Creato da carancini il 13/11/2014
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Aldo Moro: l'intervista di Paolo Cucchiarelli a Giovanni Fasanella

Post n°35 pubblicato il 08 Maggio 2015 da carancini
Foto di carancini

Da Paolo Cucchiarelli ricevo e pubblico:

Aldo Moro: Fasanella, Senzani presento' Markevitch a Moretti

Torna in libreria il volume sul famoso direttore d'orchestra

(di Paolo Cucchiarelli)

(ANSA) - ROMA, 7 MAG - Igor Markevitch, il direttore d'orchestra indicato da una fonte del Sismi degna del maggior credito come uno degli uomini che interrogarono Moro rimane una domanda senza una risposta definitiva. A far luce ci hanno provato Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca riproponendo per Chiarelettere "La storia di Igor Markevi?", un libro che cerca di afferrare la personalita' eclettica e multiforme di un uomo con un piede sul podio e un altro nelle vicende piu' complesse della nostra recente storia. Fu Giovanni Senzani, il "capo" mai entrato nella vicenda Moro, a presentare Markevitch a Mario Moretti e questo fatto riapre la validita' della pista di Firenze, "testa pensante" del rapimento e della sua gestione.

Giriamo alcune domande a Giovanni Fasanella. - Chi e' Igor Markevitch e che ruolo ha avuto secondo la vostra ricerca?

"Quello di intermediario (non di 'Grande vecchio'!) tra alcuni servizi segreti esteri di rango e le Br per la liberazione di Aldo Moro; o, comunque, per una 'gestione' della vicenda che evitasse il rischio di una grave destabilizzazione degli equilibri interni italiani e internazionali. Moro era detentore di segreti Nato sensibili e in una sua lettera a Cossiga, allora ministro dell'Interno, aveva minacciato di rivelarli ai brigatisti. E forse aveva gia' cominciato a farlo.

- Nessuno ha mai chiarito con elementi convincenti perche' si scelse via Caetani per riconsegnare il cadavere di Moro? Quale e' per ora il punto piu' avanzato della questione?

"Il dato di fatto e' che, stando ai risultati dell'autopsia e agli esami compiuti su alcuni materiali rinvenuti sulle ruote della Renault rossa e nei risvolti dei pantaloni di Moro, il presidente della Dc fu assassinato non piu' di un'ora prima del ritrovamento del cadavere, e fu ucciso in un luogo distante non piu' di 40 metri da via Caetani. Perche' Moro si trovava nelle immediate vicinanze di Palazzo Caetani, dove tra l'altro due agenti del Sismi lo avevano cercato mentre era ancora in vita? L'ipotesi al momento piu' fondata e' che i brigatisti che sequestrarono Moro in Via Fani non fossero gli stessi che lo avevano in custodia durante gli ultimi giorni, se non addirittura negli ultimi secondi di vita; e che Moro avesse trascorso l'ultima parte della sua prigionia in un luogo molto vicino alla via in cui fu trovato morto. Probabilmente, man mano che la trattativa procedeva, ci furono passaggi di mano dell'ostaggio, a cui corrisposero anche trasferimenti fisici da un covo all'altro. Alla fine, Moro arrivo' la' dove avrebbero dovuto liberarlo. E dove, invece, fu assassinato".

- Ci sono elementi che la Commissione Moro potrebbe sviluppare nelle sue indagini su Igor?

"Si'. Innanzitutto dovrebbe cercare di spiegare perche' Moro venne assassinato, mentre invece la sua liberazione sembrava ormai certa. Quanto a Markevitch: chi gli chiese di intervenire e perche' venne chiesto proprio a lui? aveva legami con ambienti diplomatici, dell'intelligence e intellettuali che per varie ragioni avevano avuto a che fare con il terrorismo? La figura chiave per rispondere a queste domande e' l'ex brigatista fiorentino Giovanni Senzani: fu lui a presentare Markevitch a Mario Moretti, stando a un rapporto del Ros. E' curioso che Senzani, personaggio di levatura intellettuale e politica di gran lunga superiore a quella dei brigatisti finora noti, membro della direzione strategica brigatista all'epoca del sequestro, sia stato inquisito e condannato per reati compiuti prima e dopo, ma non e' mai comparso in un'inchiesta sul caso Moro. Bisogna ripartire da lui, da Senzani. E sarei davvero sorpreso se la Commissione parlamentare e la magistratura non avessero ancora deciso di ascoltarlo".

- In appendice del libro c'e' una importante sentenza per tutti quelli che scrivono inchieste: cosa indica?

"Rocca ed io, autori del libro, abbiamo subito un vero e proprio ostracismo e pressioni di vario genere dagli ambienti piu' disparati. Siamo stati anche citati in tribunale dagli eredi di Hubert Howard, agente della propaganda e guerra psicologica britannica in Italia durante la guerra, marito di Lelia, l'ultima erede dei Caetani, e cugino di Markevitch (detto tra parentesi, Hubert Howard e Markevitch, prima che gli Alleati entrassero a Firenze, trattarono segretamente con i nazisti per evitare che distruggessero l'immenso tesoro artistico della citta'). Ebbene, il tribunale civile di Roma ha dato ragione a noi e torto agli Howard, stabilendo un principio di fondamentale importanza per il giornalismo d'inchiesta: in vicende di eccezionale gravita' come il sequestro e l'assassinio di Moro, i giornalisti hanno il diritto-dovere di formulare anche delle ipotesi, per arrivare alla verita'. Purche' fondate, naturalmente.

