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Messaggio N° 156 07-06-2001 - 00:00

Hacker, stregoni o ultimi libertari?

Si crede che condividere l'informazione sia un potente mezzo positivo e che sia dovere etico dell'hacker mettere in comune la propria esperienza. Crackare un sistema per divertimento e per conoscenza è eticamente corretto, secondo l'etica hacker. Secondo la legge sono invece due anni di galera. Anche per un comportamento intrusivo (che però non porta ad alcun danno per il computer «esplorato») la legge italiana prevede la configurazione di un reato: la violazione del codice penale.



Secondo l'etica hacker, non necessariamente la scelta di delinquere può essere criticabile. Per esempio gli attacchi ad un sito filo-nazista sono eticamente corretti. Come accaduto di recente ai danni del sito ufficiale del Ku-klux-klan, gli hacker hanno espresso una posizione politica precisa contro il razzismo.



È dunque giusto che un hacker si occupi di politica? The Walrus (il tricheco), dell'hack-lab di Firenze, una delle più autorevoli voci del mondo hacker italiano, ad un convegno all'Hack-meeting di Roma ha spiegato come l'hacking per sua natura vada ad affrontare una serie di problematiche enormi... Quali i problemi etici e politici? Come la mettiamo ad esempio con i tentativi delle istituzioni di ingabbiare la rete delle reti? «Cominciamo a porci una domanda. Il far west di internet è pericoloso per gli utilizzatori? No, internet deve essere normato il meno possibile. Quando vengono raccontate le panzane sulla sicurezza in Rete, bisogna avere la capacità di spiegare che non è attraverso la criminalizzazione di questi comportamenti che si risolve il problema».



Una possibile soluzione? «Creare un movimento hacker che attivi una campagna di informazione. Cercare di fare un discorso chiaro: dobbiamo cercare di far passare certi contenuti». Parlare male degli hacker sulla stampa è forse frutto di un disegno preciso? Secondo gli hacker c'è il rischio che si crei una base di consenso per manovre autoritarie che limitino la libertà in internet: e d'altra parte la strumentalizzazione dei media è sempre in agguato. C'è quindi chi vede un ruolo più consapevole degli hacker: «Oggi l'hacker non può più limitarsi a valutare i fattori tecnici, deve cominciare ad occuparsi di questi ragionamenti politici».



La diffusione dei tools che rendono possibile l'hacking è eticamente corretta? Per gli hacker sì. Non certo per la legge. Qualcuno avanza addirittura l'ipotesi di eventuale concorso in reato per chi scrive software di attacco a un sistema informatico (nel caso qualcuno usi effettivamente il loro software). Ma chi ha scritto un software di penetrazione può essere perseguito penalmente? Il concetto diventa molto pericoloso. Sarebbe come dire che i fabbricanti d'armi potrebbero essere perseguiti e imputati di concorso in omicidio per ogni omicidio eventualmente commesso con un' arma da loro prodotta. Oppure che Agnelli fosse chiamato a testimoniare per ogni incidente d'auto...

Articolo pubblicato da: Daniele Passanante - redazione news2000.iol.it



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