmente laico, di ispirazione liberale o socialista. Nella Carta sono date risposte alle preoccupazioni delle organizzazioni di difesa dei diritti umani. Non bisogna comunque dimenticare che la Carta non è mai stata recepita dai singoli Stati e non ha valore guiridico.

La tendenza riformista

Di essa fanno parte soprattutto intellettuali musulmani riformisti, i quali sostengono che bisogna realizzare una nuova interpretazione dell´islàm affinché la dottrina giuridica musulmana e lo stesso islàm si pongano in dialogo con la modernità. Secondo questi intellettuali i diritti umani non possono essere semplicemente integrati nel quadro giuridico musulmano tradizionale, né è sufficiente un adattamento puramente pragmatico. Essi sono persuasi che nell´islàm siano presenti valori che permettono di radicare al suo interno i diritti universali dell´uomo e di riconoscerli come parte del proprio patrimonio etico. Sono varie le prospettive e i concetti di base da cui partono i singoli autori per elaborare le nuove interpretazioni.

Ad esempio, Mohamed Talbi pone la libertà di coscienza come centro della sua riflessione: approfondendo l´esegesi del Corano egli mostra che la libertà di coscienza è un diritto costitutivo inalienabile della dignità dell´uomo, fondamento di tutti gli altri diritti e libertà. Secondo lui la libertà di coscienza è non solo in sintonia con l´islàm, ma costituisce addirittura il dato fondamentale della visione antropologica proposta dal Corano. Quindi egli esamina criticamente la storia musulmana e le società islamiche attuali, nelle quali le libertà fondamentali hanno uno spazio ridotto, e considera questa deficienza di libertà la principale causa del loro declino storico e delle loro difficoltà attuali. Tutte le limitazioni, anche quelle poste dalla shari´a, alla libertà e ai diritti umani sono frutto di una concezione sociale e politica dell´islàm propria di altre epoche, in cui la comunità religiosa era identificata con la comunità politica. Secondo Talbi questa visione non appartiene al fondamento dell´islàm, ma è dovuta a circostanze storiche determinate del passato. Egli propone come metodo interpretativo per rinnovare la cultura islamica quello della lettura "finalista" del Corano: si tratta cioè di leggere il Corano nel contesto storico del tempo in cui fu rivelato e di coglierne le intenzioni rispetto a quel contesto. Una volta conosciuta la reale intenzione del Corano, essa può essere applicata alle circostanze attuali in modo creativo.

Su una linea simile si pone Muhammad Al-Asmawi quando, da una prospettiva più strettamente giuridica, propone di tornare al significato etimologico di shari´a (che significa "via") per svincolarsi dall´apparato giuridico medievale in cui si è storicamente concretizzata. Questo metodo permette di identificare i princìpi e le intenzioni fondamentali delle fonti islamiche originarie, lette nel loro contesto, aprendo la possibilità di nuove interpretazioni.

Abdullahi an-Na´im compie un ulteriore passo in avanti: strenuo difensore dei diritti umani e convinto sostenitore che la shari´a tradizionale sia in forte contraddizione con essi, egli propone una rilettura delle fonti religiose islamiche adottando non solo il metodo storico-critico nell´interpretazione dei vari passi, ma fondandola su una opzione generale di fondo, desunta dall´applicazione di tale metodo al Corano in quanto tale. Secondo le indicazioni del suo maestro Mahmud M. Taha, an-Na´im sostiene che la rivelazione coranica, distinta nei due periodi della Mecca e di Medina, propone, nelle due fasi, insegnamenti e dottrine di diverso valore religioso. Al periodo della Mecca appartiene la rivelazione religiosa e profetica in senso stretto, che ha valore perenne, anche se dev´essere comunque interpretata per la sua attualizzazione. Al periodo di Medina appartengono invece indicazioni più contingenti, relative alla comunità musulmana di quel tempo, che, secondo an-Na´im, non possono essere applicate automaticamente oggi e che invece possono essere superate e abrogate alla luce delle affermazioni del periodo della Mecca.

Egli infatti si rifà a un noto metodo di interpretazione del testo coranico, quello della selezione di alcuni versetti del Corano al posto di altri, che vengono abrogati dai primi. Si tratta di un tipo di esegesi tradizionale nell´islàm: quando c´è una contraddizione fra i versetti del Corano, si ritiene che i versetti successivi abroghino le indicazioni date da quelli storicamente precedenti, quasi che nel Corano vi sia una sorta di rivelazione progressiva. An-Na´im invece propone di selezionare i versetti più aperti ai diritti dell´uomo Ñ che sono di solito i princìpi espressi dalla rivelazione più antica, quella della Mecca  e di considerarli normativi rispetto a quelli successivi, relativi a situazioni più contingenti.

L´elemento comune agli intellettuali appartenenti alla tendenza riformista è innanzitutto l´adesione personale all´islàm come cultura e come religione. Essi rimangono all´interno di una prospettiva religiosa specifica, che vogliono però aprire alla modernità e al pluralismo, convinti, così facendo, di trovare l´essenza del vero islàm. Rimangono perciò diffidenti nei confronti di una visione puramente contrattualistica del diritto e anche del concetto di diritto naturale, tipiche dell´impostazione occidentale: di per sé il diritto rimane rivelato da Dio, secondo la tradizione musulmana più consolidata, almeno nei suoi princìpi e nelle sue intenzioni fondamentali. Tuttavia l´interpretazione dei testi prende in considerazione l´influenza della storia e la necessità dell´attualizzazione creativa, in sintonia con i diritti universali dell´uomo, che essi fanno propri mostrandone la piena convergenza con i princìpi dell´islàm.

