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Le sorprese riservate da un antico mastodonte...
Post n°1837 pubblicato il 23 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Uno studio basato sulla datazione di ossa di mastodonte e pietre fratturate scoperte in California suggerisce la presenza di specie umane in Nord America 130.000 anni fa, cioè 115.000 anni prima rispetto allo scenario più accreditato dalla comunità scientifica. Ma gli scettici non mancanodi Ewen Callaway/Nature Trovati i teschi dei primi americani archeologiapaleontologiaantropologia America circa 130.000 anni fa, suggerisce uno studio controverso che sposta indietro di oltre 100.000 anni la data che la maggior parte degli scienziati accetta. L'annuncio strabiliante, fatto su "Nature", è basato su pietre scheggiate e ossa di mastodonte frammentate scoperte in California che, secondo un gruppo di ricercatori, indicano un'attività umana. La loro affermazione, se fosse corretta, imporrebbe un profondo ripensamento di quando, come e da chi le Americhe furono colonizzate per la prima volta. La maggior parte degli scienziati sottoscrive il modello secondo cui Homo sapiens arrivò in Nord America meno di 20.000 anni fa. L'ultimo studio solleva la possibilità che un'altra specie di ominini, come i Neanderthal o un gruppo conosciuto come Denisovani, lo abbia fatto in qualche modo prima di allora, partendo dall'Asia e arrivando in Nord America , dove poi avrebbe prosperato. "È una scoperta sorprendente e, se fosse autentica, cambierebbe le carte in tavola. Muterebbe completamente lo scenario", dice John McNabb, archeologo del paleolitico all'Università di Southampton, nel Regno Unito. "Sospetto che ci saranno molte reazioni all'articolo, e la maggior parte di esse non sarà di accettazione". Nuovi pionieri per la colonizzazione delle Americhe? Due teste di femore di mastodonte recuperate negli scavi (Credit: San Diego Natural History Museum) animali trovati nel 1992 durante alcuni lavori stradali nei sobborghi di San Diego. La scoperta aveva fatto f ermare i lavori, e il paleontologo Tom Deméré del Museo di storia Naturale di San Diego aveva condotto uno scavo di cinque mesi. Il suo gruppo aveva scoperto denti, zanne e ossa di un parente estinto degli elefanti chiamato mastodonte (Mammut americanum), accanto a grandi rocce frantumate e usurate. Il materiale era stato seppellito da sedimenti fini lasciati da un flusso d'acqua, ma Deméré aveva intuito che le rocce erano troppo grandi per essere state trasportate dall'acqua. "Abbiamo pensato ad alcune spiegazioni possibili per questa situazione, e continuava a uscire fuori che avrebbero potuto essere coinvolti degli esseri umani", dice. Le analisi effettuate dagli anni novanta fino a oggi hanno indicato che l'avorio era vecchio di circa 300.000 anni, ma Deméré era scettico: il metodo usato dai suoi colleghi soffriva di alcuni inconvenienti e l'epoca sembrava improbabile per esseri umani vissuti in California. Un consenso rimesso in discussione studi del DNA moderno e antico hanno raggiunto un consenso sul popolamento delle Americhe: gli esseri umani provenienti dall'Asia attraversarono un ponte di terra sull'attuale Stretto di Bering in Alaska circa 20.000 anni fa e raggiunsero la punta meridionale del Sud America circa 14.000-15.000 anni fa. Nuovi pionieri per la colonizzazione delle Americhe? (Credit: San Diego Natural History Museum) umani sono arrivati in epoche precedenti. Essi si basano su siti contenenti pietre che somigliano a utensili litici e grandi ossa animali con danni apparentemente causati da esseri umani. I co-autori di Deméré, Kathleen Holen e suo marito Steven Holen, archeologi del Center for American Paleolithic Research a Hot Springs, in South Dakota, hanno proposto diversi siti nel Midwest degli Stati Uniti come prova di una presenza umana nelle Americhe fino a 40.000 anni fa. Ma molti scienziati hanno guardato a queste affermazioni con scetticismo. Dopo aver sentito parlare del mastodonte di San Diego, gli Holen hanno visitato Deméré nel 2008 per vedere i resti impacchettati. "Stavamo guardando qualcosa di molto, molto vecchio, ma aveva schemi di fratturazioni già visti", dice Kathleen Holen. Era come se le ossa fossero state poste sopra una grossa pietra che faceva da incudine e fossero state colpite con una pietra che faceva da martello. Il gruppo afferma che le rocce recuperate dal sito sono state usate per estrarre il midollo osseo del mastodonte o per creare utensili ossei più delicati. Sull'osso del mastodonte non ci sono evidenti segni da taglio, il che indica che l'animale non è stato ucciso o macellato per la sua carne. Nuovi pionieri per la colonizzazione delle Americhe? Gli autori dello studio durante i test per verificare gli schemi di fratturazione delle ossa sottoposte a percussione