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Messaggi del 09/06/2014

il ruolo della donna nella chiesa...lina ladu.

Post n°1161 pubblicato il 09 Giugno 2014 da linaladu

L’impastatrice di pane (Matteo 13:33)

Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti»Questa parabola paragona il lievito che fermenta la farina, al regno di Dio che fermenta la storia degli uomini.Quello della donna è un lavoro immane, che richiede una capacità inusuale di forza e resistenza per impastare circa 130 chili di farina con il relativo lievito.Questo lavoro lo si può fare solo poco alla volta, prendendo e impastando uno o due chili alla volta.Emerge, qui, la capacità della donna di essere fedele e costante nel portare avanti un lavoro forse ripetitivo, ma che dà grande soddisfazione, quando si vede il risultato: pani che nutrono le persone.

Ciò che è necessario alla vita di una moltitudine di persone, viene prodotto da una donna che prende ciò che viene da Dio, il lievito/regno di Dio e lo rende fermento nella rete di relazioni che vive con le persone che incontra quotidianamente.Quindi la donna è parte del regno perché, grazie ad essa, viene distribuito “IL PANE” la parola di DioA differenza della chiesa cattolica ed ortodossa, dove le donne non sono ammesse al sacerdozio, la maggior parte delle chiese protestanti “storiche” (luterane, metodiste, battiste e da qualche tempo anche quell’anglicana, e in Italia, le chiese “federate” valdo-metodiste e battiste) hanno ormai aperto le porte del ministero pastorale ad uomini e donne senza più alcuna distinzione.

Anche parecchie chiese sicuramente evangeliche e bibliche, ed in prima linea, molte chiese pentecostali, in seno alle quali fin dai primi tempi emergevano figure “carismatiche” quali Aimée Semple MacPherson, Florence Crawford e, in tempi più recenti, Kathryn Kuhlman, accettano tranquillamente un ministero di predicazione e pastorato che non fa alcuna distinzione tra i due sessi.Così facendo, hanno seguito l’esempio dato fin dal secolo scorso da movimenti “di risveglio” quali l’Esercito della Salvezza, nella quale, a fianco del fondatore “Generale” William Booth”, occupavano un posto di primissimo piano la moglie e poi la figlia, famosa predicatrice.Anche la chiesa di Los Angeles presso la quale William J. Seymour predicava, prima di formare la “missione” d’Azusa Street, era diretta da una donna.

Dal mondo “evangelico fondamentalista”, però, si sollevano forti obiezioni a questa tendenza, citando argomentazioni bibliche che non si possono ignorare.Un esame delle Scritture sereno e imparziale, infatti, dimostrerà chiaramente che Dio, nella Sua sovranità, ha deciso di riservare alcune funzioni nella Chiesa soltanto agli uomini (e in ogni caso, ricordiamo, non a tutti gli uomini, ma a quelli che Egli ha scelto).Cominciamo a precisare che la Chiesa Cristiana non crede che gli uomini siano superiori alle donne.Nella Bibbia non è mai insegnata la superiorità o inferiorità intellettuale dell’uomo o della donna.Anzi, tutti i credenti hanno pari dignità e accesso alla grazia del Signore: “Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3:28).

Due bellissimi libri dell’Antico Testamento hanno nomi di donne: Estere Ruth, ed espongono la loro vita come esempio e insegnamento per tutti i cristiani.Le donne giocano un ruolo importante e onorevole anche nel Nuovo Testamento, specialmente se consideriamo la loro condizione sociale e religiosa ai tempi in cui Gesù visse (si vedano Matteo 5:32; 1 Corinzi 11:11-12; Galati 3:28; Efesini 5:25-33).Delle donne sono citate in Ebrei 11, nell'elenco di quei “santi” che costituiscono un esempio di fede per i credenti d’ogni tempo.Durante il Suo ministero terreno, Gesù manifestò un’attenzione tutta particolare nei riguardi delle donne, anche di quelle più disprezzate ed emarginate: la Samaritana (Giovanni 4:4-42), quella colta in adulterio (Giovanni 8:3-11), le varie “peccatrici”...Tra il suo seguito si contavano diverse donne benestanti che “assistevano Gesù e i dodici con i loro beni” (Luca 8:1-3) e tra i suoi “amici”  c’erano anche donne come Marta e Maria (Luca 10:38-42, Giovanni 11).

