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Post n°4996 pubblicato il 04 Aprile 2013 da mondo.sereno

 
 
 

Ambrosoli per una nuova Lombardia e per una nuova Italia

Post n°4995 pubblicato il 23 Febbraio 2013 da mondo.sereno

Ambrosoli per una nuova Lombardia e per una nuova Italia

Guarda il video del suo intervento al link

http://www.youtube.com/watch?v=PYs4V6E0a3s

 
 
 

Bersani: «Dico agli arrabbiati, è meglio il voto al Pd»

Post n°4994 pubblicato il 23 Febbraio 2013 da mondo.sereno

Bersani: Agli arabbiati dico che è meglio votare PD

Ha appena salutato l’ultima, e forse la più bella, delle tante piazze di questa campagna elettorale, breve eppure infinita. A Napoli, davanti alle migliaia di persone e alle bandiere sventolanti in piazza del Plebiscito, Pier Luigi Bersani ha attaccato duramente la destra e la Lega, ma la conclusione del suo comizio l’ha riservata a Grillo, anzi, a quelli che sono «disamorati, disillusi, arrabbiati, che dicono non vado a votare o voto Grillo».

Gli chiediamo se sia proprio così, che la vera attesa sia per “quel” risultato. «Spero che prima di tutto la notizia sarà chi vince, anche se siamo abituati a non partire dal dato principale».

Quello principale vorremmo darlo per scontato… 

No, la destra nel nostro paese esiste e non vorrei sottovalutarla. Per quel che riguarda Grillo, non so quali potranno essere le percentuali. Certamente, c’è una preoccupazione, non per il nostro risultato, ma per il paese, perché lì c’è un serbatoio di disagio, un’ammaccatura profonda, uno stato d’animo, più che un humus politico. Un disagio che se viene portato verso esiti distruttivi, non congrui all’esigenza di governare questa fase, diventa veramente un problema, al di là dei dieci deputati in più o in meno. Non è quello che fa la differenza, è il fatto che come punto di riferimento di una parte di questo disagio viene fuori una soluzione populista, semplificatrice, antieuropea. E questa non è una buona notizia.

Segretario, hai l’impressione anche tu che la rimonta di Berlusconi si sia fermata e si sia fermata anche perché c’è Grillo che preme?

È chiaro che l’offerta politica non è come quella del giro precedente ed è un’offerta con cui tutti facciamo i conti. C’è Grillo, poi ci sono Monti, Ingroia… L’arco è molto ampio e la contesa è particolarmente complessa. La destra sembrava scomparsa, ma dopo un periodo in cui essa sembrava fatta di nebbia e c’eravamo solo noi, hanno richiamato un po’ del loro elettorato, perché in tutti i paesi europei e del mondo la destra esiste. Credo che abbiano ricostruito una parte del loro patrimonio elettorale, ma una cosa è ricostruire, un’altra è essere espansivi. Vedo anch’io che non ce la fanno, tuttavia con le mosse di Berlusconi i conti si fanno sempre dopo perché rispondono a una predisposizione di un certo popolo di destra a farsi convincere.

Hai detto che vinceremo anche a Milano. Questo clima di fiducia viene anche dall’idea che l’eventuale vittoria di Ambrosoli possa essere un traino per il senato?

I nostri risultati in Lombardia sono stati sempre un po’ sottovalutati. Quando si mette in moto un movimento con questo respiro, crea un’onda, un umore generale. Non escludo che su Ambrosoli possano convergere consensi più larghi. Il voto regionale in un certo senso è più libero rispetto a quello politico. Voglio comunque ricordare che noi partivamo da più di 30 punti di distacco e siamo ancora in rimonta.

Tornando al rapporto con i grillini, nei giorni scorsi tu hai usato il termine “scouting”. Vuol dire che il tuo concetto di dialogo è esteso agli eletti nelle liste di Grillo?

Ho detto “scouting” perché noi non conosciamo l’attitudine di questo nuovo gruppo. Qualcuno ha interpretato le mie parole come se io intendessi reclutarli. Io non vado a reclutare nessuno, voglio solo capire qual è l’atteggiamento che avranno, se si potrà ragionare su questa o quella riforma. Io non ho riserve mentali verso il Movimento 5 Stelle, ne ho sull’eterodirezione e su un meccanismo che non assomiglia alla democrazia.

Hai idea di quali potrebbero essere i temi sui quali dialogare con loro?

Per quel che riguarda situazioni locali, li ho visti misurarsi sui temi della sobrietà della politica, della rete, su questioni ambientali. Ma io non so chi arriverà. Forse bisogna riservarsi il giudizio anche sui temi. Si prenderanno le misure in parlamento.

A conclusione della campagna elettorale, ti chiedo un giudizio sulla persona Monti. Il fatto che si sia messo a fare il candidato non lo ha snaturato? Al di là di una delusione politica di cui hai parlato, non hai anche l’impressione di una sbandata personale di Monti?

Non mi permetto di dare giudizi di questa natura, ma devo constatare che girando per l’Italia ho avuto la netta sensazione che gran parte di italiani la pensino così, che si siano trovati di fronte a un Monti che non si aspettavano. Non so se la sua vera natura fosse quella di prima o quella di adesso, registro che in giro ha colpito il prospettarsi come di un cambio di personalità. E non so quanto abbia portato vantaggio.

Veniamo a Renzi. Le manifestazioni che avete fatto insieme sono state bellissime e hanno dato l’impressione di un partito unito. Tu e lui siete sembrati molto affiatati. C’è un’aspettativa sul futuro di Renzi, nel Pd o con te a palazzo Chigi. Hai un’idea di come si possa spendere questa energia e il consenso che ha raccolto?

Lo conosco ormai abbastanza per capire che non è uno che prende suggerimenti. Giustamente…

Ma se tu potessi dargliene cosa gli diresti?

Preservati, tieni affetto, come stai dimostrando, alla ditta e poi… va dove ti porta il cuore! In queste settimane lui ha fatto molto bene quello che in condizioni diverse avrei fatto io. Stiamo dando l’idea di quel che siamo. Per me non c’è una gran sorpresa, anche nei momenti della contesa non ho mai avuto dubbi che la cosa sarebbe finita così. È la nostra forza.

La campagna elettorale è andata come la pensavi o qualche volta ti è sembrato che andasse da qualche altra parte?

Avevo qualche speranza in più che si potesse parlare seriamente di come venir fuori dalla crisi. Invece è venuto fuori questo meccanismo molto semplificato. Però devo dire che con molta fatica ci siamo presi anche delle belle soddisfazioni: in giro per l’Italia ci sono molta motivazione e molto entusiasmo.