 E nella sentenza ha aggiunto che l'ipotesi del nostro libro lo e'". (ANSA).

 

 
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Censori che fanno ridere, censure che fanno piangere

Post n°34 pubblicato il 05 Maggio 2015 da carancini
Foto di carancini

Si parla spesso di "teatrino della politica" ma la definizione andrebbe estesa ai giornalisti dei salotti tv.

Da questo punto di vista, la puntata di "Otto e mezzo" della scorsa settimana dedicata ai disordini dell'Expo sembrava un numero di cabaret .

La Gruber e Mario Sechi che si chiedevano, con aria grave e compunta, se non sia il caso di vietare le manifestazioni in occasione dei grandi eventi.

Beppe Severgnini che trattava il questore presente in studio come il questore di Vigata tratta il commissario Montalbano quando il caso è delicato: "Solo sei arresti? Mi meraviglio di lei!".

Il questore che, a differenza di Montalbano, replicava con britannico aplomb: "Nonostante le apparenze, abbiamo evitato il peggio".

Gianni Barbacetto che discettava filosofico sulle difficoltà della democrazia: "In democrazia non esistono soluzioni facili per l'ordine pubblico. Mica possiamo reprimere i crimini in anticipo come in Minority Report".

E pensare che il pur moderatissimo Paolo Pagliaro una cosa giusta l'aveva detta: "Frange come queste sono fin troppo facili da infiltrare".

Ma nessuno in studio ha ripreso lo spunto ...

Nemmeno Barbacetto. Eppure era stato proprio lui, qualche anno fa, a scrivere un libro sulla strategia della tensione - Il grande vecchio - elogiato persino da Vinciguerra. Davvero l'Italia ha chiuso con quel passato?

Che anche Barbacetto abbia tirato i remi in barca? Mentre parlava, gli avrei voluto dire: Minority Report? Esagerato, basterebbe un Daspo.

E che dire di quei giornalisti che su questi eventi addirittura ci sguazzano?

E, in particolare, di quelli i cui giornali vivono essenzialmente del finanziamento pubblico all'editoria, senza il quale scomparirebbero da un giorno all'altro?

Come Stefano Menichini, il quale, quello stesso pomeriggio, a SkyTG24, puntava il dito contro i No Tav e accusava i manifestanti di Milano di complicità con i violenti: "Non vorrei criminalizzare i manifestanti, però ...". E intanto li criminalizzava.

Ma Menichini, attuale direttore del giornale-fantasma Europa, non viene dal Manifesto?

Mi domando: è solo un caso che alcuni dei più noti esemplari di conformismo politico-giornalistico vengano da lì?

Lucia Annunziata, Gianni Riotta, Gad Lerner, persino ... Franco Frattini![1]

Forse, non è un caso, se solo pochi giorni fa proprio lì è stata fatta l'apologia della Brigata ebraica:

Perché nella Liberazione la Brigata ebraica è a casa propria

http://ilmanifesto.info/perche-nella-liberazione-la-brigata-ebraica-e-a-casa-propria/  

Ma poi, adesso che ci penso: non era stata proprio la Manifestolibri a rifiutarsi a suo tempo di pubblicare il primo libro di Stefano Anelli - meglio conosciuto come John Kleeves - costretto poi a rivolgersi alle infide case editrici della cosiddetta "destra radicale"?[2]

E non era stato ancora il Manifesto a non voler recensire, nel 2003, il libro di Fasanella e Rocca Il misterioso intermediario - quello su certi retroscena del caso Moro - accodandosi al boicottaggio deciso all'epoca dalla stampa italiana che conta?[3]

Censori che fanno ridere, censure che fanno piangere: parafrasando un celebre adagio, si potrebbe dire che la situazione del giornalismo italiano non è seria ma è pur sempre disperata.

 


[1] Quarant'anni fa nasceva il Manifesto: http://www.navecorsara.it/wp/2011/04/28/quarant%E2%80%99anni-fa-nasceva-il-manifesto/

[2] Vedi Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/John_Kleeves

[3] Vedi quanto raccontato dagli autori in appendice alla nuova edizione del libro (La storia di Igor Markevič - Un direttore d'orchestra nel caso Moro, Milano 2014, pp. 423-441).

 

 
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AIR PHOTO EVIDENCE: TERZA EDIZIONE CORRETTA E AUMENTATA

Post n°33 pubblicato il 21 Marzo 2015 da carancini
Foto di carancini

AIR PHOTO EVIDENCE: TERZA EDIZIONE CORRETTA E AUMENTATA[1]

Quando Air Photo Evidence di John Ball venne pubblicato nel 1992, cambiò il campo delle ricerche sull'Olocausto per sempre. Come Ball dice giustamente, "Nulla si nasconde dalle foto aeree": né  i crimini dei tedeschi né le menzogne dei vincitori, per così dire. Già nel 2003 John Ball aveva iniziato a lavorare con Castle Hill Publishers ad una nuova edizione, corretta e aumentata. Dopo che le ultime copie della prima edizione erano state vendute alla fine del 2014, ci siamo seduti e abbiamo lavorato intensamente a questa nuova edizione, che presenta diverse nuove foto aeree scoperte dopo il 1992, oltre ad un numero di sotto-capitoli aggiuntivi che trattano aspetti dell'apparato di Auschwitz trascurati o equivocati nella prima edizione. Il libro è stato curato da Germar Rudolf, che ha scritto anche una prefazione, e rivisto da Carlo Mattogno, che ha aiutato ad aggiornare e a correggere il libro nei punti in cui era necessario e che ha contribuito con un articolo a parte. Ed ecco il libro:

AIR PHOTO EVIDENCE

FOTO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE DEI PRESUNTI SITI DELLO STERMINIO ANALIZZATE

Terza edizione, corretta e considerevolmente aumentata, gennaio 2015

Di John Ball

https://shop.codoh.com/book/327/327

Durante la seconda guerra mondiale gli aerei da ricognizione, sia tedeschi che alleati, scattarono innumerevoli foto aeree di luoghi di interesse tattico e strategico in Europa. Queste foto costituiscono prove fondamentali per l'indagine dell'Olocausto. Le foto aeree di luoghi come Auschwitz, Majdanek, Treblinka, Babi Yar ecc. permettono di capire quello che accadde o non accadde lì. Questo libro è pieno di riproduzioni di foto aeree e di cartine esplicative. Secondo l'autore, queste immagini confutano molte delle pretese atrocità riferite dai testimoni riguardo agli eventi avvenuti nella sfera d'influenza tedesca.

AUSCHWITZ

I testimoni hanno sostenuto che, nella primavera e nell'estate del 1944, i camini dei quattro crematori di Auschwitz-Birkenau emettevano costantemente fumo in abbondanza e che migliaia di persone vennero cremate su pire in enormi fosse all'aperto. Le foto presentate qui mostrano se hanno ragione. L'analisi di queste foto inoltre rivela che qualcuno ne ha manomesso delle copie nel tentativo di aggiungere nelle immagini quello che ci dovrebbe essere ma non c'è ...

BABI YAR

Dopo che unità tedesche conquistarono la capitale ucraina Kiev, si dice che abbiano fucilato qualcosa come 33.000 ebrei e che li abbiano gettati nel burrone di Babi Yar. Nell'estate del 1943, poco prima della loro ritirata, si dice che i tedeschi abbiano esumato i corpi e che li abbiano bruciati per settimane in enormi roghi. Cosa mostrano le foto aeree prima e immediatamente dopo l'evento?

BELZEC, SOBIBOR, TREBLINKA

I testimoni sostengono che nel complesso di questi campi più di un milione e mezzo di ebrei vennero uccisi e inizialmente sepolti in gigantesche fosse comuni. In seguito si dice che siano stati dissotterrati e bruciati su enormi pire. Mostrano le foto aeree le prove che tutto ciò è vero, come i resti di enormi fosse comuni, o la terra carbonizzata dagli enormi roghi?

MAJDANEK

Questo fu il primo importante campo di concentramento tedesco "liberato" dall'Armata Rossa verso la fine della seconda guerra mondiale. All'inizio, si sostenne che qui erano stati uccisi fino a 1.7 milioni di detenuti con vari mezzi, ma tale numero è diminuito nel corso degli ultimi settant'anni fino ad arrivare sotto gli 80.000. Parimenti diminuito è il numero delle ufficialmente presunte camere a gas utilizzate per questi presunti omicidi: da sette alle attuali due. Le foto aeree presentate qui forniscono alcune indicazioni sul perché le dicerie di questi stermini siano state insostenibili fin dall'inizio.

Terza edizione corretta e aumentata, con contributi di Germar Rudolf e Carlo Mattogno.

FINE DEL TESTO DI CODOH

Chi volesse farsi un'idea preliminare del libro può trovare la prima edizione ai seguenti indirizzi:

https://www.scribd.com/doc/99556031/John-Ball-AIR-PHOTO-EVIDENCE-I-from-cover-through-page-56

https://www.scribd.com/doc/99560745/John-Ball-AIR-PHOTO-EVIDENCE-II-from-page-57-to-end

 


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all'indirizzo: http://codoh.com/news/3306/

 

 
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Pier Paolo Pasolini: le interviste a Pelosi e a Concutelli di Simona Zecchi e Martina Di Matteo

Post n°32 pubblicato il 11 Marzo 2015 da carancini
Foto di carancini

È di qualche settimana fa la notizia dell'ennesima archiviazione, da parte della Procura di Roma, dell'omicidio di Pier Paolo Pasolini. Non c'è da stupirsene: in Italia, tutti "tengono famiglia", soprattutto i pm. E però, nonostante il delitto dell'Idroscalo sia stato in assoluto l'omicidio meglio riuscito, da parte dei nostri servizi segreti, di tutto il dopoguerra, nuovi frammenti - insieme a quelli vecchi, all'epoca sottovalutati o "dimenticati" - di quello scenario hanno iniziato ad affiorare, sia pure lentamente, nonostante un'omertà quasi impenetrabile. Tutto ciò, va detto, anche per merito delle giornaliste Simona Zecchi e Martina Di Matteo, alle quali da qualche anno si devono i contributi di gran lunga più fattivi su questa atroce storia. Come le interviste a Pino Pelosi e a Pierluigi Concutelli, apparse nei mesi scorsi sui giornali e su Internet. A volte questo blog è anche un blog di servizio, ed è in questo senso che le dette interviste vengono riproposte qui: perché sono tutte importanti ma non mi pare che finora nessuno avesse pensato di riprenderle in successione, per dar modo al lettore di valutare il loro effetto d'insieme, che è innegabilmente notevole.