A quest’ultima consentì di stare “seduta ai piedi di Gesù ad ascoltare la Sua parola”, qualcosa che nessun rabbino del tempo si sarebbe sognato di permettere.Una donna, Maria di Nazareth, fu definita “beata” dall'angelo perché aveva creduto alla parola del Signore (mentre invece un suo parente, Zaccaria, in circostanze analoghe, fu punito perla sua incredulità).Un’altra donna, Elisabetta, moglie di Zaccaria e cugina di Maria di Nazareth, fu il primo essere umano a benedire Gesù, mentre ancora era nel seno della madre: “Benedetto il frutto del tuo seno” (Luca 1:42).Furono le donne, poi, le ultime a trattenersi vicino alla Croce e le prime a diventare testimoni della Resurrezione, tra le quali ricordiamo Maria Maddalena, che vide per prima Gesù risorto.Ed è menzionata specificamente la loro presenza fra i discepoli che si trattenevano in preghiera e che ricevettero lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste (Atti 1:14).Ma la “nuova dignità” proclamata da Gesù Cristo per la donna non significa inversione dei ruoli o superamento e annullamento della differenza.Anche Paolo, spesso, ma a torto,accusato da gente biblicamente ignorante di misoginia (vale a dire d’essere“anti-donna”), dimostra un gran riguardo nei confronti delle donne.

Abbiamo già ricordato che è stato lui ad affermare che “non c’è... né maschio né femmina... in Cristo Gesù” (Galati 3:28).Saluta con gran calore le donne nelle chiese alle quali scrive: in Romani 16:1-16, per esempio, la metà dei credenti salutati personalmente sono donne, e a loro riserva gran parte delle sue espressioni di stima, lode e affetto: “Vi raccomando Febe, nostra sorella,che è diaconessa della chiesa di Cencrea, perché la riceviate nel Signore in modo degno dei santi... perché ha prestato assistenza a molti e anche a me...Salutate Prisca e (suo marito) Aquila... i quali hanno rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese delle nazioni... Maria, che si è molto affaticata per voi... Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigione, i quali sono segnalati fra gli apostoli, e anche sono stati in Cristo prima di me… Trifena e Trifosa, che si affaticano nel Signore... la cara Perside che si è affaticata molto nel Signore... Rufo, l’eletto nel Signore e sua madre, che è anche mia... Giulia, Nereo e sua sorella...” .

Quelle che si distinguono particolarmente sono:-  v. 2: Febe diaconessa della chiesa di Cencrea (nei pressi di Corinto); questa donna efficace e degna di rispetto aveva un ministero preciso.-  vv. 3-4: Prisca con Aquila, suo marito; Paolo li qualifica “compagni d’opera”, ciò significa che essi facevano gruppo con lui.-  v. 6: Maria di cui l’Apostolo mette in evidenza l’intensità del suo lavoro per Dio e la chiesa.-  vv. 7-8: Giunia (nome femminile), qui con Andronico, godeva di una “grande considerazione tra gli Apostoli”. Senza fare evidentemente parte del collegio apostolico, essi meritano la qualifica di “apostoli” nel senso largo di “inviati”. Ciò significa che essi avevano un ruolo importante, nella missione della chiesa (cfr. Atti 14:14; 1 Timoteo 1:1; 2:6).-  v. 12: Trifena, Trifosa e Perside, impegnate tutte e tre, e molto attivamente, nell'opera del Signore.Queste donne citate da Paolo erano molto attive,impegnate in ministeri spirituali particolarmente significativi, non svolgevano dei semplici lavori manuali o erano relegate in posizioni marginali nel piano divino, ma, al contrario, erano completamente coinvolte nell'opera evangelistica svolta dall'apostolo Paolo.