(tratto dal sito del Partito Democratico www.partitodemocratico.it - Intervista a Europa www.europaquotidiano.it)

 
 
 

Bersani, un grande ringraziamento ai volontari

Post n°4993 pubblicato il 23 Febbraio 2013 da mondo.sereno

Il Candidato Premier Pier Luigi Bersani ringrazia i volontari. Siamo al termine di questa campagna elettorale che il centrosinistra ha svolto in modo sobrio e concreto, tra la gente ad ascoltare i problemi dei cittadini, città per città, e formulando proposte per risolvere i problemi del Paese veramente realizzabili.

Forza, smacchiamo il giaguaro!

Il ringraziamento al link

http://www.partitodemocratico.it/doc/251291/grazie-ai-volontari-sono-la-nostra-arma-atomica.htm

 
 
 

Attualità

Post n°4992 pubblicato il 09 Dicembre 2012 da mondo.sereno

Pier Luigi BERSANI a PDL e LEGA NORD:

«A voi le favole e i cieli azzurri,

a noi la testa del cambiamento»

Il testo e il video dell'intervento

del Candidato Premier per i progressisti

al link

http://www.partitodemocratico.it/doc/247482/bersani-a-voi-le-favole-e-i-cieli-azzurri-a-noi-la-testa-del-cambiamento.htm

 
 
 

L'intervento di Bersani alla Camera

Post n°4991 pubblicato il 09 Dicembre 2012 da mondo.sereno

Il video del bell'intervento di Pier Luigi Bersani alla Camera

sul ritorno in campo di Silvio Berlsuconi

e la morte della speranza di un centrodestra europeo in Italia

http://www.youtube.com/watch?v=ZmkQmdmNSao&feature=player_embedded

 
 
 

Con Bersani per ricostruire l'Italia

Post n°4990 pubblicato il 09 Dicembre 2012 da mondo.sereno

Il video dell'intervento

di Pier Luigi BERSANI

dopo la vittoria delle primarie

http://www.youtube.com/watch?v=shZVmX3lrQ8

 
 
 

Voto Pier Luigi Bersani

Post n°4989 pubblicato il 29 Novembre 2012 da mondo.sereno

Domenica al ballottaggio

 delle primarie di centrosinistra

voterò convintamente Pier Luigi BERSANI.

Ecco il link dell'appello in vista di domenica:

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=mifo4VEKJtM

 
 
 

Carta di intenti dei democratici e dei progressisti per il Paese

Post n°4988 pubblicato il 04 Agosto 2012 da mondo.sereno

Lavoro
La nostra visione assume il lavoro come parametro di tutte le politiche. Cuore del nostro progetto è la dignità del lavoratore da rimettere al centro della democrazia, in Italia e in Europa. Questa è anche la premessa per riconoscere la nuova natura del conflitto sociale. Fulcro di quel conflitto non è più solo l’antagonismo classico tra impresa e operai, ma il mondo complesso dei produttori, cioè delle persone che pensano, lavorano e fanno impresa. E questo perché anche lì, in quella dimensione più ampia, si stanno creando forme nuove di sfruttamento. Il tutto, ancora una volta, per garantire guadagni e lussi alla rendita finanziaria. Bisogna perciò costruire alleanze più vaste, oltre i confini tradizionali del patto tra produttori. La battaglia per la dignità e l’autonomia del lavoro, infatti, riguarda oggi il lavoratore precario come l’operaio sindacalizzato, il piccolo imprenditore o artigiano non meno dell’impiegato pubblico, il giovane professionista sottopagato al pari dell’insegnante o del ricercatore universitario.

Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione, punti storicamente vulnerabili del nostro sistema. Quarto passo è mettere in campo politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile, ancora adesso uno dei differenziali più negativi per la nostra economia, in particolare al Sud. Farlo significa impegnarsi per sradicare i pregiudizi sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni. A tale scopo è indispensabile alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, sostenendo una riforma del welfare e varando un piano straordinario per la diffusione degli asili nido. Anche grazie a politiche di questo tipo sarà possibile sostenere concretamente le famiglie e favorire una ripresa della natalità. Insomma sul punto non servono altre parole: bisogna fare del tasso di occupazione femminile e giovanile il misuratore primo dell’efficacia di tutte le nostre strategie.

Infine, il lavoro è oggi per l’Italia lo snodo tra questione sociale e questione democratica. Fondare sul lavoro e su una più ampia democrazia nel lavoro, la ricostruzione del Paese non è solo una scelta economica, ma l’investimento decisivo sulla qualità della nostra democrazia. Questo se pensiamo – e noi ne siamo convinti – che il lavoro non sia solo produzione, ma rete di relazioni, equilibrio psicologico, progetto e speranza di vita; la possibilità offerta a ciascuno di noi di trasformare la realtà.


Uguaglianza
L’Italia è divenuta negli anni uno dei Paesi più diseguali del mondo occidentale. La crisi stessa trova origine – negli Stati Uniti come in Europa – da un aumento senza precedenti delle disuguaglianze. E dunque esiste, da tempo oramai, un problema enorme di redistribuzione che investe il rapporto tra rendita e lavoro, mettendo a rischio i fondamenti del welfare.

Sull’altro fronte, la ricchezza finanziaria e immobiliare è diventata sempre più inafferrabile, capace com’è di sfuggire a ogni vincolo fiscale e solidale. E però non si esce dalla crisi se chi ha di più non è chiamato a dare di più. In altre parole, è la crisi stessa a insegnarci che la giustizia sociale non è pensabile come derivata della crescita economica, ma ne fonda il presupposto. Ciò significa che la ripresa economica richiede politiche di contrasto alla povertà, anche in un Paese come il nostro dove il fenomeno sta assumendo caratteri nuovi e dimensioni angoscianti. I “nuovi poveri”, per altro, continuano ad assistere allo scandalo di rendite o emolumenti cresciuti a livelli indecenti, a ricchezze e proprietà smodate che si sottraggono a qualunque vincolo di solidarietà. A tutto questo bisogna finalmente mettere un argine.

Per noi parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli “ultimi”. Di coloro che per vivere faticano il doppio: perché sono partiti da più indietro o da più lontano o perché sono diversamente abili. Se poi guardiamo alle generazioni più giovani, il tema dell’uguaglianza si presenta prima di tutto come possibilità di scelta e parità delle condizioni di accesso alla formazione, al lavoro, a un’affermazione piena e libera della loro personalità. Superare le disuguaglianze di genere è l’altra grande sfida per ricostruire il Paese su basi moderne e giuste. Non a caso, ancora una volta, il simbolo più forte di una riscossa civica e morale è venuto dal movimento delle donne. Su questo piano la politica, il Parlamento e il governo devono assumere la democrazia paritaria come traguardo della democrazia tout court.

