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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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L'AQUILONE

Post n°594 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da bargalla

     


L’aquilone immoto nel cielo del tempo è come un gabbiano senz’ali ghermito in volo dal più subdolo dei mali. Smarrito nel labirinto dei ricordi, schiacciato al suolo dal peso dei rimpianti, non riesce più a trovare le correnti ascensionali per salire in su la cima dove fulgida ancora brilla la luce di un faro e ai suoi piedi al buio resta vagando nelle tenebre di una notte senza fine.
Brandelli di laceri drappi ondeggiano nella mente e flagellano i pensieri fra i marosi di un naufragio; non sono altro che relitti quei versi adolescenziali, isole incantate, memorie trasognate, echi di voli pindarici spiccati fra il cuore e l’amore soggiogati dal bagliore di un’ardente passione prima che l’abisso s’aprisse nell’orrido vortice della solitudine cercata con l’ossessione dettata più dall’istinto che dalla ragione.   

                                                         
                               
L’AQUILONE 

                          
Fra i rami di un albero impigliato
                          l’aquilone più non vola. Ormai 
                          lacero lo scheletro mostra di 
                          ricurve canne. Il moto sembra del 
                          vento ancor seguir ma, prigioniero
                          di verde chioma su di sé s’avvita e 
                          fermo nel tedio rimane ostaggio 
                          del cuore della mente e del Fato.

                          All’incerta mano sfuggì come
                          d’estate il tempo sgrana ancora 
                          i giorni miei d’ombra pieni in riva
                          al chiaroscuro scuro cielo d’occhi 
                          sognanti il mare silente rimasto  
                          all’orizzonte di un sogno negato.  
                          Ondoso fluttuo nelle tenebre 
                          chiudo gli occhi per vedere meglio 
                          e la lama di un faro ritorna a ferire
                          a morte la notte uccisa dall’oblio.
                                             
                          D’acqua argentei riflessi i passi tuoi
                          orme lasciano fra le perdute volte,
                          lacrime di sale rigano il volto impietrito
                          dal rimpianto. Dell’arco il passo di 
                          varcare ancora bramo e per quelle
                          antiche calli, stanco m’affretto per al 
                          fin giungere dove nessuno ha più per
                          tetto quella che fu tua dimora.

                          Ringhiere dalla ruggine screpolate, vano
                          sostegno son di vasi vuoti dalla salsedine
                          sbrecciati, simili a sfilacciate sartie 
                          gerani un tempo pendevano sospesi.
                          A quei mi aggrappai e d’esser felice 
                          pensai fra i marosi in burrasca e la quieta
                          risacca. Ora, appassiti, il vento di ponente
                          sbriciola e disperde, polvere soffia fra 
                          le mal serrate imposte scosse dal 
                          turbine d’effimere passioni. 
                                            
                          Più non entra dagli opachi vetri la luce
                          del tuo giorno, lento si dipana nel tramonto 
                          il filo dei ricordi, grovigli e nodi scorsoi
                          inestricabili condannano a letargica
                          quiete un aquilone dal Cielo esiliato. 
                                             



    


 
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mareioniokr
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mareioniokr
mareioniokr il 13/05/10 alle 11:45 via WEB
bellissima....grazie di cuore l'ho postato al mio forum http://fiabe.sogni.emozioni.forumfree.it/ http://fiabe.sogni.emozioni.forumfree.it/?t=47912021 G R A Z I E
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