C’è, poi, l’incontro di Paolo con una donna speciale, Lidia.Il viaggio missionario di Paolo approda per la prima volta in Europa a Filippi, colonia romana.Fuori della porta, a circa 2 chilometri, scorreva il fiume Gangite.Si pensa che la città di Filippi non avesse Sinagoga a causa dell’esiguo numero di giudei presenti. Paolo, comunque, si informa sui luoghi di preghiera e capita sulla riva del fiume, in una specie di oratorio a cielo aperto dove le donne stavano effettuando una riunione di preghiera e di abluzioni purificatorie.Lì incontra Lidia, donna benestante e indipendente, appartenente alla categoria dei «timorati di Dio», come il centurione Cornelio (Atti 10:2).Il gruppo dei  «timorati di Dio» erano coloro che, pur aggregati alla sinagoga, non si erano ancora assunti l’impegno di passare al giudaismo (per i maschi mediante la circoncisione) e, quindi, non erano obbligati all'osservanza di tutta la Toràh.Di fatto, dal punto di vista religioso-legale, erano ritenuti pagani impuri.

La successione di alcuni verbi indicano il cammino di conversione: «parlavamo alle donne - Lidia stava ad ascoltare - il Signore le aprì il cuore- aderì a quanto detto da Paolo - furono battezzati - ci costrinse ad andare a casa sua».Lidia è la prima cristiana europea, lei e la sua casa.Nella Lettera ai Filippesi, Paolo stranamente non fa menzione di Lidia, però si può pensare che ella faccia parte del gruppo di vescovi, diaconie santi a cui Paolo rivolge il saluto iniziale (Filippesi 1:1).Dalla lettera ai Romani, comunque, si viene a sapere che in giro nelle comunità paoline c’erano anche delle diaconesse (Romani 16,1: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencrea; ricevetela nel Signore come si conviene ai credenti e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti e anche me»).Al narratore  degli  “Atti degli Apostoli” sta a cuore sottolineare che la casa di Lidia diventa il nucleo della nuova comunità di Filippi.In Atti 16:40 si viene a sapere che, quando Paolo e Sila escono dal carcere, si rifugiano a casa di Lidia dove sono riuniti i fratelli della comunità.La sua casa era, dunque, divenuta una chiesa domestica, luogo accogliente, di lode  e di preghiera.Di questa comunità Paolo ricorda, nella lettera ai Filippesi, alcuni membri: due donne, Evodia e Sintiche, che non andavano molto d’accordo, ma che sono ricordate come lottatrici per il Vangelo (Filippesi 4:2).

Malgrado il problema che esse rappresentavano sul piano dell’unità, l’Apostolo non dimentica il loro totale impegno, e la loro associazione, nella diffusione per il Vangelo.Tuttavia, dell’affermazione sopracitata,"non c’è... né maschio né femmina... in Cristo Gesù", molti interpreti e apologisti di tendenza femminista fanno un grande abuso, per far dire a Paolo cose che certamente non ha mai pensato: cioè che nella Chiesa non ci debba più essere alcuna distinzione di ruoli tra l’uomo e la donna.Come tutte le affermazioni della Scrittura, invece, anche questa deve essere presa in equilibrio e in armonia con tutte le altre Scritture.L’uomo e la donna sono fisicamente diversi, sessualmente diversi e psicologicamente diversi (per la differenza che passa tra l’originare e l’ospitare il concepimento).È un dato fisso e permanente, Dio li ha creati diversi.La Scrittura,infatti, afferma: “… li creò maschio e femmina” (Genesi 1:27) e, ancora, “… ed ecco, era molto buono” (Genesi 1:31).L’uomo e la donna non sono soltanto diversi, ma sono anche in un rapporto strutturato e di subordinazione.La donna è “l’aiuto conveniente” all'uomo (Genesi 2:18), è creata dopo l’uomo e dall'uomo (Genesi 2:21 e segg.) e riceve il suo nome dall'uomo (Genesi 2:23).Ma, soprattutto, è creata a motivo dell’uomo (Genesi 2:18), ed anche questo era molto buono … (Genesi 1:31).