Conclusione

Va subito notato che la tendenza riformista è ampiamente minoritaria all´interno del mondo islamico, in pratica non ha rappresentanza politica, anche se indubbiamente essa offre modelli e metodi per favorire,  nel lungo periodo, un´evoluzione culturale dell´islàm pur nella fedeltà ai suoi princìpi ispiratori.  Accanto ad essi la presa di coscienza della propria condizione da parte delle donne a cui sinora l´islàm assegna un ruolo di subalternità e uno statuto inferiore sul piano politico e sociale  costituisce indubbiamente un elemento che con il passare del tempo potrà influire sul processo di accettazione dei diritti universali della Dichiarazione del 1948.

La condizione della donna inoltre, com´è risaputo, è uno degli ostacoli (insieme, fra l´altro, alla frammentazione delle rappresentanze) che impedisce la firma di una Intesa tra lo Stato italiano e gli islamici presenti in Italia, un testo, che, com´è avvenuto per le altre Confessioni religiose, dovrà presupporre la piena accettazione delle norme della Costituzione italiana.

In conclusione, non possiamo dimenticare che il momento che stiamo vivendo nel quale, si fa appello alla religione islamica, da parte di Bin Laden  favorisce non certo l´evoluzione dell´islàm, ma, al contrario, un atteggiamento di difesa della propria identità tradizionale e, in un certo senso, di chiusura. A ciò va aggiunto il fatto che non esiste un´autorità "centrale" che abbia il potere di interpretare autoritativamente il Corano. Infatti il mondo islamico, che qui soltanto per schematizzazione viene descritto, in un certo senso, come unitario, è estremamente diviso, sia per le diverse tradizioni (sunniti, sciiti ecc.), sia per le numerose suddivisioni esistenti all´interno di queste ultime, sia perché fondamentalmente ciascun fedele musulmano è abilitato all´interpretazione del Corano, mentre invece il "controllo sociale" nelle varie società islamiche difende l´interpretazione classica.

Come si vede la situazione è estremamente complessa e perciò è necessario che gli italiani conoscano meglio i propri interlocutori islamici per comprenderne le difficoltà, per rispettarne le diversità non in contrasto con i diritti umani, in favore di una convivenza pacifica e per aiutare, a loro volta, gli islamici a uscire dai loro schemi, talvolta preconcetti, e in tal modo giungere a una reale e vicendevole accettazione.

 
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Capitolo 3

Post n°9 pubblicato il 13 Agosto 2005 da antislamico
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Jihad

È  arrivato il momento di spiegare perché considero la religione islamica una non cultura.  Non si può considerare cultura qualsiasi ideologia che legittima la violenza in nome di qualsiasi principio, nel caso specifico in nome di Dio. Il corano legittima la violenza in nome di Dio. E non si tratta di una strumentalizzazione di questo o quell’altro politico, non si tratta di una interpretazione faziosa o estremista ma nel corano è scritto a chiare lettere! In nome di Dio si può uccidere, anzi si deve! E chi lo fa, giungerà alla vita eterna!  Cosa significa violenza in nome di Dio? La guerra santa (jihad) è un tema importante nella teologia islamica, la quale suddivide il mondo in paesi con un governo islamico (Dar-ul-Islam, Casa dell'Islam) e paesi nei quali l'Islam non regna (Dar-ul-Harab, Casa della Guerra). Questi ultimi devono diventare, prima o poi, paesi islamici, perché il Corano rivendica il diritto di sovranità su tutti i popoli.  E che cosa succede se un popolo non vuole accettare la religione islamica?

«Vi è stata ordinata  la guerra, anche se ciò può spiacervi; infatti può darsi che vi spiaccia qualcosa che è invece un bene per voi, e può darsi che vi piaccia qualcosa che è invece un male per voi, ma Dio sa e voi non sapete» [Sura 2,216].

Dagli Ahadith:"Se i non credenti, dopo aver ricevuto la chiamata alla fede, non la seguono e si rifiutano di pagare il testatico, è dovere dei musulmani invocare l'aiuto di Allah e di fare guerra ai non credenti, perché Allah aiuta coloro che lo servono e distrugge i suoi nemici, i non credenti. I musulmani devono attaccare i non credenti con tutte le macchine da guerra disponibili, dare alle fiamme le loro case, inondarli d'acqua, devastare i loro campi e distruggere i cereali, perché ciò indebolisce i nemici e il loro potere viene spezzato. Tutti questi provvedimenti sono perciò santificati dalla legge".

Coloro che credono combattono sulla via di Dio, e coloro che rifiutano la fede, combattono sulla via dei demoni; combattete dunque gli alleati di Satana, che l'insidia di Satana è debole insidia» [Sura, 4, 7

«Gli empi tramarono insidie e noi pure tramammo insidie, mentre non s'avvedevano di nulla. Però mira qual fu la fine della loro trama: li sterminammo, loro e il popolo loro, tutti: ed ecco vuote le loro case, per l'iniquità loro. E certo in questo v'è un segno, per gente che intende. E salvammo coloro che credettero, e temevano Dio!» [Sura 27,50-53].

"...Il credente non deve uccidere il credente, se non per errore. Chi, involontariamente, uccide un credente, affranchi uno schiavo credente e versi alla famiglia (della vittima) il prezzo del sangue, a meno che essi non vi rinunciano caritatevolmente. Se il morto, seppur credente, apparteneva a gente vostra nemica, venga affrancato uno schiavo credente. Se apparteneva a gente con la quale avete stipulato un patto, venga versato il prezzo del sangue alla sua famiglia e si affranchi uno schiavo credente. E chi non ne ha i mezzi, digiuni due mesi consecutivi per dimostrare il pentimento verso Allah.
Chi uccide intenzionalmente un credente, avra' il compenso dell'Inferno, dove rimarra' in perpetuo. Su di lui la collera e la maledizione di Allah e gli sara' preparato atroce castigo...."
(Corano an-Nisa'a 4,92-93)

E chi non  è credente?