Pasolini, l'ombra dei picchiatori fascisti

Martina Di Matteo, Simona Zecchi, 5.12.2013

http://ilmanifesto.info/pasolini-lombra-dei-picchiatori-fascisti/

Pino Pelosi ricostruisce la notte dell'omicidio del poeta. E conferma la presenza all'idroscalo di Ostia di almeno altre sei persone oltre a lui

Centoventi testimoni sentiti, 19 nuovi profili genetici e nuove intercettazioni. Sono le novità che sarebbero emerse nelle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Nell'intervista che segue, Pino Pelosi sviscera alcuni nuovi dettagli che gettano una luce diversa su motivazione e ambiente in cui sarebbe maturato il delitto, esortando gli inquirenti a ce­care anche tra la cerchia di persone più vicine a Pasolini, nella borgata. Pelosi punta poi il dito su quanti tra politici, familiari e amici sanno la verità o sanno dove cercare ma non si impegnano. La notte del 2 novembre 1975 ancora non svela il volto in chiaro degli assassini ed eventuali mandanti.

Le indagini stanno andando avanti: cosa ne pensi di ciò che è appena uscito?

Pelosi ride beffardo Spero che approdino a qualcosa. Io ho già fatto i nomi dei Borsellino al tempo, gli altri 4 non li conoscevo, era notte, non si vedeva nulla.

Pino, tu avevi indicato delle persone presenti quella notte, un numero preciso. Oltre a te, altri 6: i Borsellino, due picchiatori insieme all'uomo con la barba, un uomo nella seconda macchina (nel 2010 un nuovo testimone Silvio Parrello rivelò della presenza di una seconda macchina e l'identità dell'uomo che l'avrebbe guidata). L'uomo con la barba ti avrebbe minacciato. Durante la prima intervista, dopo 30 anni di silenzio, avevi dichiarato che l'uomo avesse un accento siciliano. Elemento che non hai più ritrattato. Confermi?

Lo avevo detto per depistare, era italiano, basta.

Gli altri due erano romani? I Borsellino, di cui tu hai già parlato erano vicini al circolo Msi del Tiburtino. Anche i due picchiatori facevano parte dello stesso ambiente?

Si, poteva essere.

Nel 2011 hai rilasciato alcune dichiarazioni a Valter Veltroni in cui asserivi che la tua prima deposizione ti fosse stata imbeccata. È così?

Confermo di essere stato minacciato dall'uomo con la barba, che mi ha gettato l'anello sul posto e mi ha detto di inventarmi la versione. In carcere poi mi venivano a trovare per dirmi di continuare così.

Avevi 17 anni, come hai fatto ad avere sempre la lucidità per mantenere la stessa versione ogni volta?

Ero un ragazzino: a vivere nel terrore rimani lucido, freddo e concentrato a non sbagliare.

Quando hai ricevuto in carcere il famoso telegramma che indicava Rocco Mangia come nuovo difensore da nominare, hai mai pensato che avessero proposto denaro ai tuoi genitori? E come facevano a conoscere Francesco Salomone (l'allora giornalista de Il Tempo, tessera P2 nr. 1911- Ansa 21/05/1981, che aveva indicato ai genitori di Pelosi di assumere Rocco Mangia come avvocato, ndr)?

A me non piacciono queste associazioni con quel mondo. Dicevano che Rocco Mangia era l'avvocato degli assassini del Circeo e dei fascisti.

Certo, ma quello era in buona parte il mondo da cui proveniva la manovalanza.

Si ma io non c'entro niente con quel mondo.

L'uomo con la barba è vivo? (ride) Gli altri due, sono morti?

I due picchiatori? Non li ho visti bene ma erano più giovani del "barbone" che all'epoca aveva 40 anni. Quell'uomo era più importante dei picchiatori, gestiva tutto. Certo potrebbe appartenere all'altro livello.

Non lo conosci o hai paura?

Non so nulla. Però mi chiedo perché non interrogano anche tra le passate conoscenze dello scrittore, Ninetto Davoli: perché ha fatto rotta­mare la macchina che Pasolini gli aveva lasciato? Perché non glielo chiedono? La macchina di Pasolini poteva essere ulteriormente analizzata.

Se, come hai detto, il sangue sul tettuccio della macchina (lasciata poi incustodita dall'autorità giudiziaria, ndr, sangue lavato via dalla pioggia, era di Pasolini, cos'altro potevano trovare in quella macchina, oltre ai reperti rinvenuti e oggi sotto esame?

Sotto il sedile.

Cosa poteva esserci sotto il sedile?

Non lo so. Sotto il sedile... niente...

Cosa c'era?

Ma l'accendino mio l'hanno trovato?

È importante questo accendino?

Può essere importante come l'anello. Dov'è, chi l'ha preso? È sparito.

Ricostruiamo quella notte: tu eri davvero al ristorante con lui quella sera o eri già all'Idroscalo?

No io ero con lui e con lui sono andato all'idroscalo.

Vincenzo Panzironi proprietario de «Il Biondo Tevere» fece una tua descrizione che però non sembra corrisponderti (biondo, con i capelli lunghi fino al collo)...

Può darsi che Panzironi abbia fatto confusione con i giorni: il giorno prima Pasolini era in compagnia di un biondo.

Dove ti hanno fermato i carabinieri quella notte?

Non mi hanno arrestato davanti alla fontanella di Piazza Gasparri ma davanti al locale Tibidabo.

Sei scappato da solo su quella macchina?

Sì.

Chi era l'uomo che guidava la seconda macchina?

Non lo so. Non si vedeva da qui a tre metri. Ho visto invece bene in faccia l'uomo con la barba, assomigliava all'ispettore Camilli della foto (riferimento alla foto de Il Tempo del 4 dicembre 2013, ndr).

