Creato da voiarte il 19/10/2007

senzasenso

l'arte che emanano i tuoi occhi

 

 

Post N° 40

Post n°40 pubblicato il 24 Aprile 2008 da voiarte

BLOG IN LUTTO... PER LA MORTE DELLA RAGIONE...
DEGL' ITALIANI.

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI,
E A NOI è TOCCATO BERLUSCONI!

 
 
 

PER TE CHE MI SEI RIAPPARSA IN SOGNO

Post n°39 pubblicato il 01 Aprile 2008 da voiarte

....sogni che non sono sogni, infatti eccoti di nuovo che mi parli, mi racconti... anche se non in carne e ossa ma rieccoti come ieri notte quando, nella tua casa, mi mostravi le scarpine azzurre... 

 
 
 

Post N° 37

Post n°37 pubblicato il 27 Marzo 2008 da voiarte
Foto di voiarte

LE LUNGHE ATTESE

 
 
 

OGGI 32 ANNI

Post n°33 pubblicato il 24 Marzo 2008 da voiarte
Foto di voiarte

"Es necesario recordar, porque perder la memoria siginficaría quedarnos
sin futuro, sin verdad y sin justicia
", Rodríguez




Tutt’oggi
si incontrano manifestazioni di commemorazione della dittatura, convocate dalle
organizzazioni dei diritti umani e per esteso da un complesso di entità
politiche, sociali e culturali, e ciò può esser letto come segno che questa
memoria ha segnato profondamente la società.



 Lo studio sul significato
politico e morale del terrorismo di stato va oltre la richiesta di giustizia,
che rivela oltre che la formazione e la qualità di uno stato, che può ribaltarsi
con relativa facilità in una impresa criminale, che anche la società, i suoi
dirigenti e istituzioni, le sue tradizioni e la cultura politica sono troppe
volte complici. È da riconoscere che la dittatura in un senso fu un’irruzione
che non aveva antecedenti per la sua brutalità e per la degradazione che portò
alla repubblica, nell’altro fu anche un esito di  una lunga crisi politica, che includeva una
guerra civile.



 In alcun modo dovrebbe essere pensato come
un avvenimento e una esperienza limite che, se in un momento posero in prova lo
stato, la classe politica e la società(c’è da dire che nessuno passò la prova),
seguono compiendo una prova ugualmente fondamentale nel presente, di fronte alle
responsabilità di una memoria pubblica, politica e morale, capace di rispondere
alle sfide e i conflitti del nuovo ciclo
storico aperto nell’Argentina nel 1983.



 In effetti, associata alla
memoria e alla storia della dittatura si apre simultaneamente una memoria delle memorie costruite per
riscattare, riparare questo passato. Sono chiare le modalità e le vicissitudini
di questo lavoro, che in verità si appropria del passato e lo rifà nel
presente, è una questione della maggiore importanza se si tratta di analizzare
come si fissa e si trasmette un’esperienza. È risaputo che la memoria costruisce relazioni,
rappresentazioni e fissa concetti, e in questa formazione del passato necessariamente
lo stilizza e lo semplifica. Tanto come per l’impresa,sempre necessaria, di
giustificazione di queste formazioni, così la memoria,(è decidere, ancora prima
delle questioni specificamente metodologiche della disciplina storica) dipende,
prima che dall’evidenza dei “fatti”, dai significati del passato che entrano a
far parte dello spazio della deliberazione e del debito pubblico. Le evidenze
della memoria non sono aliene al potere e alla responsabilità delle argomentazioni,
in quanto parlare delle lezioni del passato e della storia, rientra nel
progetto nel quale la proiezione nel presente di certi segni, finzione o scene
mira ad acquistare un valore esemplare nella dimensione pubblica della memoria.
 Finalmente,
ciò che la storia ha tramandato chiama a non dimenticare per non ripetere il
passato e allude a questa dimensione esemplare reclamando una elaborazione che
renda questo passato comparabile e giocabile in relazione agli avvenimenti del
presente nel quale potrebbe tornare.