"...Combattete per la causa di Allah contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, che' Allah non ama coloro che eccedono.
Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la "persecuzione" (fitna) e' peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea fino a che essi non vi abbiamo aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa e' la ricompensa dei miscredenti...."
(Corano al-Baqara 2,190-191)

E ricordate) quando Allah vi promise che una delle due schiere (sarebbe stata) in vostro potere; avreste volute che fosse quella disarmata! Invece Allah voleva che si dimostrasse la verita' (delle Sue Parole) e (voleva) sbaragliare i miscredenti fino all'ultimo...."(Corano al-'Anfal 8,7)

"....E quando ispiro' agli Angeli: -Invero, sono con voi; rafforzate coloro che credono. Gettero' il terrore nel cuore dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!
E cio' avvenne perche' si erano separti da Allah e dal Suo Messaggero.- Allah e' severo nel castigo con chi si separa da Lui e dal Suo Messaggero....!
Assaggiate questo! I miscredenti avranno il castigo del Fuoco!
O voi che credete, quando incontrerete i miscredenti in ordine di battaglia, non volgete loro le spalle.....
(Corano al-'Anfal 8,12-15)

Oh Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Che in verita', e' gente che nulla comprende...."(Corano al-'Anfal 8,65)

"....Disapprovazione (bara'a) da parte di Allah e del Suo Messaggero, nei confronti dei politeisti con i quali concludeste un patto.
Per quattro mesi potrete liberamente viaggiare sulla terra e sappiate che non potrete ridurre Allah all'impotenza. Allah svergogna i miscredenti.
Ecco, da parte di Allah e del Suo Messaggero, un proclama alle genti nel giorno del Pellegrinaggio: -Allah e il Suo Messaggero disconoscono i politeisti. Se vi pentite sara' meglio per voi; se, invece, volgerete le spalle, sappiate che non potrete ridurre Allah all'impotenza. Annuncia a coloro che non credono un dolorso castigo.
Fanno eccezione quei politeisti con i quali concludeste un patto, che non lo violarono in nulla e non aiutarono nessuno contro di voi: rispettate il patto fino alla sua scadenza. Allah ama coloro che (lo) temono.
Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono e eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah e' Perdonatore e Misericordioso.
E se qualche associatore ti chiede asilo, concediglielo affinche' possa ascoltare la parola di Allah e poi rimandalo in sicurezza. Cio' in quanto, e' gente che non conosce....."
(Corano at-Tawba 9,1-6)

"....Vi sono vietati gli animali morti, il sangue, la carne di porco e cio' su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah, l'animale soffocato, quello ucciso a bastonate, quello mroto per una caduta, incornato, o quello che sia stato sbaranato da una belva feroce, a meno che non l'abbiate sgozzato (prima della morte) e quello che sia stato immolato su altari (idolatrici) e anche (vi e' stato vietato) tirare a sorte con le freccette. Tutto cio' e' iniquo. Oggi i miscredenti non sperano piu' di allontanarvi dalla vostra religione: non temeteli dunque, ma temete Me...."(Corano al-Ma'ida 5,3 - 632 d.C.)

Dopo la fuga di Maometto a Medina, nel VII secolo, ebbe inizio il proponimento della guerra condotta in nome di Allah. Maometto viveva, fra l'altro, degli assalti alle carovane della Mecca. Ciò a portato a diverse battaglie contro La Mecca, che egli vinse per la maggior parte. Inizialmente però i suoi seguaci, fuggiti con lui dalla Mecca, non erano convinti di dover seguire il loro capo in guerra per l'indottrinamento delle vicine nazioni. Maometto fu costretto a trovare delle valide motivazioni. Improvvisamente risuonò il motto:"Allah non vuole pazienza, ma lotta". 

In fondo, il Corano dice che chi partecipa alla guerra santa viene ricompensato generosamente nell'aldilà. La Sura 9:20-22 dice:" Coloro che credono, che sono emigrati e che lottano sul sentiero di Allah con i loro beni e le loro vite, hanno i più alti gradi presso Allah. Essi sono i vincenti. Il loro signore annuncia loro la sua misericordia ed il suo compiacimento e i Giardini in cui avranno delizia durevole, in cui rimarranno per sempre"

Bisogna fare un’ ultima notazione.

Molti credono che i fondamentalisti  .interpretano a modo loro il corano, che la loro interpretazione sia non letterale ma faziosa, strumentale, estremista! E’  esattamente il contrario! L’interpretazione fondamentalista, in realtà è quella letterale, fedele del corano! Invece l’interpretazione dei cosiddetto islam moderato è non letterale! Ma il corano è chiaro, come si fa ad interpretare in maniera diversa il corano?  Nell’ islam moderato c’è chi vorrebbe eliminare  le parti incriminate,  o vorrebbe storicizzarle cioè dire che  erano specifiche di quel momento storico! Ma come si fa a modificare il corano che è la parola di Dio?  Quale mussulmano , moderato o conservatore, accetterebbe il principio di  modificare la parola stessa di Dio?