Dici di non conoscere i due picchiatori ma hai fatto i nomi dei fratelli Borsellino quando erano già morti, sarà così anche per i due picchiatori?

Non dirò mai nulla.

I Borsellino quando sono andati via: prima o dopo di te?

Non li vedevo perché erano lontani, non so nemmeno se hanno partecipato anche loro al pestaggio. Ma sono arrivati dopo, con la moto.

Riprende poi dal mazzo dei ricordi: Un massacro orrendo che ho potuto rivivere interamente solo durante le riprese del film di Federico Bruno, (film diretto e prodotto da Bruno: Pasolini. La Verità nascosta, ndr) Mi ha fatto impressione vedere Alberto (Testone l'attore che interpreta il poeta e saggista, ndr) con tutto il sangue addosso... Quella sera gridava mamma mi stanno ammazzando.

Perché eravate lì?

Per recuperare le pizze del film Salò o Le 120 giornate di Sodoma: Pasolini ci teneva molto, erano gli originali e voleva proprio quelle.

Chi ti ha detto che era per le bobine l'incontro?

I Borsellino.

E a loro chi lo ha detto?

Non lo so, quando fai certe cose non chiedi niente. Dovevo guadagnare due lire per portarlo lì ma non sapevo cosa sarebbe successo dopo, non sapevo dell'agguato. I suoi amici lo hanno usato, come Citti, l'ho scritto nel mio libro (Io so... come hanno ucciso Pasolini. - Storia di un'amicizia e di un omicidio, Vertigo 2011).

Non lo avete usato un po' tutti lì in borgata?

No, io c'ho solo rimesso famiglia, vita tutto.

In una recente intervista hai fatto riferimento a un uomo politico dicendo: «Chi indaga dovrebbe andare a citofonare a certe persone, come a casa di quel politico lì... quello famoso». Un politico del presente o del passato?

Una dichiarazione mal interpretata non mi riferivo a un politico in particolare. Anche se fosse così non lo direi, non dirò più nulla. Poi il riferimento era se mai a tutta quella classe politica a lui vicina che non si muove davvero per scoprire chi lo ammazzò.

Chi sono gli intoccabili di cui parli più volte?

Qualcuno è morto, qualcuno è vivo.

Secondo la tua esperienza, per com'erano le cose in quegli anni, cosa significava pestare quasi a morte qualcuno?

Una punizione, una tortura... forse per qualcosa che lui aveva scritto sui giornali causando danni a qualcuno. Bisognerebbe capire chi c'era oltre, qual era l'altro livello.

***

INTERVISTA ESCLUSIVA DI FQ A PINO PELOSI: "FORSE SONO STATO ARRESTATO SU UN AUTO CHE NON ERA DI PASOLINI"

Di Martina Di Matteo il 3 dicembre 2014

http://www.futuroquotidiano.com/intervista-esclusiva-di-fq-pino-pelosi-forse-sono-stato-arrestato-su-un-auto-che-non-era-di-pasolini/#.VLDlXAmQwy4.blogger

"Forse sono stato arrestato sull'altra auto, la macchina uguale a quella di Pier Paolo Pasolini". E' in un'intervista esclusiva a FUTURO QUOTIDIANO che Pino Pelosi, unico condannato per l'omicidio di Pier Paolo Pasolini, e ascoltato lunedì dal pubblico ministero Francesco Minisci titolare della nuova inchiesta sul caso, apre uno nuovo squarcio di verità sull'assassinio dello scrittore. La dichiarazione di Pelosi potrebbe riscrivere l'intera storia dell'omicidio Pasolini. Non solo perché per la prima volta davanti a un Pubblico Ministero ammette la presenza di una seconda automobile sul luogo del delitto, uguale a quella di Pier Paolo Pasolini, ma anche perché dichiara che quella notte potrebbe non essere stato arrestato sull'Alfa GT 2000 di proprietà del poeta, così come vuole la storia e com'è scritto nei verbali.

Pelosi quali sono i nuovi elementi raccolti nelle sue dichiarazioni al Pubblico Ministero?

La presenza di altre due automobili, oltre a quella di Pasolini, una delle quali era un'altra Alfa GT 2000, uguale a quella sua.

È l'unica novità?

No, ho detto al pm che so che l'auto di Pasolini venne ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina, questa cosa venne dichiarata dalla cugina, Graziella Chiarcossi.

Queste informazioni le ha apprese direttamente?

No, sono venuto a saperlo da altre fonti.

Ma se l'auto di Pier Paolo Pasolini venne effettivamente ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina, lei dov'è che sarebbe stato arrestato? (Secondo i verbali del tempo Pelosi venne arrestato mentre sfrecciava contromano lungo il Litorale di Ostia sull'auto di Pasolini ndr)

Potrei anche essere scappato sull'altra auto, quella uguale a quella di Pasolini, era notte, non si vedeva niente, non ho guardato le targhe, ho preso la macchina e sono scappato.

Sugli indumenti di Pasolini, e anche sui suoi, sono state ritrovate tre tracce di Dna mai riscontrate fino a oggi.

Che spero si arrivi alla verità questa volta.