L’apostolo Paolo riprende l’argomento della creazione per affermare che: “L’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall'uomo” (1 Corinzi 11:8), che “l’uomo è immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo” (1 Corinzi 11:7) e che, ancora, “l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo” (1 Corinzi 11:9).E conclude: “Voglio che sappiate... che il capo della donna è l’uomo, e che il capo di Cristo è Dio” (1 Corinzi 11:3).L’uomo, pertanto, ha autorità sulla donna, è il capo della donna e la donna è sottomessa all'uomo.La conclusione è che, come Dio ha autorità su Cristo, Cristo ha autorità sull'uomo, e l’uomo ha autorità sulla donna: “D'altronde, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo senza la donna. Poiché, siccome la donna viene dall'uomo, così anche l’uomo esiste per mezzo della donna, e ogni cosa è da Dio” (1 Corinzi 11:11-12).

In Efesini, però, prima di definire la subordinazione della donna all'uomo: “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti...; il marito infatti è il capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa” (Efesini 5:22-23), l’apostolo Paolo dà il contesto nel quale operare: “Sottomettetevi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Efesini 5:21).Oltre alla creazione, l’apostolo Paolo introduce l’argomento della redenzione: “Adamo non fu sedotto; ma la donna,essendo stata sedotta, cadde in trasgressione; tuttavia sarà salvata partorendo  figli, se persevererà...” (1 Timoteo 2:14-15).Tuttavia, questa “fragilità” non deve essere un pretesto perché l’uomo abusi della sua autorità, ma è esortato ad agire “col riguardo dovuto alla donna,come ad un vaso più delicato. Onoratele, poiché anch'esse sono eredi con voi della grazia della vita...” (1 Pietro 3:7).L’uomo e la donna, quindi, sono uguali in dignità, ma differenti e complementari.

I credenti nati di nuovo sono tutti chiamati a servire il Signore sia nel mondo, assolvendo il gran mandato conferito a loro dal Signor Gesù, sia nella comunità locale, svolgendo quel particolare ministero (= servizio, ufficio) che lo Spirito Santo, in armonia con il governo della Chiesa, ha affidato a loro per l’edificazione dei fedeli.Il piano di Dio è che la donna, come l’uomo,accetti fino in fondo e valorizzi la propria “diversità” e la viva come una benedizione ed una ricchezza per la sua identità, per la famiglia, la chiesa e la società.Il femminismo, però, ha distorto le aspirazioni della donna ed ha alimentato quel seme di ribellione e di competizione nei riguardi dell’uomo che ha come esito finale il rifiuto della condizione e dell’identità femminile e il desiderio di sostituire l’uomo nel suo ruolo all'interno della famiglia e, di riflesso, nella chiesa.È necessario, pertanto, che sia nella famiglia sia nella chiesa l’uomo sia davvero uomo e la donna sia davvero donna,che ognuno valorizzi la propria specificità.Non è un caso che Gesù, nonostante l’attenzione “rivoluzionaria” dimostrata verso le donne, scelse i Dodici esclusivamente trai discepoli maschi.Analizzando il Nuovo Testamento notiamo, altresì, che gli spazi ministeriali aperti ad entrambi i sessi sono larghissimi e che sono invece pochissimi quelli che una donna non può svolgere.Tutti noi siamo stati costituiti in “sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali... un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome” (1 Pietro 2:5, Ebrei 13:15).