Vediamo adesso come è la situazione, i rapporti di forza tra islam moderato e islam conservatore. Tutti i movimenti islamici che destabilizzano il mondo musulmano reclamano il ritorno alla sharia, un po' come fanno gli ebrei ortodossi chiedendo il ritorno alla halakha. L'Islam conservatore è molto ben organizzato, reclama la sharia e rifiuta la laicità. Il modello a cui si ispira è il wahabismo salafita, al potere in Arabia Saudita dal XVIII secolo. L'Islam liberale, invece, non è per nulla organizzato, vuole la modernità e la laicità ma non è in grado di fornire alcuna definizione precisa: si tratta forse di una laicità militante e antireligiosa? Per il momento non esiste un pensiero musulmano alternativo e coerente di ispirazione moderna e liberale. Non esiste alcuna scuola strutturata, nonostante siano numerose le ricerche in corso, peraltro disperse dal punto di vista geografico. L'Islam europeo e, in generale, occidentale, potrebbe rappresentare una possibilità, ma è troppo frammentato e diviso da rivalità interne e obbedienze esterne per potere avere un ruolo significativo. Gli integralisti, invece, vantano istituzioni ben organizzate, radicate sia in paesi islamici sia in numerose capitali europee. Paradossalmente, il contesto liberale occidentale e i suoi potenti mezzi di comunicazione fanno comodo all'integralismo e non all'Islam moderno e liberale.

I paesi islamici  necessitano di una riforma della loro religione e dello sviluppo della cultura laica e filosofica! Chi attuerà questa controriforma? Chi realizzerà  l’illuminismo?  Ci sarà una specie di rivoluzione francese?

Quale potere politico promuoverà  e sosterrà questi processi? Insomma chi libererà gli arabi dalla figura di Maometto? Domande a cui non so rispondere! Voi cosa  pensate?

Cliccate qui!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Capitolo 2

Post n°8 pubblicato il 09 Agosto 2005 da antislamico
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IL VELO ISLAMICO 

Nel Corano è previsto un velo, in arabo Higiab: letteralmete "copertura", che viene tradotto con velo e in francese talvolta anche con "foulard" che da una idea più elegante e gioiosa :

Sura XXIV An-Nûr (La Luce)

E di' alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai loro fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare.

Si noti per inciso che l'ultima parte della citazione accenna al divieto per le donne di battere i piedi :basandosi su di essa i talebani dell'Afganistan imponevano  alle donne di camminare senza far rumore.

Nell'ambito islamico si è diffuso generalmente il suo uso anche perchè la donna non doveva mostrarsi in pubblico e quando lo faceva si doveva coprire il più possibile. Abbiamo però una varietà di veli: alcuni  coprono semplicemente i capelli, altri che coprono anche il viso (chador iraniano) e altri ancora coprono completamente tutto il corpo (burqa afgano).

Il problema è nella interpretazione del significato del velo

Per alcuni la prescrizione coranica viene interpretata  come un semplice invito alla modestia del vestire delle donne.  In questa ottica molte mussulmane ormai non lo usano più ,in molti paesi ormai è raro e addirittura Kemal Ataturk  in Turchia lo proibì proprio per legge 

Per altri invece il velo è una prescrizione fondamentale:

 "...Poiché il Sublime Corano e l'insegnamento del Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, sono vincolanti per la donna che creda nella provenienza divina del Corano e nella Missione apostolico-profetica di Muhàmmad. indossare il velo è, quindi un dovere preciso e inderogabile. La donna musulmana che indossa il velo, esprime per mezzo di esso in forma tacita, la sua identità islamica ed è fuorviante dall'lslàm il pensiero, purtroppo diffuso, che possa chiamarsi musulmana, la donna che non porta il velo, giustificandosi col dire che l'importante è avere fede dentro! Non hanno presente che il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, ha chiaramente disatteso questo pensiero quando ha detto:La fede non è presente dentro se non ci sono i comportamenti islamici, che ne segnalano la presenza interiore". 

(Al Turabi Hasan Le donne nell'ordinamento islamico della società)

 Facciamo qualche notazione 

 

·        il velo islamico  ha un valore di modestia del vestire femminile: non si può immaginare una ragazza che porti il velo e indossi una minigonna o una camicetta trasparente. Pertanto il velo diventa una specie di freno all'esibizione del corpo femminile: il velo diviene un rimedio drastico e sicuro.

 

·        il velo ha  poi un significato più generale: il velo diventa anche  il simbolo di un comportamento che riserva i rapporti sessuali strettamente all'ambito matrimoniale.

·        Il velo è considerato anche un modo per evitare tentazioni: solo i parenti posso vedere la donna ma non gli estranei così da evitare spiacevoli tentazioni da parte di uomini estranei alla famiglia. 

·        In generale possiamo dire che il velo indica la visione di una donna tentatrice e stupida che va difesa e protetta. Il corpo della donna visto come ispiratore di  cattivi pensieri o come offesa  a Dio, quindi coperto e celato non solo in ambito religioso ma soprattutto in ambito sociale. In pratica solo a casa sua o di parenti stretti  può mettersi in libertà. Pensate quindi al condizionamento psicologico di quel pezzo di stoffa!

·        E ricordiamo infine che è un obbligo e non una scelta!

 
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Capitolo 2

Post n°7 pubblicato il 08 Agosto 2005 da antislamico
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SITUAZIONE PATRIMONIALE

Nel mondo mussulmano   viene versata dal marito  alla moglie la dote  (in arabo Mahr)  e rimane di sua proprietà anche in caso di divorzio.Il marito ha l'obbligo di provvedere alla necessità della famiglia ma la donna può amministrare la sua dote e non è tenuta, se non lo vuole, a impegnarla per il mantenimento della famiglia.

Per quanto riguarda l'eredità il corano prescrive : ( An-Nisâ'Le Donne)

Ecco quello che Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio la parte di due femmine.....  

Questa regola già discriminatoria di per sé in molta parte del mondo mussulmano non viene osservata e la donna riceve poco o niente in eredità: bisogna tener presente infatti che la moglie è a carico del marito  che deve inoltre versarle una dote. e che quindi tutte le spese sono a carico dell'uomo.