Pino Pelosi probabilmente non ha ucciso lo scrittore quella sera. E' plausibile ormai che Pelosi non sia stato l'assassino di Pier Paolo Pasolini ma un complice omertoso. Il suo silenzio e le sue molteplici versione dei fatti negli anni hanno infatti garantito fino ad oggi l'impunità ai reali esecutori di quel terribile assassinio. Giudiziariamente il "ragazzo di vita" è ancora l'unico responsabile di quella morte, nonostante un'altra inchiesta sia stata aperta e chiusa, nel 2005, che all'epoca avesse 17 anni, e che già nella sentenza di primo grado si fosse dato per certo che, seppure Pelosi fosse responsabile dell'uccisione di Pasolini, lo sarebbe stato in concorso con ignoti (il concorso con ignoti scomparve poi nella sentenza di Cassazione ndr). La dichiarazione di Pelosi, che ammette la possibilità di non essere stato arrestato a bordo dell'auto di Pasolini, è importante. E lo è perché la sua testimonianza ne incrocia altre, altrettanto importanti. Sergio Citti, regista e intimo amico di Pier Paolo Pasolini, infatti, il 30 maggio del 2005 dichiarò all'avvocato Guido Calvi di essere a conoscenza, per averlo appreso da Graziella Chiarcossi, cugina di Pasolini, che l'Alfa GT venne, effettivamente, ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina.

Non solo, esiste anche un altro testimone, ascoltato da chi scrive e da Simona Zecchi e riportato poi nell'inchiesta sull'omicidio Pasolini edita da "I Quaderni dell'Ora"1, che dichiara non solo che Pelosi non venne arrestato a bordo dell'Alfa Gt di Pasolini ma che sulla Tiburtina sarebbe stata abbandonata anche la motocicletta, una Gilera 124, guidata dai fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, probabilmente presenti sul luogo del delitto stando alle dichiarazioni di Pelosi e del maresciallo dei Carabinieri, Renzo Sansone, che nel 1976, sotto copertura, scoprì, per una confidenza ricevuta direttamente dai due fratelli, che questi avrebbero preso parte all'omicidio. Stando a tali dichiarazioni è verosimile che chi avrebbe partecipato all'atroce esecuzione dell'Idroscalo avrebbe lasciato nello stesso luogo i due veicoli. Così come è verosimile che, qualora tali elementi venissero confermati nell'ambito della nuova indagine, la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini sarebbe da riscrivere già da quella notte, da quei verbali che fornirono una delle principali prove di colpevolezza di Pino Pelosi e che ancora oggi custodiscono l'unica verità concessa. L'unica verità possibile.

Martina Di Matteo

***

Pierluigi Concutelli - Frammenti neri sul Massacro Pasolini del 21 dicembre 2014 - Il Fatto Quotidiano

5 gennaio 2015 alle ore 16.24

di Simona Zecchi

È la mattina presto del 2 dicembre, il giorno in cui Roma si sveglia Capitale della mafia. Il maxi blitz disposto dalla procura tra 70 indagati e decine di arresti è solo l'inizio dell'avanzare della marea nera che dal "mondo di sotto" ha invaso il "Palazzo", il "mondo di sopra" procedendo in simbiosi. Pierluigi Concutelli, rilasciato agli arresti domiciliari nel 2011 dalla Procura di Roma per motivi di salute, non è più un "comandante" militare ma nemmeno uno qualunque. Una vita da "rivoluzionario", cosi ha sempre affermato, tenendo tuttavia dentro di sé i nodi che hanno visto saldare tra loro eversione nera, violenza - dall'omicidio del giudice Occorsio a quello dei militanti neofascisti Ermanno Buzzi e Carmine Palladino, - e potere politico negli anni di piombo e della strategia della tensione.

Lo incontriamo nell'appartamento in cui abita attualmente a Roma. (Per anni Concutelli è stato ospite a Ostia - per i postumi di un'ischemia - di quello che lui chiama 'angelo custode': Emanuele Macchi Di Cellere ex capo del movimento rivoluzionario popolare arrestato pochi giorni fa per l'omicidio di Silvio Fanella)"Mi sto lavando". Aspettiamo e ci fa entrare in salotto. Libri, tanti e immagini, simboli, soprattutto uno, quello del Duce raffigurato in una grande immagine, immancabile. Sul tavolino di fronte alla poltrona sulla quale si siede prima dell'inizio di questa conversazione c'è Correndo attraverso Pechino di un giovane scrittore Xu Zechen, la storia di chi vive ai margini della società e cerca di sopravvivere giorno per giorno. L'intervista inizia dopo un po' di tempo, lento, come quello vissuto ora dall'ex comandante: prima il caffè in cucina, poi la sigaretta e le attenzioni per Moustafà il gatto che gli fa compagnia da due anni. A Concutelli parliamo di una foto, poco o nulla nota tra le tante che da anni girano sul corpo martoriato di Pasolini, assassinato all'Idroscalo di Ostia la notte tra il 1 e il 2 novembre 1975. Uscì sul numero 6 de L'Espresso, nel febbraio 1979, insieme ad altre sottratte all'obitorio, a pochi mesi dall'ultima udienza del processo di Cassazione che doveva vibrare l'ultimo giudizio verso l'unico imputato per l'omicidio dello scrittore, Pino Pelosi. Il titolo "Massacro di un poeta" già incideva sui dubbi riguardo alla tesi dell'unico assassino, dubbi che oggi più che mai a distanza di 39 anni dalla morte sono riemersi nell'ultima inchiesta aperta dalla procura di Roma sul caso, con una nuova ricostruzione, che include due nuovi sospettati e tre tracce di Dna da verificare. La foto ritrae di schiena Pasolini: sulla pelle si vedono chiaramente dei segni circolari, tondeggianti che hanno lasciato delle lacerazioni in alcuni punti.

