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Messaggio N° 1632 16-09-2005 - 07:42

Io e la ''casa di pietra''

Digiland vi segnala il Forum
"L'ultimo libro che ho letto..."
per discutere di questo argomento!



«...vedrai, in questo libro Francesca Marciano è riuscita a descrivere perfettamente i suoni, i colori e perfino i profumi della mia terra... ma anche tutte le contraddizioni di voi donne!» disse il mio amico, accompagnandomi alla macchina, il giorno della mia partenza, con un'espressione che era un misto di malinconia, il giorno dopo sarebbe ripartito anche lui, ma anche di quella presunzione tipica di alcuni uomini quando vogliono lasciar intendere di aver capito tutto delle donne.


Non leggevo romanzi da anni, non li ho mai veramente amati, ma quel senso di sfida che la seconda parte di quella frase mi aveva trasmesso fece sì che iniziai a leggere la ''Casa Rossa'' già durante il viaggio; era un'edizione economica, e le pagine iniziali ne riportavano le recensioni.


'La repubblica' ne parlava come del libro dove "...viene descritta l'Italia della contestazione, delle molte illusioni, e delle brigate rosse"


'Famiglia Cristiana' come "...l'incontro-scontro di tre generazioni, rivelato con forza dall'autrice attraverso la rievocazione di percorsi individuali , segnati da fragili alleanze, da illusioni e irrequietezze interiori."


Iniziato il libro, mi rendo conto che si tratta soprattutto di una storia di donne, delle loro paure, dei loro conflitti interiori, del loro coraggio di affrontare domande evitate per anni... una masseria pugliese dipinta di rosso, è contemporaneamente sfondo e protagonista della vita di tre generazioni, dagli anni trenta fino ai giorni nostri. La nonna, la mamma e la sorella della protagonista vivono quella casa di volta in volta come rifugio o come prigione…


Leggo il libro tutto d'un fiato... e solo alla fine mi rendo conto del perché mi sia stato regalato... anche nella mia vita c'è una casa, non rossa, ma di pietra!
Vi ho trascorso tutte le mie estati fino ai diciotto anni, fino al momento in cui sono andata a vivere da sola ed in cui mi sono illusa di poterne disporre liberamente, ossia non mettervi più piede. Ma non è mai stato cosi, mio padre, ogni anno, per un motivo o per un altro mi convinceva a trascorrervi almeno una settimana.


Per la mia famiglia quella casa è stata sempre un rifugio, io invece l'ho sempre vissuta come una prigione. Nonostante fosse una casa di campagna con un panorama stupendo e la cui struttura oggi definirei architettonicamente interessante, allora quella massa imponente di pietra bianca e mattoni, quelle mura quasi ciclopiche mi isolavano dal mondo, mi spaventavano, non capivo perché dovessi lasciare la mia routine di bambina e vivere con i nonni per quasi quattro mesi all’anno. Mi trasmetteva solitudine anche se la casa era una fattoria, frequentata da parenti amici e lavoranti. Ogni anno mi riproponevo di scappare il giorno dopo il trasferimento e ogni anno inventavo storie per soggiornarvi il meno possibile


Quasi, come uno scherzo del destino, ora quella casa l'ho ereditata. La protagonista del romanzo, alla fine decide di vendere la casa rossa, io non credo di essere pronta a fare la stessa cosa o se mai lo sarò, in quella casa di pietra sono imprigionate una parte della mia infanzia e della mia adolescenza, se non trovo il modo di liberare i sogni che ancora non riesco a portar via... non credo che mi potrò mai allontanare da quel luogo.


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Articolo pubblicato da: occhiverdetevere



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