Va notato però che è difficile dire quanto i diritti patrimoniali delle donne siano poi effettivamente goduti da esse: la subordinazione al marito rende l'effettivo esercizio di questi diritti (come di tutti gli altri diritti )  molto problematica: ci si affida soprattutto alla onestà del marito, alla sua volontà di adempiere i suoi doveri religiosi e morali più che alla possibilità reale che la moglie possa far valere i propri diritti.

 
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Capitolo 2

Post n°6 pubblicato il 08 Agosto 2005 da antislamico
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Il matrimonio

Il matrimonio nell'Islam (in arabo :Nikah) non è un fatto religioso anche se nella cerimonia naturalmente viene invocato l'aiuto di Dio. ma rientra nei contratti e precisamente nei contratti di vendita (in arabo " bay"'). Nell'Islam  il matrimonio è un contratto fra gli sposi che viene stipulato con l'aiuto di due "adoul"   (legali) come ogni altro contratto. In esso è possibile introdurre delle clausole che generalmente sono a favore della sposa: si può stabilire il suo diritto di chiedere il divorzio,il divieto al marito di sposare altra donna senza il suo consenso, l'entità della dote e altro ancora.  Sembrerebbe tutto perfetto: vediamo dove sta la fregatura!

E richiesto,il consenso degli sposi : tuttavia la sposa deve avere il consenso del  wali (tutore ) cioè del parente maschio più vicino (ordinariamente il padre). 

Nel mondo Islamico non vi è coeducazione dei sessi e quindi praticamente i giovani non si conoscono e non possono liberamente scegliersi . Non esiste il fidanzamento come periodo in cui i giovani possano frequentarsi liberamente: in generale non è permesso che donne e uomini si frequentino perchè secondo quanto affermano gli hadith del Profeta, "

Quando, un uomo ed una donna sono insieme da soli, vi è una terza presenza (cioè Shaitani - Satana)"

Il consenso degli sposi è quindi poco più che una formalità specie da parte della donna : non è tanto che  ella  voglia ubbidire alla famiglia ma in pratica non ha alternativa  se non accettare il marito che le è stato destinato.. 

Viene tradizionalmente richiesta la verginità della sposa (ovviamente a meno che non si tratti di vedova o divorziata): la pratica però di verificare preventivamente questo stato da parte di una donna di fiducia della famiglia dello sposo non è una pratica Islamica ma è diffusa in alcune aree. Le mutilazione genitali femminili non rientrano nell'Islam e per questo fenomeno tanto ripugnante alla sensibilità moderna i mussulmani respingono ogni responsabilità: tuttavia sono però praticate in zone Islamiche dell'africa (soprattutto in Corno d'africa, Sudan e anche in Egitto ) senza  che le autorità religiose Islamiche vi si oppongano: ci pare che che almeno vi sia una responsabilità di "omissione". 

Oltre al matrimonio vero e proprio a tempo indeterminato (in arabo :Nikah )di cui abbiamo fino ad ora trattato è anche previsto stranamente anche un matrimonio temporaneo detto Mut'a che rientra nella categoria giuridica dei contratti degli "affitti  (ijara). Il matrimonio cioè viene stipulato per un tempo determinato e rinnovabile scaduto il quale il matrimonio ha termine e gli sposi sono liberi da ogni vincolo. Questo istituto è contrastato una volta tanto  dagli innovatori che dai tradizionalisti perchè in effetti viene ad essere una legalizzazione di un rapporto extraconiugale: si badi però che l'uomo può essere sposato (essendo ammessa la poligamia ) ma non la donna.

Questo istituto,  d'altronde ormai quasi del tutto abbandonato, è stato conosciuto in Occidente in anni recenti per fatti avvenuti in Algeria. Quivi infatti militanti del FIS (fronte Islamico) entravano in villaggi conquistati   e sposavano "temporaneamente" ragazze del posto per  qualche giorno fino a che andavano poi  via. In effetti si trattava di uno stupro che veniva legalizzato.

 
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Capitolo 2

Post n°5 pubblicato il 07 Agosto 2005 da antislamico
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La gerarchia uomo -donna

E’ chiaro che una cultura nata secoli fa, professi la superiorità dell’uomo rispetto alla donna. E’ normale, ci meraviglieremmo del contrario! Ma come abbiamo visto nel primo capitolo Maometto era un politico oltre che un profeta, e quindi nell’islam non è prevista alcuna possibilità di separare stato e religione. Non è che un mussulmano può fregarsene del corano e sviluppare un pensiero laico, o in generale qualunque pensiero diverso dalla ideologia coranica, al massimo può cercare di mitigare, di moderare, di fare una interpretazione estensiva e non letterale del corano. Di conseguenza quello che è scritto in quel libro è di terribile importanza.

Nel Corano  la preminenza maschile Sura IV An-Nisâ'  (Le Donne )

34 Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande.

Come si vede la prevalenza dell'uomo dipende dalla volontà di Dio e dall'ordine sociale. Se la donna non si sottomette all'uomo questi prima la rimprovera, poi interrompe i rapporti intimi con lei (si presuppone la poligamia) e alla fine passa a picchiarla. Se la donna però si sottomette non deve essere più maltrattata. 

Ha fatto qualche anno fa grande  scalpore in Spagna  un passo di un libro di un devoto Iman nel quale si suggeriva  ai mariti metodi di battere le proprie  mogli in modo che non risultassero poi segni rilevabili a un esame medico per non incorrere  nei reati di violenza contemplati dalle leggi spagnole. L'iman si stupiva del clamore e ribatteva che aveva solo dato qualche utile consiglio pratico.