Quei segni tondeggianti non possono essere non possono essere stati causati da un bastone e una tavoletta di legno, sembrano essere stati provocati da un qualcosa di più pesante (come anche la prima perizia di parte aveva rilevato, ndr)...

Sì, tondini di ferro.

La foto è molto chiara anche se stranamente fino a oggi questa foto non è mai entrata nelle analisi delle ricostruzioni giudiziarie o di altro tipo.

Non ha mai interessato gli inquirenti...

Secondo alcune evidenze, Pelosi viene usato come esca quella notte e insieme a Pasolini avevano un appuntamento all'idroscalo per recuperare le pizze del film "Salò o le 120 giornate di Sodoma". Oltre alla macchina di Pasolini sul posto arrivano altre due macchine una Fiat 1300 e un'Alfa uguale a quella dello scrittore e una moto. È l'altra Alfa che l'ha sormontato e finito dopo che lo hanno riempito di botte.

È plausibile. Pestano, lo pestano...

Dei picchiatori dell'Msi del Tiburtino, due adulti, mentre l'uomo con la barba teneva Pelosi minacciandolo, hanno prima tirato fuori Pasolini dalla sua macchina e poi lo hanno pestato quasi a morte. Soltanto dopo lo hanno finito passando sopra il suo corpo più e più volte.

Sono sue ricostruzioni "basate su asserzioni di non precisati testimoni" (lo scrive sul foglio pieno di sue note che riempie mentre parliamo, ndr). Io non posso dire ciò che non ho constatato con i miei occhi anche se la storia che mi racconta è plausibile, come le ho detto. Ero all'estero non ero a Roma.

Lei era a Roma in quei giorni, qualcuno le portò della frutta, un ragazzo gliela consegnò.

Lui non risponde ma quella testimonianza esiste. La riferisce un abitante di Monteverde Nuovo che divenne poi consigliere del municipio XII, il quartiere in cui visse Pasolini per un po' dal 1956 al '63, gli anni fra l'exploit di "Ragazzi di Vita" e di "Accattone". Il giovane cascherino (così si chiamavano i ragazzi che guadagnavano poche lire per consegnare frutta e alimenti a domicilio a Roma ndr) imparò il valore della letteratura dallo scrittore tra una cassetta e l'altra da consegnare nel palazzo in cui abitava anche la famiglia Bertolucci in via Carini: gli assegnava delle letture e ne discutevano quando possibile. In quella zona fra Piazza San Giovanni di Dio a ridosso di Donna Olimpia, fra borghesia e popolo, abitavano nel '75 anche i fratelli Fioravanti e Alessandro Alibrandi: er Cocomero e Ali Baba, come venivano chiamati Giusva Fioravanti e Alibrandi, in quel periodo. Francesco Bianco anche lui ex Nar raccontò come già Carminati li conoscesse bene. Quei giorni prima e dopo il massacro restano oscuri nella biografia di Pierluigi Concutelli, glielo diciamo. Quel cascherino nei giorni dell'omicidio gli consegnò la frutta e ad aprire la porta andò proprio lui. Nel settembre del 1975 ad Albano Laziale si formalizzò la fusione fra Avanguardia Nazionale e Movimento politico Ordine Nuovo considerato fuori legge al tempo. Gli ricordiamo quella riunione facendogli presente che avvenne poco tempo prima rispetto all'omicidio di Pasolini.

Da sempre nelle note biografiche, nel libro scritto con un giornalista e nelle cronache che si riferiscono a quei giorni, quel piccolo lasso di tempo fra la riunione del settembre 75 e la partenza per la Spagna con Stefano Delle Chiaie (1976) resta un buco nero senza storia. Una cosa è certa: non era in carcere. Concutelli continua a non rispondere su questo punto.

È uno schema preciso quello usato quella notte. Due macchine, due livelli e una verità messa in bocca a qualcuno, uno schema doppio come quello che ha caratterizzato tanti fatti orrendi di questa Repubblica.

Doppio? È una storia plausibile ma le ripeto (scrive sempre sul foglio di carta, ndr) è una cosa non accettabile in Tribunale e priva di solemnitas juridica.

Che dice di Giuseppe Mastini, il Johnny lo zingaro amico di Pelosi indicato, seppure senza comprovati riscontri, come possibile complice dell'omicidio Pasolini?

Ho conosciuto Mastini. Un teppista, un malato di mente (porta il dito sulla tempia, ndr)

Malato? Uno che non ha logiche e agisce cosi tanto per agire?

Sì.

Ha visto "Salò"? Cosa ne pensa?

L'ho visto. Una versione del potere secondo i suoi occhi però.

Cos'era per lei Pasolini?

Un poeta e basta, non un oracolo.

Ordine Nuovo poteva avere interesse a ucciderlo?

No!

Ma qualcuno le avrà riferito cosa è successo quella notte?

Non so io non sono in contatto più con nessuno. Pasolini (scrive ancora Concutelli, ndr) aveva le sue teorie su chi fossero i soggetti rivoluzionari, lui negava tale funzione agli studenti e assegnava un ruolo ai poliziotti. Io non condivido ciò ma lo comprendo. Aveva radici culturali e politiche contadine e un suo concetto di socialismo che non era condiviso dai politici di professione. Io stimavo Pasolini perché ragionava col proprio cervello, non era di nessun partito e aveva del marxismo una sua idea personale (si accerta che scriviamo queste parole sul taccuino e gliele rileggiamo affinché approvi, ndr).

