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Vigili del fuoco in vallata

dal Sabato Sera del 24/2/2007 Fontanelice. Sono ben 18 i volontari, tra cui una ragazza, che hanno deciso di partecipare al corso organizzato dal Comando Provinciale dei vigili del fuoco e dar vita al primo nucleo dei pompieri volontari del paese. Il secondo gruppo di tutto il circondario dopo quello storico di Medicina. Le prime adesioni sono state anche raccolte durante la festa di Pompieropoli, organizzata l’ottobre scorso dall’Associazione nazionale vigili del fuoco insieme al Comune e dedicata ai bambini. Dopo una serie di incontri con la comandante del Comitato Provinciale di Bologna, durante i quali agli aspiranti pompieri è stato illustrato il loro compito futuro ed il corso di addestramento al quale verranno sottoposti, la raccolta delle adesioni definitive ha portato il numero dei ragazzi a 18. Terminati i controlli medici, l’addestramento si svolgerà in due trance, una primaverile ed una autunnale, al termine delle quali ci sarà il decreto di nomina. Una volta pronti, per tenersi in allenamento verranno chiamati periodicamente a Imola da i colleghi “professionisti”. E’ molto probabile, infatti, che i volontari siano pronti prima che in vallata sia a loro disposizione una sede tutta per loro. La sede, infatti, sarà a Fontanelice, ma sul dove collocarla c’è ancora qualche dubbio. “Per realizzarla abbiamo a disposizione 250 mila euro stanziati dalla protezione civile, in parte dalla Regione e dalla Comunità Montana – spiega il sindaco Vanna Verdelli -. Stiamo valutando alcuni spazi nella zona industriale oppure un’area dimessa vicino al centro storico. Quando saremo pronti avremo la sede della protezione civile della vallata e del corpo forestale a Castel del Rio, mentre i vigili del fuoco saranno a Fontanelice per poter intervenire tempestivamente in caso di necessità”. Necessità come quella dell’11 novembre scorso, quando un sottotetto prese fuoco a Fontanelice, a causa di una canna fumaria surriscaldata.

 

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tempo di MARRONI

Post n°176 pubblicato il 04 Novembre 2013 da fontanelice
 

Dal 2008 una vespa cinese mette a rischio la coltura di castagne in Italia e in altri Paesi. Ora però un insetto ci aiuta a combatterla: la guerra biologica per salvare la ghianda di Zeus.
Nella valle su cui guarda il castello di Carpineti, dove 922 anni fa Matilde di Canossa, su consiglio dell'eremita Giovanni da Marola, decise di continuare la guerra contro l'imperatore tedesco Enrico IV, vincendo contro ogni pronostico, si combatte un'altra battaglia fra i castagneti piantati dalla contessa di ferro: quella in difesa dei frutti di quel bosco, attaccati da un parassita per loro particolarmente dannoso, la vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus).
 
La castagna, una volta considerata una salvezza alimentare per il popolo delle campagne, in questi tempi di crisi viene riscoperta in decine di fiere a lei dedicate, dal Piemonte all'Emilia-Romagna, dalla Campania alla Calabria. Ma in molti casi le castagne e i marroni che in queste fiere compaiono arrosto, sotto forma di castagnaccio, frittelle o pane, provengono dall'est Europa, perché la vespa cinese, capace di trasformare le gemme dei castagni in palle (galle) in cui si sviluppano e di cui si nutrono le sue larve, ha fatto diminuire di molto la produzione in Italia e in altri Paesi d'Europa.
Galle di Dryocosmus kuriphilus (clicca per ingrandire la foto) nei boschi di Borgo d'Ale (VC), aprile 2013 (© F. Ceragioli)." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/galle-di-dryocosmus-kuriphilus_1680-512k_1237067.jpg" alt="Galle di Dryocosmus kuriphilus (clicca per ingrandire la foto) nei boschi di Borgo d'Ale (VC), aprile 2013 (© F. Ceragioli)." />
A Carpineti, in un grande castagneto, viene però cresciuto l'esercito giusto per combattere la vespa cinese: la guerra è biologica e l'arma è il Torymus sinensis, a sua volta un parassita, ma della vespa. Circa la metà dei 155 "lanci" nella sola Emilia-Romagna sono stati effettuati proprio con questi insetti. A Marola, frazione di Carpineti, per la cinquantesima edizione della festa della castagna si è svolto un convegno per fare il punto sulla guerra biologica in atto e sulla riscoperta e sulla valorizzazione dei castagneti.
Guerra biologica: dov'è stato introdotto, il <strong><em>Torymus sinensis</em></strong> (nella foto, una femmina) ha permesso di ripristinare l'equilibrio naturale del castagno.
Guerra biologica: dov'è stato introdotto, il Torymus sinensis (nella foto, una femmina) ha permesso di ripristinare l'equilibrio naturale del castagno.
Prima buona notizia: l'uso deiTorymus si è rivelata molto efficace. A un paio di anni dalla loro introduzione in questa zona l'infestazione si è ridotta e si prevede che nel giro di 6-7 anni l'equilibrio sarà del tutto ripristinato. 
 