Il problema va ricondotto al concetto di Shari'ah  e alla sua interpretazione. Una interpretazione estensiva potrebbe  superare il problema ( anche se il passo è molto chiaro e preciso e una interpretazione non letterale è molto difficile) : un'interpretazione letterale invece lo rende insuperabile: il devoto mussulmano che vuole alla lettera seguire il Corano, che è parola non di Maometto ma di Dio stesso "deve" pretendere ubbidienza dalla moglie, "deve" alla fine giungere anche a costringerla con la violenza.

 

 
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Capitolo 1

Post n°4 pubblicato il 06 Agosto 2005 da antislamico
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Il Dio di Maometto

Per quanto riguarda la natura del Dio coranico egli è un Dio assolutamente staccato dal mondo, . Il Dio coranico non ha parentela con il mondo, perciò l'Islam è una forma di nichilismo: giacché Dio è pura positività e il mondo è assolutamente diverso dal Dio, ne segue che il mondo non vale nulla. Il Dio coranico è Volontà. Questo Dio-Volontà non ama gli uomini, non chiede il loro amore, ma solo la loro sottomissione. Islam vuol dire appunto "sottomissione" alla Volontà divina, e mussulmano viene da muslim, sottomesso alla volontà divina. Il Dio coranico vuole dei servi.Il mussulmano non intrattiene una relazione personale con Dio e il nome di padre è esplicitamente escluso per Dio, il mussulmano non sta dinanzi a Dio, bensì gli è sottomesso, e il Dio coranico è causa della stessa sofferenza umana perché ogni evento che accade nel mondo è effetto diretto della Volontà divina. La fede mussulmana è soggezione cieca alla volontà arbitraria divina.
Ne deriva che l'islamismo disprezza la ragione, infatti non ha avuto filosofi perché gli unici che si ricordano sono al-Kindi, al-Farabi, Avicenna ed Averroè. Avveroè, per es., è stato solo  un commentatore di Aristotele.  È significativo che, ad un certo punto, la filosofia araba si sia arrestata, come è significativo che il titolo di un testo di al-Gazali (un mistico) sia: "La distruzione della filosofia". L'islamismo disprezza la ragione perché svaluta in generale il mondo e perchè ammette come unica verità il corano e la sottomissione ad Allah.

 
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Capitolo 1

Post n°3 pubblicato il 05 Agosto 2005 da antislamico
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Come nasce la comunità e il calendario islamico.

È il 620 e la piazza intorno alla Ka’ba è piena di fedeli pagani in visita devota. Tra questi, sei abitanti di Yathrib (Medina), città a 350 chilometri a nord-ovest della Mecca, rimangono colpiti dalla predicazione di Maometto. L’anno dopo, ritornano dal Profeta con altri cinque compagni. Sono gli ansar, gli ausiliari di Maometto e sono per ora dodici.

Ad ‘Aqaba, nei pressi della città, i suoi nuovi fedeli compiono quello che sarà ricordato come il “Giuramento delle donne” (Bay’at an-nisa’), dal fatto che tutti si impegnano solennemente a difendere il Profeta con lo stesso impegno con il quale proteggevano le proprie donne. Al ritorno a Medina, si unì a loro un musulmano, Mus’ab ibn ‘Umayr, per diffondere il Corano. Fece un ottimo lavoro, visto che l’anno seguente, il 622, ritornò ad ‘Aqaba un numero più che quintuplicato di persone.

Si svolse allora il “Giuramento di guerra” (Bay’at al-harb), perché stavolta si sarebbero usate le armi per difendere il Profeta: la nascita della religione islamica, l’idea della comunità di fedeli, la Umma, era già in questo giuramento, prima che venisse sanzionata con la “Costituzione di Medina”. Ai vincoli tribali di sangue, che legavano i membri di un clan, si sostituiscono i vincoli di fede. Ci si riconosce fratelli nella comunità dell’unico Dio, la Umma, non più nella genetica dei vincoli di sangue. Fu così che Maometto e Abu Bakr, preceduti di poco dai Muhagirùn (gli “Emigrati”), compiono l’Ègira (higvra), l’“Emigrazione” verso Medina. È da questa fondamentale data che i Paesi islamici fanno iniziare il loro calendario, da quel fatidico 16 luglio del 622.

La  comunità islamica e il calendario islamico nascono  da un giuramento di guerra! Chi salverà gli arabi dalla figura di Maometto?!


 

 

 
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Capitolo 1

Post n°2 pubblicato il 05 Agosto 2005 da antislamico
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La figura di Maometto!

Cronologia della vita di Maometto

562-572: In questo periodo viene collocata, secondo le diverse tradizioni, la nascita di Maometto.

576: La madre di Maometto, Amina, muore e il Profeta viene affidato al nonno, Abd al- Muttalib.

580: Il nonno muore e affida Maometto al proprio figlio Abu Talib.

582: In quest’anno, probabilmente, avviene l’incontro del futuro Profeta con il monaco Bahira.

582-602: Regno di Maurizio, che avvia la riorganizzazione dell’Impero bizantino.

587: Maometto inizia a La Mecca il suo apprendistato nel commercio che lungo la Via della Seta, dell’Incenso, delle Spezie, dallo Yemen arriva a Palmira, Petra, Damasco, Antiochia.

595: Maometto sposa Khadigia.

605: Ormai soprannominato “Il Fidato”, riceve l’incarico di collocare la Pietra Nera nella Ka’ba restaurata.

610: Durante un ritiro sul monte Hira gli appare l’arcangelo Gabriele che gli impone di leggere la parola del Corano. È la “Notte del potere”.

610-641: Regno di Eraclio.

613: I Persiani conquistano Antiochia.

614: I Persiani prendono Gerusalemme.

615: Prima migrazione di seguaci di Maometto in Abissinia.