Siamotutti chiamati ad essere adoratori, e abbiamo tutti lo stesso accesso diretto alla presenza di Dio.Infatti, fu proprio ad una donna (la Samaritana) che Gesù diede la rivoluzionaria rivelazione che “i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:23-24).Sia uomini che donne possono e devono annunciare il Vangelo agli altri.Il Gran Mandato è rivolto a tutti i cristiani indistintamente e senza eccezione.Quando“vi fu una grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme e tutti furono dispersi” perché “Saulo devastava la chiesa... e, trascinando via uomini e donne, li metteva in prigione”, allora tutti “quelli che erano dispersi se ne andarono di luogo in luogo, portando il lieto messaggio della Parola” (Atti 8:1-4).Sia uomini che donne hanno lo stesso accesso a Dio per partecipare al lavoro della preghiera e dell’intercessione.Le numerosissime esortazioni della Scrittura in questo senso sono rivolte di solito a tutti i credenti senza distinzione.

È specificamente detto anche che le donne possono pregare ad alta voce nelle assemblee della chiesa (1 Corinzi 11:5), anche se è specificato un diverso modo di presentarsi (il loro capo deve essere velato).I doni dello Spirito (1 Corinzi 12:8-10; 12:28; Romani 12:6-8), poi, sono distribuiti a tutti alle stesse condizioni,e possono essere esercitati anche pubblicamente sia da uomini che da donne (1 Corinzi 12:7, 11:5).Nell'Antico Testamento c’erano non solo profeti, ma anche profetesse quali Maria,la sorella di Mosè (Esodo 15:20), Debora (Giudici 4:4), Hulda (2 Re 22:14), la moglie d’Isaia (Isaia 8:3), e altre.Non esistono motivi validi per cui non dovrebbero essercene anche nel Nuovo Testamento, anzi si legga, a tal proposito, delle figlie di Filippo, Atti 21:9, nonché la profezia di Gioele ricordata in Atti 2:17.Dio ha promesso che “anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno...” (Atti 2:18).Ai nostri giorni ci sono anche donne che esercitano un notevolissimo ministero di guarigione, portando grandi benedizioni a tutta la Chiesa e all'opera di Dio nel mondo.

Tutti i campi di servizio pratico e amministrativo nella Chiesa sono aperti alle donne: “Servire... dare... fare opere di misericordia...” (Romani 12:7-8): Tabita di Ioppe, per esempio, era rinomata per questo ministero (Atti 9:36).Perciò si riconoscono nella chiesa non solo diaconi (credenti riconosciuti come esempi di fedeltà nel servizio e incaricati di particolari responsabilità), ma anche diaconesse (Febe in Romani 16:1; 1 Timoteo 3:11, dove “le donne” indica sicuramente quest’ufficio).Ma come si conciliano la libertà di pregare e profetizzare (1 Corinzi 11:4 segg.), anche se a capo coperto, con la proibizione di 1 Corinzi 14:34-36: “Le donne tacciano nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare, ma debbono stare sottomesse, come dice anche la legge” e 1 Timoteo 2:12: “Non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sul marito”?

È chiaro che la linea di demarcazione è l’autorità, vale a dire che quando l’insegnamento e il governo della chiesa locale è esercizio d’autorità, sia per stabilire la linea della chiesa e per governare (chiamare altri a seguire ed assicurarsi chela Parola sia praticata), sia in materia di dottrina e di costumi, essa è riservata a quegli uomini che Dio ha chiamato.Le donne, quindi, possono esercitare un ministero o essere parte di una squadra ministeriale (le donne che seguono Gesù, o che aiutano Paolo in Romani 16) ma non esserne a capo, non possono avere l’ufficio d’anziano o di vescovo e tutti gli altri ministeri di Efesini 4.Possono, però, essere alla guida di una scuola domenicale, di un coro o di un gruppo d’intercessione, di un’opera sociale, di un gruppo d’evangelizzazione, incaricate dal pastore o dal collegio degli anziani.La sottomissione, l’essere coperte da un capo (“avere il capo coperto”) è una garanzia biblica particolare ed indispensabile per chi è considerato dalla Scrittura “il vaso più debole”.All'interno di questo quadro di sicurezza, Gesù Cristo vuole liberare le donne da ogni senso d’inferiorità esercitando il ministero con cui Dio le ha equipaggiate.Nessuno interpreta la posizione di Paolo (1 Timoteo 2:12) nel senso che una donna non può insegnare a bambini o a giovani sia nella famiglia (2 Timoteo 1:5) sia nella chiesa o nella società.È del resto da sempre prassi nella chiesa occidentale l’impiego di donne nella catechesi, non solo per i bambini ma anche per i catecumeni e per gli adulti e, d'altronde, pochi uomini disdegnerebbero di sedersi ad ascoltare donne di valore quando sono vere portavoce di Dio, come lo erano sicuramente le quattro figlie di Filippo (il diacono-evangelista  che battezzò l’eunuco nel deserto),che erano profetesse e profetizzavano (Atti 21:8-9).Anche ai tempi nostri, poi,  ci sono in giro di donne che amano Dio con tutto il loro cuore e portano un messaggio di edificazione per la Chiesa e sono sicuramente degne di essere ascoltate.E’ significativo quello che accadde ad Azusa Street.Nella notte di lunedì, 9 aprile 1906, lo Spirito Santo scese con potenza e sette credenti furono battezzati “dall'alto”.Fra loro una sorella, Jennie Evans Moore, che più tardi diventerà moglie del pastore William Seymour e lo accompagnerà al pianoforte con cantici e inni durante i servizi di culto, ricevette questo dono soprannaturale per intervento dello Spiritito Santo.