Nessun discorso sull’uguaglianza sta in piedi se non si rimette il Mezzogiorno al centro dell’agenda. Le disuguaglianze territoriali, infatti, sono sempre anche disuguaglianze nei diritti e nelle opportunità. L’Italia è cresciuta quando Sud e Nord hanno scelto di avanzare assieme. Viceversa quando la forbice si è allargata, l’Italia tutta si è distanziata dall’Europa. Sostenere, come la destra ha fatto per anni, che il Nord poteva farcela da solo è stato un modo ipocrita di blandire una parte del ceto produttivo. Tutt’altra cosa è combattere sprechi e inefficienze con una nuova strategia nazionale d’intervento. Il punto è farlo assieme al senso di responsabilità di tante amministrazioni e movimenti meridionali impegnati a correggere le storture di vecchi regionalismi e localismi clientelari e a promuovere legalità, civismo e lavoro.

Infine, al capitolo dell’uguaglianza è legata a filo doppio la questione di una giustizia civile e penale al servizio del cittadino. Su questo piano è superfluo ricordare che gli anni della destra al governo hanno sprangato ogni spiraglio a un intervento riformatore. Diciamo che si sono occupati pochissimo dello stato di diritto e molto del diritto di uno soltanto che si riteneva proprietario dello Stato. Ma così a pagare due volte sono stati i cittadini più deboli: quelli che hanno davvero bisogno di una giustizia civile e penale rapida, imparziale, efficiente. Nella prossima legislatura il tema dovrà essere affrontato dal punto di vista della dignità e dei diritti di tutti e non più dei potenti alla ricerca d’impunità.


Sapere
La dignità del lavoro e la lotta alle disuguaglianze s’incrociano nel primato delle politiche per l’istruzione e la ricerca. Non c’è futuro per l’Italia senza un contrasto alla caduta drammatica della domanda d’istruzione registrata negli ultimi anni. È qualcosa che trova espressione nell’abbandono scolastico, nella flessione delle iscrizioni alle nostre università, nella sfiducia dei ricercatori e nella demotivazione di un corpo insegnante sottopagato e sempre meno riconosciuto nella sua funzione sociale e culturale.

In questo caso più che dalle tante indicazioni programmatiche, conviene partire da un principio: nei prossimi anni, se vi è un settore per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa, è quello della ricerca e della formazione. Dalla scuola dell’infanzia e dell’obbligo alla secondaria e all’università: la sfida è avviare il tempo di una società della formazione lunga e permanente che non abbandoni nessuno lungo la via della crescita, dell’aggiornamento, di possibili esigenze di mobilità. Solo così, del resto, si formano classi dirigenti all’altezza, e solo così il sapere riacquista la sua fondamentale carica di emancipazione e realizzazione di sé.

A fronte di questo impegno, garantiremo processi di riqualificazione e di rigore della spesa, avendo come riferimento il grado di preparazione degli studenti e il raggiungimento degli obiettivi formativi. La scuola e l’università italiane, già fiaccate da un quindicennio di riforme inconcludenti e contraddittorie, hanno ricevuto nell’ultima stagione un colpo quasi letale. Ora si tratta di avviare un’opera di ricostruzione vera e propria. Nella prossima legislatura partiremo da un piano straordinario contro la dispersione scolastica, soprattutto nelle zone a più forte infiltrazione criminale, dal varo di misure operative per il diritto allo studio, da un investimento sulla ricerca avanzata nei settori trainanti e a più alto contenuto d’innovazione. Tutto ciò nel quadro del valore universalistico della formazione, della promozione della ricerca scientifica e della ricerca di base in ambito umanistico.


Sviluppo sostenibile
Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più importante che possiamo giocare nella globalizzazione, quella del saper fare italiano. Sarebbe sciocco pensare che nel mondo nuovo l’Italia possa inseguire nazioni molto più grandi e popolose di noi. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che sappia fare l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto, la duttilità, la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate all’estero. O di usare al meglio il nostro territorio, che non è solo arte e bellezza naturale, ma bacino di risorse, creatività, talento.

Il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso nell’euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la concorrenza della rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale “integralmente ecologica” è la prima e più rilevante di queste scelte. Si tratta di sviluppare prodotti e servizi innovativi in quei settori che, in un mercato globale sempre più attento alle sfide ambientali, rendano l’Italia un punto di riferimento essenziale.

Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le scienze della vita, le tecnologie legate all’arte, alla cultura e ai beni di valore storico, l’agenda digitale, le alte tecnologie della nostra tradizione. Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi fra loro, a capitalizzarsi, ad accedere alla ricerca ed alla internazionalizzazione. C’è molto da fare. Mettere al centro in Italia l’economia reale e le forze che la promuovono, è un grande tema politico e culturale. Una vera svolta, dopo gli anni di una destra che ha lasciato nell’oscurità le prospettive produttive del Paese.


Beni comuni
Per noi sanità, istruzione, sicurezza, ambiente, sono campi dove, in via di principio, non dev’esserci il povero né il ricco. Perché sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni – di tutti e di ciascuno – e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese.

Ancora, l’energia, l’acqua, il patrimonio culturale e del paesaggio, le infrastrutture dello sviluppo sostenibile, la rete dei servizi di welfare e formazione, sono beni che devono vivere in un quadro di programmazione, regolazione e controllo sulla qualità delle prestazioni.

Per tutto questo, introdurremo normative che definiscano i parametri della gestione pubblica o, in alternativa, i compiti delle autorità di controllo a tutela delle finalità pubbliche dei servizi. In ogni caso non può venir meno una responsabilità pubblica dei cicli e dei processi, che garantisca l’universalità di accesso e la sostenibilità nel lungo periodo.

La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi anche tra noi. I referendum della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e l’assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta. Non si tratta per questo di tornare al vecchio statalismo o a una diffidenza preventiva verso un mercato regolato. Il punto è affermare l’idea che questi beni riguardano il futuro dei nostri figli e chiedono pertanto una presa in carico da parte della comunità.

In questo disegno la maggiore razionalità e la valorizzazione del tessuto degli enti locali sono essenziali, non solo per la funzione regolativa che sono chiamati a svolgere, ma perché il presidio di democrazia, partecipazione e servizi che assicurano è in sé uno dei beni più preziosi per i cittadini. Superare le duplicazioni, riqualificare la spesa, devono perciò accompagnarsi ad un nuovo e rigoroso investimento sul valore dell’autogoverno locale che, soprattutto nella crisi, non va visto, così come ha fatto la destra, come una specie di malattia, ma piuttosto come una possibile medicina. A sua volta l’autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato.


Diritti
Per i democratici e i progressisti la dignità della persona umana e il rispetto dei diritti individuali sono la bussola del mondo nuovo e la cornice generale entro cui trovano posto tutte le nostre scelte di programma.

La storia per altro insegna – e questa crisi lo conferma – che non esiste una gerarchia dei diritti e che l’azione per il loro riconoscimento e la loro affermazione vive di una tensione continua sul piano politico e sociale. In particolare, noi guardiamo oggi nel mondo alla lotta di popoli interi per la difesa dei diritti umani, a iniziare da quelli delle donne. E crediamo sia compito della politica, dei parlamenti e dei governi affermare l’indivisibilità dei diritti: politici, civili e sociali.