618: Conversione di Omar (il secondo califfo) dopo l’ascolto della sura XX.

619: Morte di Khadigia, prima moglie di Maometto; muore anche Abu Talib, padre di Ali, poi genero e discepolo del Profeta. I Persiani prendono Alessandria d’Egitto.

621: Avviene la mistica “Ascensione” (mi‘ragv) al cielo di Maometto.

622: Accordo segreto, in giugno, con gli esponenti di Yathrib (Medina), detto Patto di al-‘Aqaba. Tra l’estate e l’autunno avviene l’Egira o migrazione a Yathrib. Anno di fondazione dell’era musulmana.

624: Nuova direzione di preghiera (qibla) verso La Mecca. Assedio alla tribù ebraica dei Banu Qainuqa. A marzo razzia contro i Quraysciti ai pozzi di Badr.

625: Maometto viene sconfitto e ferito durante la battaglia di Uhud.

626: Espulsione della tribù ebraica dei Banu Nadir da Yathrib. Attacco a Costantinopoli da parte di Avari e Slavi.

626-627: Vittoriosa battaglia del fossato (khandaq). Massacro degli ebrei Qurayza.

628: Assedio contro gli ebrei Haybar.

629: Maometto compie il pellegrinaggio semplice (‘umra) alla Mecca. Interdizione del vino.

630: Entrata di Maometto alla Mecca. Eraclio sconfigge i Persiani e conquista la loro capitale Ctesifonte. Libera Costantinopoli dall’assedio degli Avari.

631: Guerra aperta contro i pagani e sottomissione delle tribù.

632: Grande Pellegrinaggio guidato da Maometto. L’8 giugno il Profeta muore.

634: Invasione araba della Mesopotamia, della Siria e della Palestina.

L'Islam nasce in Arabia, a La Mecca e a Medina, le due città principali dell'Arabia. Nasce nel 610 e Maometto muore nel 632: in questi 22 anni la storia dell'Arabia, del Medio Oriente e del mondo intero, è stata cambiata da Maometto. A 40 anni Maometto dice di aver fatto esperienza spirituale di Dio nel deserto e decide di dedicare l'esistenza a far conoscere questo Dio unico, che nel suo ambiente non era sconosciuto, ma non era diffuso. Non era sconosciuto perché in Arabia risiedevano alcuni ebrei e numerosi cristiani. Dunque l'atmosfera in Arabia era pronta ad accogliere il monoteismo, ma è Maometto che dedica tutte le proprie energie ad annunciare questo Dio unico. Nei momenti di maggiore isolamento, Maometto cerca l'appoggio anzitutto dei cristiani ed ebrei de La Mecca, e poi anche degli ebrei di Medina. A La Mecca la predicazione è chiara, semplice e religiosa: c'è un solo Dio, c'è un giudizio eterno, ognuno sarà giudicato secondo i suoi atti, e la conseguenza sarà il castigo, l'inferno per chi ha fatto il male, il paradiso eterno per chi ha fatto il bene. Maometto dice di essere il profeta di Dio e predica di conseguenza la giustizia sociale. La Mecca era  un centro commerciale, religioso, politico e sociale. La predicazione di Maometto però non piace ai meccan,. Col crescere dell'opposizione è costretto a fuggire con i suoi seguaci in Etiopia, sede di un regno cristiano. Questa è la prima emigrazione. Intanto però l'opposizione dei meccani cresce, Maometto non riesce ad imporsi, e decide di cambiare tattica: si mette d'accordo con la città rivale, Medina, la seconda città dell'Arabia, a circa 350 km da La Mecca. Quelli di Medina si accordano con lui e si dicono disposti ad accoglierlo con i suoi seguaci. Maometto manda i suoi a piccoli gruppi per non attirare l'attenzione dei meccani, perché in pratica quello che sta organizzando è un tradimento della sua tribù. La notte fra il 15 e il 16 luglio 622 avviene l'egira, cioè Maometto fugge a Medina. Lì, oltre ai pagani arabi che lo accolgono, vivono tre tribù ebraiche potenti. Maometto comincia a fare patti con tutti, anche con gli ebrei, e organizza la vita sociale, politica, culturale e religiosa dei suoi. In un primo tempo, Maometto orienta la preghiera verso Gerusalemme per guadagnare a sé le tre tribù ebraiche che sono le più ricche di Medina. Questo anche perché ha bisogno di soldi e di aiuto, si trova isolato, con un pugno di seguaci, senza terra, senza lavoro; i suoi uomini devono essere mantenuti da quelli che li hanno accolti. Ha quindi bisogno di un più largo aiuto. Ma i suoi tentativi di guadagnare gli ebrei non portano frutto: gli ebrei non lo riconoscono come profeta. Perciò, dopo circa un anno e mezzo, Maometto cambia rotta: la preghiera non è più orientata verso Gerusalemme, ma verso La Mecca, per guadagnare a sé gli arabi pagani, e innanzitutto la sua tribù. Il digiuno, che prima durava un solo giorno, come il Kippur degli ebrei, diventa di un mese, uno dei mesi sacri. Poi comincia una serie di razzie per fare bottino e, soprattutto, per stringere patti con le varie tribù, in modo da spezzare il suo isolamento e allargare la propria base. Quando si sente più forte attacca e guadagna a sé una tribù, sottomettendola e costringendola a pagare un tributo; quando è di pari forza fa un patto; e, quando è più debole, evita lo scontro. Così, grazie alla sua ottima strategia, riesce ad allargare la base dell'Islam, sia numericamente, sia a livello politico. Maometto, a questo punto, si sente abbastanza forte e si scatena contro gli ebrei: una dopo l'altra le tre tribù ebraiche verranno escluse da Medina, e i loro beni confiscati a favore dei musulmani. Avendo allargato la propria base con le tribù arabe, essendo ormai più ricco e più forte militarmente, Maometto può confrontarsi con La Mecca e due anni prima della morte riesce ad entrare nella città pacificamente, senza spargimento di sangue, perché i meccani riconoscono la sua supremazia. Così quasi tutta la penisola araba si converte all'Islam. La cosa più notevole della vita di Maometto sono state le guerre, 19 secondo la biografia più autorevole, la Sîrah di Ibn Hisciâm, durante il decennio di Medina.  