La seconda buona notizia è che non solo in Emilia-Romagna, ma anche in altre regioni sono disponibili fondi pubblici per finanziare progetti di salvaguardia del castagno, la lavorazione dei suoi prodotti, dei derivati e altre produzioni boschive, come more selvatiche, rosa canina, corniolo e sorbo. «L'agricoltura è attualmente l'unico settore nazionale in sviluppo e le cosiddette coltivazioni minori sono in rapida crescita», diceLeana Pignedoli, vicepresidente della Commissione agricoltura del Senato. «Si tratta di cambiare mentalità, riscoprendo le produzioni della campagna, che quanto più sono specifiche del territorio tanto più avranno valore, data l'alta competitività dei prodotti agricoli più comuni sul mercato globale.»
© ashepsut, da iFocus." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/ashepsut_castagna__1237088.jpg" alt="Foto © ashepsut, da iFocus." />
Altro che cibo dei poveri! Le caratteristiche nutritive delle castagne, alla luce delle analisi più moderne, sono notevoli. Spiega l'agronoma Cristina Bignami, dell'Università di Modena e Reggio Emilia: «Pochi grassi, solo 1,6 % (e si tratta di utili omega 6), poco sodio (contro l'ipertensione); 3,5% di proteine ricche di amminoacidi, molti micronutrienti con antiossidanti e fitoestrogeni, 42% di carboidrati. Cento grammi di castagne valgono 185 kilocalorie, poche in confronto alle 600 Kcal delle nocciole, per esempio». Le castagne sono insomma adatte per le diete, anche per i celiaci, intolleranti al glutine. A dispetto della loro fama di cibo dei poveri sono ricche di valori nutritivi. E hanno una storia sociale tutt'altro che banale.

Nel tardo medioevo i castagneti erano gestiti dalle comunità dei villaggi, dove non vigeva la proprietà privata.

Iniziarono i Romani a piantare in modo intensivo i castagneti, conosciuti anche da altri popoli.Svetonio (70-130 d.C.) racconta che erano diffusi intorno al Mar Nero e fra gli Etruschi. Virgilio riferisce della bontà delle castagne nel latte e per fare il pane. Dopo l'anno Mille, causa l'incremento demografico, la castagna diventa una soluzione alimentare di uso comune per il popolo delle campagne. Essiccata per farne farina, serviva anche a fronteggiare le frequenti carestie. Soprattutto, era un frutto utilizzato in maniera etica. «I castagneti erano spesso gestiti dalle comunità dei villaggi», spiega l'agrario Danilo Gasparini, dell'Università di Padova. Con buona pace dei Signori e dei cavalieri, i castagneti erano oasi di democrazia, in cui non vigeva la proprietà privata. «Ogni comunità si autoregolava: stabiliva la divisione in appezzamenti da sfruttare secondo i bisogni delle famiglie, numero di figli, donne vedove e altre situazioni di necessità.»

Theatrum Sanitatis (clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/castagna3_512k_1237104.jpg" alt="Natura, benefici, controindicazioni, effetti collaterali e rimedi... La castagna nel Theatrum Sanitatis (clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970." />
Natura, benefici, controindicazioni, effetti collaterali e rimedi... La castagna nel Theatrum Sanitatis(clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970.
La contessa Matilde di Canossa, che dominava dai confini del Lazio al lago di Garda, fu una dei potenti che non solo permise questo uso comunitario, ma estese un po' ovunque i castagneti. In autunno, con la raccolta, le castagne venivano consumate subito, bollite, arrostite o affumicate nei metati(case di sasso in cui erano seccate in strati anche di 50 cm esposti al fumo 20 giorni da una parte e poi girati per altri 20 giorni) e poi sbucciate e macinate. Si credeva anche a supposte proprietà afrodisiache della castagna. Oggi a Marola un metato viene periodicamente messo in funzione per le visite guidate e le scolaresche. Un altro, più grande, restaurato con il finanziamento della Comunità Europea, è utilizzato come museo locale della castagna. 
 
Con la scoperta dell'America e l'arrivo della patata, la castagna perse il primato di cibo popolare, mentre il legno di castagno veniva sfruttato per il suo contenuto di tannino (da usare come colorante) e sua la robustezza, destinandolo alla costruzione delle ferrovie o come combustibile per le macchine della civiltà industriale. «Molti castagneti vennero abbandonati o messi in vendita per fare legna», racconta Gasparini. «La raccolta delle castagne iniziò a essere mal vista, nell'ideologia del progresso, come attività legata alla vita misera e contadina». 
 
Così, da ghiande di Zeus, definizione d'epoca romana, le castagne divennero per molti solo cibo per i maiali. Non servirono a molto le poesie diGiovanni Pascoli o gli appelli "salviamo il castagno" lanciati nel 1920 dal ministro dell'agricoltura Luigi Luzzati. L'urbanizzazione avanzò inesorabile, le campagne furono spopolate. Ma nonostante tutto il nostro Paese risulta ancora oggi il terzo produttore al mondo di castagne. Le feste della castagna sparse per l'Italia stanno creando un circolo virtuoso di recupero dei castagneti e nuove idee commerciali. Per esempio, per fare le tagliatelle, la pasta o la birra di castagna.

 
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