Anche su questo terreno l’Europa è per la politica dei singoli Stati un riferimento essenziale. A partire dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata per la prima volta a Nizza nel 2000 e dal Piano europeo di contrasto alle discriminazioni: di genere, orientamento sessuale, etnia, religione, età, portatori di differenti abilità.

Nel nostro caso questo significa l’impegno a perseguire il contrasto verso ogni violenza contro le donne e a una legge urgente contro l’omofobia. Sul piano dei diritti di cittadinanza l’Italia attende da troppo tempo una legge semplice ma irrinunciabile: un bambino, figlio d’immigrati, nato e cresciuto in Italia, è un cittadino italiano. L’approvazione di questa norma sarà simbolicamente il primo atto che ci proponiamo di compiere nella prossima legislatura.

Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale, per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico

Su temi che riguardano la vita e morte delle persone, la politica deve coltivare il senso del proprio limite e il legislatore deve intervenire sempre sulla base di un principio di cautela e di laicità del diritto. Per evitare i guasti di un pericoloso “bipolarismo etico” che la destra ha perseguito in questi anni, è necessario assumere come riferimento i principi scolpiti nella prima parte della nostra Costituzione e, a partire da quelli, procedere alla ricerca di punti di equilibrio condivisi, fatte salve la libertà di coscienza e l’inviolabilità della persona nella sua dignità.


Responsabilità
L’Italia ha bisogno di un governo e di una maggioranza stabili e coesi. Di conseguenza l’imperativo che democratici e progressisti hanno di fronte è quello dell’affidabilità e della responsabilità. Per questa ragione, nel momento stesso in cui chiamiamo a stringere un patto di governo movimenti, associazioni, liste civiche, singole personalità e cittadini che condividono le linee di questo progetto, vogliamo assumere insieme, dinanzi al Paese, alcuni impegni espliciti e vincolanti.


Le forze della coalizione, in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti, si dovranno impegnare a:
- sostenere in modo leale e per l’intero arco della legislatura l’azione del premier scelto con le primarie;
- affidare a chi avrà l’onere e l’onore di guidare la maggioranza, la responsabilità di una composizione del governo snella, sottratta a logiche di spartizione e ispirata a criteri di competenza, rinnovamento e credibilità interna e internazionale;
- vincolare la risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti a una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta;
- assicurare il pieno sostegno, fino alla loro eventuale rinegoziazione, degli impegni internazionali già assunti dal nostro Paese o che dovranno esserlo in un prossimo futuro;
- appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell’eurozona.

I democratici e i progressisti s’impegnano altresì a promuovere un “patto di legislatura” con forze liberali, moderate e di Centro, d’ispirazione costituzionale ed europeista, sulla base di una responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni.

Abbiamo alle spalle il decennio di una destra impregnata di promesse e parole che hanno reso più confuse e opache la politica e l’azione del governo. Mentre davanti a noi l’ansia del cambiamento si sente con più forza. Noi – i democratici e i progressisti – questa volta non inviteremo a sognare. Insieme con il Paese che resiste e vuole ripartire apriremo bene gli occhi e ascolteremo. Assumeremo degli impegni. Discuteremo con la società consapevole i traguardi di un’Italia da rifare. Siamo pronti e non siamo soli. Siamo convinti di avere cose da dire, e soprattutto molte cose da fare. Per l’Italia, bene comune.

(seconda e ultima parte)

 
 
 

Carta di intenti dei democratici e dei progressisti per il Paese

Post n°4987 pubblicato il 04 Agosto 2012 da mondo.sereno

Visione
Noi non crediamo all’ottimismo delle favole, quello venduto nel decennio disastroso della destra. Crediamo, invece, in un risveglio della fiducia e soprattutto nel futuro degli italiani, a cominciare dai più giovani e dalle donne. I problemi sono enormi e il tempo per aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né scontate. Ma la speranza che ci muove vive tutta nella convinzione che si possano combinare rigore e cambiamento. Che si possa agganciare la crescita in un quadro di equità.

Il nostro posto è in Europa. Lì dove Mario Monti ha avuto l’autorevolezza di riportarci dopo una decadenza che l’Italia non meritava. Noi collocheremo sempre più saldamente l’Italia nel cuore di un’Europa da ripensare e, in qualche misura, da rifondare. Lo faremo assieme a quelle forze progressiste che cercano in un tempo difficile di non tradire il sogno di un’Europa unita nell’impronta della sua civiltà.

In “casa” dovremo colmare la faglia che si è scavata tra cittadini e politica. Qui non bastano le parole. Serviranno i comportamenti, le azioni, le coerenze. Cercheremo di andare nella direzione giusta: di fare in modo che la buona politica e una riscossa civica procedano affiancate. Il traguardo è ricostruire quel patrimonio collettivo che la destra e i populismi stanno disgregando: la qualità della democrazia, la dignità di ciascuno, legalità, cittadinanza, partecipazione. La realtà è che mai come oggi nessuno si salva da solo. E nessuno può stare bene davvero, se gli altri continuano a stare male: è questo il principio a base del nostro progetto, sia nella sfera morale e civile che in quella economica e sociale.

Vogliamo che il destino dell’Italia sia figlio della migliore civiltà dell’Europa e che insieme riscopriamo la necessità di sentirci vicino a chi nel mondo si batte per la libertà e l’emancipazione di ogni essere umano. Lo scriviamo nella coscienza che la grandezza e la tragedia del ‘900 in Europa si misurano in una sola parola: la pace. La conquista faticosa di un continente che, con la tragica eccezione dei Balcani, ha conosciuto nella seconda metà del secolo la sua riconciliazione. Oggi, in un mondo in subbuglio, pace, cooperazione, accoglienza, devono ispirare di nuovo il discorso pubblico. Nella coscienza dei singoli come nella diplomazia degli Stati.

Con questa visione noi, democratici e progressisti, ci candidiamo alla guida del Paese.


Democrazia
Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. È una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. In democrazia ci sono due modi di concepire il potere. Usare il consenso per governare bene. Oppure usare il governo per aumentare il consenso. La prima è la via del riformismo. La seconda è la scorciatoia di tutti i populismi e si traduce in una paralisi della decisione.

Per noi il populismo è il principale avversario di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato senza regole. La destra populista ha promesso una illusoria protezione dagli effetti del liberismo finanziario innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e reale, il suo esito è sempre stato antipopolare.

La sola vera risposta al populismo è in una partecipazione rinnovata come base della decisione. E questo perché la crisi della democrazia non si combatte con “meno” ma con “più” democrazia. Il che significa più rispetto delle regole, una netta separazione dei poteri e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo. In questo senso siamo convinti che il suo progetto di trasformazione civile, economica e sociale sia vitale e per buona parte ancora da mettere in atto.

