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La minaccia delle tempeste solari

Post n°2158 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

13 marzo 2019

La minaccia delle tempeste solari

La minaccia delle tempeste solari

L'analisi di carote di ghiaccio prelevate in

Groenlandia ha documentato la presenza

di isotopi radioattivi prodotti da una

tempesta solare di eccezionale intensità

avvenuta nel 660 a.C. e ha confermato

anche altri due eventi analoghi nel 775 e

nel 994 d.C.

Lo studio quindi suggerisce che i rischi per

le attività umane di questo tipo di eventi

potrebbero essere sottostimati

astrofisica

Il nostro pianeta è investito periodicamente

da tempeste solari costituite da fasci di particelle

elementari ad alta energia, in particolare protoni,

prodotte da enormi esplosioni che si verificano

sulla superficie del Sole.

Si tratta di eventi temibili per i danni che possono

portare alla distribuzione della corrente elettrica,

alle comunicazioni, alle trasmissioni via i satellite,

nonché ai sistemi di controllo del traffico aereo.

La minaccia delle tempeste solari

llustrazione dell'interazione tra le particelle

cariche prodotte dal Sole e la Terra, protetta

dalla suo campo magnetico, evidenziato in viola

(Credit: NASA)Ma le tempeste solari di cui noi

esseri umani siamo stati testimoni negli ultimi

decenni, da quando cioè sono disponibili strumenti

adatti alla loro rilevazione, potrebbe impallidire

in confronto a ciò che avvenne in un lontano

passato.

A raccontarlo sono le carote di ghiaccio estratte

in Groenlandia da un gruppo di ricercatori della

Lund University che firmano un articolo sui

"Proceedings of the National Academy of Sciences".

L'analisi di quei campioni, che rappresentano una

sorta di registro storico delle tempeste solari fino

a circa 100.000 anni fa circa, mostra un antico

evento estremamente intenso avvenuto nel Settimo

secolo prima di Cristo, e di cui si ha notizia per la

prima volta, e conferma altri due eventi di rilievo,

che si sono verificati nel 775 e nel 994 d.C., ed erano

stati già evidenziati da passati studi sugli anelli di

accrescimento degli alberi plurisecolari.

Per stimare frequenze e intensità degli antichi

eventi, gli autori hanno misurato in particolare

l'abbondanza di tre isotopi radioattivi: il carbonio

14, il berillio 10 e il cloro 36.

Questi isotopi sono prodotti principalmente da una

cascata di reazioni che si verificano negli strati più

alti dell'atmosfera quando sono investiti da flussi

molto energetici di protoni che provengono dal Sole.

Una volta mescolatisi con l'aria, questi isotopi

radioattivi si fissano nei "registri ambientali", come

appunto il ghiaccio, che nelle regioni artiche si può

conservare per centinaia di migliaia di anni.

I segnali relativi agli isotopi radioattivi considerati

hanno indicato un rapido incremento in corrispondenza

di strati sedimentatisi nel 660 a.C. e che non può

essere spiegato con la normale modulazione

dell'attività solare.

"Se si verificasse ai giorni nostri, un evento di

quella portata metterebbe a serio rischio la nostra

civiltà ad alta tecnologia", ha commentato Raimund

Muscheler, professore di geologia della Lund

University e coautore dell'articolo.

"La nostra ricerca indica che i rischi sono attualmente

sottostimati; ecco perché sarebbe il caso di aumentare

in via precauzionale le nostre difese nei confronti

delle tempeste solari: dobbiamo essere preparati

meglio".

Complessivamente, lo studio mostra che le analisi

al carbonio 14 sono inadeguate per ottenere stime

affidabili della frequenza e delle proprietà delle

tempeste solari passate, ma possono essere

proficuamente associate alle analisi basate sul

berillio 10 e sul cloro 36. (red)

 
 
 
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