In fondo ai due fogli infine, che accetta di consegnare, l'ex comandante appone una nota finale: "Sono ricordi di un vecchio che ha solo ricordi come patrimonio".

***

C'è un documento inedito ma ufficiale che salta fuori tra le carte del procedimento di Catanzaro relativo alla strage di Piazza Fontana. Fu acquisito dall'allora giudice istruttore Gianfranco Migliaccio il 12 novembre del 1975, e racconta un'altra storia sulla quale però sembra nessuno abbia mai indagato. Abbiamo chiesto all'ex giudice se aveva fatto caso a questa notizia da lui acquisita ma Migliaccio afferma che in quel momento il procedimento sulla strage di Piazza Fontana aveva la priorità. È l'8 novembre del 1975 e Giovanni Ventura, ex ordinovista entrato e uscito dai molti processi su Piazza Fontana, risponde al Nucleo Antiterrorismo della questura di Bari sul contenuto di un telegramma da lui ricevuto e riguardante la morte di Pasolini. Nella risposta al Nucleo Antiterrorismo vi è un riferimento a un dialogo che vi sarebbe stato fra lo scrittore e l'ex terrorista. Una lettera che testimonia di quel dialogo esiste, fu pubblicata in una raccolta curata da Nico Naldini nel 1994 ed è datata 24 settembre 1975:

Gentile Ventura, proprio due o tre giorni fa ho spedito al Corriere un articolo che finisce affermando l'ineluttabilità del Processo nel caso fossero condotti a termine i famosi processi in corso. Su ciò siamo d'accordo. Quanto al resto, non so. Vorrei che le sue lettere fossero meno lunghe e più chiare. Una cosa è essere ambigui, un'altra è essere equivoci. Insomma, almeno una volta mi dica sì se è sì no se è no. La mia impressione è che lei voglia cancellare dalla sua stessa coscienza un errore che oggi non commetterebbe più. Fatto sta che lei resta sospeso ancora - e ai miei occhi di 'corrispondente' scelto da lei - in quell'atroce penombra dove destra e sinistra si confondono. Si ricordi che la verità ha un suono speciale, e non ha bisogno di essere né intelligente né sovrabbondante (come del resto non è neanche né stupida né scarsa).

Suo, Pier Paolo Pasolini

L'articolo citato dallo scrittore è quello che poi verrà incluso negli Scritti Corsari e pubblicato il 28 settembre 1975 sul Corriere della Sera dal titolo "Perché il Processo". È una lettera anch'essa come la foto de L'Espresso poco o nulla nota ma produce lo stesso effetto sonoro del ferro usato quella notte di 39 anni fa.

CORREGGO QUI UN MIO REFUSO CIRCA LA PUBBLICAZIONE DELL'ARTICOLO A CUI SI RIFERISCE PASOLINI NELLA LETTERA A VENTURA, IL QUALE FU POI PUBBLICATO POSTUMO, COME TUTTA LA RACCOLTA, NON IN "SCRITTI CORSARI" MA IN "LETTERE LUTERANE". ENTRAMBE LE RACCOLTE SONO POSTUME E DI POCO SUCCESSIVE LA MORTE DELLO SCRITTORE. IN "LETTERE LUTERANE" E' CONTENUTA TUTTA "LA SERIE SUL PROCESSO". NESSUNO SI E' ACCORTO DEL REFUSO E LO FACCIO IO ORA PERCHE' SEPPURE UN DETTAGLIO CHE SEMBRA PER POCHI, DI FALSI STORICI SUL SUO PENSIERO VE NE SONO GIA' MOLTI.

1 http://www.futuroquotidiano.com/da-quaderni-dellora-la-notte-dellidroscalo/

 

 
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Centinaia di artisti inglesi annunciano il boicottaggio culturale di Israele

Post n°31 pubblicato il 18 Febbraio 2015 da carancini
Foto di carancini

CENTINAIA DI ARTISTI INGLESI ANNUNCIANO IL BOICOTTAGGIO CULTURALE DI ISRAELE[1]

14.02.2015

L'ultima iniziativa è una risposta a quella che hanno definito "la catastrofe palestinese" di Gaza.

Circa 700 artisti inglesi si sono impegnati sabato a boicottare Israele in reazione a quella che hanno definito "la catastrofe palestinese", ha riferito sabato il giornale inglese Guardian.

Gli artisti, il cui elenco include Roger Waters, Brian Eno, Mike Leigh, Ken Loach, Richard Ashcroft, e altri, hanno garantito che "non si faranno coinvolgere dalle normali relazioni culturali con Israele".

"Non accetteremo né inviti professionali in Israele, né  finanziamenti da alcuna istituzione legata al suo governo", recita la lettera.

"Adesso diciamo, a Tel Aviv, Netanya, Ashkelon o Ariel, che non suoneremo musica, non accetteremo premi, non parteciperemo a esibizioni, festival o conferenze, non dirigeremo masterclass o workshop, fino a quando Israele non rispetterà il diritto internazionale e porrà termine alla sua occupazione coloniale della Palestina", recita la lettera.

L'iniziativa è conosciuta come Artists for Palestine. L'elenco completo dei personaggi che hanno aderito al boicottaggio è disponibile qui: http://artistsforpalestine.org.uk/

 


[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all'indirizzo: http://www.jpost.com/Israel-News/Culture/Hundreds-of-British-artists-announce-boycott-of-Israel-391021

 

 
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