Vogliamo dare segnali netti all’Italia onesta che cerca nelle istituzioni un alleato contro i violenti, i corruttori e chiunque si appropri di risorse comuni mettendo a repentaglio il futuro degli altri. Per noi ciò equivarrà alla difesa intransigente del principio di legalità, a una lotta decisa all’evasione fiscale, al contrasto severo dei reati contro l’ambiente, al rafforzamento della normativa contro la corruzione e a un sostegno più concreto agli organi inquirenti e agli amministratori impegnati contro mafie e criminalità, vero piombo nelle ali per l’intero Paese. Sono questi gli impegni inderogabili e le coerenze richieste alla politica se vogliamo che i cittadini abbiano di nuovo fiducia nella democrazia.

Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica. Riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Sono poi essenziali norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione, secondo quei principi liberali che la destra italiana disconosce. Bisogna attuare a tutti i livelli la democrazia paritaria nell’idea che autonomia e responsabilità delle donne siano una leva essenziale della crescita. Ma soprattutto daremo vita a un meccanismo riformatore che dia finalmente concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente della prossima legislatura.

Infine, ma non è l’ultima delle priorità, la politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento, ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica sobria perché se gli italiani devono risparmiare, chi li governa deve farlo di più. A ogni livello istituzionale non sono accettabili emolumenti superiori alla media europea. Ma anche questo non basta. Va approvata una riforma dei partiti, che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, e bisogna agire per la semplificazione e l’alleggerimento del sistema istituzionale e amministrativo. Occorrono piani industriali per ogni singola amministrazione pubblica al fine di produrre efficienza e risparmio. Riconoscere il limite della politica e dei partiti significa anche aprire il campo alle richieste d’impegno e mobilitazione che maturano nella società ed alle competenze che si affermano. Tutto ciò dovrà essere messo al concreto a cominciare dalle nomine in enti, società pubbliche e autorità di sorveglianza e da criteri di selezione nelle funzioni di governo.


Europa
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa, nel senso che da lì viene la sola possibilità di affrancare l’Italia dai guasti del collasso liberista, e quindi le sorti dell’integrazione politica coincidono largamente col nostro destino. Insomma non c’è futuro per l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto europeo. La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa.

Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo, rafforzando la piattaforma dei progressisti europei. Se l’austerità e l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti, ricerca e formazione – finiscono per negare se stessi. Adesso c’è bisogno di correggere rotta, accelerando l’integrazione politica, economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una riorganizzazione del nostro modello sociale.

La sfida – e questa è la seconda direzione da imboccare – è portare a compimento le promesse tradite della moneta unica e integrare la più grande area commerciale del pianeta – perché questo siamo, e tuttora – in un modello di civiltà che nessun’altra nazione o continente è in grado di elaborare.

Salvare l’Europa nel pieno della crisi significa condividere il governo dell’emergenza finanziaria secondo proposte concrete che abbiamo da tempo avanzato assieme ai progressisti europei. Tali proposte determinano una prospettiva di coordinamento delle politiche economiche e fiscali. E dunque nuove istituzioni comuni, dotate di una legittimazione popolare e diretta. A questo fine i progressisti devono promuovere un patto costituzionale con le principali famiglie politiche europee. Anche per l’Europa, infatti, la prossima sarà una legislatura costituente in cui il piano nazionale e quello continentale saranno intrecciati stabilmente. Una legislatura nella quale dovrà rivivere l’orizzonte ideale degli Stati Uniti d’Europa. Qui vive la ragione che ci spinge a cercare un accordo di legislatura con le forze del centro moderato. Collocare il progetto di governo italiano nel cuore della sfida europea significa essere alternativi alle regressioni nazionaliste, anti-europee e populiste, da sempre incompatibili con le radici di un’Europa democratica, aperta, inclusiva.

(prima parte)

 
 
 

Carta d'intenti per il patto tra democratici e progressisti

Post n°4986 pubblicato il 04 Agosto 2012 da mondo.sereno

Carta d'intenti per il patto tra democratici e progressisti

L’Italia ce la farà se ce la faranno gli italiani. Se il paese che lavora, o che un lavoro lo cerca, che studia, che misura le spese, che dedica del tempo al bene comune, che osserva le regole e ha rispetto di sé, troverà un motivo di fiducia e di speranza.

L’Italia perderà se abbandonerà l’Europa e si rifugerà nel suo spirito corporativo, se prevarrà l’interesse del più ricco o del più arrogante. Se speranza e riscatto non saranno il capitale di un popolo ma scialuppe solo per i furbi e i meno innocenti.

Questa Carta d’Intenti vuole descrivere l’Italia che ce la può fare, che ce la può fare ricostruendo basi etiche e di efficienza economica; che ce la può fare con uno sforzo comune in cui chi ha di più dà di più.

Sappiamo che la politica ha le sue colpe. E che quanto più profonda si manifesta la crisi, tanto più le classi dirigenti devono testimoniare il meglio: nella competenza, nella condotta, nella coerenza. Questo sarà il nostro impegno e la bussola per il nostro compito. Con la stessa sincerità, diciamo che non siamo tutti uguali. Non sono uguali i partiti, le persone, le responsabilità. Gli italiani sono finiti dove mai sarebbero dovuti stare perché a lungo sono stati governati male. Noi vogliamo chiudere quella pagina e aprirne un’altra.

L’Italia, come altre grandi nazioni, è immersa nella fine drammatica di un ciclo della storia che ha occupato l’ultimo trentennio. La gravità del quadro elimina molte certezze. Ma sono proprio le grandi rotture a dettare le regole del futuro. Nel senso che da una crisi radicale – dell’economia e della democrazia – non si esce mai come si è entrati. Le crisi cambiano il paesaggio, le persone, il modo di pensare. La sfida è spingere quel mutamento verso un progresso e un civismo più solidi, retti, condivisi. Davanti a noi, adesso, c’è una scelta di questo tipo: se batterci per migliorare tutti assieme o rinunciare a battersi. Se credere nelle risorse del Paese o affidarsi – e sarebbe una sciagura – alle risorse di uno solo. Se unire le energie disponibili e ripensare assieme l’Europa, o attendere che altri scelgano e dicano per noi.

Questo è il momento di decidere cosa vogliamo diventare. Quale ruolo dare a una nazione con la nostra tradizione, situata nel cuore di un Mediterraneo che le rivolte giovanili stanno modificando come mai era accaduto. Quale democrazia rifondare, dopo una crisi che ha corretto i confini della sovranità dei singoli stati. Insomma questo è il momento di ricostruire l’Italia che lasceremo a chi verrà dopo.

Il prossimo Parlamento e il governo che gli elettori sceglieranno avranno tre compiti decisivi. Dovranno guidare l’economia fuori dalla crisi rimettendola salda sulle gambe. Dovranno ridare autorità, efficienza e prestigio alle istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione. Dovranno rilanciare – in un gioco di squadra con le altre nazioni e i loro governi – l’unità e l’integrazione politica dell’Europa.