con una grossa pietra (Credit: Kate Johnson/San Diego Natural History Museum) hanno cercato nuovamente di determinare l'età del sito. Non potevano usare la tecnica al radiocarbonio sul mastodonte, perché nelle ossa non c'era traccia di proteine collagene contenenti carbonio. Un secondo metodo era troppo impreciso. Una terza tecnica, che misura i livelli relativi di uranio e di torio radioattivi nell'osso, ha suggerito che i resti risalgono a 130.000 anni fa. "Sono sicuro che molti dei nostri colleghi saranno assai scettici. Me lo aspetto. Questo è molto, molto prima di quanto la maggior parte degli archeologi si aspetta per la presenza di ominini in Nord America", dice Steven Holen. "E parlo anche per me stesso". Alistair Pike, archeologo dell'Università di Southampton, specializzato nella datazione all'uranio, osserva che il metodo del gruppo si basa su modelli semplificati di come l'uranio passa dall'acqua di falda alle ossa, ma non vede difetti evidenti nel lavoro di datazione. "All'apparenza, questi risultati sono quanto di meglio si possa ottenere", afferma Pike. La raccolta di DNA antico dai resti e la determinazione della relazione evolutiva dell'animale con altri mastodonti potrebbe anche permettere di stabilire l'età del sito, osserva Pontus Skoglund, genetista di popolazioni della Harvard Medical School di Boston, in Massachusetts, che lavora sul DNA antico. Se la scoperta reggesse, aggiunge, "sarebbe una delle revisioni più profonde del nostro modello di come si è popolato il mondo". Un annuncio che desta scetticismo Tuttavia, prima di invocare gli esseri umani, i ricercatori devono escludere in modo più netto la possibilità che le pietre e le ossa siano state frantumate da forze naturali, afferma David Meltzer, archeologo della Southern Methodist University di Dallas, in Texas. "Se vuoi spingere l'antichità umana nel Nuovo Mondo più indietro di 100.000 anni in un colpo solo, dovrai farlo con un caso archeologico migliore di questo". Nuovi pionieri per la colonizzazione delle Americhe? Frantumazione delle ossa per effetto dell'impatto con una grossa pietra: grazie a questo schema, è possibile determinare se i resti archeologici portano i segni di una manipolazione umana (Credit: Kate Johnson/San Diego Natural History Museum) analizzati in modo più dettagliato. Trova "curioso" che il sito non abbia prodotto altre tracce di presenza umana, come gli utensili in pietra di forma caratteristica che si trovano tipicamente in molti siti di macellazione di animali in Africa. Erella Hovers, archeologa della Hebrew University di Gerusalemme, che ha esaminato l'articolo per "Nature", dice di essere rimasta un po' sorpresa quando il manoscritto è arrivato nella sua posta elettronica: "Mi sono detta: 'ma veramente?'". Tuttavia, dopo le revisioni che hanno approfondito il lavoro di datazione e hanno dimostrato che colpire le ossa moderne di elefanti con grandi rocce produce schemi di danno simili a quelli osservati sulle ossa dei mastodonti, Hovers è ora convinta che siano stati ominini a creare il sito californiano. "Tutto questo è sbalorditivo," dice. "Lascia aperte un sacco di domande perché non sappiamo nient'altro, tranne che c'erano delle persone laggiù". Chi erano i primi americani? i candidati sono diversi. Gli antenati degli esseri umani moderni non africani hanno lasciato il continente meno di 100.000 anni fa, ma migrazioni precedenti dall'Africa avrebbero potuto raggiungere il Nord America, dicono Deméré e i suoi co-autori. Essi si riferiscono a denti simili a quelli di Homo sapiens risalenti a 100.000 anni fa scoperti in Cina e agli indizi secondo cui alcuni gruppi indigeni in Sud America portano traccia di una possibile migrazione precedente nelle Americhe. Chris Stringer, paleoantropologo del Museo di storia naturale di Londra, propende per i denisovani o i neanderthaliani, che vivevano entrambi nella Siberia meridionale almeno 100.000 anni fa. Eppure, non vi è alcuna prova che l'uno o l'altro dei due gruppi potesse sopravvivere all'epico viaggio artico dalla Siberia all'Alaska. "Molti di noi vogliono vedere prove da altri siti di questa antica colonizzazione prima di abbandonare il modello convenzionale di un primo arrivo da parte degli esseri umani moderni negli ultimi 15.000 anni", spiega Stringer. "Tra poco inizieremo a cercare", dice Deméré, che ha già adocchiato un altro sito della California, scavato da suo gruppo alcuni anni fa. Steven Holen spera che altri scienziati si uniscano alla ricerca. "Teniamo gli occhi aperti per trovare questo tipo di materiale quando siamo sul campo", afferma. "Non diciamo semplicemente 'questo non può essere'". (L'originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 26 aprile 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) |
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