Dopo Azusa Street, Ida Robinson, Aimee SempleMcPherson, e Kathryn Kuhlman hanno portato avanti questa tradizione.In effetti, Crawford, McPherson, e Robinson hanno fondato intere denominazioni.Il motivo per cui le donne hanno potuto svolgere un ministero riconosciuto nel movimento pentecostale è stata l’unzione potente che esse avevano nell'uso dei doni dello Spirito.Utilizzando il profeta Gioele come guida, le donne pentecostali furono incluse nei “figli e figlie” e nei “servi e serve” che avrebbero profetizzato, dopo che lo Spirito sarebbe stato versato alla fine dei tempi (Gioele 2:28; Atti 2:17).Guardando indietro, Azusa Street ha determinato un passo avanti significativo per la causa delle donne nel ministero.La donna, dunque, può insegnare nel senso di trasmettere un insegnamento “ricevuto” e “coperto” dall'autorità e dalla responsabilità di chi governa la chiesa locale.Allo stesso modo potrà profetizzare o presiedere, sempre in sottomissione .Per quanto riguarda la predicazione della Parola di Dio, la donna può, come abbiamo già visto, profetizzare nella chiesa e la profezia può essere comunicata in diverse forme, che comprendono non solo l’oracolo profetico e le visioni, ma anche l’esortazione profetica (1Corinzi 14:3) che è una forma di predicazione.Questa è dunque un campo che rimane pienamente a disposizione delle donne, non meno che degli uomini.Lo stesso si può dire delle testimonianze e della condivisione d’esperienze, intuizioni e parole di sapienza divina.Queste cose non rientrano nella categoria dell’insegnamento inteso come esercizio d’autorità nella chiesa, ma, al contrario, devono essere sottoposte al giudizio e al discernimento di chi vi esercita l’autorità.C’è dunque tanto spazio perché le donne cristiane, piene di zelo e d’amore per il Signore e per la Chiesa, possano esercitare il loro ministero nella Chiesa.In conclusione, per quanto riguarda il ministero femminile, il nostro Signor Gesù consente alle donne di realizzarsi recuperando tutte le ricchezze della loro femminilità e di impiegarle interamente per la Sua gloria.Illuminate dallo Spirito Santo, le donne cristiane mettono “i doni differenti secondo la grazia”  che è stata loro data (Romani 12:6) a disposizione della famiglia, della chiesa e della società: doni di profezia, di servizio, di direzione, d’insegnamento, d’accoglienza, di sostegno, di compassione, parola di sapienza, di scienza, fede, doni di guarigioni, potenti operazion.

DIO CI AMA TUTTI SENZA DISCRIMINARE NESSUNO ,MA OGNUNO DEVE STARE AL POSTO CHE DIO LE HA ASSEGNATO...IN FEDE LINA LADU.