Vogliamo dunque proporre la traccia di una discussione aperta sull’Italia attorno ad alcune idee fondamentali. Cerchiamo un patto con le forze politiche democratiche, progressiste e di una sinistra di governo, con movimenti e associazioni, con amministratori, con ogni persona e personalità che voglia contribuire a un progetto per uscire da una crisi senza eguali nella nostra memoria. Una crisi che affrontiamo con la zavorra di un debito pubblico da ridurre drasticamente e che richiederà scelte responsabili, di rigore e allo stesso tempo di enorme coraggio. Bisogna vedere i problemi e insieme cogliere le occasioni. L’Italia è in grado di farlo ma deve avere più fiducia nei suoi mezzi e meno paura del viaggio che dobbiamo fare. Non è più tempo di “contratti”, promesse, sogni appesi a un filo. Adesso è tempo di ripartire. Perché il peggio può essere alle nostre spalle. Se lo vogliamo.
 
(Da Carta di intenti dei democratici e progressisti)
 
 
 

Attualità

Post n°4985 pubblicato il 24 Giugno 2012 da mondo.sereno

Per vedere il video

dell'intervento

del Segretario del PD

Pierluigi BERSANI

ieri alla Assemblea dei Segretari dei Circoli democratici

clicca su questo link:

http://www.youdem.tv/doc/238464/noi-non-abbiamo-padroni.htm

 

 
 
 

Atualità

Post n°4984 pubblicato il 22 Giugno 2012 da mondo.sereno

Pier Luigi Bersani chiude un seminario del Pd a Roma.

BERSANI A GRILLO: NOI DURIAMO PIU' DI TE
«Non dobbiamo occhieggiare a populismi che non si sa dove iniziano, anzi sono sempre iniziati di qua e finiti di là. Io non voglio che qualcuno mi prenda per mano e mi porti a destra. Questo no». Lo ha affermato il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, chiudendo il convegno. «Noi duriamo più di Grillo. Un partito deve avere la durata, tocca a noi durare, a lui tocca accendere il fuoco».

CORREGGERE STATUTO PER EVITARE CORRENTISMO
Il Pd dovrà rivedere il proprio assetto statutario, i primi anni di vita del partito hanno permesso di capire cosa va corretto e in particolare bisogna trovare il modo di garantire il pluralismo senza scadere nel «correntismo». Lo ha detto il segretario democratico Pier Luigi Bersani, al convegno sulla forma partito 'Rifare l'Italia': «Credo che siamo veramente maturi per una fase due della nostra organizzazione, anche in termini statutari. Abbiamo quattro anni, un po' di cose sono state capite, dobbiamo mettere in sicurezza il nostro partito. Si eviti, non dico la feudalizzazione, ma il correntismo. Qualche elemento di anarchismo di troppo ce l'abbiamo».

NIENTE ALLEANZE CON CHI DICE NE' DESTRA NE' SINISTRA
Nessuna alleanza con «chi mi dice che non c'è né destra, né sinistra». Pier Luigi Bersani, chiudendo i lavori di una seminario del Pd, mette i primi paletti nel percorso delle alleanze. «Se uno mi dice così, io dico 'vai a.... non puoi dirmi che tutto è uguale, io ti saluto». Per il leader democratico. «il Pd deve trasmettere l'idea che l'Italia ce la farà, ma guardando in faccia la realtà. Perchè a raccontare balle i nostri concorrenti sono più bravi di noi». «Per la prima volta dal dopoguerra siamo in una fase di impoverimento del Paese. É questo il punto cruciale», concludendo il convegno sulla forma partito 'Rifare l'Italia' alla sede del Pd.

EVITARE MANOVRE CONTRO QUIRINALE
«Il Quirinale è uno dei pochi presidi di questa democrazia. Sarà meglio evitare manovre attorno a lui perchè poi non ci ritroviamo più niente». Lo ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani replicando ai cronisti sulle polemiche sulla trattativa Stato-mafia

ANTIPOLITICA? GENTE HA FAME E TAGLIA TESTA A RE
Il Pd deve essere «un partito inattaccabile dall'antipolitica» dice Bersani. «Ma tutte le volte che il popolo ha avuto fame- ricorda il leader democratico - ha tagliato la testa al re». Per questo, dice, il Pd deve in primo luogo «riprendere la fiducia e la speranza sulla ripresa del cammino. E il vero punto è di saldare, ma non in modo appiccicato, il tema sociale e quello democratico. Se le due cose, la questione sociale e quella politica, sono separate- aggiunge- l'Italia è finita. Non il Pd, l'Italia».

OK TRADIZIONE SINISTRA, MA GUARDIAMO AVANTI
Giusto essere portatori della migliore tradizione della sinistra, ma il Pd deve «andare avanti» e deve essere «chiaro» che la «ricetta giusta» non si trova ritornando alle soluzioni di trent'anni fa. Pier Luigi Bersani, chiudendo il convegno del Pd sulle forme della politica, replica all'ala 'laburistà del partito: «Una riunione come quella di oggi risente del grande affetto verso una certa tradizione della sinistra e si pone il problema del rapporto di questa tradizione con il Pd. Chiariamoci su questo: dopo che ci siamo detti che anche le culture della sinistra nel quindicennio scorso hanno sbandato, non possiamo pensare che rimosse quelle... prima c'era la ricetta». «Chiariamo questo punto, sennò non andiamo da nessuna parte», ha aggiunto. «Non si tratta di tirare la giacca al Pd, ma di fare il Pd. Andiamo avanti, pensando che il Pd possa essere nello scenario nuovo il soggetto politico che rinverdisce quella tradizione». E uno degli obiettivi del Pd è «l'incrocio fra le culture... Quando incontriamo gli altri partiti socialisti, progressisti, tutti ritengono interessante questa esperienza. Non possiamo essere quelli che pensano di alzare il ditino e spiegano agli altri come stanno le cose».


(Da l'Unità.it)

 
 
 

Grillo? De Michelis: «Manovrato da Usa»

Post n°4983 pubblicato il 22 Giugno 2012 da mondo.sereno

Cresce ancora il consenso degli italiani nei confronti del Movimento 5 Stelle, che si attesta al 21%. È quanto emerge da un sondaggio sulle intenzioni di voto condotto dall'Istituto Swg per Agorà, trasmissione di Rai Tre. Di quasi un punto percentuale (+0,8%) sale anche il Pd, che sarebbe votato dal 24% degli italiani.

Perde invece quasi mezzo punto percentuale rispetto alla settimana scorsa il Pdl (-0,4%), che si attesta al 15%. Ritorna sotto la soglia del 6% l'Udc (5,7%), che perde un punto percentuale rispetto a sette giorni fa. Sotto la soglia del 6 percento anche l'Idv, al 5,5 percento (-0,6%).

