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Karibuni!!
Post n°57 pubblicato il 01 Agosto 2007 da fbellbra
Una delle parole che ho sentito pronunciare più spesso e con maggiore convinzione in questi 20 giorni di Africa: benvenuti! Per gli africani l’ospite è una benedizione. Dunque Karibuni, cari amici! Sono tornata il 29 sera tardi e mentre dall’aereo si intravedevano le ciminiere di Portomarghera e la sagoma del Ponte della Libertà la mia emozione cresceva. Avevo voglia di rivedere la mia famiglia e Marco e gli amici, ma in realtà non è che morissi dalla voglia di tornare a casa. Anzi. Lo dicono tutti, l’Africa ti cattura, una parte di te rimane lì e non ti dà pace. Dicono che sia “memoria genetica” del nostro luogo d’origine. L’Africa è la culla dell’umanità, ecco cos’è quell’attrazione, quella sensazione di inquietudine. Ma non torno con il mal d’africa. Quella è roba da touring club. Torno con il "mal di missione", con la voglia di continuare a viaggiare, a conoscere, a mettere in discussione i miei punti di vista per scoprirne di nuovi e migliori. Tutto il superfluo che fa parte così prepotentemente della nostra vita occidentale non mi è affatto mancato. Eppure tutto questo superfluo è superfluo in Africa ma rimane necessario qui. Ed io è qui che vivo, non in Africa. (Sigh) Un solo pensiero, per oggi: l’Africa non ha bisogno del nostro superfluo, dei nostri scarti o delle nostre elemosine. Tantomeno delle nostre spazzature. Ha bisogno di noi, certo, è evidente, ma solo se ci lasciamo contaminare, solo se riusciamo a ribaltare le nostre prospettive e ad allargarle all’infinito come quella strada rossa che dalla missione si inoltrava nella savana. Io sono andata in Africa con l’idea di fare qualcosa, di dare qualcosa, di contribuire, di costruire, di aiutare. Presuntuosa. Cosa credevo di dare senza imparare niente? Cosa credevo di poter fare senza prima cambiare dentro? E ancora una volta a portare qualcosa a casa siamo noi, e per quanto ci si sforzi di donare qualcosa, noi occidentali siamo capaci solo di donare cose materiali, vestiti, scarpe, medicine e soldi. L’Africa invece sa dare molto di più. Qualcuno sa dirmi quanto vale un abbraccio di un bambino malato di aids senza genitori, senza scarpe e senza futuro ma che ha ancora voglia di giocare con le mie mani? Molto più dei miei vestiti vecchi che gli regalo senza molti rimpianti, credo. Il vero viaggio inizia adesso, con il capitale accumulato in questi 20 giorni ora si tratta di costruire qualcosa qui. Se non altro per condividere quella ricchezza con chi l’Africa non l’ha ancora vista, se non altro per dire grazie, se non altro per chiedere scusa. Perché non mi ero mai resa conto di quanto devo dire grazie e di quanto devo chiedere scusa. Sono al lavoro già da due giorni al mio reportage, così non ho molto tempo da dedicare a questo blog. Oh no, non è affatto superfluo che io racconti quello che ho visto. Pole pole (con calma…) scriverò ogni cosa… Fra |
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