Fin dalla morte di Maometto l'espansione araba fu travolgente fino a modificare stabilmente l'assetto politico del vicino oriente e dell'Africa settentrionale. Vennero ben presto conquistate la Palestina, l'Iraq, la Persia, l'Egitto. Dopo iniziò lo scontro con l'Occidente. Là dove l'Islam riusciva ad espandersi, dopo le stragi iniziali, con i vinti si stabiliva un vero e proprio "contratto di protezione" che si basava su due cardini: pagare un tributo e accettare la pubblica umiliazione, riconoscendo i privilegi dei padroni. Tra i doveri da rispettare c'è il divieto di suonare le campane, di mostrare in pubblico la croce, di costruire nuove chiese o conventi, di erigere case più alte di quelle dei discepoli di Maometto, di ospitare questi, gratuitamente, mentre pellegrinano verso la Mecca. La "protezione" aveva un prezzo, e anche assai alto: talvolta pari ai tre quarti del reddito degli sventurati "protetti". Solo questi pagavano le imposte, i musulmani vivevano, se appena possibile, come mantenuti.
Il concetto di "guerra santa" può indicare la conversione forzata dell'infedele a costo di passarlo a fil di spada. Ora, nel Corano ci sono molteplici passi che confermano una interpretazione di questo tipo. C'è una sura, che è uno dei 114 capitoli in cui è diviso il libro, in cui Dio dice: "getterò il terrore nel cuore di quelli che non credono e voi decapitateli" (VIII, 12); un'altra dice: "i cristiani dicono: "il Messia è figlio di Dio"; questo è ciò che essi dicono imitando i detti di coloro che prima di loro non credettero; Dio li combatta! Quanto vanno errati!" (IX, 30); un'altra ancora: "quando incontrerete quelli che non credono, uccideteli fino a che non ne abbiate fatto strage; allora, rafforzate le catene dei rimanenti" (XLVII, 4). Per quanto riguarda il suicidio, è vero che il Corano lo proibisce, però l'azione di un kamikaze non è suicidio, bensì un atto di martirio: "Non dite di coloro che furono uccisi combattendo nella via di Dio, che essi sono morti; poiché anzi essi sono vivi" (II, 149). Potrei continuare a citare passi simili. Ora, mi si potrebbe obiettare che questa è una lettura fondamentalista Ma l'obiezione non coglierebbe nel segno, perché la lettura fondamentalista è pienamente legittima nell'Islam, visto che,  non esiste un Magistero che la proibisca. Quel che certo è che, se è vero che nell'Islam non c'è un Magistero, forse l'unica istanza simile è quella della maggioranza. Ora, l'interpretazione maggioritaria di questi passi è proprio quella letterale. Se uno guarda  alla situazione presente, vede l'esistenza di un Islam moderato, ma anche l'esistenza di un Islam fondamentalista, che è di nuovo maggioritario: basterebbe leggere l'intervista rilasciata da Mohammed Said Tantawi, la guida suprema seguita dai sunniti, ossia il 90 % dei mussulmani. A Tantawi è stato chiesto di condannare i kamikaze islamici e la sua risposta è stata: "Chi si imbottisce di tritolo e si fa saltare in mezzo al nemico deve essere considerato un martire" (La Stampa, 16-11-2001

D’altra parte a prescindere da come interpretare il corano, ci sono i fatti cioè il comportamento stesso di Maometto che legittima il fanatismo! Dopo la fuga di Maometto a Medina, nel VII secolo, ebbe inizio il proponimento della guerra condotta in nome di Allah. Maometto viveva, fra l'altro, degli assalti alle carovane della Mecca. Ciò a portato a diverse battaglie contro La Mecca, che egli vinse per la maggior parte. Inizialmente però i suoi seguaci, fuggiti con lui dalla Mecca, non erano convinti di dover seguire il loro capo in guerra per l'indottrinamento delle vicine nazioni. Maometto fu costretto a trovare delle valide motivazioni. Improvvisamente risuonò il motto:"Allah non vuole pazienza, ma lotta". 

In fondo, il Corano dice che chi partecipa alla guerra santa viene ricompensato generosamente nell'aldilà. La Sura 9:20-22 dice:" Coloro che credono, che sono emigrati e che lottano sul sentiero di Allah con i loro beni e le loro vite, hanno i più alti gradi presso Allah. Essi sono i vincenti. Il loro signore annuncia loro la sua misericordia ed il suo compiacimento e i Giardini in cui avranno delizia durevole, in cui rimarranno per sempre".

Insomma immaginate un Hitler o un qualunque altro dittatore, però che ha il suo potere rafforzato dalla fede e dalla religione, e avete la figura di Maometto! Poveri mussulmani condannati a vivere in un medioevo eterno! Chi li salverà dalla figura di Maometto?!


 

 
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Post n°1 pubblicato il 05 Agosto 2005 da antislamico
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Questo blog ha lo scopo di informare sulla religione islamica, perchè senza conoscenza non è possibile fare i passi necessari verso  una convivenza pacifica e senza conoscenza non è possibile  aiutare  gli islamici ad uscire dai loro schemi, talvolta preconcetti, e in tal modo giungere a una reale e vicendevole accettazione.

 
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