Beppe Grillo 'agente' degli interessi della destra americana: l'insolita lettura, che ricorda curiosamente schemi politici di qualche decennio fa, è di Gianni De Michelis. «Mentre ai tempi della guerra fredda - ha spiegato l'ex ministro socialista alla Zanzara su Radio24 - c'era uno schema preciso ed era prevalente la contrapposizione col blocco comunista, adesso questo non c'è più e ha reso generali gli scontri di interessi. Grillo potrebbe essere utilmente utilizzato ai fini di indebolire la situazione dell'Europa e dell'Italia. Svolgerebbe lo stesso ruolo che Syriza ha in Grecia. Una vittoria di Grillo aumenterebbe il consenso dei repubblicani e degli ambienti conservatori, svantaggiando Obama».

«Casaleggio - ha detto De Michelis - non lo avevo mai sentito nominare, ho scoperto dopo le elezioni amministrative che conta molto di più di quello che sembra. Mi hanno detto che ha una società e degli interessi in America, dunque potrebbe essere un elemento di questa teoria. In questo momento Obama è quello che ha più interesse a tenere la situazione sotto controllo. I repubblicani - ha concluso - credo siano disponibili a correre il rischio di indebolire la situazione americana, non solo quella mondiale, pur di vincere le elezioni».

(Da l'Unità.it)

 
 
 

Nuova grana a Parma: ora si dimette un Assessore

Post n°4982 pubblicato il 22 Giugno 2012 da mondo.sereno

«L'architetto Bruni rinuncia alla nomina di assessore. A fronte delle polemiche sollevate circa la figura dell'architetto Bruni, lo stesso ha deciso, di comune accordo con il sindaco, di rinunciare alla nomina di assessore alla Urbanistica, per garantire la serena prosecuzione della attività politico amministrativa della amministrazione comunale».

Con questo breve comunicato il Comune di Parma annuncia le dimissioni del neo assessore Roberto Bruni, dopo che la Gazzetta di Parma, tramite il suo sito, aveva rivelato che una società dell'urbanista era fallita nel 2005.

La presentazione ufficiale alla stampa del neo assessore era prevista per questa mattina da parte del sindaco del Movimento 5 stelle Federico Pizzarotti. È la seconda grana dopo lo scontro con Beppe Grillo sull'incarico di direttore generale all'espulso Valentino Tavolazzi (mai concretizzatosi) l'incarico sarebbe «politicamente inopportuno».

Il mancato assessore, che doveva essere presentato oggi, è finito nella bufera per il fallimento nel 2006 della ditta edile di cui era titolare, la Thauma Sas, con sede a Collecchio. Il sindaco Pizzarotti, riferiscono alcune fonti, sarebbe stato a conoscenza di parte della vicenda, ma non per intero. Per cui, pur non volendo criminalizzare l'architetto e docente di urbanistica, avrebbe preso la decisione di non assegnargli l'incarico nella squadra di governo, con delega proprio a Urbanistica e lavori pubblici. La classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, sarebbe stata una delle accuse contenute nella sentenza fallimentare, secondo cui Bruni avrebbe costruito una villetta in assenza delle autorizzazioni necessarie.

(Da l'Unità.it)

 
 
 

Coppie di fatto. Democratici al lavoro per superare il Far west

Post n°4981 pubblicato il 12 Giugno 2012 da mondo.sereno

«Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali». Il passaggio centrale del messaggio che il segretario democratico ha inviato sabato al gay pride di Bologna non è una novità. Bersani aveva già detto una cosa simile all’indomani dell’uscita di Obama sul matrimonio gay. Questa volta non si è fermato lì, citando alcuni temi – divorzio breve, testamento biologico, cittadinanza per i figli degli immigrati – «su cui, da qui alle prossime politiche, si giocherà la nostra capacità di parlare al paese». Tutte classiche constituency della sinistra in un contesto, quello dell’orgoglio omosessuale, chiaramente orientato. Bersani tiene d’occhio la campagna elettorale (e magari anche le primarie). Al netto della cittadinanza, si tratta di questioni tradizionalmente sensibili in un partito nel quale una delle scommesse fondative è proprio la sintesi fra la cultura laica e quella cattolica. Messa a dura prova ai tempi della discussione del ddl sul testamento biologico oggi arenato alla camera. Sulle unioni omosessuali le differenze di punti di vista rimangono, anche se non esplodono, se un cattolico come Beppe Fioroni lancia la palla in tribuna: «Con le famiglie che non riescono ad andare avanti, oggi il nostro programma è provare a risolvere la crisi. Sbagliare i tempi in politica è come fare cose sbagliate ».
Ma è anche vero che sul tema il Pd non è rimasto fermo. Da oltre un anno ci lavora una commissione presieduta da Rosy Bindi, che giovedì si incontrerà per finire di mettere a punto un documento da presentare (e votare) all’assemblea nazionale di luglio. Una discussione impegnativa, in cui si è tentata una mediazione alta. Che tiene fuori i matrimoni omosessuali ma che ragiona sul fatto che la formula dei Dico – che pure vennero affossati – rischia di essere insufficiente, anche a fronte delle recenti pronunce della Cassazione e della Consulta (quest’ultima nel 2010 ha parlato di «unione omosessuale cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una vita di coppia ottenendone il riconoscimento giuridico con connessi diritti e doveri»). Provando a smussare gli angoli, il dibattito è avanzato in direzione del riconoscimento (con legge) dei diritti delle persone che convivono, anche dello stesso sesso. Rimane da vedere a quale livello di articolazione si assesterà il testo. Intanto, però, sottolinea Andrea Sarubbi, membro della commissione: «Si sono fatti passi avanti. E del resto il Pd è nato anche per confrontarsi su questioni come questa, in cui nessuna delle due culture deve prevalere sull’altra. Come in Italia, che è un paese culturalmente plurale». Paola Concia, come è noto, sarebbe per il matrimonio gay. È anche lei della partita. Si mostra cautamente ottimista, tanto più che Bersani «ha detto parole chiare». Che poi in tempi di primarie e di campagna elettorale la questione si torni a infiammare è sempre possibile.
(Da Europaquotiiano.it)

 
 
 

Meloni: «Ecco le proposte Pd per l'università»

Post n°4980 pubblicato il 12 Giugno 2012 da mondo.sereno

Il dibattito sulle misure per promuovere il merito nella scuola e nell’università sembra essersi avvitato. Nell’impasse, il responsabile Università del Pd, Marco Meloni, ha presentato alcune proposte al ministro per ridare benzina al sistema universitario.

Da una parte, i sostenitori del merito, dall'altra quelli dell'inclusione. Come se ne esce?
«Il faro è la Costituzione che li mette insieme. Dopodiché io penso che il concetto di merito sia profondamente di sinistra».

Qualcuno potrebbe non concordare.
«L’hanno inventato i laburisti inglesi. E ce ne dobbiamo riappropriare. L’Italia è una società bloccata e deve riattivare la mobilità sociale».