 Ponendo un esempio riferito ai
significati dell’ olocausto, un topico della memoria sociale contemporanea che
se è parte delle grandi formazioni della coscienza dell’Occidente, alle volte è
stato particolarmente elaborato e scritto in relazione con i valori, scene e
miti molto diversi in contesti nazionali o a partire da tradizioni intellettuali
e ideologiche confrontate. È chiaro che queste memorie diverse, sempre conflittuali, promuovono differenti lezioni
del passato; ed è possibile che derivino da conseguenze opposte. Per esempio,
mentre la retorica nazionalista di Menahen Begin acuiva la memoria dell’Olocausto
per giustificare la invasione del Libano nel 1982, c’era chi difendeva un
cammino opposto alla guerra traendo altre lezioni, universali, includendo
quelle di un sopravvissuto dei campi che evocava le barbarie naziste nella propria azione militare israeliana e
affermava: «vedo Beirut e ricordo
Varsavia
[1]»



 



 Nelle manifestazioni tutt’ora
presenti, giungono non solo la totalità degli organismi per i diritti umani, ma
centinaia di organizzazioni e gruppi sociali, culturali e politici.



 Ed ascoltiamo la seguente frase: il potere economico e dei governi di turno
garantiscono che il genocidio impunito di ieri continui con il genocidio di
oggi. Basta la fame, la disoccupazione e la repressione. Basta l’impunità
 .
sicuramente
non si sintetizza in questo il complesso di esperienze e aspettative, di
giudizi e valori, in fine, la coscienza che riunisce il passato e il presente,
dei milioni di partecipanti.



 Nelle manifestazioni dove
prevalgono gli “autoconvocati” e gli indipendenti, probabilmente, molti dei
partecipanti semplicemente rispondono alla decisione di manifestare sul ripudio
al passato dittatoriale. E tuttavia, questa figura compatta della continuità
dello sfruttamento e dell’impunità, non si può non prendere come indicatore
serio di un significato esteso: una relazione esemplare che pone in linea il
passato con il presente e riunisce senza maggiori sguardi la memoria del
terrorismo di stato con la denuncia e la condanna delle decisioni in area
economica.



Ciò che ora si avverte è un’incertezza
che è conseguenza di una crisi sociale e politica che pende come una minaccia
di dissoluzione della trama sociale, stimolando questa rappresentazione che
riunisce le barbarie di ieri con i patimenti di oggi.  












[1] Selling the
Holocaust
, New
York, Routledge, 2000, pp.138








 
 
 

Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 22 Marzo 2008 da voiarte
Foto di voiarte

E' passato tempo e spazio da quando non passo da queste parti,
da quando non guardo la linea che congiunge il Me dall'Altro.

Sono disgustata e stanca sarà per questo, non si può guardare a
Oriente... non si può guardare a Occidente... e non ci si può nemmeno
barricare nella propria terra!
Ma avvilupparsi in sè stessi neanche serve, l'autocommiserazione
è di chi se la può permettere, non di chi deve per necessità
incombenti esser saldo sul Mondo-Terra!
Così ora sono alla ricerca di qualcosa di concreto da poter fare,
vado ad ascoltare Las Madres y Las Abuelas in Argentina tra una settimana,
a chieder loro come hanno potuto trasformare il dolore nella forza
di combattere, ancora oggi con l'età che avanza e una giustizia che
tarda ad arrivare...

 
 
 

WILLY SALTERINO

 

Mis ojos, sin tus ojos, no son ojos,
que son dos hormigueros solitarios...


 

Fragmento de Miguel Hernández

 
 

BAMBINE E GUERRA

In diversi momenti della storia e in molte culture, i minori sono stati coinvolti in campagne militari anche quando la morale comune lo riteneva riprovevole. A partire dagli anni settanta sono state firmate numerose convenzioni internazionali allo scopo di limitare la partecipazione dei bambini ai conflitti; nonostante questo, sembra che l'utilizzo dei bambini soldato negli ultimi decenni sia in aumento.
L'ultimo rapporto Save the Children documenta l'impatto dei conflitti sulle bambine, che costituiscono il 57% del totale dei minori oggi fuori dalla scuola.
A causa delle guerre sono le bambine le prime ad essere escluse dall'istruzione e le principali vittime delle più gravi forme di abuso e violenza
Vittime due volte: della guerra e della loro condizione di giovani donne. Che significa, spesso, dover rinunciare prima dei coetanei maschi alla scuola e subire gravissime violazioni. Quali essere utilizzate come bambine-soldato o mogli-bambine, subire terribili violenze e abusi nell'ambito di raid di pulizia etnica, essere molestate e sfruttate persino all'interno dei campi profughi e per opera di chi dovrebbe proteggerle: personale governativo, insegnanti, operatori umanitari.

 


 

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