 
 
 

LA NUOVA STRADA...LINA LADU.

Post n°1160 pubblicato il 09 Giugno 2014 da linaladu

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Padre, nella vita si può fare a meno di tante cose, che spesso non hanno sapore o se l'hanno non soddisfa. Ma non si può fare a meno di amare e di essere amati. E quando chi ti ama, diviene tua vita, questo mi fa volare... E lei vuole che io mi lasci riempire dell'amore di Dio? il dono più bello che io possa avere...questa fatica che faccio a volte mi sembra sia un camminare verso il Paradiso..."Se la gente lo capisse!"quanto amore il Signore ci porta.Io piu' delle volte non sono capita quando parlo,dell'immenso amore che Dio prova per me ed io per lui ,ma chi e' riuscito a capirlo gioira' nel vedere le cose grandi che realizzera' in me il Padre Santo.Cosi' fu' per Gesu'...

Quando Gesù annunciò l'Eucarestia non fu capito da tutti. Troppo alto quel concetto di amore che non è un dare qualcosa anche di utile e bello; non è neppure la dolcezza di una carezza, che è sempre un aprire le finestre del cuore,non e' nemmeno un'amore grandissimo ma è il dono di sé stesso quel farsi mangiare per essere una cosa sola con noi. La gente, e forse anche noi, quando vogliamo comunicare un gesto di affetto a qualcuno, di solidarietà, di condivisione, il più delle volte ci limitiamo a "dare qualcosa": invece l'amore chiede di più ossia il dono di sé fino a farsi vita della propria vita. Quando due si vogliono veramente bene, non finiscono mai di fissare lo sguardo l'uno nell'altro, come a voler fare l'impossibile, ossia a entrare nell'altro fino a diventare quasi il "pane vivo" che si fa vita l'uno dell'altro, abbattendo il muro di separazione, che non permette di diventare una sola cosa. Dio, nel suo infinito amore, fece quello che noi uomini non sappiamo e non riusciamo a fare: ossia ha donato il suo amore divenendo una cosa sola con noi, facendosi carne della nostra carne, sangue del nostro sangue.tutti i veri discepoli di Cristo, definivano questo incredibile dono dell'amore di Dio che si fa una cosa sola con noi: "spesso diciamo Per me vivere è Cristo!" Eppure quando Gesù annunciò l'Eucarestia, non fu capito.Gesù disse alle folle: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la vita del mondo". Allora i Giudei si misero a discutere: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo resusciterò nello ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui". Sentendo queste parole, molti di quelli che Lo seguivano, se ne andarono e non tornarono più. E deve essere stata grande la delusione del Signore, nel costatare che i suoi non riuscivano a entrare nel tabernacolo dell'amore di Dio e farsi invadere totalmente da Lui. Al punto che rivolgendosi agli apostoli disse: "Ve ne volete andare anche voi?" "Da chi andremo, Signore, è stata la risposta di Pietro, Tu solo hai parole di vita eterna"E osservando come sono pochi ancora oggi quelli che si sono fatti "catturare" dall'amore di Gesù che si fa nostro cibo, si direbbe che sono troppi i suoi discepoli, che si definiscono cristiani,ma hanno abbandonato la giusta strada,e non sentonopiu' il bisogno di nutrirsi del "pane del cielo". Forse perché troppo sazi del pane della terra, che sa di terra, e poco o nulla dice di cielo. Abbiamo bisogno di tanto amore, ma tanto, e Dio sa quanto, poi voltiamo le spalle all'Amore che è la vita, Dio, cercandolo altrove, che poco può offrire se non nulla,cosi' devessere l'amore fra due esseri che si amano,quando e' vero amore,devono camminare pensando a questo concetto,guardarsi negli occhi e' d'avanti a Gesu'promettere di bere nella loro unione ,il SANGUE ed il PANE di CRISTO uniti per l'eternita'.

IN FEDE LINA LADU .

 

 
 
 

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