Promuovendo lo studente dell'anno?
«Nessuno studioso sostiene l’utilità di misure simili. Io sono per il merito ma dobbiamo trovare gli strumenti giusti che sono un po' differenti tra la scuola, che deve portare tutti a un certo livello, e l'università, che è più selettiva. Anche se partiamo da un livello così arretrato che il vero punto è come centrare gli obiettivi fissati dall'Europa per il 2020: portare la dispersione scolastica al di sotto della soglia del 10% e far crescere il numero dei laureati fino al 40%: oggi siamo al 20%. Per questo abbiamo presentato al ministro alcune proposte».

Suggerimenti per migliorare il “pacchetto merito”?
«Misure urgenti per potenziare il diritto allo studio e a far ripartire l’università, bloccata da quattro anni. Contratto unico per i ricercatori a tempo determinato, borse a tempo pieno per i dottorandi, valorizzazione dei dottorati, sia nelle aziende che nei concorsi pubblici, misure per promuovere esperienze di formazione all’estero, Erasmus, «Master and Back», garantendo al rientro due anni di lavoro in azienda, ecc., riforma del valore legale del voto di laurea. Ci auguriamo che almeno in parte entrino a far parte di un eventuale provvedimento del governo. Altrimenti le ripresenteremo in parlamento».

Qual è la questione più urgente?
«L’attuale sistema per il diritto allo studio funziona male ed è sottofinanziato. La borsa di studio oggi è garantita solo al 7% degli studenti, negli altri paesi europei al 20-30%. Noi proponiamo un piano nazionale per il merito e il diritto allo studio, da finanziare con risorse interne al sistema universitario. Seicento milioni per le borse di studio da dare a chi ha un reddito Isee basso e altrettanti per i prestiti d'onore, che serviranno anche come sostegno al post-lauream».

I soldi le università dove li prendono?
«Dai fondi aggiuntivi e dalle tasse. Noi proponiamo che un 15% delle tasse studentesche confluisca nel fondo per il merito e il diritto allo studio. Si tratta di fare una spending review: risparmiare sui consumi intermedi e investire tutto sulla cosa indispensabile».

Il ministro cosa ne pensa?
«Si è mostrato favorevole. Ora il punto è se le introdurrà o meno nel provvedimento che poterà in Cdm».

E le norme pensate dal ministro per sbloccare il reclutamento? «Prima di tutto, il decreto sbaglia ad affidare agli assegnisti di ricerca la didattica. Noi pensiamo che vada istituito un contratto unico da ricercatore a tempo determinato al posto delle varie forme oggi esistenti. E poi in tempi certi i giovani ricercatori devono arrivare a sostenere l'abilitazione».

Abolirla o no?
«Al governo chiediamo di non cambiare le più regole, creerebbe solo altro caos. Facciano piuttosto funzionare le norme che ci sono. Gran parte dei ricercatori precari sono già stati espulsi dall'università, in attesa dei concorsi. Sbloccare l'università è la vera urgenza».

Come?
«Il reclutamento si sblocca se dai più autonomia all’università. Il blocco del turn over, molto severo, oggettivamente lega le mani agli atenei».

Tra le misure che lei ha citato c’è anche la riforma del valore legale della laurea.
«L’abbiamo proposto per primi: pensiamo all’abolizione del valore legale del voto di laurea, ad ampliare le classi di laurea che consentono di accedere ai concorsi, ecc.. Farà discutere ma per noi non deve essere un tabù».

(Da l'Unità.it)

 
 
 

«Giusto premiare il merito ma la scuola sia per tutti»

Post n°4979 pubblicato il 12 Giugno 2012 da mondo.sereno

C’è una rivoluzione che non può essere interrotta. «Si chiama scuola di tutti», scandisce l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ora europarlamentare del Pd. Uno che non teme di dover andare controcorrente, se ce ne è bisogno. «Il merito è di sinistra, è vero», ribadisce. E però, dopo aver letto come il suo “successore” Francesco Profumo intende promuoverlo, prova a dare qualche suggerimento: «Va benissimo voler premiare chi è bravo purché non sia un ritorno al bel tempo andato, quando Berta filava e i tre quarti degli adolescenti venivano tagliati fuori dalla scuola».
Oggi – ricorda, dall’alto dei suoi ottant’anni – ci sono metodi più moderni per innalzare la qualità dell’istruzione. E avvicinarsi all’Europa. «Il guaio è che in Italia gli opinion makers quando parlano di scuola sembrano sempre voler dire: “quanto stavo bene, come era bello il mio liceo”». È anche a loro che, da decano, l’ex ministro manda a dire: «Ragazzi, il mondo è altrove».

Dov’è il mondo?
«La più grande rivoluzione del nostro tempo è la scuola per tutti e l’Italia non la realizza ancora, perché l’impianto educativo strozza questo evento fondamentale per la democrazia che è l’accesso di tutti al sapere, nella valorizzazione delle diverse capacità: questa è l’urgenza, dunque. Combattere la dispersione scolastica, sia quella che lascia fuori gli studenti, sia quella che canalizza in ghetti dequalificati una parte di loro. L’inclusione sociale se diviene soltanto un cancello aperto per accedere a un pascolo brado non è una carità e non è una grande conquista. La scuola per tutti o è di qualità o non serve».

E il merito?
«Ha ragione Marco Meloni (responsabile università del Pd, ndr), il merito è un’idea di sinistra. Per me una scuola che non valorizza le eccellenze non è una scuola che si rispetti. E ha ragione il ministro Profumo a dire che merito e inclusione sono due facce della stessa medaglia e a voler procedere in questo senso. Ma la condizione perché entrambe possano realizzarsi è che si cambi alla radice l’impianto educativo italiano. E purtroppo questo non è da tempo nell’agenda politica del Paese».

Vuol dire che la scuola avrebbe bisogno di un’altra riforma? «No, vorrei un cambiamento, che, per passi graduali, ponesse l’apprendimento al centro. Lo dico in inglese: bisogna realizzare la mass personalization con flessibilità curricolare».

Ovvero?
«Curricoli flessibili e più autonomia per favorire l'individualizzazione dell’apprendimento, destando curiosità, emozioni, interessi intellettuali diversi. Non semplice trasmissione del sapere. Purtroppo l’autonomia delle scuole, da Moratti in poi, è stata soffocata. E senza è impossibile realizzare merito e inclusione».


(Da L'Unità.it)

 
 
 

45502: sosteniamo la ricerca

Post n°4978 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da mondo.sereno

Sosteniamo la ricerca contro le malattie genetiche con Telethon: il contributo di tutti è molto importante. E' possibile donare 2 euro inviando un sms al numero 45502. Dai anche tu il tuo contributo!

 
 
 

Attenzione..

Post n°4977 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da mondo.sereno

Ecco il "piano B" dell'ex premier

http://www.unita.it/italia/berlusconi-lavora-al-piano-b-il-voto-1.362473

 
 
 
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