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Censori che fanno ridere, censure che fanno piangere

Post n°34 pubblicato il 05 Maggio 2015 da carancini
Foto di carancini

Si parla spesso di "teatrino della politica" ma la definizione andrebbe estesa ai giornalisti dei salotti tv.

Da questo punto di vista, la puntata di "Otto e mezzo" della scorsa settimana dedicata ai disordini dell'Expo sembrava un numero di cabaret .

La Gruber e Mario Sechi che si chiedevano, con aria grave e compunta, se non sia il caso di vietare le manifestazioni in occasione dei grandi eventi.

Beppe Severgnini che trattava il questore presente in studio come il questore di Vigata tratta il commissario Montalbano quando il caso è delicato: "Solo sei arresti? Mi meraviglio di lei!".

Il questore che, a differenza di Montalbano, replicava con britannico aplomb: "Nonostante le apparenze, abbiamo evitato il peggio".

Gianni Barbacetto che discettava filosofico sulle difficoltà della democrazia: "In democrazia non esistono soluzioni facili per l'ordine pubblico. Mica possiamo reprimere i crimini in anticipo come in Minority Report".

E pensare che il pur moderatissimo Paolo Pagliaro una cosa giusta l'aveva detta: "Frange come queste sono fin troppo facili da infiltrare".

Ma nessuno in studio ha ripreso lo spunto ...

Nemmeno Barbacetto. Eppure era stato proprio lui, qualche anno fa, a scrivere un libro sulla strategia della tensione - Il grande vecchio - elogiato persino da Vinciguerra. Davvero l'Italia ha chiuso con quel passato?

Che anche Barbacetto abbia tirato i remi in barca? Mentre parlava, gli avrei voluto dire: Minority Report? Esagerato, basterebbe un Daspo.

E che dire di quei giornalisti che su questi eventi addirittura ci sguazzano?

E, in particolare, di quelli i cui giornali vivono essenzialmente del finanziamento pubblico all'editoria, senza il quale scomparirebbero da un giorno all'altro?

Come Stefano Menichini, il quale, quello stesso pomeriggio, a SkyTG24, puntava il dito contro i No Tav e accusava i manifestanti di Milano di complicità con i violenti: "Non vorrei criminalizzare i manifestanti, però ...". E intanto li criminalizzava.

Ma Menichini, attuale direttore del giornale-fantasma Europa, non viene dal Manifesto?

Mi domando: è solo un caso che alcuni dei più noti esemplari di conformismo politico-giornalistico vengano da lì?

Lucia Annunziata, Gianni Riotta, Gad Lerner, persino ... Franco Frattini![1]

Forse, non è un caso, se solo pochi giorni fa proprio lì è stata fatta l'apologia della Brigata ebraica:

Perché nella Liberazione la Brigata ebraica è a casa propria

http://ilmanifesto.info/perche-nella-liberazione-la-brigata-ebraica-e-a-casa-propria/  

Ma poi, adesso che ci penso: non era stata proprio la Manifestolibri a rifiutarsi a suo tempo di pubblicare il primo libro di Stefano Anelli - meglio conosciuto come John Kleeves - costretto poi a rivolgersi alle infide case editrici della cosiddetta "destra radicale"?[2]

E non era stato ancora il Manifesto a non voler recensire, nel 2003, il libro di Fasanella e Rocca Il misterioso intermediario - quello su certi retroscena del caso Moro - accodandosi al boicottaggio deciso all'epoca dalla stampa italiana che conta?[3]

Censori che fanno ridere, censure che fanno piangere: parafrasando un celebre adagio, si potrebbe dire che la situazione del giornalismo italiano non è seria ma è pur sempre disperata.

 


[1] Quarant'anni fa nasceva il Manifesto: http://www.navecorsara.it/wp/2011/04/28/quarant%E2%80%99anni-fa-nasceva-il-manifesto/

[2] Vedi Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/John_Kleeves

[3] Vedi quanto raccontato dagli autori in appendice alla nuova edizione del libro (La storia di Igor Markevič - Un direttore d'orchestra nel caso Moro, Milano 2014, pp. 423-441).

 

 
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